Il Manager Esteta
Il 21 giugno, alle ore 4:42 del mattino (ora italiana), inizierà il solstizio estivo 2025: è tempo di pensare alle vacanze e magari cominciare a prendersi qualche giorno di relax in riva al mare o in montagna.
Per questo motivo, da oggi e fino alla chiusura d’agosto, proporrò una serie di quiz (complessivamente 10) che ho chiamato “Che Pop Manager sei?”: un modo per riflettere sul percorso sviluppato in questi Prolegomeni, fra il serio e il faceto, con un format decisamente Pop.
Segnalo che per realizzare le varie parti del quiz (premesse, domande, risposte, immagini, definizioni dei profili) ho utilizzato un combinato disposto di tre Intelligenze Artificiali: Copilot, ChatGPT e Gemini.
Con il primo test puoi valutare se il tuo modo d’essere manageriale è coerente con il profilo denominato “Esteta”: farlo è semplicissimo, basta cliccare su questo link e rispondere alle 10 domande proposte.
Ognuna delle 10 domande ha una sola risposta corretta con un punteggio associato.
Attenzione: ci sono domande che valgono 1 punto, ma altre che ne valgono 2, 3 o 4!
Cliccando sui titoli dei box che le contengono, otterrai un contenuto extra per contestualizzarle meglio.
Le icone dell’estetica Pop
Come icona Pop femminile del test ho scelto Frida Kahlo: perché non è solo un’artista, ma una narratrice sensibile dell’esperienza. La sua opera è un continuo atto di auto-rappresentazione simbolica, dove il corpo, il dolore, l’identità diventano linguaggio visivo. Questo è perfettamente in linea con il profilo dell’Esteta Pop, che nel Pop Management è colui che:
- trasforma l’esperienza in forma,
- usa la bellezza per comunicare verità profonde,
- cura l’identità come opera d’arte relazionale.
Per il profilo maschile ho scelto Andy Warhol che non è solo un artista: è un narratore visivo, un curatore di simboli, un architetto di immaginari collettivi. L’inventore della Pop Art anticipa molte delle intuizioni del Pop Management, per almeno cinque motivi:
- Estetica dell’ordinario. Warhol ha trasformato oggetti banali – lattine, detersivi, volti seriali – in icone culturali. Come l’Esteta Pop, vede la bellezza nel quotidiano e lo eleva a esperienza simbolica.
- Narrazione transmediale. Warhol ha attraversato arte, moda, musica, cinema, pubblicità. È un precursore dell’iperculturalità: come il Pop Manager Esteta, usa linguaggi diversi per generare senso condiviso.
- Identità come opera d’arte. Warhol ha fatto della propria immagine un dispositivo estetico. Così l’Esteta Pop cura la propria presenza come gesto relazionale, consapevole che ogni dettaglio comunica.
- Comunità creativa. La sua Factory era un laboratorio di co-creazione, un ecosistema di talenti. Il Pop Manager Esteta non crea da solo, ma convoca, attiva, valorizza le voci altrui.
- Ironia e profondità. Warhol ha usato l’ironia per parlare di temi profondi: consumo, identità, ripetizione. L’Esteta Pop usa la leggerezza per abitare la complessità, trasformando ogni comunicazione in un atto poetico.
Nel Pop Management, la sua figura ci ricorda che la bellezza è una forma di intelligenza relazionale, e che ogni organizzazione può diventare un’opera d’arte collettiva.
Formazione Pop
Domande e risposte di questo primo test sono state costruite alla luce della lettura che terrò il 19 giugno alle 18 sull’attualità del pensiero di Piero Trupia, nel contesto delle iniziative AIF dedicate ai grandi Maestri della formazione.
Dal webinar sarà tratto un vodcast che metterò poi a disposizione di tutti sul mio canale YouTube.
L’appuntamento si inquadra in un percorso di riflessione sulle nuove frontiere della Formazione Pop che ho avviato nel corso di una conversazione collaborativa con manager di BNL, Google, SIAE, Carrefour e Coop pubblicata in due Prolegomeni:
106– FORMAZIONE POP. PARTE PRIMA
107– FORMAZIONE POP. PARTE SECONDA
In sintesi, la conversazione ha approfondito il confronto su:
- gli obiettivi strategici della formazione oggi,
- le modalità che può assumere (formati analogici, ibridi, digitali),
- le soluzioni a basso costo che offre il mercato,
- la necessità di introdurre pratiche formative per la cura di sé,
- la formazione collaborativa,
- il ruolo della Gamification,
- l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale.
Si è così configurato uno scenario formativo focalizzato sull’obiettivo del massimo engagement delle persone e centrato su:
Design esperienziale di percorsi Pop – Gli ambienti di apprendimento uniscono sempre più rigore pedagogico e linguaggi narrativi ispirati alla cultura contemporanea (reel, serie, podcast), senza mai perdere di vista gli obiettivi strategici e di business.
Centralità della gamification per soluzioni formative efficaci.
Sviluppo di soluzioni AI-driven – Crescente importanza di soluzioni tecnologiche modulari e scalabili: chatbot HR e L&D, piattaforme di apprendimento adattive, sistemi di content curation automatica, strumenti di valutazione predittiva e coaching aumentato.
Cultura del Change Management – Integrazione di AI e cultura umanistica, con workshop, advisory strategico, formazione per designer e manager della formazione.
I pilastri metodologici Pop risultano essere:
- Co-progettazione: nessuna tecnologia ha senso se non parte da un ascolto reale dei discenti e dalla comprensione profonda del contesto e delle dinamiche organizzative.
- AI come alleato, non come sostituto: più che nell’automazione totale, possibile solo in alcuni ambiti, la Formazione Pop crede nell’intelligenza aumentata e collaborativa delle persone.
- Etica by design: i progetti Pop integrano principi di trasparenza, equità, sicurezza e rispetto della persona.
- Misurabilità continua: ogni iniziativa è disegnata per generare evidenze, ROI formativo, impatti reali su skill e performance.
In questa prospettiva, la Formazione Pop non è un lusso, né una moda. È una strategia di engagement, di employer branding, di empowerment. È un modo per restituire senso alla formazione, trasformandola da “obbligo aziendale” a esperienza trasformativa che le persone scelgono, ricordano e raccontano.
Il 2 luglio alle ore 17 si terrà l’evento di restituzione e di confronto su quanto emerso dalla conversazione collaborativa sul Pop Learning. L’incontro, dedicato a un gruppo selezionato di Direttori HR, manager della formazione, del change management e dell’innovazione e coordinato da me con Alessio Mazzucco e Ginevra Fidora, sarà animato anche dai Pop Opinionist:
Raoul Nacamulli, autore di L’ecosistema della formazione. Allargare i confini per ridisegnare lo sviluppo organizzativo, EGEA, 2023, che ha coordinato con me la conversazione collaborativa riportata nei Prolegomeni 106 e 107 citati sopra;
Francesco Toniolo, autore di Game culture. Luoghi non comuni del videogioco, Il Mulino, 2024 e di Prolegomeni 33;
Alessandra Cappello, Responsabile Comunicazione Interna e Digital Workplace Unipol, autrice di Prolegomeni 77;
Clemente Perrone, Direttore HR Sirti, autore di Prolegomeni 54;
Nilo Misuraca, esperto di Digital Ethics, autore di Prolegomeni 89.
Chi fosse interessato a partecipare può scrivermi qui: marco.minghetti@open-knowledge.it.
Narrazione simbolica e transmediale
Ma torniamo al quiz. Alla luce del pensiero di Piero Trupia, propongo qualche spunto di riflessione su alcuni temi esplorati dal test, che possono essere utili come guida per rispondere alle domande.
Partiamo da un punto chiave: la trasformazione culturale e comunicativa in atto non si limita a un cambiamento di strumenti, ma determina un mutamento profondo del modo in cui generiamo senso, costruiamo identità e abitiamo la realtà. Il Pop Management riconosce la potenza trasformativa dei linguaggi digitali e partecipativi. Non si tratta di adattarsi alla cultura pop, ma di riconoscerla come nuova grammatica del senso, capace di generare connessioni emotive, estetiche e simboliche (Prolegomeni 1).
Trupia, elaborando il suo concetto di “potere di convocazione”, ci ricorda che la comunicazione autentica non è trasmissione di contenuti, ma attivazione dell’altro. È un invito a partecipare, a prendere parola, a co-costruire il significato. Questo è perfettamente coerente con la visione del Pop Management, dove il leader è un simposiarca digitale, un influencer etico che genera engagement attraverso autenticità e narrazione.
La Comunicazione Pop è transmediale, immersiva, partecipativa. I linguaggi pop – meme, reel, podcast – non sono banali: sono forme simboliche che permettono di abitare la complessità e di trasformare l’ordinario in straordinario.
In questo quadro, va ricordato che Trupia non separa mai l’estetico dall’etico e dal simbolico. La spiritualità, nella sua visione, può manifestarsi anche attraverso forme digitali, se queste sono capaci di evocare senso, bellezza, verità. Il Pop Management accoglie questa intuizione, proponendo una cultura d’impresa che non teme la leggerezza, ma la usa per trasmettere valori profondi.
Iperrazionalizzazione
Nel pensiero di Piero Trupia, come già in quello di Edgar Morin, la razionalità non è mai ridotta a calcolo o algoritmo (Prolegomeni 13). Al contrario, egli denuncia con forza quella che chiama “tentazione fattualistica”: l’illusione che i fatti parlino da soli, che la realtà sia interamente leggibile attraverso dati, logiche e procedure. Ma, come scrive Trupia, «i fatti sono sempre arte-fatti»: costruzioni culturali, interpretazioni simboliche, narrazioni condivise.
In un mondo dominato da intelligenze artificiali, big data e automazione, il rischio non è l’irrazionalità, ma l’eccesso di razionalizzazione: la riduzione della realtà a ciò che è misurabile, prevedibile, controllabile. Il riduzionismo porta a escludere l’esperienza vissuta, l’empatia, la dimensione simbolica e relazionale dell’umano.
Il Pop Management, in linea con Trupia, propone una razionalità aperta, dialogica, estetica. Una razionalità che non elimina l’immaginazione, ma la integra. Che non teme l’ambiguità, ma la abita. Che non cerca di semplificare la complessità, ma di renderla esperibile attraverso la narrazione, la bellezza, la convivialità (Prolegomeni 34).
L’Esteta Pop è l’antidoto all’iperrazionalizzazione. È colui che:
- trasforma i dati in storie, i numeri in emozioni, le procedure in esperienze;
- usa il simbolico per generare senso, non per decorare la superficie;
- coltiva l’empatia e la sensibilità estetica come strumenti cognitivi, non come optional.
Come scrive Trupia in un post pubblicato in questo blog: «l’importante è vedere la narrazione all’opera come forma necessitata di pensiero».
La vera sfida non è scegliere tra razionalità e irrazionalità, ma tra una razionalità chiusa e una razionalità aperta al simbolico, all’empatia, alla bellezza. Trupia e il Pop Management ci invitano a scegliere la seconda: una razionalità umana, conviviale, estetica.
Iperoggetto
Il concetto di “Iperoggetto”, mutuato da Timothy Morton, descrive entità così complesse, distribuite e interconnesse da non poter essere comprese con strumenti lineari o riduzionisti. Il Pop Management, nella sua visione più avanzata, si configura come uno di questi iperoggetti (lo abbiamo visto in Prolegomeni 65): un sistema narrativo, relazionale, estetico e simbolico che non può essere governato con logiche tradizionali.
Ora, il contributo di Piero Trupia al Manifesto dello Humanistic Management si intitolava Cosa ci chiede il post, ed era costruito appunto sull’idea che “il prefisso ‘post’, con il quale oggi esorcizziamo l’ignoto, non è una risposta ma la liquidazione del sostantivo cui è apposto. Piero Trupia, nella sua riflessione sul “post”, ci mette quindi in guardia contro la nostalgia di modelli rassicuranti e ordinati. Viviamo in un’epoca di discontinuità, ambivalenza, trasformazione permanente. «Il ‘post’ è spesso l’indice di uno smarrimento, la perdita di vista di una riva, la mancanza di un approdo sostitutivo e di carte nautiche o bussole di supporto.»
L’Evento
In questo scenario, il manager non può più essere un controllore di processi, ma deve diventare un navigatore del caos, un interprete poetico della complessità. Il Pop Management, in linea con Trupia, propone una narrazione aperta, capace di accogliere la molteplicità dei punti di vista, la frammentazione dei linguaggi, la fluidità delle identità: soprattutto, di riconoscere l’Evento che:
- Rappresenta una rottura rispetto alla linearità del tempo:
Non si tratta di un “passo” naturale e prevedibile nella successione degli avvenimenti, bensì di un momento che spezza la continuità degli schemi abituali, interrompendo il flusso ordinario della storia o dell’esperienza. - È portatore di un significato che va oltre il dato empirico:
L’evento, pur manifestandosi in un momento concreto, non si riduce al suo aspetto fisico o cronologico, ma contiene in sé la potenzialità di aprire nuove dimensioni interpretative. Esso, infatti, apre spazi per la ridefinizione dei significati, riformulando le condizioni di senso e l’ordine del mondo. - Funziona come agente di trasformazione:
L’evento, per Trupia, ha una natura performativa: non si limita a essere un cambiamento passivo, ma diventa un operatore attivo che trasforma la realtà sociale, culturale o persino politica. In questo senso, esso può innescare processi di rinnovamento, mettendo in discussione lo status quo e aprendo la strada a nuove possibilità. - Presenta una dimensione ambivalente:
L’Evento, pur essendo portatore di rottura e incertezza, è anche carico di potenzialità positive. Esso destabilizza l’ordine preesistente, ma al contempo consente la nascita di nuove configurazioni, offrendo l’opportunità di reinterpretare e riformulare il senso dell’esperienza.
Ma come fare per riconoscere un Evento? Risponde Trupia: occorre «esercizio dello sguardo sul mondo per cogliere segnali, soprattutto anomali, del sopraggiungere dell’Evento; una continua, incessante, drammatica necessità di relazionarsi consapevolmente e responsabilmente con se stessi e con gli altri portatori di diversità-novità».
Riassumendo, l’Evento si configura come un “avvenimento” irriducibile alla sua dimensione cronologica e fattuale, capace di intervenire nella tessitura del tempo e del significato con una forza trasformativa che mette in discussione l’ordine consolidato delle cose. Tale prospettiva permette di vedere l’evento non come una mera contingenza, ma come un momento cruciale e carico di potenzialità interpretative e trasformative.
Afferma Trupia: «Ogni Evento, se accolto, genera altri Eventi. Una vita è narrabile se li ha riconosciuti e li ha lasciati operare.»
Se dunque il Pop Management può essere anche definito come una forma di sensemaking estetico, dove la bellezza – intesa come “splendore della verità” – diventa una bussola per orientarsi nel disordine, l’Esteta Pop è allora il manager che:
- accoglie la discontinuità come risorsa, non come minaccia;
- usa la narrazione simbolica per generare senso condiviso;
- trasforma l’organizzazione in un’opera collettiva, dove ogni voce ha valore.
La visione del Pop Management come Iperoggetto è perfettamente coerente con il pensiero di Trupia: entrambi ci invitano a superare la linearità, a pensare in modo poetico, a gestire la complessità con strumenti simbolici, estetici e relazionali. La risposta più coerente è quella che riconosce la necessità di una narrazione aperta, discontinua, responsabile.
Iperculturalità
L’Iperculturalità, di cui oggi molto si parla, descrive una condizione culturale segnata da connettività continua, sovraccarico informativo e trasformazione dei processi narrativi.
Cosa ne consegue per la comunicazione, l’identità e la costruzione di senso?
L’Iperculturalità non è solo un fenomeno tecnologico o mediatico, ma una condizione esistenziale. È il contesto in cui viviamo, dove la cultura si manifesta in modo iperconnesso, fluido, frammentato e narrativamente espanso. Trupia ci offre strumenti preziosi per comprendere e abitare questa condizione.
Innanzitutto, ci ricorda che la comunicazione non è mai neutra: è atto simbolico, gesto relazionale, forma di potere. In un mondo iperculturale, la comunicazione efficace non può essere lineare o prescrittiva. Deve essere:
- multicanale e transmediale, come nello storytelling pop;
- simbolica e evocativa, capace di generare senso attraverso immagini, suoni, atmosfere;
- convocativa, cioè in grado di attivare l’altro, di invitarlo a partecipare alla costruzione del significato (Prolegomeni 5).
Comunicazione, consenso e ingaggio sono dispositivi che si attivano là dove la turbolenza aumenta. E chi meglio del narratore simbolico, mitico, empatico può maneggiare questi meccanismi?
Aggiungo che, in un contesto iperculturale, l’identità non è più un dato fisso, ma un processo narrativo e relazionale. Trupia lo anticipa con il concetto di personigramma (1994): un modello organizzativo che mette al centro le persone e le loro relazioni, non i ruoli o le gerarchie.
L’Esteta Pop incarna questa visione in quanto:
- cura la propria presenza come un’opera d’arte relazionale;
- coltiva l’autenticità come valore distintivo;
- accoglie la molteplicità come ricchezza, non come minaccia.
Trupia, infine, ci invita a superare l’illusione che il senso sia nei dati, nei fatti, nelle procedure. Il senso, al contrario, è co-creato, narrato, interpretato. È un processo continuo, retrospettivo, selettivo – come insegna anche Karl Weick attraverso il concetto di sensemaking.
L’Esteta Pop è allora colui che:
- riconosce l’Evento come rottura significativa;
- trasforma l’ordinario in straordinario;
- usa l’estetica come bussola per orientarsi nel caos informativo.
L’Iperculturalità non è un problema da risolvere, ma un ambiente da abitare con consapevolezza estetica e relazionale. La risposta più coerente è quella che riconosce nella comunicazione simbolica, nell’identità fluida e nella co-creazione del senso le chiavi per navigare questo nuovo paesaggio culturale.
Fatti, verità e bellezza
Piero Trupia, dicevamo sopra, descrive “la tentazione fattualistica” come la tendenza a dare un valore determinante ai fatti, attribuendo loro un significato univoco. Questa tentazione si manifesta con espressioni come “solo i fatti contano” o “guardiamo ai fatti”.
Trupia sottolinea che questa visione può essere particolarmente presente e attiva nei momenti di crisi, dove si cerca di trovare sicurezza e certezza nei fatti concreti.
Piero Trupia sostiene che i fatti sono sempre “arte-fatti” perché ritiene che i fatti non siano mai puri e semplici, ma sempre interpretati e costruiti attraverso il linguaggio e la percezione umana. Secondo Trupia, ogni fatto è un prodotto della nostra interpretazione e del contesto culturale e sociale in cui viviamo.
Questo significa che i fatti non esistono in modo oggettivo e indipendente, ma sono sempre il risultato di un processo di costruzione e interpretazione (Prolegomeni 97).
In base a questo assunto, chiamando in causa Platone e Tommaso d’Aquino, Trupia ci parla di ciò che è bello. Il bello non è, semplicemente ‘ciò che piace’. «La bellezza è lo splendore della verità.» «L’opera d’arte, nel suo significato generale, è la verità pura e di per sé splendente». E «il significato particolare della singola opera d’arte è una verità individuata, insita in una specifica cosa del mondo»: così la bellezza sta anche in oggetti triviali, come, nelle tele di Van Gogh, gli scarponi da contadino o le patate.
Dunque, ci dice Trupia, la Bellezza non è soggettiva; è, all’opposto, universale. Per coglierla però, occorre una competenza linguistica, prima generale, e poi relativa in particolare al linguaggio dell’arte.
Trupia propone quindi un modo di osservare l’opera d’arte, distante dall’approccio storico e filologico normalmente usato dai soliti critici, e si fonda invece su strumenti di lettura e criteri interpretativi che ogni amatore può applicare, personalmente (Prolegomeni 82).
Co-creazione o sfruttamento?
Nel contesto digitale e algoritmico, la co-creazione può essere un’opportunità per generare valore condiviso, superando la tentazione fattualistica, ma rischia anche di trasformarsi in una forma di sfruttamento invisibile.
Qual è il confine tra partecipazione autentica e controllo mascherato? Una domanda che già ci ponevamo in Prolegomeni 43.
Anche per rispondere a questa domanda, è utile ricorrere al pensiero di Piero Trupia, per il quale la relazione è sempre al centro dell’esperienza umana e organizzativa. La co-creazione, per essere autentica, deve nascere da un riconoscimento reciproco, da un potere di convocazione che non impone, ma invita. Quando invece la partecipazione è solo apparente, e maschera dinamiche di controllo, si cade in quella che potremmo chiamare “co-creazione simulata”.
Nel contesto digitale, molte piattaforme promuovono la partecipazione degli utenti, ma in realtà estraggono valore dai loro comportamenti, contenuti e dati, senza un reale riconoscimento o compensazione. Trupia ci mette in guardia contro queste forme di asimmetria relazionale, dove il potere non è condiviso, ma nascosto. «La convocazione», scrive, «è invito attivo; è suscitamento dell’iniziativa discorsiva dell’altro, a partire dal riconoscimento di principio della sua autorevolezza in quanto altro.»
Se manca questo riconoscimento, la co-creazione diventa sfruttamento invisibile.
Il Pop Management, in linea con Trupia, propone un modello di co-creazione che è:
- conviviale, cioè basato sullo “stare insieme per”;
- dialogico, dove ogni voce ha valore (Prolegomeni 84);
- simbolico, dove la partecipazione è anche espressione di senso e identità.
La co-creazione autentica è quella che attiva l’altro, lo convoca a contribuire non solo con contenuti, ma con esperienza, emozione, visione.
L’Esteta Pop si afferma come garante dell’autenticità, in quanto
- progetta esperienze partecipative con cura e rispetto;
- riconosce il valore dell’altro come co-autore, non come risorsa da ottimizzare;
- usa la bellezza come criterio etico, non solo estetico.
In ultima analisi, il confine tra co-creazione e sfruttamento si gioca sulla qualità della relazione. Se c’è ascolto, reciprocità, riconoscimento, allora la co-creazione è autentica. Se c’è asimmetria, opacità, estrazione unilaterale di valore, allora è controllo mascherato. Trupia e il Pop Management ci invitano a scegliere la prima strada: quella della convocazione empatica e della convivialità generativa.
Da Media Company a Hypermedia Platfirm
Soprattutto in virtù del principio della co-generazione, le aziende stanno evolvendo da semplici creatrici di contenuti a piattaforme ipermediali, immersive e interattive, in grado di coinvolgere pubblici diversi attraverso narrazioni transmediali, dati, AI e ambienti phygital (Prolegomeni 43).
La trasformazione delle aziende in Hypermedia Platfirm rappresenta una svolta culturale profonda, che Piero Trupia aveva già intuito nella sua riflessione sulla narrazione come forma necessaria del pensiero. In un mondo segnato da iperculturalità, iperconnessione e saturazione informativa, le organizzazioni non possono più limitarsi a “comunicare”: devono generare mondi di senso.
Trupia ci insegna che la comunicazione autentica è convocativa: non trasmette, ma attiva. Le piattaforme ipermediali, se ben progettate, possono diventare spazi di convocazione simbolica, dove ogni interazione è un’occasione per costruire significato condiviso.
Il convocatore è colui che, sulla base di un’idea forte, sa aprirsi agli altri con l’ingenuità del principe Myschkin, facendoli aprire a loro volta al dialogo.
Nel Pop Management, la narrazione aziendale si fa transmediale: ogni canale (video, social, ambienti phygital, AI) contribuisce a costruire un ecosistema narrativo coerente, dove la bellezza non è decorazione, ma trasparenza del senso (claritas, secondo Tommaso d’Aquino, ripreso da Trupia anche sulla scorta di James Joyce).
Le aziende diventano così opere collettive, in cui:
- ogni stakeholder è co-autore;
- ogni touchpoint è un frammento di racconto;
- ogni esperienza è un evento estetico.
Questa trasformazione implica una nuova responsabilità: non basta coinvolgere, bisogna prendersi cura. Le piattaforme devono essere:
- aperte, capaci di accogliere la diversità;
- trasparenti, nel modo in cui usano dati e intelligenza artificiale;
- empatiche, nel modo in cui costruiscono relazioni.
La Hypermedia Platfirm, se ispirata al pensiero di Trupia, non è solo un’evoluzione tecnologica, ma una rivoluzione estetica e relazionale. È un nuovo modo di abitare la complessità, di generare senso attraverso la bellezza, di convocare le persone in un’esperienza condivisa, dando loro innanzitutto voce in capitolo. La risposta più coerente alla (iper)complessità è quella che riconosce il potenziale trasformativo di questa evoluzione, ma ne sottolinea la necessità di autenticità, cura e coerenza simbolica.
Il profilo
Hai fatto il quiz?
Se il punteggio ottenuto relativo a una specifica domanda è pari a 0, significa che non hai individuato la risposta associata al profilo che stai giocando.
Se hai ottenuto meno di 10 punti, riprova: andrà meglio!
Altrimenti, tenta con uno degli altri profili: Visionario, Innovatore, Esploratore, Pratico, Alchimista, Creativo, lronic Diva, Empatica, Simposiarca. A mano a mano che saranno disponibili si attiveranno i relativi link.
Oppure giocali tutti e scopri quale mix di personalità costituisce l’Unità Molteplice del tuo essere manager!
Se complessivamente hai totalizzato 10 o più punti, rispondi al profilo dell’Esteta.
Chi sei
Cogli la bellezza come splendore della verità, riconosci il potere trasformativo dell’arte e della narrazione, possiedi la sensibilità del maieuta simbolico in grado di generare senso condiviso. Sei capace di abitare la complessità con leggerezza e profondità.
Nel tuo sguardo convivono la forza iconica di Frida Kahlo e la lucidità pop di Andy Warhol: come Frida, trasformi il dolore in immagine, l’identità in racconto, la vulnerabilità in potenza simbolica; come Warhol, cogli l’estetica del quotidiano, elevi l’ordinario a straordinario, giochi con i linguaggi della cultura di massa per rivelarne le verità nascoste.
Tratti distintivi
Sensibilità estetica e simbolica: riconosci la bellezza come verità incarnata, anche nei dettagli più ordinari.
Narratività convocativa: usi la narrazione per suscitare partecipazione, dialogo e trasformazione.
Cura della convivialità: progetti esperienze che mettono al centro la relazione, l’empatia e la co-creazione.
Empatia estetica: sai leggere i bisogni profondi e rispondere con forme che parlano al cuore e alla mente.
Punti di forza
Dai forma al senso: trasformi eventi e concetti in esperienze estetiche e memorabili.
Coltivi identità plurali: aiuti persone e organizzazioni a esprimersi in modo autentico e relazionale.
Crei bellezza generativa: ogni tua scelta estetica è portatrice di valore e significato.
Rendi l’ordinario straordinario: cogli l’evento anche nei gesti minimi, come insegnava Trupia.
Attenzione a…
Non sacrificare la verità alla forma: la bellezza è trasparenza, non maschera.
Ricorda che l’esperienza è relazione, non solo rappresentazione.
Non temere l’imperfezione: è ciò che rende l’esperienza autentica e viva.
117 – continua
Copertina di Marcello Minghetti (Mosaico per Ariminum Circus Stagione 1)
Puntate precedenti
1 – DALLO HUMANISTIC AL POP MANAGEMENT
2 – MANIFESTI, ATLANTI, MAPPE E TERRITORI
3 – IL MANAGER PORTMANTEAU
4 – WHICH WAY, WHICH WAY?
5 – LEADERSHIP POP (LEZIONI SHAKESPEARIANE)
6 – OPINION PIECE DI RICCARDO MAGGIOLO
7 – LEADERSHIP POP (APERTURA, AUTONOMIA, AGIO, AUTO-ESPRESSIONE)
8 – OPINION PIECE DI JOSEPH SASSOON
9 – OPINION PIECE DI CESARE CATANIA
10 – OPINION PIECE DI VANNI CODELUPPI
11 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO GIAUME
12 – COLLABORAZIONE POP. L’IRRESISTIBILE ASCESA DELLE COMMUNITY INTERNE
13 – COLLABORAZIONE POP. L’EMPATIA SISTEMICA
14 – COLLABORAZIONE POP. LE COMMUNITY AZIENDALI: UNO STATO DELL’ARTE, PARTE PRIMA
15 – COLLABORAZIONE POP. LE COMMUNITY AZIENDALI: UNO STATO DELL’ARTE, PARTE SECONDA
16 – OPINION PIECE DI MATTEO LUSIANI
17 – OPINION PIECE DI MARCO MILONE
18 – OPINION PIECE DI ALESSIO MAZZUCCO
19 – OPINION PIECE DI ALESSANDRA STRANGES
20 – OPINION PIECE DI FRANCESCO VARANINI
21 – ORGANIZZAZIONE POP. COMANDO, CONTROLLO, PAURA, DISORIENTAMENTO
22 – OPINION PIECE DI ROBERTO VERONESI
23 – OPINION PIECE DI FRANCESCO GORI
24 – OPINION PIECE DI NELLO BARILE
25 – OPINION PIECE DI LUCA MONACO
26 – OPINION PIECE DI RICCARDO MILANESI
27 – OPINION PIECE DI LUCA CAVALLINI
28 – OPINION PIECE DI ROBERTA PROFETA
29 – UN PUNTO NAVE
30 – ORGANIZZAZIONE POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CURA)
31 – OPINION PIECE DI NICHOLAS NAPOLITANO
32 – LEADERSHIP POP. VERSO L’YPERMEDIA PLATIFIRM (CONTENT CURATION)
33 – OPINION PIECE DI FRANCESCO TONIOLO
34 – ORGANIZZAZIONE POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CONVIVIALITA’)
35 – OPINION PIECE DI LUANA ZANELLATO
36 – OPINION PIECE DI ANDREA BENEDETTI E ISABELLA PACIFICO
37 – OPINION PIECE DI STEFANO TROILO
38 – OPINION PIECE DI DAVIDE GENTA
39 – OPINION PIECE DI ANNAMARIA GALLO
40 – INNOVAZIONE POP. ARIMINUM CIRCUS: IL READING!
41 – ORGANIZZAZIONE POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CONVOCAZIONE)
42 – OPINION PIECE DI EDOARDO MORELLI
43 – ORGANIZZAZIONE POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CO-CREAZIONE DI VALORE)
44 – OPINION PIECE DI MARIANNA PORCARO
45 – OPINION PIECE DI DONATO IACOVONE
46 – OPINION PIECE DI DENNIS TONON
47 – OPINION PIECE DI LAURA FACCHIN
48 – OPINION PIECE DI CARLO CUOMO
49 – OPINION PIECE DI CARLO MARIA PICOGNA
50 – OPINION PIECE DI ROBERTO RAZETO
51 – OPINION PIECE DI ALBERTO CHIAPPONI
52 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO ANTONINI
53 – OPINION PIECE DI ALESSANDRA PILIA
54 – OPINION PIECE DI CLEMENTE PERRONE
55 – OPINION PIECE DI FABRIZIO RAUSO
56 – OPINION PIECE DI LORENZO TEDESCHI
57 – OPINION PIECE DI EUGENIO LANZETTA
58 – OPINION PIECE DI GIOLE GAMBARO
59 – OPINION PIECE DI DANTE LAUDISA
60 – OPINION PIECE DI GIAMPIERO MOIOLI
61 – OPINION PIECE DI GIOVANNI AMODEO
62 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO LOTTO
63 – OPINION PIECE DI GIANLUCA BOTTINI
65– OPINION PIECE DI SIMONE FARINELLI
66– OPINION PIECE DI FRANCESCA ANNALISA PETRELLA
67– OPINION PIECE DI VALERIO FLAVIO GHIZZONI
68– OPINION PIECE DI STEFANO MAGNI
69– OPINION PIECE DI LUCA LA BARBERA
70 – INNOVAZIONE POP. ARIMINUM CIRCUS: LA GRAPHIC NOVEL!
71 – LEADERSHIP POP. APOFATICA E CATAFATICA DELLA COMUNICAZIONE
72 – OPINION PIECE DI FEDERICA CRUDELI
73– OPINION PIECE DI MELANIA TESTI
74 – OPINION PIECE DI GIANMARCO GOVONI
75– OPINION PIECE DI MARIACHIARA TIRINZONI
76 – SENSEMAKING POP. LODE DELLA CATTIVA CONSIDERAZIONE DI SE’
77 – OPINION PIECE DI ALESSANDRA CAPPELLO E ALESSANDRA MAZZEI
78 – OPINION PIECE DI JOE CASINI
79 – OPINION PIECE DI MARTA CIOFFI
80 – STORYTELLING POP. VERSO IL POP BRANDING (PARTE PRIMA)
81 – STORYTELLING POP. VERSO IL POP BRANDING (PARTE SECONDA)
82 – STORYTELLING POP. VERSO IL POP BRANDING (NOTE A MARGINE)
83 – ENGAGEMENT POP. IL MANAGER INGAGGIANTE IMPARA DAI POKEMON
84 – ENGAGEMENT POP. DARE VOCE IN CAPITOLO
85 – ENGAGEMENT POP. COMUNICARE, VALUTARE, TRASFORMARE
86 – SENSEMAKING POP. MALATTIA MENTALE E BENESSERE PSICOLOGICO SUL LAVORO
87 – SENSEMAKING POP. FOLLIA O DIVERSITA’?
88 – OPINION PIECE DI LUIGIA TAURO
89 – OPINION PIECE DI NILO MISURACA
90 – OPINION PIECE DI FRANCESCO DE SANTIS
91 – INNOVAZIONE POP. REMIX, RI-USO, RETELLING
92 – STORYTELLING POP. ARIMINUM CIRCUS AL BOOK PRIDE 2025
93 – OPINION PIECE DI SIMONE VIGEVANO
94 – OPINION PIECE DI LORENZO FARISELLI
95 – OPINION PIECE DI MARTINA FRANZINI
96 – OPINION PIECE DI EMANUELA RIZZO
97 – INNOVAZIONE POP. OLTRE LA PRE-INTERPRETAZIONE
98 – INNOVAZIONE POP. FORMAZIONE: ANALOGICA, METAVERSALE, IBRIDA
99 – ARIMINUM CIRCUS: LA VISUAL NOVEL!
100 – La (P) AI INTELLIGENCE (PARTE PRIMA)
101 – La (P) AI INTELLIGENCE (PARTE SECONDA)
102 – La (P) AI INTELLIGENCE (PARTE TERZA)
103– La (P) AI INTELLIGENCE (PARTE QUARTA)
104– La (P) AI INTELLIGENCE (PARTE QUINTA)
105– OPINION PIECE DI ALEXANDRA NISTOR
106– FORMAZIONE POP. PARTE PRIMA
107– FORMAZIONE POP. PARTE SECONDA
108– OPINION PIECE DI FEDERICA GRAZIA BARTOLINI
109– OPINION PIECE DI FEDERICO PLATANIA
110– OPINION PIECE DANIELA DI CIACCIO
111– OPINION PIECE DI LUCIANA MALARA E DONATELLA MONGERA
112– IL RITORNO DEL CEOPOP
113– LA VISIONE DEI CEOPOP (VOLUME 1)
114– LA VISIONE DEI CEOPOP (VOLUME 2)
115 – La comunicazione del CEOPOP
116– CEOPOP E PARTI SOCIALI