Sono particolarmente felice di pubblicare la Pop Opinion di oggi anche perché è ispirata a Italo Calvino, un autore importantissimo nel percorso dello Humanistic e del Pop Management. Oltre all’esperienza delle Aziende InVisibili (di cui questo blog è uno spin-off), sia sufficiente ricordare che il prossimo Book Pride milanese ospiterà un un grande Evento Pop: “E se Fellini, Mondrian e Wile E. Coyote fossero Intelligenze Artificiali? Valentina Tosoni, creatrice del podcast Storie dell’arte per La Repubblica, intervista Marco Minghetti, autore di Ariminum Circus Stagione 1, definito dalla Giuria del Premio Calvino «un romanzo ibrido, insieme lisergico e filosofico, volto a restituire la deflagrazione della contemporaneità».
Il contributo è di Luigia Tauro che così si definisce: «sono una pensatrice curiosa e poliedrica, capace di muovermi con disinvoltura tra tecnologia, innovazione e trasformazione organizzativa. Il mio approccio alla digitalizzazione non è solo tecnico, ma profondamente umano: vedo nella tecnologia un potente strumento di cambiamento, purché resti al servizio delle persone.
La mia passione per l’innovazione si unisce a una capacità di visione strategica che mi ha permesso negli anni di collegare scenari futuri con le esigenze concrete del presente. Amo esplorare i confini tra business, creatività e società, portando avanti una visione di leadership che valorizza l’empatia, l’apertura alla diversità.
Sono convinta che il vero progresso nasca dall’intreccio di idee, esperienze e discipline diverse e amo condividere riflessioni che rendano accessibili e stimolanti anche i temi più complessi. In altre parole, mi sento una narratrice dell’innovazione, con lo sguardo rivolto al futuro e il cuore saldo nella comprensione delle persone».
Lezioni di Innovazione: dalle Lezioni Americane di Italo Calvino al POP Management
Luigia Tauro
Lezioni organizzative da Italo Calvino
Nel 2015 pubblicavo l’articolo Approcci organizzativi al governo dell’innovazione, in cui analizzavo le forme organizzative dell’innovazione. Una delle chiavi interpretative utilizzate in quell’analisi era il riferimento alle Lezioni Americane di Italo Calvino[i], un’opera che, pur essendo letteraria, offre spunti illuminanti per comprendere come le organizzazioni possano affrontare il cambiamento e l’incertezza.
In particolare, Calvino identifica cinque qualità fondamentali della letteratura – Leggerezza, Rapidità, Esattezza, Visibilità e Molteplicità – che, nel mio articolo del 2015, proponevo come principi applicabili anche alle forme organizzative capaci di sostenere l’innovazione. Vediamo brevemente come si collegavano allora all’innovazione e come questi concetti si siano evoluti oggi nel contesto del pop management.
- Leggerezza “la capacità di osservare le sfumature delle situazioni, l’intuizione, la capacità di ascolto dei segnali deboli, il seguire le tracce, la modestia, il lasciare che il mondo, che fa da sfondo, e le nuove combinazioni ivi costituite siano frutto di un atto progettuale leggero, che non sovrapponga l’ego e gli schemi concettuali precostituiti alle nuove soluzioni da ricercare”: nel 2015 sostenevo che le organizzazioni dovessero alleggerirsi da strutture eccessivamente burocratiche per poter innovare. Oggi, con l’avvento del pop management, questo principio si traduce nella capacità di creare strutture agili e adattabili, dove la gerarchia viene sostituita dalla leadership diffusa e dalla collaborazione orizzontale.
- Rapidità “Un batter d’occhio, un pensiero, un’ala d’angelo: che cosa era abbastanza veloce per inserirsi nello spazio fra la domanda e la risposta, separando l’una dall’altra?”: già allora era chiaro che la velocità di risposta ai cambiamenti di mercato fosse cruciale. Tuttavia, il modello tradizionale, basato su una rapidità imposta dall’alto, si è rivelato limitante. Oggi, la rapidità nell’innovazione emerge dalla capacità di sfruttare la co-creazione e il design thinking, permettendo alle organizzazioni di testare e iterare soluzioni in tempo reale.
- Esattezza “La precisione per gli antichi Egizi era simboleggiata da una piuma che serviva da peso sul piatto della bilancia dove si pesano le anime. Quella piuma leggera aveva nome Maat, dea della bilancia”: nel 2015 evidenziavo come l’innovazione dovesse essere supportata da una visione chiara e da obiettivi precisi. Oggi, nell’era dell’Open Innovation e della leadership diffusa, l’esattezza non riguarda più solo la precisione degli obiettivi strategici, ma anche la capacità di costruire narrazioni condivise che ispirino e orientino il cambiamento.
- Visibilità “Se ho incluso la Visibilità nel mio elenco di valori da salvare è per avvertire del pericolo che stiamo correndo di perdere una facoltà umana fondamentale: il potere di mettere a fuoco visioni a occhi chiusi, di far scaturire colori e forme dall’allineamento di caratteri alfabetici neri su una pagina bianca, di pensare per immagini”: l’innovazione richiede immaginazione e capacità di visualizzare il futuro. Nel mio articolo del 2015 parlavo di scenari previsionali come strumenti per orientare le scelte organizzative. Oggi, con il pop management, la visibilità si traduce nella creazione di esperienze immersive e partecipative che coinvolgono tutti gli attori dell’organizzazione nel processo di innovazione.
- Molteplicità “La conoscenza come molteplicità è il filo che lega le opere maggiori … i libri moderni che più amiamo nascono dal confluire e scontrarsi d’una molteplicità di metodi interpretativi, modi di pensare, stili d’espressione. Anche se il disegno generale è stato minuziosamente progettato, ciò che conta non è il suo chiudersi in una figura armoniosa, ma è la forza centrifuga che da esso si sprigiona, la pluralità dei linguaggi come garanzia d’una verità non parziale.”: l’ultimo valore da preservare nel nuovo millennio, per Calvino, è forse quello che più si è rafforzato nel contesto attuale. Se nel 2015 sottolineavo l’importanza di reti collaborative per generare innovazione, oggi la molteplicità si manifesta attraverso ecosistemi aperti, in cui le aziende interagiscono con startup, università, clienti e persino concorrenti per co-creare soluzioni.
A distanza di quasi dieci anni, il panorama aziendale è cambiato radicalmente: le strutture gerarchiche e rigide hanno lasciato il passo a organizzazioni più fluide. Se nel 2015 l’attenzione era ancora focalizzata su come governare l’innovazione, oggi, con l’avvento del pop management, la sfida è creare ambienti in cui l’innovazione possa emergere spontaneamente. Per comprendere meglio questa trasformazione, analizziamo l’evoluzione dei modelli organizzativi e confrontiamoli con le idee più recenti emerse nel dibattito a cui sto contribuendo.
Dal controllo gerarchico all’innovazione partecipata
Nel mio articolo del 2015, sottolineavo come l’innovazione fosse spesso governata attraverso tre approcci organizzativi principali:
- Approccio gerarchico tradizionale, in cui il controllo dell’innovazione era centralizzato ai vertici aziendali.
- Approccio a rete, caratterizzato da connessioni più fluide tra diversi attori interni ed esterni.
- Approccio aperto e collaborativo, in cui l’innovazione era il risultato di un ecosistema di partecipanti, tra cui fornitori, clienti e startup.
Se nel 2015 l’attenzione era ancora concentrata sulla gestione strutturata dell’innovazione, oggi il pop management introduce un paradigma nuovo: l’innovazione non è più solo un processo da “governare”, ma un fenomeno culturale diffuso, ispirato ai linguaggi della cultura pop, alla leadership condivisa e alla trasparenza.
Il Pop Management come modello organizzativo per l’innovazione
Secondo Alessandro Giaume, autore di Prolegomeni al Manifesto del Pop Management 11 – Innovazione Pop, una delle principali evoluzioni è la diffusione della leadership organizzativa. Questo significa che l’innovazione non è più prerogativa esclusiva del top management, ma coinvolge tutti i livelli aziendali. Lo conferma anche Francesco Gori nel suo Opinion Piece. L’approccio tradizionale, basato su decisioni calate dall’alto, viene sostituito da modelli agili, in cui l’organizzazione stessa diventa un sistema adattivo e in continua trasformazione.
L’innovazione, quindi, non nasce più solo nei laboratori di ricerca o nei dipartimenti specializzati, ma si diffonde grazie a processi di co-creazione e contaminazione tra diverse competenze. Questo è evidente nel concetto di Open Manager, figura chiave per l’innovazione aziendale, come illustrato nell’articolo Quali competenze per generare innovazione in azienda? L’Open Manager è un facilitatore dell’innovazione aperta, capace di connettere risorse interne ed esterne e di promuovere un apprendimento continuo (vedi anche Prolegomeni 7).
Apprendimento esperienziale e organizzazioni liquide
Un altro aspetto fondamentale delle nuove forme organizzative per l’innovazione è il passaggio dall’apprendimento teorico all’apprendimento esperienziale. Come evidenziato da Marilù Carnesi in Prolegomeni al Manifesto del Pop Management 64 – Innovazione Pop, le aziende innovative non si limitano più a sviluppare nuove idee, ma creano ambienti in cui i dipendenti possono sperimentare soluzioni in tempo reale.
Questo approccio, ispirato ai metodi del design thinking e dell’agile development, permette di ridurre il tempo tra la generazione dell’idea e la sua realizzazione, favorendo una cultura del rischio e dell’errore come elementi essenziali per l’innovazione. Di conseguenza, le organizzazioni diventano più liquide, ovvero capaci di adattarsi rapidamente ai cambiamenti del mercato.
Dal 2015 a oggi: cosa abbiamo imparato?
L’analisi dell’evoluzione delle forme organizzative per l’innovazione dal 2015 a oggi mette in evidenza alcuni insegnamenti fondamentali, che non solo rafforzano i concetti espressi da Calvino nelle Lezioni Americane, ma ne estendono la portata, adattandoli al contesto del pop management.
- Dalla gerarchia alla leadership distribuita
- Il concetto di leadership si è trasformato: non è più legato a una figura centrale che guida il processo innovativo, ma diffuso tra i membri dell’organizzazione.
- Le aziende più avanzate adottano modelli holacratici o sociocratici, nei quali il potere decisionale è distribuito e la responsabilità dell’innovazione è condivisa.
- L’emergere di modelli di self-management dimostra che la libertà di sperimentare e prendere decisioni a livello diffuso può accelerare l’innovazione.
- Dall’innovazione chiusa all’Open Innovation
- Se nel 2015 si parlava di innovazione aperta come una possibilità, oggi è una necessità per rimanere competitivi.
- Le aziende leader costruiscono ecosistemi collaborativi con università, startup, clienti e persino competitor (co-opetition).
- Il valore dell’innovazione non sta più solo nel segreto industriale o nella protezione della proprietà intellettuale, ma nella capacità di contaminare idee e svilupparle in un contesto di collaborazione estesa.
- Dalla rigidità alla flessibilità organizzativa
- Le strutture rigide limitano l’adattabilità e rallentano l’innovazione: per questo, le imprese di successo adottano modelli agili e liquidi.
- I team interdisciplinari e cross-functional permettono di affrontare problemi complessi da più prospettive, abbattendo i silos organizzativi.
- L’infrastruttura organizzativa stessa diventa modulare, permettendo alle aziende di riconfigurarsi rapidamente in base alle esigenze del mercato.
- Dalla teoria alla sperimentazione continua
- L’innovazione non è più un progetto separato dalla gestione quotidiana, ma un processo iterativo e continuo.
- Il concetto di Minimum Viable Product (MVP) è ormai standard: le aziende testano costantemente soluzioni in piccoli cicli, adattandole rapidamente.
- L’errore è sempre più considerato una risorsa: fallire velocemente (fail fast) è oggi una filosofia accettata e promossa nelle organizzazioni più innovative.
- Dalla gestione dei talenti alla valorizzazione delle intelligenze collettive
- Nel 2015 si parlava ancora di attrarre e trattenere talenti, oggi la sfida è più complessa: creare ambienti in cui l’intelligenza collettiva possa emergere spontaneamente.
- I principi di diversità ed equità non sono più solo etiche, ma strumenti strategici per aumentare la creatività e migliorare il problem solving.
- L’employee experience diventa cruciale: esperienze di lavoro più coinvolgenti e significative aumentano l’engagement e la produttività.
Conclusioni: il futuro delle organizzazioni innovative
L’evoluzione delle forme organizzative per l’innovazione negli ultimi dieci anni evidenzia una transizione netta: da un modello basato sul controllo e la pianificazione strutturata a uno più fluido, basato sulla partecipazione e sull’adattabilità.
Se nel 2015 il focus era su come governare l’innovazione, oggi la domanda chiave è: come possiamo creare ambienti in cui l’innovazione accada spontaneamente?
Questa trasformazione richiede un cambio di mentalità:
- Dal controllo alla fiducia – Le aziende devono fidarsi del proprio capitale umano, dando libertà di esplorare e sperimentare.
- Dalla competizione alla collaborazione – Le imprese che innovano meglio sono quelle che sanno coinvolgere attori esterni, costruendo ecosistemi dinamici.
- Dalla rigidità alla plasticità – Le strutture organizzative devono essere capaci di ridefinirsi in base alle sfide emergenti.
Guardando al futuro, il pop management offre un quadro interpretativo potente: dimostra che l’innovazione non è solo una questione di processi o tecnologie, ma anche e soprattutto di cultura, linguaggi e valori condivisi.
Le aziende più all’avanguardia non sono quelle che “fanno innovazione”, ma quelle che sono innovazione. In altre parole, l’organizzazione stessa deve diventare un sistema vivente, in cui la creatività è distribuita, le idee circolano liberamente e l’evoluzione è costante.
La sfida, dunque, non è solo cambiare il modo in cui le imprese innovano, ma ridefinire il concetto stesso di impresa.
[i] Lezioni americane: Sei proposte per il prossimo millennio (Oscar Mondadori – opere di Italo Calvino Vol. 7)
88 – continua
Copertina di Marcello Minghetti (Mosaico per Ariminum Circus Stagione 1)
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