Nel 1997, quando fondai la rivista AIDP Hamlet, “Bimestrale sui paradossi del nostro tempo”, l’intuizione era che il management non potesse più essere raccontato attraverso i canoni tradizionali della letteratura aziendale. Serviva un dialogo tra discipline, una contaminazione tra cultura umanistica e scientifica, uno sguardo capace di abbracciare le contraddizioni invece che risolverle per sottrazione. Quella rivista, che poi confluì nel volume L’impresa shakespeariana (2002, con tutti i disegni realizzati da Milo Manara per le copertine), segnò l’inizio di un percorso che oggi riconosco come preparazione al Pop Management.
Quasi trent’anni dopo, il Prolegomeno 152 curato da Cristiano Ghiringhelli, Raoul Nacamulli e Luca Quaratino conferma che quella intuizione era fondata: viviamo nell'”era dei paradossi”, un’epoca in cui le contraddizioni non sono anomalie da risolvere ma la grammatica stessa della complessità organizzativa. Questo contributo ci parla di paradossi non come esercizi intellettuali, ma come condizione strutturale del management contemporaneo.
Quando nel Prolegomeno 7 ho posto l'”Apertura” al centro della Leadership Pop – trasparenza, condivisione, metadisciplinarietà – stavo già indicando la necessità di superare il pensiero binario. L’Intelligenza Collaborativa, come integrazione di dimensione collettiva, connettiva ed emotiva, richiede esattamente questa capacità: tenere insieme gli opposti, trasformare le tensioni in energie generative.
La Pop Filosofia di Gilles Deleuze, antenata illustre del Pop Management, ci aveva già mostrato la via: rompere lo steccato tra cultura alta e bassa, concentrarsi sui processi creativi, abbracciare il continuo divenire della realtà. E, soprattutto, valorizzare i paradossi come strumenti per “turbare” gli schemi assoluti e stimolare il pensiero critico. Proprio come Alice nel Paese delle Meraviglie, che deve continuamente reinventarsi in un mondo di contraddizioni, così i manager oggi sono chiamati a sviluppare un “Paradox Mindset”: la capacità di considerare le contraddizioni non come ostacoli, ma come fonti di energia e nuove possibilità.
Nel Prolegomeno 144, dedicato alla “Forza della Gentilezza”, avevo esplorato con AssoGentile come apparenti debolezze possano trasformarsi in punti di forza. Il paradosso del potere e della debolezza – che troviamo magistralmente ripreso in questo Prolegomeno 152 – mostra come un leader che si riconosce “debole” possa attivare processi d’intelligenza collaborativa più potenti di qualsiasi comando autoritario. La gentilezza organizzativa diventa così gestione consapevole di una polarità.
Il concetto di “Disordine Organizzato” – magnifico ossimoro che dà il titolo al recente libro degli autori – rappresenta forse la sintesi più efficace dell’era dei paradossi in cui viviamo. Non più l’ordine contro il disordine, non più l’efficienza contro l’innovazione, ma la capacità di integrare simultaneamente esigenze divergenti: sia/sia, anziché o/o.
Come ho scritto nel Prolegomeno 150 sul distant writing, stiamo vivendo una trasformazione che riguarda “la scrittura, il lavoro, la consulenza, la formazione, la leadership, la costruzione del consenso, la qualità della decisione, il modo in cui un’organizzazione produce memoria”. I paradossi non sono anomalie da risolvere, ma la grammatica stessa della complessità contemporanea.
Il Polarity Mapping proposto dagli autori è uno strumento prezioso: visualizzare le tensioni, riconoscere i potenziali positivi e negativi di ciascun polo, esplorare i timori collegati all’eccesso di enfasi su uno solo degli estremi. È un metodo che dialoga perfettamente con quanto Luca Magni ha sviluppato nel Prolegomeno 149 sul Sensemaking Pop: il leader come “architetto di mondi simbolici”, capace di dare senso alle contraddizioni costruendo narrative che tengono insieme le polarità.
La metafora del cubismo – proposta dagli autori per illustrare il Paradox Mindset – è folgorante: come Picasso e Gris scomponevano la realtà per ricomporla integrando prospettive multiple, così il manager contemporaneo deve imparare a vedere simultaneamente da angolazioni diverse, costruendo sintesi che non annullano ma valorizzano la complessità.
Questa capacità di gestire i paradossi richiede però condizioni abilitanti: empowerment delle persone, sviluppo dell’intelligenza collaborativa, formazione continua, abbandono del dogmatismo.
Il paradosso della “sovrabbondanza d’informazioni e chiusura mentale” – analizzato dagli autori attraverso le riflessioni di Davide Genta – è particolarmente attuale: viviamo immersi in dati ma spesso incapaci di pensiero critico, circondati da connessioni digitali ma a rischio di isolamento cognitivo. Anche qui, la risposta non sta nella scelta tra online e offline, tra digitale e analogico, ma nella capacità di integrare, di trovare equilibri dinamici, di trasformare il “troppo” in intelligenza collaborativa.
Chiudo invitandovi a partecipare al Gruppo di social reading del romanzo E che ho avviato su LinkedIn. È cresciuto in pochi giorni fino a contare più di 200 membri proprio perché applica questi principi: la scrittura come intelligenza collaborativa, il feedback strutturato come forma di co-creazione, la diversità di prospettive come ricchezza generativa. È un esperimento di Disordine Organizzato in azione, dove le tensioni tra visioni diverse non vengono risolte per sottrazione ma integrate per moltiplicazione di senso.
L’era dei paradossi ed il disordine organizzato
Cristiano Ghiringhelli, Raoul Nacamulli, Luca Quaratino
Oggi stiamo vivendo una vera e propria era dei paradossi: un’epoca caratterizzata da un’epifania di contraddizioni che sottolineano come le logiche tradizionali si scontrano con le esperienze vissute. Già Gilles Deleuze, parlando di Pop filosofia, sottolineava l’importanza dei paradossi perché mettono in discussione i modelli tradizionali d’interpretazione del mondo. Ciò per aprire la strada a prospettive di osservazione capaci di catturare il continuo divenire della realtà.
Interessante è il collegamento che Deleuze fa, a questo proposito, con le avventure paradossali di Alice nel Paese delle Meraviglie, un mondo caotico dove le leggi della realtà sono rovesciate e capitano cose assurde. Certo è che l’era dei paradossi richiama per i manager delle condizioni che impongono loro di disporre di una particolare competenza distintiva: la capacità di tenere insieme gli opposti per generare sinergie. Quest’esigenza sottolinea quanto sia importante che gli attori organizzativi dispongano di un Paradox Mindset ossia considerino le contraddizioni non come ostacoli, ma come fonti di energia e nuove possibilità.
Più specificatamente il Paradox Mindset é un orientamento cognitivo che implica la capacità di abbracciare e gestire contemporaneamente delle esigenze e delle idee in contrapposizione fra loro. Ciò superando il pensiero “o/o” (o l’una o l’altro) per adottare un approccio “sia/sia”, capace di trasformare le tensioni in opportunità. Ne consegue che nell’era dei paradossi puntare sullo sviluppo nelle aziende del Paradox Mindset rappresenta una sfida manageriale chiave che riguarda ,in primo luogo, gli individui ma anche i team e le organizzazioni viste nel loro complesso.
E’ in questa prospettiva di sviluppo che risultano particolarmente significative le azioni di formazione-azione basate su strumenti come il Polarity Mapping ed anche i processi di Organizational Development sia basati sulle metodologie classiche di survey and feedback che anche sul ricorso a dei trigger che puntino sulla valorizzazione delle analogie con il mondo dell’arte. Fra queste particolarmente efficace è l’analogia fra il ruolo degli artisti del cubismo e quello dei manager.
Pop Filosofia, Pop Management e Paradossi
L’antenata più illustre del Pop Management è la Pop Filosofia di Gilles Deleuze: si tratta di un modo di fare filosofia basato sull’idea che si debba rompere lo steccato fra la cultura alta e quella bassa allo scopo di concentrarsi su ciò che davvero conta, vale a dire, i processi creativi, le connessioni fra i fenomeni ed i processi di cambiamento, mutamento e trasformazione continua della realtà.
E’ seguendo questo solco che si muove il Pop Management, secondo cui nelle aziende bisogna seguire dei principi gestionali all’insegna della valorizzazione della diversità, si debbono abbattere i silos funzionali per favorire processi di fertilizzazione incrociata fra orientamenti culturali differenti ed è utile compiere degli sforzi per attivare e promuovere l’intelligenza collaborativa (1).
E’ sempre sulle tracce del pensiero di Gilles Deleuze che deriva l’idea che non solo l’arte e la musica ma anche i fumetti ed il cinema ed oggigiorno anche i videogiochi, le serie di Netflix ed i reel possono incoraggiare il pensiero critico di tutti e quindi anche quello manageriale.
Ed ancora, secondo la prospettiva della filosofia Pop, viene rifiutato il tono grave e serioso della filosofia tradizionale per aprirsi a dei modi di pensare centrati sull’ironia: un modo di pensare che consente di uscire dalle gabbie delle convenzioni per fare luogo a delle forme di sviluppo della conoscenza più libere, aperte ed autentiche (2).
E’ in questo quadro che non solo i filosofi ma anche i manager, i loro collaboratori ed i team divengono dei veri e propri “creatori di concetti” in analogia a quanto avviene per i musicisti che compongono un brano e gli artisti che dipingono un quadro od intagliano una scultura. In sintesi, il Pop Management intende elaborare intuizioni, frammenti di esperienze, informazioni e percezioni allo scopo di generare visioni che siano differenti dagli stereotipi e dai luoghi comuni che vengono ripetuti pedissequamente in assenza di genuine riflessioni critiche.
Sempre secondo Deleuze, per andare oltre la superficie delle cose, risulta essenziale il riferimento ai paradossi. I paradossi sono delle proposizioni in apparente contraddizione con l’esperienza comune o con i principi elementari della logica. Normalmente quando le persone si trovano di fronte a dei paradossi sperimentano una sensazione di disagio perché la mente è costretta a confrontarsi con due idee, verità o istruzioni che sembrano essere incompatibili. Tuttavia, se s’impara a gestirli i paradossi sono degli strumenti chiave di analisi e di gestione dei problemi.
In altre parole, i paradossi mettono in discussione i modelli tradizionali d’interpretazione della realtà per aprire la strada a prospettive differenti. In estrema sintesi si può dire che i paradossi sfidano gli schemi assoluti basati su identità fisse e direzioni univoche: sull’A o sul B. Per Gilles Deleuze la funzione del paradosso è quella , per così dire, di “turbare” gli attori sociali individuali e collettivi per stimolarli verso un esercizio consapevole del pensiero critico attraverso l’analisi dei fatti ed il confronto delle idee.
E’ interessante sottolineare che Gilles Deleuze per sperimentare sul campo l’utilità dei paradossi fa riferimento ad Alice nel Paese delle Meraviglie di Lewis Carroll che rappresenta, com’è noto, un’avventura “logica ed illogica” di una bimba alle prese con la ricerca della propria identità in un mondo assurdo, che cambia continuamente. Gilles Deleuze sceglie di utilizzare “Alice nel Paese nelle Meraviglie” proprio per esplorare il concetto di “puro divenire” inteso come processo di “contaminazione” e ibridazione di forze capace di generare continuamente qualcosa di nuovo.
E’ questo un mondo, per l’appunto, pieno di contraddizioni e paradossi. In tale contesto Deleuze si riferisce in particolare al “paradosso della crescita e del rimpicciolimento di Alice”. Insomma, al fatto che Alice, grazie a degli oggetti magici e dei cibi misteriosi presenti nel suo mondo strampalato, vive continui cambiamenti che la fanno rimpicciolire e ingrandire ripetutamente, spesso in modo involontario.
E’ anche per tale ragione che Alice nella storia, non può mai avere un’identità fissa e deve vivere continuamente dei processi di trasformazione che gli impongono di avere, in maniera ininterrotta, un approccio creativo capace di combinare curiosità, apertura mentale e sperimentazione. Insomma, in Alice nel Paese delle Meraviglie la gestione dei paradossi consente non solo di affrontate le sfide ma rappresenta anche è un modo per liberare il pensiero allo scopo di produrre continuamente innovazione.
Val la pena di rimarcare però che, secondo Gilles Deleuze, il potere dei paradossi non si esplica solo nel mondo magico di Alice ma vale in generale. E’ per questo che i paradossi rappresentano uno dei pilastri della filosofia Pop ed anche del Pop Management intesi come degli approcci capaci di cogliere la complessità attraverso il pensiero critico.
La leadership aperta ed il paradosso “sovrabbondanza d’informazioni e chiusura mentale”
Davide Genta argomenta che “l’avvento di Internet e dei social media ha fatto sì che la sovrabbondanza di informazioni, anziché favorire una maggiore apertura ha finito per generare una maggiore chiusura mentale”(3).
Questo perché il mondo digitale produce, sempre più frequentemente, delle verità veloci, superficiali, ridotte a slogan ed a storytelling accattivanti ma effimeri. Si può dire che questa situazione delinea un vero e proprio paradosso, una proposizione, almeno apparentemente, in contraddizione con l’esperienza comune. Infatti, l’eccesso di sollecitazioni, contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, non produce maggiore chiarezza. In molti casi le sollecitazioni generano, invece, solo sovraccarico cognitivo ovvero delle difficoltà di prendere decisioni consapevoli basate sul pensiero critico.
Dà ciò derivano spesso dei blocchi riguardo al prendere decisioni come, ad esempio: rallentamento mentale, confusione e stress che possono via essere ulteriormente amplificati dall’eccesso di stimoli digitali quotidiani. D’altra parte, spesso, l’attivazione di meccanismi di difesa e la paura di essere tagliati fuori spinge le persone a rifugiarsi in delle bolle informative: degli ambienti online creati da algoritmi di social media e motori di ricerca che creano una visione ristretta del mondo mostrando agli utenti solo contenuti in linea con le loro convinzioni e preferenze passate ed escludendo punti di vista alternativi.
Tutto ciò crea nelle persone, a dispetto della grande disponibilità d’informazioni, orientamenti non di apertura ma chiusura mentale. E’ questa una versione del noto paradosso del potere e della debolezza che descrive l’idea che la forza apparente può portare alla debolezza, mentre la debolezza percepita può essere, in certi casi, una fonte di potere. Il troppo potere può far sì che una persona focalizzi l’attenzione sui propri bisogni a scapito di quelli altrui, tenda a percepire le critiche come degli attacchi diretti alla sua persona e di conseguenza abbia difficoltà a ricevere dei feedback costruttivi per cui diventa arrogante e tenda all’isolamento sociale (4) .
Il paradosso del potere e della debolezza suggerisce che per un leader il considerarsi debole può trasformarsi in un punto di forza perché può spingere ad attivare processi d’intelligenza collaborativa centrata sul team e l’intera organizzazione che risultano capaci di attivare pensiero critico, l’imprenditorialità e l’innovazione a fronte di un ambiente oggettivamente complesso.
In altre parole, l’idea di leadership efficace, proprio grazie alla percezione di debolezza da parte del leader, si sposta da meccanismi e processi autoreferenziali e lineari verso dei modelli capaci di creare spazi per l’esplorazione di nuove soluzioni centrate sull’apprendimento continuo proprio come propone il Pop Management. La gestione attiva del paradosso potere-debolezza porta a moltiplicare i punti di osservazione ed a stimolare la consapevolezza per incoraggiare l’intelligenza collaborativa. E’ in questo modo che il leader riesce meglio a comprendere la situazione ed ad abbracciare il cambiamento come opportunità.
L’era dei paradossi e il disordine organizzato
Quella che stiamo vivendo oggi è era dei paradossi: un’epoca caratterizzata da contraddizioni che indicano che le logiche tradizionali si scontrano con le esperienze realmente vissute. Ad esempio, lo sviluppo delle reti tecnologiche create per connettere possono generare, in pratica, autoreferenzialità ed isolamento sociale, il politicamente corretto promosso allo scopo di tutelare i diritti individuali può far sì che le persone possano sentirsi limitate nella propria libertà di espressione.
Nell’era dei paradossi spesso è vera una cosa ed è anche vero il suo opposto. In questo contesto bisogna che gli attori organizzativi divengano, innanzitutto, capaci di raccogliere e superare il disagio collegato alla presenza di più situazioni, pensieri, credenze o comportamenti in conflitto tra loro. Poi é necessario che imparino a valorizzare informazioni, idee ed intuizioni per risolvere produttivamente le tensioni collegate ai paradossi.
Insomma, l’era dei paradossi nel management si qualifica come tale perché i manager devono gestire contemporaneamente esigenze divergenti ma collegate fra loro. Si tratta cioè di costruire delle sintesi fra fenomeni opposti che siano capaci di dare un senso ed una direzione a ciò che sta avvenendo e risultino utili in pratica.
Bisogna cioè essere in grado di riconoscere la presenza, in contemporanea, di richieste tutte legittime che sono in conflitto fra loro per poi riuscire a risolvere il dilemma sotteso in una prospettiva “vincere-vincere”.
Anche “Disordine Organizzato”, il titolo di un nostro libro recente, è un paradosso. Ciò perché esprime la simultanea presenza di due domande, almeno formalmente, in contraddizione fra loro: il disordine e l’ordine. Bisogna però rilevare che nelle organizzazioni il disordine è stato sempre considerato un ostacolo alla produttività e all’efficacia.
Al contrario, l’ordine è stato continuamente valutato come una condizione per l’efficienza e la crescita. D’altra parte, questo modo di vedere è stato spesso ribaltato nel corso del tempo. In altre parole, il disordine, centrato sull’autonomia e l’empowerment delle persone e dei team, è stato visto come un fattore di stimolo alla creatività e all’innovazione. Questo mentre l’ordine, focalizzato su una progettazione organizzativa dettagliata, veniva considerato come una “gabbia d’acciaio”, una sorta di anticamera della moltiplicazione di processi organizzativi impersonali e ingessati.
Tuttavia, sia l’ordine che il disordine, se presi da soli, non possono essere la chiave di volta del funzionamento complessivo delle organizzazioni della nostra epoca. Infatti, nello scenario attuale e di prospettiva, le imprese debbono affrontare cambiamenti epocali per cui bisogna considerare ordine e disordine assieme, il disordine organizzato, per l’appunto.
Disordine Organizzato è solo uno dei paradossi che caratterizzano le sfide manageriali della nostra epoca e ce ne sono molti altri. Eccone alcuni: efficienza ed innovazione, autorità e partecipazione, flessibilità e regole, creatività e controllo, sostenibilità e profittabilità, IA come sviluppo e IA come sorveglianza, stabilità e adattamento, gestire l’operatività e riflettere sulla situazione, accettare gli errori ed essere performanti, focalizzarsi sui clienti e curare l’efficienza dei processi, sviluppare i talenti individuali e prediligere il lavoro in team, puntare sulla stabilità e scommettere sul cambiamento, presidiare le competenze tecniche e accogliere le competenze soft, mettere le persone in competizione e costruire relazioni sociali positive.
E poi ancora: guardare al passato e puntare sul futuro, sottolineare i diritti e sostenere le responsabilità, frammentare i compiti ed esaltare il lavoro in team, puntare sul micro-management ed attivare la direzione per obbiettivi.
È importante rilevare che la gestione efficace dei paradossi comporta tre aspetti chiave: l’essere consapevoli degli opposti, di A e di B; il cercare un equilibrio tra tensioni creatrici, di A e di B; l’integrare gli opposti, A e B, per andare avanti concretamente.
A questo riguardo si deve sottolineare che dare un senso ai paradossi richiede da parte del management, dei team di lavoro e dell’organizzazione nel complesso l’avere una “forma mentis” adeguata. Ne consegue che i modelli di costruzione della realtà centrati sui paradossi non riusciranno ad avere degli spazi di legittimazione in quelle aziende e istituzioni nelle quali è prevalente una cultura basata sul dogmatismo.
Ci si riferisce a un dogmatismo fondato su una perentorietà nel guardare alle cose che fa riferimento a degli schemi certi, inflessibili ed indiscutibili. E poi ancora all’intransigenza riguardo all’idea che i tratti di personalità sono un dato che non si può cambiare, o che gli stili di direzione che debbono essere per forza autoritari ossia centrati sul “dare e ricevere ordini”.
Categorie di paradossi e mappa delle polarità
L’era dei paradossi organizzativi richiama condizioni che impongono di tenere insieme due opposti. Si tratta di situazioni che sono particolarmente frequenti nello scenario attuale entro cui le imprese debbono affrontare cambiamenti epocali a causa della trasformazione digitale, della transizione ecologica, della presenza di più generazioni al lavoro e di veloci cambiamenti del contesto geo-politico internazionale e del quadro economico.
I paradossi organizzativi generano tensioni a livello individuale e collettivo che gli attori organizzativi debbono riuscire a risolvere in maniera fruttuosa allo scopo di generare, per quanto possibile, una migliore produttività economica ed una maggiore soddisfazione delle persone. Una possibile categorizzazione dei paradossi che vengono affrontati nel mondo delle organizzazioni della nostra epoca comprende almeno cinque classi: i paradossi organizzativi, i paradossi tecnologici, i paradossi di appartenenza, i paradossi di apprendimento ed i paradossi di performance che vengono considerati nella tabella 1 che considera per ciascuna categoria degli esempi e le relative polarità.
Più in particolare in corrispondenza ai diversi paradossi ci sono delle tensioni fra i poli opposti che vanno risolte consapevolmente da individui, team ed organizzazioni complesse in maniera da poter affrontare positivamente le sfide che si hanno di fronte. Per fare questo bisogna andare oltre il “oppure/oppure ” per abbracciare il pensiero “entrambi/e riuscendo a bilanciare, in maniera opportuna, le domande in competizione fra loro.
Un modo per farlo è lavorare, per l’appunto, sugli opposti per costruire una Mappa delle Polarità così come suggerisce Barry Johnson (7). Il Polarity Mapping serve, per l’appunto; a visualizzare e gestire tensioni tra scelte apparentemente contrapposte. Questo in maniera di riuscire a trovare un approccio bilanciato e di evitare gli svantaggi collegati al concentrarsi su un’unica opzione.
In altre parole, la mappa delle polarità rappresenta uno strumento capace di facilitare individui e team riguardo al considerare entrambi i poli delle decisioni in modo consapevole. Più in specifico il “polarity mapping” permette di: a) esplicitare i due poli in contrasto che originano la tensione; b) considerare sia i potenziali positivi che i potenziali negativi della tensione; c) esplorare i timori collegati all’enfasi eccessiva su uno o sull’altro; d) focalizzarsi sul perché conviene bilanciare i due opposti. Insomma, La mappatura della polarità ci consente non solo d’individuare i poli che definiscono i paradossi ma anche di sviluppare una migliore comprensione delle tensioni fra opposti attraverso la focalizzazione dei più e dei meno delle situazioni.

Tabella 1. Categorie di paradossi e tensioni da risolvere
Paradox Mindset e sviluppo dell’intelligenza collaborativa
Il Paradox Mindset implica uno sguardo largo e aperto sulla gestione della diversità e sulla valorizzazione delle complementarietà e delle sinergie. I presupposti del Paradox Mindset sono accettare la coesistenza di forze opposte, vedere le tensioni come opportunità di crescita, creatività e innovazione, piuttosto che come dilemmi da risolvere con un trade-off. Tutto questo si basa sulla capacità degli individui , dei gruppi e delle organizzazioni di gestire la complessità attraverso l’integrazione di elementi contraddittori . Ciò superare il pensiero binario “o/o” per adottare una prospettiva “sia/sia”.
In questa direzione è importante è importante riconoscere le tensioni usandole come stimolo per l’innovazione sperimentando nuove soluzioni capaci di soddisfare entrambi i poli della decisione. Disporre di un Paradox Mindset vuol dire sia avere una vista più ampia delle situazioni sia una mentalità e delle competenze sociali trasversali. A questo proposito val la pena di sottolineare che sviluppo del Paradox Mindset è possibile nelle organizzazioni che fanno perno sia sull’empowerment delle persone che sullo sviluppo dell’intelligenza collaborativa, uno dei capisaldi del Pop Management (8).
In questa direzione risulta importante mettere in evidenza che non solo gli individui ed i team ma anche le organizzazioni complesse possono sviluppare un paradox mindset ossia una capacità condivisa di un soggetto collettivo che attiene il confrontarsi, in maniera produttiva, con i paradossi e con la polarità delle tensioni che da essi derivano. Questo risultato può essere ottenuto attraverso dei percorsi sistematici di apprendimento orientati alla condivisione degli atteggiamenti e delle competenze relative alla gestione positiva delle tensioni (9).
Le opere d’arte del cubismo come metafore del Paradox Mindset
Il Paradox Mindset è un modo di vedere la realtà che abbraccia le contraddizioni e le tensioni anziché evitarle. Si tratta di passare da una prospettiva “o l’una o l’altra” ad una prospettiva “entrambe le cose”, riconoscendo che idee o situazioni apparentemente contrastanti possono non solo coesistere ma anche essere utilmente complementari. Lo sviluppo e la diffusione di un modello di pensiero orientato verso la gestione dei paradossi organizzativi incoraggiano gli individui a trovare dei modi di lavorare sulle differenze e sulle tensioni in maniera da riuscire a produrre soluzioni creative alle sfide pratiche emergenti.
Pertanto, sviluppare un Paradox Mindset consente di abbracciare le ambiguità per assegnare un “significato operativo” plausibile alle tensioni, ai dilemmi e ai conflitti collegati a domande emergenti che sembrano essere in contraddizione fra loro. L’indagine sui paradossi avviene attraverso processi individuali e sociali di sense-making guidati prima dalla plausibilità e poi dall’accuratezza.
Per precisare questo concetto è interessante rilevare che la metafora dell’arte può costituire un buon punto di partenza per spiegare lo sviluppo dei meccanismi di sense-making collegati prima allo sbrogliare i paradossi organizzativi e poi al ricostruirli in maniera differente. Fra le correnti artistiche, il cubismo appare particolarmente adatto a mostrare i processi mentali di gestione fruttuosa dei paradossi organizzativi. È infatti noto che l’ascesa del cubismo segna la nascita di un linguaggio artistico assolutamente nuovo basato, per l’appunto, sulla scomposizione e la ricomposizione degli oggetti. Infatti, i cubisti partono dall’osservazione della realtà da diverse angolazioni per scomporla.
Poi le diverse prospettive sono ricomposte e integrate nella rappresentazione pittorica. Insomma, l’opera cubista non è un’immagine unica frutto dell’osservazione fatta da un unico punto di vista. Si tratta, invece, di un insieme d’immagini mescolate assieme che riassumono, nel medesimo istante, diversi aspetti e momenti della realtà. Si pensi ad esempio al “Ritratto di Pablo Picasso”, di Juan Gris, dipinto fra il 1911 e 1912 e allo stesso Pablo Picasso che dipinse nel 1968 un’opera come “Il Moschettiere”.


Il Paradox Mindset e la consulenza organizzativa di processo
La consulenza organizzativa di processo rappresenta una strategia di cambiamento basata processi formativi centrati sullo sviluppo da parte degli individui, dei team e dell’organizzazione nel complesso, di competenze di “apprendere ad apprendere” entro contesti intrinsecamente contraddittori. Questo può avvenire innestando processi di apprendimento basati sullo schema “survey e feedback” capaci di mettere a fuoco quali sono le spinte e gli ostacoli più intrinsecamente associati al processo di cambiamento.
Quindi lo sviluppo del Paradox Mindset mira a fornire agli attori organizzativi uno sguardo e degli orientamenti capaci di aiutarli a comprendere e ad affrontare le sfide del cambiamento dell’epoca attuale che appare essere particolarmente densa di dilemmi, tensioni e conflitti. Questo permettendo loro di formulare più facilmente delle diagnosi plausibili, attivando dei processi fruttosi d’intelligenza basati sulla collaborazione per poi innestare alle analisi svolte delle azioni concrete. Insomma, puntare sullo sviluppo del Paradox Mindset significa accogliere l’idea di Paul Watzalwick secondo cui “il problema è il modo in cui pensiamo al problema”. Più in particolare, il Paradox Mindset riguarda la misura in cui gli attori organizzativi riescono ad abbracciare le tensioni per trarre da queste energie capaci di produrre e di migliorare la propria flessibilità cognitiva. Questo per riuscire ad affrontare situazioni complesse e difficili giungendo a generare risultati creativi ed innovativi. In tale quadro la consulenza organizzativa di processo centrata sullo sviluppo del Paradox Mindset consiste in una strategia di miglioramento che pone grande enfasi sulle capacità di auto-rinnovamento degli attori organizzativi e delle organizzazioni entro cui operano (10).
(1) Prolegomeni al Manifesto del Pop Management 7, https://marcominghetti.nova100.ilsole24ore.com/2024/05/16/prolegomeni-al-manifesto-del-pop-management-7-leadership-pop-apertura-agio-autonomia-autoespressione/
(2) Francesco Toniolo, Gamification ed apprendimento Pop, https://marcominghetti.nova100.ilsole24ore.com/2024/09/12/prolegomeni-al-manifesto-del-pop-management-33-innovazione-pop-opinion-piece-di-francesco-toniolo/
(3) Davide Genta, La leadership nell’era digitale: cecità acritica e ritorno alla scienza https://marcominghetti.nova100.ilsole24ore.com/2024/09/30/prolegomeni-al-manifesto-del-pop-management-38-leadership-pop-opinion-piece-di-davide-genta/
(4) Schelling T., The strategy of Conflict, Harvard Business Press, 1960
(5) Ghiringhelli C. , Nacamulli R., Quaratino L., Disordine Organizzato: sviluppare le organizzazioni attraverso il paradox mindset, Il Mulino, 2025
(6) Opinion Piece di Alessandra Lazazzara e Stefano Za https://marcominghetti.nova100.ilsole24ore.com/2025/11/04/prolegomeni-al-manifesto-del-pop-management-143-opinion-piece-di-alessandra-lazazzara-e-stefano-za/
(7) Barry Johnson, Polarity Management: Identifying and Managing Unsolvable Problems, Human Resource Development Press, 2014
(8) Minghetti M. , L’intelligenza collaborativa: verso la social organization, Egea, 2013
(9) Tjemkes B., Schad J, Uslu D ,Konijn N, “Cultivating a collective paradox mindset: design principles for learning interventions”, Academy of Management Learning & Education 2025, Vol. 24, No. 3, 287–316.
(10)Watzlawick P., Weakland J. H. ,Fisch R. Change, Astrolabio, 1974.
152 – continua
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