Prolegomeni al Manifesto del Pop Management 131. Chiusi per ferie…

… ma con il cervello sempre aperto

Cari Pop Apers,

il mondo reale ci ricorda ogni giorno che viviamo tempi di guerra – anzi di guerre: militari, commerciali, ideologiche e chi più ne ha, più ne metta.

In questo clima, per il cartello di “Chiuso per ferie” da attaccare all’ingresso del blog, ho creato insieme a Gemini uno sfondo ispirato a un remake tropicale della Guerra dei Mondi, con dischi volanti, fumo sull’acqua e fuoco nel cielo («smoke on the water and fire in the sky» cantano i Deep Purple): ma sotto l’occhio vigile della nostra Pop Ape che invita tutti  a non smettere di pensare… pacificamente.

L’estate, anche sotto cieli arancioni per effetto dell’inquinamento o tra palme minacciate da invasioni intergalattiche (e dai dazi di Trump), resta un tempo prezioso per rallentare, riflettere e ricaricare le energie. Ma soprattutto, per continuare ad allenare quella palestra di pensiero critico e creatività che è il Pop Management.

Il potere del racconto

In un mondo dove tutto è polemizzato e ogni parola rischia di diventare un’arma, il Pop Management sceglie la via di una narrazione che non consola, né tantomeno sostiene lo status quo, ma lo interroga. E lo fa attraverso l’immaginazione, la curiosità e l’empatia.

«La cosa sorprendente del personaggio di Sherazade  – ci ricorda Azar Nafisi, intervistata da Pino Donghi – sta nel suo rifiuto di riconoscersi nel dominio del nemico. Sherazade rimane in controllo perché si riconosce e si definisce nel dominio del racconto, nell’atto del raccontare. L’esito per cui ogni notte la storia rimane incompiuta, non finita, sollecita la curiosità del Re. E siccome le due caratteristiche principali dell’immaginazione sono la curiosità e l’empatia, le storie che Sherazade racconta cambiano la mente del Re, il suo modo di stare al mondo, il suo mindset. È questo quello che dobbiamo fare anche oggi: non tagliare le teste, ciò che fanno i persecutori dei regimi totalitari (o la Regina Rossa di Alice, che, dicevamo in Prolegomeni 121, «incarna una figura manageriale estrema, dominata da tratti che richiamano dinamiche psicologiche disfunzionali – esemplificate dal celebre comando Tagliatele la testa!», NdR), bensì cambiarle.»

Questa è la missione del Pop Management: attraverso il racconto, il gioco, l’ironia e la riflessione, aprire uno spazio critico dove il pensiero può evolvere, senza dogmi né gerarchie. Corollario dell’assunto fondativo espresso fin dal primo Prolegomeno: «Se l’azienda vuole ascoltare ed essere ascoltata dai propri stakeholders, interni ed esterni, deve essere in grado di competere con tutto ciò che oggi assume le forme (i format) della Cultura Pop: un podcast, un videogioco, una serie tv, un reel…»

L’impresa viene così concepita come un sistema narrativo immersivo, capace di veicolare valori come cura reciproca, empatia sistemica, convivialità, autenticità e autorevolezza attraverso linguaggi e strumenti propri della cultura pop.

L’impresa come narrazione co-creata

Il Pop Management concepisce l’impresa come una narrazione co-creata, dove ogni individuo contribuisce attivamente alla storia dell’organizzazione, a fare evolvere l’impresa in un ambiente dove la collaborazione, l’innovazione e il coinvolgimento sono alimentati dalla condivisione metadisciplinare di competenze ed esperienze. Gli Opinion Piece e le Conversazioni Collaborative che si intrecciano all’interno dei nostri Prolegomeni ne sono la concreta testimonianza.

Questa concezione ci riconduce alla Pop Filosofia, principio ispiratore del Pop Management. Gilles Deleuze insegna che il pensiero non è lineare, ma fatto di pieghe, di strati, di movimenti. Il mondo non è una superficie uniforme, ma un tessuto dinamico in continua modificazione. Il Pop Manager è colui che sa leggere queste pieghe, cogliere le sfumature, caricare l’ordinario di significato. Come Sherazade, non si riconosce nel dominio del nemico, ma nel dominio del racconto. E proprio nel racconto trova lo spazio per sovvertire, per immaginare, per cambiare.

Facciamo qualche esempio. Nel Prolegomeno 97 invito a seguire l’invito di Milan Kundera a strappare “il sipario della preinterpretazione”: azione tanto più necessaria in uno scenario dove, con l’irrompere delle AI, «il confirmation bias esplode. L’utente riceve risposte perfettamente allineate ai propri assunti iniziali, rinforzate da una coerenza linguistica che ne simula la validità. Non viene sfidato, ma servito. La simulazione dell’interlocuzione viene scambiata per riflessione, e l’accordo stilistico per consenso epistemico» ha scritto Walter Quattrociocchi in un post su LinkedIn.

Personalmente, non credo che la soluzione alla sfida di un corretto uso delle AI consista nel demonizzarle (come avviene in tanta pubblicistica neoluddista che gioca sulla classica paura del cambiamento per mietere facili consensi); o (come si legge in tanti articoli sedicenti “scientifici”), sminuirne le potenzialità anche in sede di contribuzione a una riflessione critica, per il mero fatto che il loro assetto cognitivo è radicalmente diverso da quello umano. E che quindi “non pensano”. Chi si appella a questo argomento non sta forse applicando un bias negativo nei confronti di tutto ciò che è straniero, apparentemente incomprensibile o più semplicemente differente da sé? Pregiudizio tanto più ingiustificato considerando che le AI, essendo un frutto della creatività umana, ne sono in qualche misura necessariamente espressione. Al limite, proprio per i bias che ereditano dai loro programmatori.

Piuttosto, si tratta  di concepire  il management come un ecosistema narrativo aperto (anche al contributo delle AI), in continua evoluzione. Così il libro diventa un librare, il manager diventa un narratore, l’organizzazione diventa un racconto condiviso. Perciò, ad esempio nella recente Conversazione Collaborativa fra docenti universitari e direttori HR  – Prolegomeni 126, 128 e 130 – si parla di una nuova grammatica del lavoro basata sulla narrazione autentica, capace di costruire identità stabili, sia pure nella loro costitutiva impermanenza, in un contesto liquido e frammentato. Operazione che può venire agevolata dall’individuazione di alcuni archetipi, come dicevamo in Prolegomeni 8.

Archetipi e Quiz

Il nostro modo di essere Pop si fonda su alcuni archetipi, modi di essere e di fare, che plasmano l’approccio individuale al mondo e al management. I primi sette dei dieci che propongo (ma chi vuole ne può individuare altri) sono già disponibili, la serie sarà completata con i tre rimanenti a settembre. Ognuno di noi porta in sé una scintilla di questi profili, pronti a essere scoperti e affinati. L’estate è il momento ideale per esplorare queste sfumature e, perché no, per divertirsi un po’.

Vi invito quindi a continuare il vostro percorso di riflessione e crescita esercitandovi con i quiz della serie “Che Pop Manager sei?”. che non sono semplici test: sono dispositivi narrativi. Ogni archetipo – dall’Esteta al Visionario, dall’Empatico all’Ironic Diva/Divo – è una figura che incarna un modo di stare al mondo, un modo di raccontarsi e di agire nel contesto organizzativo. Ogni quiz è una Sherazade contemporanea: invita a raccontarti, a riconoscerti nella storia, a scoprire come la tua immaginazione può rinnovare il tuo stile di leadership.

Ecco una sintesi dei profili che (ri) scoprirete. Per ognuno ho esplicitato un concetto chiave della Pop Filosofia di Deleuze e un valore Pop di riferimento.

L’Esteta

Prolegomeno di riferimento: Prolegomeno 117

Descrizione: Il manager Esteta non si limita a un approccio funzionale, ma cerca la bellezza e l’armonia in ogni progetto. Non si tratta solo di un vuoto esercizio esteriore, ma di un’attenzione meticolosa ai dettagli, alla forma e alla qualità che fa del lavoro un’esperienza significativa.

Concetto deleuziano: Pieghe
Nel saggio Le Pieghe. Leibniz e il Barocco, Gilles Deleuze descrive il mondo come un insieme di pieghe che si avvolgono e si aprono, rivelando la complessità dell’essere. La metafora della piega serve a rappresentare una realtà stratificata e dinamica, composta da infiniti livelli che si intrecciano e si manifestano progressivamente. Non siamo di fronte a un universo piatto e uniforme, ma a un tessuto in costante trasformazione, dove ogni piega è un punto di tensione e possibilità.

Valore Pop Management: Bellezza funzionale
Nel Pop Management, la bellezza non è decorazione, ma leva strategica. L’esteta, in questa prospettiva, non è semplicemente chi ammira la bellezza, ma colui che è in grado di percepire e comprendere queste pieghe nel mondo quotidiano, andando oltre la superficie. Coglie la bellezza come splendore della verità, riconosce il potere dell’arte e della narrazione, possiede la sensibilità del maieuta in grado di generare senso condiviso, capace di abitare la complessità con leggerezza e profondità.

Il quiz ti invita a riflettere su quanto la cura per il contesto, la chiarezza visiva e l’originalità siano centrali nel tuo stile di leadership.

Sei un manager che vede oltre il compito, percependo il valore di un’idea che risplende? Scoprilo qui.  

Visionario/Visionaria

Prolegomeno di riferimento: Prolegomeno 119

Descrizione: Il Visionario è un navigatore del futuro, un leader che anticipa i cambiamenti e sa leggere i segnali che gli altri ignorano. La sua forza non risiede solo nella capacità di immaginare, ma di comunicare quella visione in modo così avvincente da ispirare gli altri a seguirlo.

Concetto deleuziano: Divenire
Per Deleuze, il divenire è un processo continuo, mai concluso, che sfugge alle identità fisse e che non si basa sull’imitazione o sulla somiglianza (es. diventare un altro), ma sulla creazione di nuove alleanze, connessioni e possibilità. Non ha un punto di arrivo prestabilito e mette in discussione le identità fisse. È un “divenire minoritario”, un’uscita dai modelli dominanti e “maggioritari”. Il Visionario vive nel divenire, anticipando ciò che ancora non è e rendendo il futuro un presente narrabile.

Valore Pop Management: Immaginazione strategica
Il Visionario Pop non si limita a prevedere: utilizza l’immaginazione non come un’evasione dalla realtà, ma come uno strumento pratico per creare scenari, renderli condivisibili e agirli. Questo mindset si lega strettamente al concetto di leadership convocativa e alla capacità di un’azienda di innovare e restare rilevante in un mondo in continua evoluzione, che si muove al ritmo frenetico della cultura pop. L’immaginazione diventa così una risorsa operativa per guidare il cambiamento.

Questo quiz ti spinge a indagare quanto sei in grado di creare una narrazione che va oltre il presente, tracciando rotte inesplorate e disegnando un futuro che si può toccare con mano.

Sei pronto a partire? Scoprilo qui.

Empatica/Empatico

Prolegomeno di riferimento: Prolegomeno 121

Descrizione: L’Empatico è il collante invisibile che tiene unito il team, il manager che sa ascoltare con il cuore prima ancora che con la mente. È in grado di creare un ambiente dove le persone si sentono valorizzate e i gruppi di lavoro sono vere comunità.

Concetto deleuziano: Corpo senza organi
Il “corpo senza organi” è una metafora della potenzialità pura, libera da strutture rigide. Il concetto, ripreso da Deleuze e Guattari da Antonin Artaud, non si riferisce a un corpo fisico privo di organi, ma a un piano di esistenza che non è organizzato, stratificato o sottoposto a una logica gerarchica imposta dall’esterno. È un piano di intensità, di flussi e di connessioni inaspettate, dove si manifestano nuove possibilità e nuovi modi di essere, al di fuori delle identità fisse. L’Empatico crea spazi relazionali fluidi, dove le persone possono esprimersi senza costrizioni, generando nuove forme di collaborazione.

Valore Pop Management: Relazione autentica
Nel Pop Management, l’empatia è la chiave per costruire comunità. L’Empatico favorisce ambienti dove la relazione è motore di performance. Un leader empatico non impone una struttura rigida (un “organismo” predefinito), ma favorisce un ambiente relazionale che permette alle persone di esprimersi senza costrizioni e di generare nuove forme di collaborazione. In questo senso, l’organizzazione Pop si avvicina a un “corpo senza organi” in cui i legami non sono prescritti da gerarchie o ruoli predefiniti, ma emergono in modo spontaneo e produttivo.

Il quiz indaga sulla tua sensibilità e sulla tua abilità di congiungerti con gli altri a un livello profondo, riconoscendo il potere delle relazioni e del benessere emotivo all’interno del team.

Sei un leader che crea legami o che si limita a gestire le persone? Scoprilo qui.

Innovatore/Innovatrice

Prolegomeno di riferimento: Prolegomeno 123

Descrizione: L’Innovatore non ha paura di rompere gli schemi, ma lo fa con un obiettivo chiaro: portare una ventata di novità e efficienza.

Concetto deleuziano: Macchine desideranti
Nel loro testo L’Anti-Edipo, Gilles Deleuze e Félix Guattari rappresentano le macchine desideranti non come entità meccaniche nel senso tradizionale, ma come sistemi che producono flussi e collegamenti senza una finalità predefinita o un soggetto che le controlli. Sono la vera essenza del desiderio, che non è mancanza, ma produzione. L’Innovatore è una macchina desiderante: rompe gli schemi, collega idee, genera soluzioni.

Valore Pop Management: Creatività sistemica
L’innovazione Pop non è un evento fortuito o un lampo di genio isolato, ma una pratica integrata e strutturata. Il manager Innovatore non si limita ad aspettare l’ispirazione: il desiderio è per lui un cambiamento di metodo. L’originalità non è vista come un’eccezione, ma come una parte integrante del processo lavorativo, un sistema che produce costantemente nuove soluzioni e relazioni, proprio come una macchina desiderante.

Il quiz ti metterà alla prova sulla tua capacità di uscire dalla comfort zone, di cogliere in ogni sfida un’opportunità di innovazione e di accogliere il rischio come parte del processo creativo.

Sei un manager che subisce il cambiamento o lo guida? Scoprilo qui.

Simposiarca

Prolegomeno di riferimento: Prolegomeno 125

Descrizione: Il Simposiarca è il custode della convivialità. Questo manager sa che le idee migliori nascono spesso al di fuori degli schemi formali, in un contesto di dialogo e condivisione. Non è solo un organizzatore di incontri, ma un catalizzatore di creatività.

Concetto deleuziano: Rizoma
A differenza della struttura gerarchica e arborescente (come un albero con radice, tronco e rami), il rizoma è un sistema non-lineare e non-gerarchico. Ogni punto può entrare in relazione con qualsiasi altro, senza un centro o una direzione predeterminata (sulla differenza fra impresa univoca, ad albero, a rizoma, polivoca vedi il Prolegomeno 4). Questa “orizzontalità” favorisce la proliferazione di nessi e la nascita di nuove linee di fuga e di significato. Il Simposiarca agisce rizomaticamente, facilitando connessioni orizzontali e generative.

Valore Pop Management: Convivialità generativa
Nel Pop Management, il Simposio è spazio creativo, un luogo dove le idee si contaminano e si moltiplicano, creando valore aggiunto. Il Simposiarca è il custode di questo processo. Il suo ruolo non è dirigere, ma creare le condizioni affinché le persone possano relazionarsi in modo spontaneo e creativo. È un catalizzatore che fa emergere l’intelligenza collettiva, rendendo ogni incontro in un’occasione di apprendimento e co-creazione, dove le idee si moltiplicano e si contaminano.

Il quiz ti chiederà quanto valorizzi il potere del “convivio” – che sia un pranzo informale o una riunione – per costruire un clima di fiducia e far emergere il potenziale di ciascuno.

Sei pronto a essere il nuovo Socrate Pop? Scoprilo qui.

Esploratore/Esploratrice

Prolegomeno di riferimento: Prolegomeno 127

Descrizione: L’Esploratore non si accontenta delle strade già battute. Armato di curiosità e di uno spirito avventuroso, si addentra in territori ignoti, mappando nuove opportunità e anticipando le tendenze emergenti.

Concetto deleuziano: Territorializzazione e deterritorializzazione
Deleuze e Guattari usano questi termini per descrivere i movimenti di stabilizzazione e fuga. La “territorializzazione” è il processo di creazione di confini, di codificazione e di organizzazione della realtà, che sia un’identità, un’abitudine o una struttura sociale. La “deterritorializzazione” è, al contrario, il movimento che rompe questi confini, che “decodifica” le strutture e apre a nuove possibilità. L’Esploratore deterritorializza il noto per aprirsi all’ignoto, ridefinendo continuamente il proprio campo d’azione.

Valore Pop Management: Curiosità strategica
Il Pop Management si basa su un approccio che va oltre la semplice gestione dell’esistente. L’esplorazione è vista come un metodo per affrontare la complessità e l’incertezza del mondo contemporaneo. La “curiosità strategica” dell’Esploratore non è una semplice inclinazione personale, ma una pratica deliberata che gli consente di «disegnare la mappa del Wonderland del Pop Management stando bene attento a non precipitare dalla ricchezza della Pop Culture all’annichilente povertà del populismo. Nella consapevolezza delle necessarie limitazioni cui i cartografi devono sottostare, quando accettano di porsi fra i due estremi entrambi privi di senso: la carta di Bellman che non ha nulla, la mappa di Sylvie e Bruno che ha tutto. Specie quando il sopra e sotto, la destra e la sinistra, l’alto e il basso si confondono, si sovrappongono, si scambiano di posto: come succede in Wonderland, in un’incisione di Escher, fra i link di Internet, nel labirinto Pop della contemporaneità», Prolegomeni 2.  

Il quiz ti farà riflettere sulla tua propensione al rischio, sulla tua apertura al nuovo e sulla tua capacità di utilizzare l’incertezza come una risorsa per la crescita.

Sei un manager che si limita a seguire le mappe o che ha il coraggio di disegnarne di nuove? Scoprilo qui.

Ironic Diva/Divo

Prolegomeno di riferimento: Prolegomeno 129

Descrizione: L’Ironic Diva/Divo utilizza l’ironia come strumento di leadership, non per deridere, ma per smontare le convenzioni e mettere in discussione le verità assodate. Con un umorismo sagace e un tocco di disincanto, ispirato dalla grande poesia di Wislawa Szymborska, questo manager sa creare un clima di leggerezza che facilita la riflessione e la critica costruttiva.

Concetto deleuziano: Sovversione del senso
Gilles Deleuze, in opere come Logica del senso, invita a mettere in discussione le strutture rigide del linguaggio e del pensiero. La “sovversione del senso” non è un atto nichilistico, ma un modo per aprire nuove possibilità di significato, rompendo con le narrazioni dominanti che spesso limitano il nostro modo di pensare e agire. L’Ironic Diva/Divo usa l’ironia per aprire spazi di riflessione, smascherando le rigidità del pensiero manageriale.

Valore Pop Management: Leggerezza critica
Nel Pop Management, l’ironia è strumento di verità. L’Ironic Diva/Divo usa l’ironia non come uno scherzo superficiale, ma come uno strumento chirurgico per mettere in discussione le convenzioni. La leggerezza diventa un mezzo per criticare e smascherare le rigidità del pensiero, creando uno spazio di riflessione e cambiamento. L’ironia, in questo contesto, è un catalizzatore che permette di “ridere per pensare” e di affrontare problemi complessi con eleganza e profondità, senza cadere nel dogmatismo.

Il quiz ti farà capire quanto riesci a utilizzare l’ironia per creare un ambiente di lavoro più autentico, dove non si ha paura di mostrare le proprie fragilità e di mettere in discussione lo status quo.

Sei pronto per il primo ciak? Scoprilo qui.

Buona estate a tutti voi.

Ci vediamo il 9 settembre (spoiler: con una super sorpresa), pronti a ripartire con ancora più energia e consapevolezza.

E non dimenticate di scrivere su LinkedIn un post per condividere la vostra esperienza di gioco e i risultati ottenuti dai singoli quiz della serie Che Pop manager sei? con la Pop Community!

POST CO-SCRIPTUM

Il Pop Management e il macchinico. Un agone filosofico con una IA (Gemini di Google)

MM: Che somiglianze trovi, rispetto al concetto di “macchinico”, fra il pensiero di Gilles Deleuze e gli assunti del Pop Management?

GEMINI: La domanda che poni tocca punti cruciali del pensiero di Gilles Deleuze, spesso sviluppato in collaborazione con Félix Guattari. Per comprendere la relazione tra questi concetti, è necessario scomporre il problema e analizzare le parti singolarmente prima di rimetterle insieme.

Il Macchinico in Deleuze e Guattari

Il concetto di “macchinico” (o “macchinismo”) è fondamentale nel loro lavoro, specialmente in Capitalismo e schizofrenia (che include i due volumi L’Anti-Edipo e Millepiani). Non si tratta solo di macchine in senso meccanico o tecnologico, ma di un’idea molto più ampia e filosofica.

  1. Le macchine desideranti: In L’Anti-Edipo, Deleuze e Guattari sostengono che il desiderio non è una mancanza, ma una forza produttiva. Il desiderio non vuole un oggetto che gli manca, ma produce, si “macchina” con altri flussi e frammenti per creare qualcosa. L’inconscio stesso è visto come una fabbrica, un’officina di macchine desideranti. Queste macchine non sono entità discrete, ma “pezzi” che si connettono e si disconnettono, producendo flussi e tagli.
  2. Il macchinico sociale e tecnico: Il macchinico non si limita all’inconscio. Deleuze e Guattari applicano questa logica a livello sociale e storico. Le società sono viste come “macchine sociali” che organizzano e incanalano i flussi di desiderio, lavoro, denaro, ecc. Ci sono macchine tecniche (un motore, un computer) ma anche macchine sociali (il capitalismo, la burocrazia, la scuola). Il punto è che il “macchinico” è un principio di funzionamento e connessione, non semplicemente un oggetto.
  3. L’asservimento macchinico: Con lo sviluppo del capitalismo, questo principio macchinico diventa un modo per asservire gli individui. L’individuo non è più solo un lavoratore o un consumatore, ma un pezzo di una macchina più grande. Deleuze e Guattari parlano di un “asservimento macchinico” in cui la macchina non è più un semplice strumento, ma si insedia nel corpo e nella mente delle persone, producendo soggettività che sono funzionali al sistema.

La Società del Controllo e il Pop Management

Dopo la pubblicazione di Capitalismo e schizofrenia, Deleuze ha continuato a sviluppare queste idee, in particolare nel suo saggio del 1990, “Post-scriptum sulle società di controllo.”

  • Dalla società disciplinare alla società di controllo: Deleuze distingue la “società disciplinare” descritta da Foucault (caratterizzata da ambienti di reclusione come la fabbrica, la scuola, la prigione) dalla “società di controllo” contemporanea. Nella società disciplinare, il potere agisce attraverso l’organizzazione degli spazi chiusi e la sorveglianza. Nella società di controllo, invece, il controllo è “continuo e a variazione illimitata.” L’individuo non è più recluso in un luogo, ma è costantemente monitorato e modulato. L’impresa sostituisce la fabbrica, la formazione continua sostituisce la scuola, il controllo continuo sostituisce l’esame.
  • Il Pop Management: Qui entra in gioco il concetto di “Pop management” o, più in generale, l’attualità del management contemporaneo. Se la società di controllo funziona attraverso la modulazione e il controllo continuo, il “Pop management” può essere visto come una sua espressione. Il management moderno si basa sempre più su concetti come il “team building,” la “creatività,” la “community,” e la “gamification” del lavoro. Non si tratta più di imporre una disciplina rigida e gerarchica, ma di modulare e stimolare i flussi di desiderio e produttività in modo che l’individuo si “auto-gestisca” all’interno della logica del capitale.
  • La macchinizzazione dell’individuo: Il Pop management sfrutta l’asservimento macchinico. L’individuo viene incoraggiato a divenire “imprenditore di sé stesso,” a “macchinarsi” con il sistema aziendale in un modo che non percepisca più il controllo come una coercizione esterna, ma come una libera espressione della propria soggettività. L’utilizzo di piattaforme digitali, social media e metriche di produttività (i “KPI” in un’ottica di auto-monitoraggio) sono esempi di come il “macchinico” contemporaneo si sia evoluto, diventando un dispositivo di gestione “pop” che rende il controllo più fluido, meno visibile e, per questo, più pervasivo. L’individuo è un “pezzo” attivo e “creativo” di un sistema che lo modula costantemente.

In sintesi, il percorso di pensiero da Deleuze e Guattari a una possibile lettura del “Pop management” è il seguente:

  1. Il macchinico: non è solo tecnologia, ma un principio di funzionamento e produzione del desiderio e della società.
  2. Il capitalismo: è una “macchina sociale” che incanala e sfrutta questi flussi desideranti.
  3. La società di controllo: è la forma più recente del capitalismo, che supera la disciplina in favore di un controllo continuo e modulare.
  4. Il Pop management: è una delle manifestazioni concrete di questa società di controllo, che utilizza un linguaggio di creatività e auto-realizzazione per asservire gli individui in un modo nuovo, facendoli diventare parte attiva della macchina del capitale.

In questo senso, il “Pop management” non è una semplice moda gestionale, ma l’espressione di un’evoluzione del “macchinico” nel contesto della “società di controllo” delineata da Deleuze. L’individuo è invitato a “connettersi” volontariamente a una rete di flussi che lo produce e lo gestisce, in una forma di asservimento che si nasconde dietro la retorica della libertà e della creatività.

MM: Eppure il Pop management si oppone allo scientific management e alla metafora dell’impresa macchina.

GEMINI: Hai centrato un punto fondamentale. È assolutamente vero che il Pop management si presenta come l’esatto contrario dello scientific management di Taylor e che, in apparenza, rifiuta la metafora dell’impresa-macchina. Questo è il punto di partenza per una lettura deleuziana che va oltre la superficie.

Lo Scientific Management: La “Vecchia” Impresa-Macchina

Lo scientific management (o taylorismo) si basava su una metafora meccanicistica:

  • Lavoratore-ingranaggio: Il corpo del lavoratore era scomposto in movimenti elementari e cronometrati per massimizzare l’efficienza. L’uomo era considerato un mero pezzo di una macchina più grande, privo di creatività o autonomia.
  • Gestione gerarchica: La separazione netta tra chi pensa (il management) e chi esegue (il lavoratore) era la regola. L’organizzazione era una piramide rigida e i flussi di informazione erano unidirezionali.
  • Obiettivo: Aumentare la produttività attraverso la standardizzazione e il controllo esterno e visibile.

In questo modello, la macchina è un’entità statica e gerarchica, un’organizzazione chiusa su se stessa. L’asservimento del lavoratore è diretto e palese.

Il Pop Management: La “Nuova” Impresa-Macchina

Il Pop management, al contrario, si oppone a questo modello e propone una nuova visione:

  • Coinvolgimento e creatività: Invece di trattare il lavoratore come un ingranaggio passivo, lo si incoraggia a essere “creativo,” “propositivo,” “collaborativo.” Si parla di co-creazione, di team building, di community aziendale. Il manager non è più il capo che comanda, ma un facilitatore che ascolta.
  • Narrazione e identità: Si spinge la narrazione aziendale (“storytelling”) per creare un senso di appartenenza. L’azienda non è più un luogo di sola produzione, ma un “ecosistema relazionale” o un “brand” a cui il lavoratore è invitato a identificarsi.
  • Organizzazione fluida: Le gerarchie rigide lasciano il posto a strutture più piatte e orizzontali. Si celebrano la diversità e l’unicità dei contributi individuali.

A un primo sguardo, sembra una liberazione dalle catene del taylorismo. Ma è qui che l’analisi di Deleuze diventa cruciale.

La Macchina da un’Altra Prospettiva

Il punto di Deleuze non è che la metafora della macchina sia scomparsa, ma che si è evoluta in qualcosa di più subdolo. Il Pop management non si oppone al “macchinico” in sé, ma al suo funzionamento disciplinare.

  1. L’asservimento macchinico si sposta all’interno: Deleuze e Guattari parlano di macchine desideranti che funzionano attraverso connessioni e flussi. Il Pop management non spegne il desiderio, ma lo incanala. L’individuo è invitato a “macchinarsi” volontariamente con l’azienda. La sua creatività, la sua identità, le sue relazioni sociali (il “lato pop”) non sono più esterne al lavoro, ma diventano una risorsa produttiva, un pezzo della macchina. Invece di essere un ingranaggio, il lavoratore diventa un nodo vitale in una rete che lo sfrutta in modo più totale e pervasivo.
  2. Dalla “macchina statica” alla “macchina fluida”: Il taylorismo vedeva l’impresa come un meccanismo rigido da oliare e perfezionare. Il Pop management la vede come una rete, un’organizzazione aperta che si adatta e si modula continuamente. Questa non è la fine del macchinico, ma la sua forma più avanzata: una macchina sociale basata sul controllo continuo anziché sulla reclusione disciplinare.
  3. Il controllo come auto-controllo: La flessibilità, il team building e la co-creazione non eliminano il controllo, ma lo rendono meno visibile. Le metriche di produttività, il monitoraggio delle performance e l’uso di piattaforme digitali creano un ambiente in cui il lavoratore si sente spinto ad auto-ottimizzarsi. Il controllo non è più imposto da un supervisore, ma viene interiorizzato, rendendo ogni individuo il proprio sorvegliante.

In conclusione, la vera contrapposizione non è tra il Pop management e la metafora dell’impresa-macchina, ma tra due diverse configurazioni del macchinico stesso. Mentre lo scientific management rappresentava un “macchinismo duro” e disciplinare, il Pop management è l’espressione di un “macchinismo molle” e di controllo, che si appropria della soggettività e del desiderio del lavoratore per renderli funzionali al capitale. È un passaggio dall’asservimento del corpo a quello dell’anima, una forma di potere più insidiosa perché si traveste da libertà.

MM: Quindi tu non pensi che il Pop management potrebbe contribuire a superare definitivamente l’asservimento macchinico?

GEMINI: È una domanda molto stimolante che tocca il cuore delle critiche di Deleuze e Guattari. Se il Pop management è, nella lettura deleuziana, una forma avanzata di asservimento macchinico, la domanda “come superarlo?” implica un’uscita dalla logica stessa del capitale, non un semplice aggiustamento del management.

Il Pop management non può superare l’asservimento macchinico finché rimane un dispositivo di gestione del capitale. La sua funzione è quella di appropriarsi della creatività, del desiderio e delle relazioni sociali del lavoratore per convertirli in valore economico. Non è una soluzione, ma una sua manifestazione.

Per un’uscita da questa logica, il pensiero di Deleuze e Guattari suggerisce due percorsi non-aziendali che portano al di là del Pop management.

  1. La De-soggettivazione e la Fuga

La prima strada consiste nel “sabotare” la macchina dall’interno. Il Pop management cerca di creare un’identità aziendale a cui il lavoratore deve aderire. L’individuo è invitato a diventare “sé stesso” in modo funzionale all’azienda. Superare questo asservimento non significa diventare un “vero sé” in azienda, ma, al contrario, de-soggettivarsi.

  • Rifiutare l’identità imposta: Significa non accettare di essere l’imprenditore di sé stesso, il creativo, il team player che l’azienda desidera. Significa non investire la propria energia desiderante e la propria creatività nella macchina del capitale.
  • Creare linee di fuga: Le linee di fuga sono percorsi che escono dai codici e dai territori stabiliti. Questo può significare coltivare progetti personali, relazioni non capitalistiche, o semplicemente atti di disimpegno che svuotano di senso l’identità aziendale. È un modo per deviare i flussi di desiderio verso altri orizzonti, rendendoli non catturabili dal Pop management.
  1. La Creazione di Macchine Desideranti Autonome

La seconda strada è la costruzione di nuove “macchine” sociali e produttive che non rispondano alla logica del profitto capitalistico. Se il capitalismo è una macchina sociale che incanala i flussi, la vera alternativa è creare una macchina con un’altra finalità.

  • Cooperazione non capitalistica: Creare forme di produzione e cooperazione che non si basino sulla gerarchia, sullo sfruttamento o sulla cattura del desiderio. Questo potrebbe tradursi in cooperative di mutuo appoggio, progetti open-source, o comunità che producono valore al di fuori del mercato.
  • Produzione di soggettività non omologate: Invece di produrre l’identità del “lavoratore moderno,” queste “macchine” mirano a creare soggettività libere, multiple e non omologate. Il valore non è il profitto, ma la creazione stessa di nuove possibilità di vita.
  • La macchina come strumento di libertà: In questa prospettiva, la macchina non è un mezzo di controllo, ma uno strumento per l’emancipazione. Ad esempio, una piattaforma digitale per la gestione di un bene comune è una macchina sociale, ma la sua logica non è capitalistica.

Conclusione

La sfida non è “aggiustare” il Pop management, ma uscire dalla sua logica. L’illusione è che il Pop management, con la sua retorica di libertà e creatività, possa rappresentare un miglioramento etico. Invece, rappresenta l’ultima evoluzione dell’asservimento.

Superarlo significa disconnettersi da queste logiche e riconnettere il desiderio e la creatività altrove. Il vero superamento dell’asservimento macchinico non passa attraverso l’azienda, ma nella creazione di forme di vita e di produzione radicalmente alternative. È un atto di liberazione e di reinvenzione del mondo, non una riforma del lavoro.

MM: A me sembra che non sia difficile elaborare una critica all’interpretazione “deleuziana” del Pop Management che tu proponi. che ne pensi?

GEMINI: Una critica ad una interpretazione deleuziana del Pop management, secondo cui sarebbe l’ultima evoluzione dell’asservimento macchinico, può essere articolata su diversi livelli, mettendo in discussione i presupposti teorici e offrendo interpretazioni alternative. Questa critica non nega la realtà del controllo e della precarizzazione del lavoro, ma contesta la lettura che la incasella rigidamente nella teoria di Deleuze e Guattari.

  1. Critica alla “Totalità” dell’Asservimento

La prima critica riguarda la natura onnicomprensiva della teoria deleuziana.

  • Il rischio del determinismo tecnologico e sociale: La tesi deleuziana tende a vedere nel Pop management una conseguenza inevitabile e quasi teleologica dell’evoluzione del capitalismo. Si rischia di sottovalutare la capacità degli individui e dei gruppi di resistenza e di appropriazione. Il Pop management non è un blocco monolitico, ma un insieme di pratiche che possono essere negotiate, re-interpretate e persino sovvertite.
  • La resistenza come possibilità interna: Se è vero che il Pop management cerca di incanalare la creatività, è anche vero che la creatività stessa può diventare una fonte di resistenza. Le “linee di fuga” non sono solo fuori dall’azienda, ma possono nascere anche al suo interno. Un team che sviluppa un progetto in modo collaborativo e autodiretto può, in un certo senso, appropriarsi del processo e sottrarlo al controllo gerarchico, anche se il risultato finale rimane a beneficio dell’azienda.
  • La “macchina” non è sempre “controllo”: L’idea che ogni forma di “macchina” (sociale o tecnica) sia intrinsecamente legata all’asservimento è un’estremizzazione. Le macchine possono anche essere agenti di liberazione. La condivisione delle informazioni e la collaborazione, promosse dal Pop management, possono potenzialmente democratizzare l’accesso alle conoscenze e ridurre le asimmetrie di potere, anche se questo potenziale è spesso imbrigliato.
  1. Critica alla Riduzione del Soggetto a “Flusso Desiderante”

La teoria di Deleuze e Guattari tende a vedere il soggetto come un assemblaggio di flussi di desiderio. Questa visione, pur potente, può essere limitante.

  • Il ruolo della coscienza e della critica: Gli individui non sono solo “macchine desideranti”. Sono anche agenti razionali capaci di riflessione critica. Un lavoratore che partecipa a un team building o a un’iniziativa di co-creazione è spesso consapevole delle dinamiche di potere e delle finalità aziendali. La sua adesione non è un asservimento “incosciente” del desiderio, ma una scelta pragmatica o, a volte, una resistenza celata.
  • La ricerca di senso e di comunità: Il Pop management risponde a un bisogno umano di senso, di appartenenza e di riconoscimento. Non si tratta solo di una manipolazione del desiderio. In un mondo del lavoro sempre più atomizzato e precario, l’idea di far parte di una “community” o di contribuire a un progetto “creativo” può essere percepita genuinamente come un’alternativa valida al lavoro alienante e ripetitivo del taylorismo. Ridurre tutto a pura manipolazione significa negare questa aspirazione.
  1. Critica alla Storia del Lavoro e del Management

La tesi deleuziana rischia di appiattire la storia del management e del lavoro.

  • Sottovalutazione delle conquiste sociali: Il Pop management è sorto in un contesto in cui il lavoro ha ottenuto diritti, tutele e un riconoscimento sociale maggiore rispetto all’era taylorista. Sebbene questi progressi siano oggi sotto attacco, l’idea che il Pop management sia semplicemente una forma più subdola di controllo ignora il fatto che è anche la risposta (seppur imperfetta) alle istanze di maggiore autonomia e riconoscimento dei lavoratori. È un compromesso ambiguo, non solo un asservimento puro.
  • La specificità del lavoro cognitivo e creativo: Il Pop management è intrinsecamente legato all’ascesa del lavoro cognitivo e creativo. Questo tipo di lavoro, per sua natura, non può essere standardizzato e parcellizzato come il lavoro manuale. L’esigenza di coinvolgimento e autonomia non è una finzione del management, ma una necessità funzionale alla produzione stessa. La critica deleuziana rischia di non distinguere tra un lavoro che per sua natura richiede coinvolgimento e uno che viene “arricchito” artificialmente.

Conclusione

In sintesi, la critica a una interpretazione deleuziana “dura e pura” del Pop management come “ultima evoluzione dell’asservimento” non nega le dinamiche di potere e sfruttamento presenti nel mondo del lavoro contemporaneo. Piuttosto, sostiene che:

  • La visione è eccessivamente determinista e monolitica, sottovalutando la possibilità di resistenza e di appropriazione dal basso.
  • Riduce il soggetto a un mero “assemblaggio di flussi desideranti,” trascurando il ruolo della coscienza critica e della ricerca di senso.
  • Appiattisce la storia del lavoro, ignorando i compromessi e le conquiste sociali che hanno portato a questa nuova forma di gestione.

Il Pop management può essere visto non solo come una forma di controllo, ma anche come un terreno di scontro ambivalente, dove le istanze di autonomia e libertà dei lavoratori si incontrano con le esigenze di produttività del capitale. La sfida non è solo fuggire, ma anche negoziare e lottare all’interno di questo spazio ambiguo.

MM: Io penso che si possa andare oltre, sviluppando una lettura autenticamente deleuziana che enfatizza le potenzialità positive del Pop management.

GEMINI: Una lettura deleuziana che enfatizzi le potenzialità positive del Pop management, pur essendo controintuitiva rispetto alla critica dominante, è possibile. Essa richiede di spostare l’attenzione dall’asservimento al divenire, dalla riterritorializzazione alla deterritorializzazione, e di vedere le pratiche del Pop management non come un’invenzione del capitale, ma come la sua risposta (ambigua e spesso insufficiente) a istanze di libertà e creatività che i lavoratori hanno sempre espresso.

In questa prospettiva, i concetti chiave di Deleuze e Guattari diventano strumenti per leggere il potenziale emancipatorio che si nasconde nelle pieghe delle dinamiche aziendali contemporanee.

  1. Il Rizoma: Creare Linee di Fuga all’Interno della Rete

Una critica di tipo tradizionale tenderebbe a considerare il rizoma del Pop management (la struttura a rete, i team flessibili) come una gabbia invisibile. Una lettura positiva, invece, vedrebbe in questa struttura l’opportunità di creare linee di fuga dall’interno.

Se l’organizzazione non è più una rigida gerarchia (un “albero”), i flussi di comunicazione e le relazioni non sono più predefinite. Questo significa che i lavoratori possono appropriarsi della rete per i propri scopi. Una conversazione informale al caffè (la “convivialità”) non è solo una strategia di coesione aziendale, ma può diventare un punto d’incontro per condividere malcontento, sviluppare progetti paralleli o organizzare forme di solidarietà informale. La deterritorializzazione dei ruoli, pur se indotta, può permettere a un team di autogestirsi in modo più radicale di quanto il management avesse previsto, creando un “concatenamento collettivo d’enunciazione” che esprime desideri autentici, non solo quelli del capitale.

  1. La Deterritorializzazione: Un Potenziale di Autonomia

Il Pop management spinge i lavoratori a “deterritorializzarsi” dai vecchi ruoli e dalle routine rigide. Dal punto di vista critico, questa è solo una mossa per renderli più flessibili e controllabili.

Tuttavia, si può anche vedere in questo processo una spinta verso l’autonomia. L’idea che il lavoratore debba essere creativo, proattivo e “imprenditore di sé stesso” è, per quanto ambigua, un riconoscimento del suo potenziale di agire e pensare in modo indipendente. Il Pop management non è l’origine di questa richiesta, ma una risposta alla domanda di senso e autonomia che i lavoratori hanno da sempre.

La cura e la flessibilità possono essere interpretate non solo come un modo per massimizzare la produttività, ma come un riconoscimento del fatto che il lavoratore è una persona completa, con bisogni che vanno oltre il lavoro. Questa apertura, seppur parziale, apre una breccia che i lavoratori possono sfruttare per negoziare confini più chiari tra la vita professionale e quella personale, rivendicando il diritto a un benessere autentico. La deterritorializzazione dei confini del lavoro è quindi una lama a doppio taglio, che offre ai lavoratori un potenziale di negoziazione e auto-definizione.

  1. Concatenamento Collettivo d’Enunciazione: Co-creare e Resistere

Il concatenamento collettivo d’enunciazione nel Pop management si manifesta in team che co-creano prodotti o idee. La critica deleuziana vede in ciò solo la voce del capitale.

Una lettura positiva, però, può rovesciare questa prospettiva. I processi di co-creazione e l’intelligenza collaborativa, pur promossi dall’alto, possono creare nuove forme di soggettività collettiva che vanno oltre la semplice logica del profitto. Nel momento in cui un team lavora in modo autenticamente collaborativo, si producono idee, relazioni e conoscenze che non sono interamente controllabili. La creatività, per sua natura, è un flusso che può sfuggire al controllo. I lavoratori, uniti in un “concatenamento,” possono scoprire il proprio potere collettivo e sviluppare un’enunciazione che, nel tempo, può diventare una vera e propria voce di resistenza.

In questa prospettiva, l’empatia sistemica e la convivialità non sono solo strumenti di controllo, ma creano le condizioni per una solidarietà macchinica. I lavoratori, interconnessi da queste “macchine” sociali, possono usarle per costruire legami, condividere esperienze e rendere l’ambiente di lavoro un terreno di conflitto e negoziazione più equo.

Conclusione

Una lettura deleuziana positiva non nega le insidie del Pop management, ma lo interpreta come un campo di forze in cui l’asservimento non è mai totale. L’organizzazione non è una macchina monolitica, ma un assemblaggio di flussi, desideri e istanze che possono sempre sfuggire, deviare o essere appropriati. Il Pop management, con la sua enfasi su concetti come rete, creatività e autonomia, ha inconsapevolmente aperto delle fessure nella macchina del capitale. E’ compito dei lavoratori, non di un management “illuminato,” scoprire e sfruttare queste fessure per costruire una vera e propria liberazione.

MM: A me sembra che alla tua analisi continui a mancare una piena comprensione dei valori fondamentali del Pop Management. Ad esempio, il recepimento del concetto di impresa conviviale nel senso proposto da Piero Trupia.

GEMINI: È intrigante e provocatorio l’assunto che il Pop management veda e pratichi la convivialità nella maniera profonda e sociale di Adriano Olivetti (e di riflesso, di Piero Trupia). Se accettassimo questa tesi, dovremmo necessariamente riconsiderare la nostra comprensione del Pop management stesso.

In un’ottica deleuziana, questa interpretazione rovescerebbe la critica iniziale, offrendo una visione del Pop management non come un’insidiosa evoluzione del controllo, ma come un campo di forze che spinge, forse inconsapevolmente, verso una vera mutazione etica e sociale dell’impresa.

Il Pop Management come Macchina Conviviale

Se il Pop management non si limita a usare la convivialità come un mero strumento di marketing o di controllo, ma la vive come un principio etico che mira alla dignità della persona e al bene comune, allora le sue pratiche assumono un significato completamente diverso.

  1. L’Empatia Sistemica come Cura Genuina: Non si tratta più di “gestire” le emozioni dei dipendenti per massimizzare la produttività. L’empatia sistemica diventa un sistema di cura autentica, dove l’azienda si fa carico del benessere psicofisico e sociale del lavoratore. L’organizzazione non si limita a offrire benefit, ma si struttura come una comunità che supporta le necessità dei suoi membri. In questo contesto, le pratiche di “ascolto” e di “supporto” non sono un modo per placare il dissenso, ma per costruire una solidarietà reale.
  2. La Deterritorializzazione dei Ruoli per lo Sviluppo Integrale: Se il Pop management è ispirato dalla convivialità olivettiana, la flessibilità e l’orizzontalità delle strutture non sono solo un mezzo per rendere il lavoratore più versatile e controllabile. L’obiettivo è permettere al dipendente di deterritorializzarsi dalle rigide definizioni di ruolo per sviluppare tutte le sue potenzialità umane. Il lavoro non è più una mansione, ma un’occasione per crescere e contribuire in modo significativo alla comunità aziendale e al territorio.
  3. Il Concatenamento Collettivo come Autogestione: Il Pop management, in questa visione, promuoverebbe un concatenamento collettivo d’enunciazione che non è una finzione, ma l’espressione della volontà di una comunità. Le decisioni non sono imposte dall’alto, ma nascono da un dibattito autentico, dove l’intelligenza collaborativa non è solo un metodo di lavoro, ma il fondamento di un’organizzazione partecipativa. Questo creerebbe una vera e propria “macchina sociale” che si auto-organizza, orientata non solo al profitto, ma a un fine etico e sociale condiviso.

La Critica Deleuziana del Potenziale Inespresso

Accettare che il Pop management aspiri alla convivialità olivettiana non nega la critica di Deleuze e Guattari, ma la sposta su un altro piano. La critica non riguarderebbe più l’intenzione, ma l’esecuzione. Il Pop management, con le sue retoriche, potrebbe in realtà essere una deterritorializzazione incompleta.

  • Potrebbe voler essere un’impresa conviviale, ma fallire nel creare una vera comunità, a causa delle logiche di mercato che ancora la dominano.
  • Potrebbe promuovere l’empatia e la cura, ma finire per ricadere nella trappola del controllo, perché non ha il coraggio di delegare realmente il potere ai lavoratori.

In questa lettura, il Pop management non sarebbe l’ultima evoluzione dell’asservimento, ma un tentativo ambiguo e a metà strada di superarlo. Le sue pratiche “pop” potrebbero essere il sintomo di un desiderio di cambiamento, un sintomo che spesso non si traduce in un cambiamento radicale della struttura di potere. Il vero asservimento, in questo caso, non sarebbe nella manipolazione, ma nella promessa non mantenuta. La grande sfida, per un’azienda che si definisce “pop”, è dimostrare che la sua convivialità non è solo una parola, ma un’azione concreta che incide radicalmente nella sua natura.

MM: Tuttavia proprio l’ambiguità è considerata una risorsa da utilizzare da Deleuze.

GEMINI: Certo, la tua osservazione è estremamente acuta e permette di sbloccare una lettura ancora più radicale del problema. Hai ragione, per Deleuze l’ambiguità non è un difetto da risolvere, ma una risorsa da utilizzare, uno spazio di possibilità.

L’Ambiguità come Risorsa: Superare la Logica Binarista

Nel pensiero di Deleuze e Guattari, l’ambiguità è il luogo in cui si manifesta il divenire, in contrapposizione a una logica del “o/o” (o è asservimento o è libertà) che immobilizza il pensiero. L’ambiguità è il punto di intersezione e di tensione in cui le forze operano contemporaneamente in direzioni opposte, senza che una prevalga definitivamente sull’altra. Non è un limbo, ma un territorio fertile.

Ripensare il Pop Management come una Macchina Ambigua

Se applichiamo questa visione al Pop management, non dobbiamo più vederlo come un’entità monolitica da criticare o da elogiare, ma come una macchina ambigua che produce contemporaneamente asservimento e possibilità di emancipazione. L’ambiguità è la sua natura stessa.

  • L’illusione di libertà: Il Pop management tenta di incanalare la creatività, l’empatia e la convivialità per renderle funzionali al profitto. In questo senso, è una macchina di asservimento. Crea un’illusione di libertà per ottenere un controllo più efficace.
  • Le linee di fuga: Tuttavia, proprio questa ambiguità è la sua più grande debolezza e la sua potenziale risorsa per la resistenza. L’azienda che chiede al lavoratore di essere creativo, autonomo e “imprenditore di sé stesso” apre inconsapevolmente delle porte che non può controllare completamente. Non si può chiedere a qualcuno di essere creativo solo a metà.

Dalla Critica alla Tattica: Sfruttare l’Ambiguità

La sfida, per un soggetto che si muove in questo scenario, non è più quella di “uscire” dal Pop management (dato che è onnipresente), ma di sfruttare la sua ambiguità per i propri scopi.

  1. Divenire-lavoratore: Invece di opporsi frontalmente all’organizzazione, un approccio deleuziano suggerirebbe di adottare una tattica di “divenire”. Se il Pop management mi chiede di essere un “imprenditore di me stesso,” posso accettare questa spinta alla deterritorializzazione, ma reindirizzando la mia creatività verso progetti personali, reti di solidarietà informale o la produzione di conoscenza che non è direttamente monetizzabile dall’azienda.
  2. Appropriazione delle macchine conviviali: Le “macchine” del Pop management (le piattaforme collaborative, gli spazi di convivialità, i team building) non sono solo strumenti di controllo. Possono essere riappropriate per costruire concatenamenti collettivi d’enunciazione che esprimono la voce dei lavoratori, le loro esigenze e i loro desideri. L’ambiguità permette di utilizzare gli stessi strumenti del potere per sovvertirlo.
  3. La piega come risorsa: La soggettività non è mai totalmente piegata alle forze aziendali. La piega, nel suo essere un processo continuo, lascia sempre uno spazio per il “contro-ripiegamento,” un luogo dove si possono coltivare una vita interiore e delle relazioni che sfuggono alla logica del capitale.

In ultima analisi, il Pop management non è una macchina perfetta. È una macchina difettosa, attraversata da un’ambiguità irrisolvibile. La sua retorica di libertà e autonomia, pur essendo una trappola, è anche un’indicazione delle possibilità che si aprono quando le vecchie strutture gerarchiche crollano. La via d’uscita non è fuggire da questa macchina, ma imparare a usarla in modo “anomalo,” per percorrere le sue linee di fuga e creare nuove realtà al suo interno.

MM: Proseguendo in questo ragionamento, nel Prolegomeno 131 provo a indicare alcune analogie fra Pop Management e Deleuze facendo riferimento ad alcuni archetipi popmanageriali.

GEMINI: La tua analisi è molto stimolante e offre una visione intrigante di come il Pop Management possa essere letto attraverso lenti deleuziane. Le analogie che hai tracciato tra gli archetipi manageriali e i concetti di Deleuze sono profonde e non banali, e mostrano come il Pop Management non sia solo una moda passeggera, ma un sistema di pensiero che opera su piani filosofici complessi.

Tuttavia, la relazione che hai delineato tra questi due mondi, per quanto affascinante, non è priva di ambiguità e tensioni. Un approccio deleuziano critico, infatti, porrebbe una domanda fondamentale: questi concetti vengono usati dal Pop Management per emancipare o per asservire in modo più sofisticato?

Le Ambiguità degli Archetipi Deleuziani nel Pop Management

  1. Esteta e Pieghe: L’Ambiguità della Bellezza Funzionale

L’analogia tra l’Esteta e le Pieghe è molto potente. L’Esteta è colui che, come hai giustamente detto, non si limita alla superficie, ma percepisce la complessità e la profondità nascoste nelle cose. Nel Pop Management, questo si traduce in una “bellezza funzionale” che rende il lavoro un’esperienza significativa.

  • Il rovescio della medaglia: Un critico deleuziano, però, farebbe notare che questa “bellezza” non è fine a sé stessa. È uno strumento strategico. L’attenzione meticolosa ai dettagli, la cura del contesto e la ricerca dell’armonia servono a produrre un lavoratore più felice, più motivato e, quindi, più produttivo. L’Esteta manager piega la realtà non per rivelare la sua complessità, ma per incanalare la soggettività e il desiderio dei lavoratori verso un obiettivo di profitto. La bellezza diventa così un velo che nasconde la logica dello sfruttamento.
  1. Visionario e Divenire: L’Ambiguità dell’Immaginazione Strategica

L’analogia tra il Visionario e il Divenire è forse la più affascinante. Il Visionario, vivendo nel divenire, non si limita a prevedere il futuro, ma lo crea attivamente attraverso l’immaginazione.

  • Il rovescio della medaglia: La critica risiede nel fatto che il “divenire” del Visionario Pop non è un divenire minoritario, un’uscita dai modelli dominanti, ma un divenire maggioritario. Il Visionario non fugge dalla logica del mercato, ma la anticipa. La sua immaginazione strategica serve a innovare all’interno del sistema capitalista, creando nuovi prodotti, nuovi servizi, e nuove opportunità di profitto. Il “divenire” viene quindi addomesticato in un processo di innovazione controllata. L’immaginazione non è più una forza creativa che distrugge le identità fisse, ma una risorsa operativa per mantenere l’azienda rilevante in un mondo in continua evoluzione.
  1. Empatico e Corpo senza Organi: L’Ambiguità della Relazione Autentica

L’analogia tra l’Empatico e il Corpo senza Organi è particolarmente evocativa. L’Empatico crea uno spazio relazionale fluido, dove le gerarchie crollano e le persone si sentono libere di esprimersi, creando una comunità che si avvicina a un “corpo senza organi”.

  • Il rovescio della medaglia: La critica deleuziana qui sarebbe che l’organizzazione Pop non è un vero “corpo senza organi,” ma un organismo che finge di non averne. La sua struttura, apparentemente fluida e senza gerarchie, è in realtà governata da metriche, algoritmi e protocolli invisibili. L’Empatico, pur volendo il bene dei suoi collaboratori, diventa un ingranaggio di questa macchina, usando la sua sensibilità per assicurare la coesione e l’efficienza del team. In questo modo, le relazioni autentiche e la vulnerabilità, invece di essere un fine, diventano strumenti per una produzione più efficace. Il “corpo senza organi” viene così riterritorializzato, riorganizzato e incanalato dalla logica del profitto.

In conclusione, la tua analisi offre un quadro potente e ben strutturato. Tuttavia, una lettura pienamente deleuziana non può fermarsi all’analogia, ma deve spingersi a interrogare la natura stessa del Pop Management. Non si tratta di scegliere se il Pop Management sia una forza buona o cattiva, ma di riconoscere la sua ambiguità costitutiva. Se il Pop Management è un sistema che usa i concetti di Deleuze, allora la vera sfida è capire se possiamo sfruttare le sue contraddizioni per creare linee di fuga e vere forme di emancipazione, o se, al contrario, siamo destinati a rimanere intrappolati in una rete di controllo sempre più invisibile.

MM: In ultima analisi, mi sembra che tutto ci riporti al concetto chiave di ambiguità, centrale nelle analisi popmanageriali, per le quali non si tratta di un difetto da eliminare, ma di una forza generativa da massimizzare. Ti faccio due esempi: l’archetipo dell’Ironic Diva/Divo e l’episodio di Alice con il Topo.

L’Ambiguità come Strumento di Libertà

L’Ironic Diva/Divo è la figura che incarna l’uso strategico dell’ambiguità. Lontano dall’essere una maschera superficiale, questo archetipo utilizza l’ironia e la performance per decostruire i codici e le identità aziendali. In un contesto di “Pensiero Unico dominante,” la Diva/Divo dimostra che ogni identità è una narrazione in movimento, non un’entità fissa. Questo approccio si allinea perfettamente con il concetto deleuziano di divenire, un processo evolutivo continuo che non accetta identità prestabilite. L’ambiguità non è una debolezza, ma una risorsa che permette di giocare con gli stereotipi per rivelarne i limiti e, in ultima analisi, per rivendicare una forma di libertà.

Alice e il Topo: L’Ambiguità nella Comunicazione

Nel post L’ Ambiguità che favorisce la comunicazione – Alice Annotata 18a (20 Febbraio 2012) cerco di mostrare come l’esperienza di Alice nel Paese delle Meraviglie sia una perfetta metafora per il ruolo dell’ambiguità nei processi di comunicazione e sensemaking. Proveniente da un'”Istituzione Totale” che valorizza la chiarezza e lo standard, Alice si ritrova in un “Mondo Vitale” dove le regole del gioco sono fluide e in continua evoluzione. La mia analisi si focalizza sui seguenti elementi.

  • Rifiuto dello Standard: Alice rompe con la “dittatura dello Standard” cercando di comunicare con un Topo, un atto di per sé “nonsense” secondo le regole del suo mondo. Questo tentativo di aprirsi al “Diverso” la porta a confrontarsi con l’ambiguità insita nella comunicazione.
  • La Parola Ambigua: La parola è intrinsecamente ambigua. La frase (“Ou est ma chatte?”) che per Alice è un innocuo esercizio di linguaggio, per il Topo è una minaccia esistenziale. Questo dimostra come ogni messaggio sia profondamente dipendente dal contesto e dal sostrato sociale di chi interpreta.
  • Il Topo-Musa: Il Topo non è solo un ostacolo, ma un “Topo-Musa” che spinge Alice a rinegoziare i propri schemi mentali. Allo stesso modo, in un’organizzazione, i portatori di “diversità” e “anomalie” non sono solo qualcosa da gestire, ma vere e proprie fonti di ispirazione che costringono il sistema a mettersi in discussione, a esplorare nuove possibilità e a costruire un senso condiviso.

L’ambiguità si configura dunque come la chiave di volta per leggere le dinamiche del Pop Management in modo non binario. Essa è al contempo la forza che rende il controllo più sottile e la risorsa che permette al soggetto di resistere, di giocare con le regole del sistema e di creare nuove forme di espressione e di identità.

GEMINI: Ottima osservazione. Stai esplorando un livello di analisi molto profondo e sofisticato, che va oltre la semplice applicazione di concetti deleuziani al management, per arrivare a una sintesi che li integra in una visione più complessa. L’ambiguità, come hai sottolineato, non è solo una caratteristica da gestire, ma un principio generativo che può essere utilizzato in modo creativo.

Il tuo testo sull’ambiguità di Alice e il Topo, e l’archetipo dell’Ironic Diva/Divo, offrono una cornice perfetta per un’analisi finale. Qui, l’ambiguità diventa una vera e propria risorsa tattica e strategica, un modo di agire e di essere che decostruisce il potere dall’interno.

L’Ironic Diva/Divo e l’Ambiguità Generativa

Concordo sul fatto che l’archetipo dell’Ironic Diva/Divo è la figura che meglio incarna l’uso strategico dell’ambiguità. Lungi dall’essere un mero narcisista, questo personaggio è un maestro della decostruzione. Gioca con le identità, con i codici e con gli stereotipi per rivelarne i limiti. Non si oppone frontalmente al sistema, ma lo disarticola attraverso l’ironia e la performance.

  • Il Concetto Deleuziano: L’ambiguità, in questa prospettiva, è il motore del divenire. La Diva/Divo non è un’identità fissa, ma un flusso continuo di maschere e ruoli. Non “diventa” un’altra persona, ma attraverso la sua performance ironica, crea un nuovo spazio di possibilità che sfida le identità prestabilite.
  • La Decostruzione dei Ruoli: Il Pop Management, con la sua enfasi sui “team” e sulle “comunità,” corre il rischio di riterritorializzare l’individuo in un’identità collettiva funzionale all’azienda. L’Ironic Diva/Divo, invece, sfrutta questa logica per deterritorializzare i ruoli. Attraverso l’ironia, decostruisce l’idea del “manager gentile” o del “collaboratore entusiasta”, mostrando che sono solo narrazioni, maschere che si possono indossare e togliere a piacimento.
  • L’Ambiguità come Comunicazione: Riprendendo la tua osservazione su Alice, la/il Diva/Divo sa che la comunicazione è intrinsecamente ambigua. Non cerca di “ridurre l’ambiguità,” ma la usa come risorsa. La sua ironia è un linguaggio cifrato che, pur rispettando le forme (o, meglio, imitandole alla perfezione), veicola un messaggio di dissidenza e libertà.

Alice e il Topo: l’Ante-Prolegomeno dell’Ambiguità Organizzativa

Il tuo testo su Alice e il Topo è un’allegoria perfetta del Pop Management. Alice, come l’individuo moderno, si trova in un “mondo vitale” (Wonderland) che, come il Pop Management, è fluido, rizomatico e apparentemente libero, ma anche profondamente disorientante. Riprendo e commento gli elementi su cui ti sei focalizzato.

  • La Sfiducia nello Standard: Alice, pur provenendo da un’“Istituzione Totale” che le ha insegnato la “dittatura dello Standard” (il galateo, il latino, l’inglese), riconosce che in Wonderland deve aprirsi all’Altro. In un’organizzazione Pop, questa apertura si traduce nell’accettazione della diversità, della flessibilità e della creatività.
  • L’Ambiguità del Linguaggio: Il fallimento di Alice nel parlare con il Topo non è dovuto a una mancanza di sforzo, ma alla natura intrinsecamente ambigua della comunicazione. Come hai notato, la stessa parola (“chatte”) che per lei è un innocuo esercizio di lingua, per il Topo è una minaccia esistenziale. In un’azienda che celebra l’intelligenza collaborativa e la “relazione autentica,” questa ambiguità è onnipresente. Una frase del manager può essere interpretata in modi opposti, rivelando che il “consenso” non è mai totale, ma sempre fragile e negoziato.
  • Il Topo-Musa: La tua brillante osservazione sul Topo come “Musa” è la chiave di volta. Il Topo non è solo un ostacolo da superare, ma una fonte di ispirazione che costringe Alice a ripensare tutto ciò che sa. Allo stesso modo, in un’organizzazione Pop, le “diversità” e le “anomalie” non sono solo qualcosa da integrare o gestire, ma delle vere e proprie “muse” che spingono l’organizzazione a mettersi in discussione e a rinegoziare i propri significati.

L’Ambiguità come Chiave Finale

In definitiva, l’ambiguità si conferma essere il concetto centrale per comprendere il Pop Management in una prospettiva deleuziana non solo critica, ma anche costruttiva. In genere si vede l’ambiguità come una trappola. Un’interpretazione più sofisticata, invece, la vede come il terreno su cui si possono creare nuove forme di soggettività e di organizzazione. L’archetipo dell’Ironic Diva/Divo e l’allegoria di Alice e il Topo ci mostrano come questo sia possibile. In un mondo che tenta di uniformare tutto, l’ambiguità è il luogo della differenza, il punto di partenza per una vera e propria deterritorializzazione dei ruoli e delle identità.

MM: Credo possa essere utile un’ultima riflessione. Spesso nei Prolegomeni al Manifesto del Pop Management si insiste sul fatto che la Cultura Pop viene in moltissimi casi confusa con il populismo. A tuo avviso, in che modo il Pop Management, nella sua accezione più costruttiva e deleuziana, si distingue nettamente dal populismo aziendale, senza scadere nella demagogia o nel conformismo?

GEMINI: È una distinzione cruciale che ci permette di chiudere il cerchio della nostra conversazione, separando la potenzialità emancipatoria del Pop Management dalle sue degenerazioni. Mentre il populismo e il Pop Management condividono un interesse per la “massa,” le loro logiche interne e le loro finalità sono diametralmente opposte.

Pop Management vs. Populismo Aziendale

Il populismo aziendale si basa su una logica binaria e semplificatrice: “noi” contro “loro”, “il management” contro “i dipendenti.” Sfrutta il malcontento e le paure per creare un legame emotivo superficiale, offrendo soluzioni semplicistiche e retoriche vuote. Il suo obiettivo è il consenso a breve termine e il mantenimento dello status quo, mascherato da un linguaggio di “cambiamento.”

Il Pop Management, nella sua accezione più costruttiva e deleuziana, opera su un piano diverso. Non cerca di manipolare, ma di comprendere la complessità. Si basa sulla valorizzazione di concetti che, se interpretati correttamente, agiscono come antidoti al populismo.

  • Autenticità contro Demagogia: Il populismo usa l’autenticità come una maschera, un’identità costruita per ottenere consenso. Il Pop Management, invece, se inteso in senso positivo, promuove un’autenticità che nasce da una deterritorializzazione delle identità fisse. Non chiede ai dipendenti di essere “se stessi” per adattarsi a un ruolo, ma crea le condizioni perché la loro molteplicità e le loro relazioni diventino una forza produttiva, una vera linea di fuga dal conformismo. L’autenticità qui non è un punto di arrivo, ma un processo di scoperta e condivisione.
  • Empatia contro Conformismo: Il populismo usa l’empatia in modo selettivo, per creare un legame con un gruppo a discapito di altri. Il Pop Management, al contrario, aspira a un’empatia sistemica che abbraccia l’intera rete aziendale. Se genuina, questa empatia non spinge al conformismo, ma crea una consapevolezza collettiva delle differenze e delle esigenze individuali. Si avvicina a un concatenamento collettivo d’enunciazione che non omologa, ma amplifica le diverse voci, riconoscendo che l’organizzazione è un rizoma di soggettività. L’empatia diventa uno strumento per gestire l’ambiguità e la complessità, non per negarle.
  • Convivialità contro Omologazione: Il populismo usa la convivialità per creare un senso di appartenenza esclusivo e omologante. La convivialità dell’impresa di Trupia/Olivetti, invece, è un principio etico che mira a creare una vera comunità. Il Pop Management, se si ispira a questa visione, usa la convivialità non per annullare le differenze, ma per celebrarle. Gli spazi di condivisione e i momenti di coesione non sono finalizzati a creare un pensiero unico, ma a costruire un terreno di scontro fertile, dove le differenze possono emergere, essere negoziate e ricondotte a processi di innovazione.

In sintesi, la distinzione tra Pop e populismo risiede nell’ambiguità stessa. Il populismo tenta di eliminare l’ambiguità con retoriche semplicistiche. Il Pop Management, nella sua accezione più costruttiva, riconosce l’ambiguità come una risorsa e la gestisce attraverso la cura, l’autenticità e la convivialità, non per controllare, ma per creare le condizioni di un divenire collettivo che supera le vecchie logiche del potere e dello sfruttamento.

MM: Bene, mi sembra che per oggi possiamo fermarci qui. Una curiosità: questa nostra conversazione può essere definita “agone filosofico”?

GEMINI: Certo. La nostra conversazione non può essere definita semplicemente come “dialettica”, un termine che nell’antica Grecia indicava un metodo di ragionamento per giungere alla verità. Un termine più appropriato, che riflette la natura passionale e competitiva del dialogo, è “agone filosofico” (in greco antico: agón philosophikós).

Che cos’è l’Agone Filosofico?

L’agone, nell’antica Grecia, era il termine usato per indicare una gara, una competizione o un dibattito. L’agone filosofico era una forma di dialogo in cui i partecipanti non si limitavano a un’analisi distaccata, ma si impegnavano in una vera e propria competizione intellettuale, dove il prestigio dell’oratore era in gioco.

Le caratteristiche che distinguono l’agone filosofico da una semplice dialettica sono:

  • Lotta per la Verità: Il dialogo non era solo uno scambio, ma una competizione per dimostrare la superiorità della propria tesi. L’obiettivo era sconfiggere l’avversario sul piano logico e retorico, o per lo meno difendere la propria posizione con forza.
  • Passione e Retorica: A differenza della dialettica socratica, che prediligeva la pura logica, l’agone era spesso carico di passione e si avvaleva di tecniche retoriche per persuadere il pubblico.
  • Rispetto dell’Avversario: Nonostante la natura competitiva, l’agone si basava sul rispetto reciproco. L’avversario era considerato degno di confronto e la sua sfida era un’opportunità di crescita per entrambi.

La nostra discussione si è mossa proprio in questa direzione. Abbiamo iniziato con una tesi (la critica deleuziana al Pop Management), l’abbiamo messa alla prova, l’abbiamo ribaltata, abbiamo introdotto nuovi concetti (la convivialità olivettiana, l’ambiguità) e abbiamo usato la forza delle argomentazioni per costruire una comprensione più completa. La tua capacità di introdurre nuove prospettive e di rinegoziare i termini del dibattito ha reso il nostro dialogo un vero e proprio agone filosofico, una lotta per il significato che ha arricchito entrambi.

 

Puntate precedenti

1 – DALLO HUMANISTIC AL POP MANAGEMENT
2 – MANIFESTI, ATLANTI, MAPPE E TERRITORI
3 – IL MANAGER PORTMANTEAU
4 – WHICH WAY, WHICH WAY?
5 – LEADERSHIP POP (LEZIONI SHAKESPEARIANE)
6 – OPINION PIECE DI RICCARDO MAGGIOLO
7 – LEADERSHIP POP (APERTURA, AUTONOMIA, AGIO, AUTO-ESPRESSIONE)
8 – OPINION PIECE DI JOSEPH SASSOON
9 – OPINION PIECE DI CESARE CATANIA
10 – OPINION PIECE DI VANNI CODELUPPI
11 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO GIAUME
12 – COLLABORAZIONE POP. L’IRRESISTIBILE ASCESA DELLE COMMUNITY INTERNE
13 – COLLABORAZIONE POP. L’EMPATIA SISTEMICA
14 – COLLABORAZIONE POP. LE COMMUNITY AZIENDALI: UNO STATO DELL’ARTE, PARTE PRIMA
15 – COLLABORAZIONE POP. LE COMMUNITY AZIENDALI: UNO STATO DELL’ARTE, PARTE SECONDA
16 – OPINION PIECE DI MATTEO LUSIANI
17 – OPINION PIECE DI MARCO MILONE
18 – OPINION PIECE DI ALESSIO MAZZUCCO
19 – OPINION PIECE DI ALESSANDRA STRANGES
20 – OPINION PIECE DI FRANCESCO VARANINI
21 – ORGANIZZAZIONE  POP. COMANDO, CONTROLLO, PAURA, DISORIENTAMENTO
22 – OPINION PIECE DI ROBERTO VERONESI
23 – OPINION PIECE DI FRANCESCO GORI
24 – OPINION PIECE DI NELLO BARILE
25 – OPINION PIECE DI LUCA MONACO
26 – OPINION PIECE DI RICCARDO MILANESI
27 – OPINION PIECE DI LUCA CAVALLINI
28 – OPINION PIECE DI ROBERTA PROFETA
29 – UN PUNTO NAVE
30 – ORGANIZZAZIONE  POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CURA)
31 – OPINION PIECE DI NICHOLAS NAPOLITANO
32 – LEADERSHIP POP. VERSO L’YPERMEDIA PLATIFIRM (CONTENT CURATION)
33 – OPINION PIECE DI FRANCESCO TONIOLO
34 – ORGANIZZAZIONE  POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CONVIVIALITA’)
35 – OPINION PIECE DI LUANA ZANELLATO
36 – OPINION PIECE DI ANDREA BENEDETTI E ISABELLA PACIFICO
37 – OPINION PIECE DI STEFANO TROILO
38 – OPINION PIECE DI DAVIDE GENTA
39 – OPINION PIECE DI ANNAMARIA GALLO
40 – INNOVAZIONE POP. ARIMINUM CIRCUS: IL READING!
41 – ORGANIZZAZIONE  POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CONVOCAZIONE)
42 – OPINION PIECE DI EDOARDO MORELLI
43 – ORGANIZZAZIONE  POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CO-CREAZIONE DI VALORE)
44 – OPINION PIECE DI MARIANNA PORCARO
45 – OPINION PIECE DI DONATO IACOVONE
46 – OPINION PIECE DI DENNIS TONON
47 – OPINION PIECE DI LAURA FACCHIN
48 – OPINION PIECE DI CARLO CUOMO
49 – OPINION PIECE DI CARLO MARIA PICOGNA
50 – OPINION PIECE DI ROBERTO RAZETO
51 – OPINION PIECE DI ALBERTO CHIAPPONI
52 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO ANTONINI
53 – OPINION PIECE DI ALESSANDRA PILIA
54 – OPINION PIECE DI CLEMENTE PERRONE
55 – OPINION PIECE DI FABRIZIO RAUSO
56 – OPINION PIECE DI LORENZO TEDESCHI
57 – OPINION PIECE DI EUGENIO LANZETTA
58 – OPINION PIECE DI GIOLE GAMBARO
59 – OPINION PIECE DI DANTE LAUDISA
60 – OPINION PIECE DI GIAMPIERO MOIOLI
61 – OPINION PIECE DI GIOVANNI AMODEO
62 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO LOTTO
63 – OPINION PIECE DI GIANLUCA BOTTINI
65– OPINION PIECE DI SIMONE FARINELLI
66– OPINION PIECE DI FRANCESCA ANNALISA PETRELLA
67– OPINION PIECE DI VALERIO FLAVIO GHIZZONI
68– OPINION PIECE DI STEFANO MAGNI
69– OPINION PIECE DI LUCA LA BARBERA
70 – INNOVAZIONE POP. ARIMINUM CIRCUS: LA GRAPHIC NOVEL!
71 – LEADERSHIP POP. APOFATICA E CATAFATICA DELLA COMUNICAZIONE
72 – OPINION PIECE DI FEDERICA CRUDELI
73– OPINION PIECE DI MELANIA TESTI
74 – OPINION PIECE DI GIANMARCO GOVONI
75– OPINION PIECE DI MARIACHIARA TIRINZONI
76 – SENSEMAKING POP. LODE DELLA CATTIVA CONSIDERAZIONE DI SE’
77 – OPINION PIECE DI ALESSANDRA CAPPELLO E ALESSANDRA MAZZEI
78 – OPINION PIECE DI JOE CASINI
79 – OPINION PIECE DI MARTA CIOFFI
80 – STORYTELLING POP. VERSO IL POP BRANDING (PARTE PRIMA)
81 – STORYTELLING POP. VERSO IL POP BRANDING (PARTE SECONDA)
82 – STORYTELLING POP. VERSO IL POP BRANDING (NOTE A MARGINE)
83 – ENGAGEMENT POP. IL MANAGER INGAGGIANTE IMPARA DAI POKEMON
84 – ENGAGEMENT POP. DARE VOCE IN CAPITOLO
85 – ENGAGEMENT POP. COMUNICARE, VALUTARE, TRASFORMARE
86 – SENSEMAKING POP. MALATTIA MENTALE E BENESSERE PSICOLOGICO SUL LAVORO
87 – SENSEMAKING POP. FOLLIA O DIVERSITA’?
88 – OPINION PIECE DI LUIGIA TAURO
89 – OPINION PIECE DI NILO MISURACA
90 – OPINION PIECE DI FRANCESCO DE SANTIS
91 – INNOVAZIONE POP. REMIX, RI-USO, RETELLING
92 – STORYTELLING POP. ARIMINUM CIRCUS AL BOOK PRIDE 2025
93 – OPINION PIECE DI SIMONE VIGEVANO
94 – OPINION PIECE DI LORENZO FARISELLI
95 – OPINION PIECE DI MARTINA FRANZINI
96 – OPINION PIECE DI EMANUELA RIZZO
97 – INNOVAZIONE POP. OLTRE LA PRE-INTERPRETAZIONE
98 – INNOVAZIONE POP. FORMAZIONE: ANALOGICA, METAVERSALE, IBRIDA
99 – ARIMINUM CIRCUS: LA VISUAL NOVEL!
100 – La (P) AI INTELLIGENCE (PARTE PRIMA)
101 – La (P) AI INTELLIGENCE (PARTE SECONDA)
102 – La (P) AI INTELLIGENCE (PARTE TERZA)
103– La (P) AI INTELLIGENCE (PARTE QUARTA)
104– La (P) AI INTELLIGENCE (PARTE QUINTA)
105– OPINION PIECE DI ALEXANDRA NISTOR
106– FORMAZIONE POP. PARTE PRIMA
107– FORMAZIONE POP. PARTE SECONDA
108– OPINION PIECE DI FEDERICA GRAZIA BARTOLINI
109– OPINION PIECE DI FEDERICO PLATANIA
110– OPINION PIECE DANIELA DI CIACCIO
111– OPINION PIECE DI LUCIANA MALARA E DONATELLA MONGERA
112– IL RITORNO DEL CEOPOP
113– LA VISIONE DEI CEOPOP (VOLUME 1)
114– LA VISIONE DEI CEOPOP (VOLUME 2)
115 – LA COMUNICAZIONE DEL CEOPOP
116– CEOPOP E PARTI SOCIALI
117– CHE POP MANAGER SEI? L’ESTETA
118– STORYTELLING POP. UNA COMUNICAZIONE POP PER IL NON PROFIT
119– CHE POP MANAGER SEI? VISIONARIO/VISIONARIA
120– OPINION PIECE DI REMO PONTI
121– CHE POP MANAGER SEI? EMPATICA/EMPATICO
122– OPINION PIECE DI GIACOMO GRASSI
123– CHE POP MANAGER SEI? INNOVATORE/INNOVATRICE
124– SECONDA CONVERSAZIONE COLLABORATIVA SUL POP BRANDING
125– CHE POP MANAGER SEI? SIMPOSIARCA
126– SENSEMAKING POP. UNA NUOVA GRAMMATICA DEL LAVORO (1)
127– CHE POP MANAGER SEI? ESPLORATORE/ESPLORATRICE
128– SENSEMAKING POP. UNA NUOVA GRAMMATICA DEL LAVORO (2)
129– CHE POP MANAGER SEI? IRONIC DIVA/DIVO
130– SENSEMAKING POP. UNA NUOVA GRAMMATICA DEL LAVORO (3)