Introduzione
Nel Prolegomeno precedente abbiamo inaugurato la riflessione collettiva sulla gentilezza come leva strategica del Pop Management, mostrando le profonde convergenze tra i principi di AssoGentile e i pilastri fondativi della nostra visione: intelligenza collaborativa, empatia sistemica, cura, apertura alla diversità. Abbiamo posto le basi teoriche, chiarito i collegamenti concettuali, vigilato sui confini tra autenticità e retorica.
Oggi entriamo nel vivo della pratica. Questa seconda parte ospita sette voci che attraversano il tema della gentilezza da angolature complementari ma convergenti, costruendo insieme una grammatica operativa della gentilezza organizzativa. Ciascun contributo porta un pezzo della risposta alla domanda centrale: come si traduce la gentilezza in architettura reale di potere, governance, leadership?
Dalla grammatica del potere alla tecnologia della fiducia
Giuseppe Scarano apre la conversazione con una tesi radicale: la leadership gentile trasforma la grammatica stessa del potere. Il passaggio dal “potere gerarchico” alla “potenza generativa” richiede l’abbandono della distanza e del controllo a favore della cura e della vulnerabilità come fonti di connessione autentica. Scarano dialoga esplicitamente con i contributi di Carmen Carulli, Barbara Pizzuco e Roberto Veronesi al nostro Prolegomeno 136, riconoscendo nella loro esperienza la conferma pratica che la gentilezza coincide con l’intelligenza collaborativa: sintesi tra competenza e coscienza, tra performance e senso.
Massimiliano Pulice sposta il focus sulla dimensione reputazionale e sulla metrica ESG. La gentilezza diventa indicatore misurabile di fiducia, credibilità e coesione sociale. Pulice introduce un concetto potente: la trasformazione della CSR (Corporate Social Responsibility) in CIR (Corporate Inner Responsibility). La responsabilità si sposta dall’esterno all’interno, dalla comunicazione alla sostanza, dall’immagine alla cura autentica delle energie organizzative. È un passaggio che richiama direttamente la nostra insistenza sulla coerenza tra valori dichiarati e pratiche agite.
Andrea Napoli prosegue questa linea costruendo il tema del benessere organizzativo come “infrastruttura di fiducia”. Citando Amy Edmondson e Christine Porath, porta evidenze scientifiche concrete: la psychological safety aumenta innovazione e resilienza, gli ambienti gentili riducono l’assenteismo del 26% e aumentano il coinvolgimento emotivo del 44%. La gentilezza emerge come “tecnologia relazionale più avanzata”: quella che si coltiva attraverso la cultura, quella che trasforma il tempo in relazione e la gerarchia in rete.
Dalla tecnologia alla governance: gentilezza come infrastruttura sistemica
Sandro Ghirardini introduce una prospettiva originale: la “spinta tecnologica della Gentilezza”. Nell’era dell’intelligenza artificiale e della complessità sistemica, la gentilezza diventa hard skill relazionale, ponte tra etica e metodo, tra empatia e rigore. Ghirardini cita Damiano Cortese: “le organizzazioni etiche sono più performanti perché riducono il costo dell’opacità e moltiplicano il capitale fiduciario”. La gentilezza conviene perché trasforma processi e restituisce significato alle persone.
Alberto Ferioli eleva il discorso al livello della governance del futuro. Governare significa facilitare coesione, generare percezioni condivise invece di imporre controllo. La gentilezza diventa “forma avanzata di intelligenza sistemica”, capace di generare “coesione senza costrizione, direzione senza dominio, innovazione senza esclusione”. È esattamente la catafàtica della convocazione di cui abbiamo scritto nel Prolegomeno 71: comunicazione che abilita invece di manipolare, che convoca invece di revocare.
La ribellione generativa: gentilezza come atto politico
Annalisa Aceti porta il contributo più provocatorio: la gentilezza come “ribellione gentile”, forma radicale di opposizione alla cultura del comando e della prestazione a tutti i costi. Aceti cita il nostro Prolegomeno 132 di Elena Bobbola, Marie Louise Denti e Silvia Versari, richiamando l’archetipo di Leia Organa: guidare e connettere invece di urlare e imporre. La gentilezza illumina senza abbagliare, guida senza schiacciare, connette senza controllare. È una “pratica rivoluzionaria che si manifesta nel quotidiano”, precisamente ciò che distingue il Pop autentico dal populismo vuoto.
Armando Scopelliti riprende e amplifica questo tema collocando la fiducia al centro del futuro. La fiducia è il nuovo capitale strategico, quello che si costruisce attraverso coerenza, trasparenza e responsabilità condivisa. Scopelliti cita ancora Carmen Carulli dal Prolegomeno 136: “la vera evoluzione avviene quando ciò che facciamo lascia un segno positivo e tangibile, migliorando ciò che abbiamo trovato”. Questa prospettiva è insieme etica e strategica: solo le organizzazioni che lasciano tracce positive garantiscono continuità e credibilità.
Una scelta di civiltà
Gabriele Mazzetta chiude con una sintesi potente: la gentilezza come “scelta di civiltà”. AssoGentile rappresenta un atto formale nel senso più alto: rimettere la gentilezza al centro della comunità, restituirle la dignità di una “politica dell’essere”. In un mondo attraversato da crisi sistemiche e frammentazione sociale, la gentilezza diventa “condizione abilitante”. Mazzetta conclude con una frase che risuona con la nostra visione convocativa: “la vera frontiera del futuro sarà scritta da chi saprà ascoltare meglio”.
Il filo rosso: dalla teoria alla prassi
Attraverso questi sette contributi emerge con nitidezza il passaggio dalla teoria alla prassi, dalla riflessione concettuale all’azione operativa. La gentilezza si rivela come:
- Grammatica del potere (Scarano): trasformazione della natura stessa della leadership
- Metrica strategica (Pulice): indicatore ESG misurabile e fattore reputazionale
- Infrastruttura organizzativa (Napoli): architettura di fiducia che abilita produttività
- Competenza evoluta (Ghirardini): hard skill relazionale nell’era tecnologica
- Modello di governance (Ferioli): intelligenza sistemica per la complessità
- Atto politico (Aceti): ribellione generativa contro la cultura del dominio
- Capitale sociale (Scopelliti): tecnologia della fiducia per il futuro
- Scelta di civiltà (Mazzetta): paradigma di convivenza sostenibile
Questa seconda parte completa il percorso iniziato nel Prolegomeno 144. Abbiamo costruito insieme a AssoGentile una mappa completa: dalle fondamenta teoriche alle applicazioni pratiche, dai principi alle evidenze, dalla visione alle azioni concrete. E sempre vigilando sul confine tra sostanza e retorica, tra Pop autentico e populismo vuoto, tra gentilezza trasformativa e performance di superficie.
I contributi che seguono dimostrano che la gentilezza organizzativa è possibile, misurabile, efficace. Che può diventare prassi quotidiana invece di restare aspirazione astratta. Che richiede coraggio, coerenza, disciplina—esattamente come il Pop Management.
Buona lettura. E che la forza della gentilezza—quella vera, quella che trasforma la grammatica del potere—continui a guidarci.
La Leadership Gentile: dal potere gerarchico alla potenza generativa (Giuseppe Scarano, Presidente di Credit Prime e CEO di Media Credit Solution)
La leadership gentile è anche la frontiera evolutiva del management contemporaneo. Attenzione: la trasformazione riguarda la grammatica stessa del potere, l’essenza della sua natura.
Il potere tradizionale si fonda sulla distanza, sul controllo, sull’idea che per essere rispettati si debba essere temuti, mentre la leadership gentile ribalta questa logica, poiché nasce profondamente dalla cura, vive attraverso la cura.
Per questo, il leader gentile riconosce la vulnerabilità come fonte di connessione autentica, esercita la fermezza come espressione di chiarezza (invece di imposizione), trasforma il feedback in dialogo e la critica in opportunità di crescita. Questo leader favorisce un ambiente in cui le persone possano esprimersi liberamente, anche nel dissenso, costruisce una nuova linfa vitale per l’evoluzione organizzativa.
In questa prospettiva, la “Leadership Gentile” coincide con quella che Carmen Carulli definisce, sulla scorta di Marco Minghetti, “intelligenza collaborativa”: ovvero la sintesi tra competenza e coscienza e tra performance e senso (vedi Prolegomeno 136 del Manifesto del Pop Management[1])
Allo stesso modo, Barbara Pizzuco sostiene come sia la “capacità di tenere insieme la precisione tecnica e la complessità dell’animo umano”, ed è questo che ha mostrato la potenza nella sanità: il dove le cure del corpo incontrano la cura della relazione.[2]
Roberto Veronesi ci ricorda come il resistente al cambiamento rappresenti “una risorsa da ascoltare, da valorizzare e inserire in modo contributivo”, perché il dissenso alimenta crescita e consapevolezza organizzativa.[3]
In tutti i casi citati, la Gentilezza è capacità di attraversarlo senza distruggerlo (legami). È strumento della gerarchia della potenza: la governance della fiducia tramite l’applicazione nel management di un principio antico come l’etica aristotelica e allo stesso tempo moderno come la psicologia positiva dove esiste efficacia senza benessere.
In definitiva, la leadership gentile è una necessità evolutiva per affrontare la complessità del presente con lucidità e umanità, ovvero il passaggio dal potere del comando a una cultura della relazione, dove il potere si esercita con qualcuno invece di esercitarsi su qualcuno.
In questo paradigma, il leader sta al centro come facilitatore di senso, custode di fiducia, generatore di possibilità. Per questo motivo, la leadership gentile è una forza che si rinnova, perché è capace di rigenerare le persone, le strutture e i sistemi attraverso il rispetto, l’ascolto e la coerenza.
La Gentilezza come leva reputazionale e metrica ESG (Massimiliano Pulice, già Presidente RICS Italia e responsabile Rigenerazione Urbana e Infrastrutture presso Cassa Depositi e Prestiti)
La reputazione è ciò che un’organizzazione genera attraverso i suoi reali comportamenti, ciò che gli altri sperimentano concretamente. Oggi, in un tempo dominato dalla trasparenza digitale, dove ogni gesto è tracciabile e ogni scelta può essere amplificata in tempo reale, la reputazione si costruisce attraverso la coerenza relazionale.
In questo senso, la Gentilezza e la Felicità nelle aziende sono temi sdoganati e diventano elementi imprescindibili di equilibrio umano ed economico. Le persone possono fiorire esclusivamente all’interno di contesti professionali aperti che abbandonano stili di management ormai obsoleti, perché la Gentilezza come attuatore naturale di energie positive interne al contesto, diventa un indicatore misurabile di fiducia, credibilità e coesione sociale, contribuendo a valorizzare la dimensione S di un’azienda in termini di:
a) rispetto della dignità e della sicurezza delle persone; b) apertura alla diversità, equità e dialogo; c) processi decisionali trasparenti; d) pratiche di comunicazione rispettose e basate sulla convocazione autentica; e) leadership empatica e partecipativa.
Peraltro, nell’epoca post-industriale, dove la sostenibilità è divenuta prerequisito, le imprese devono dimostrare di saper coniugare performance e sensibilità. Come sostiene Federica Balluchi insieme a Katia Furlotti, “la responsabilità sociale è ormai un percorso verso lo sviluppo sostenibile che richiede di coniugare governance e comunicazione”. È possibile farlo attraverso una nuova forma di competenza: la Gentilezza da allenare ogni giorno, diffondendo un linguaggio comune tra l’organizzazione, i propri collaboratori e gli stakeholder.
Come evidenziano i contributi di Carmen Carulli, Barbara Pizzuco, Roberto Veronesi e Samuele Bozzoni al Prolegomeno 136 del Manifesto del Pop Management sopra citati, l’intelligenza collaborativa richiede proprio questa dimensione: l’integrazione tra aspetti esistenziali (valori, emozioni, senso) e competenze tecniche. La Gentilezza trasforma la CSR (Corporate Social Responsibility) in una CIR (Corporate Inner Responsibility): una responsabilità che riguarda persone ed organizzazioni che si prendono cura delle proprie energie, generando un impatto positivo.
Attraverso la Gentilezza, attuatore naturale della felicità in azienda, è possibile parlare di “energy management” interiore all’ecosistema organizzativo: nutrire, proteggere e rigenerare l’energia fisica, emotiva, mentale e spirituale per vivere in equilibrio nel tempo.
Il Protocollo SGA rappresenta una svolta, un punto di inizio per creare un network in grado di condividere nuovi modelli di management e di fioritura di capitale umano in cui il benessere attraverso la Gentilezza diventa il principale moltiplicatore.
Questo costituirà uno degli ingredienti per migliorare in termini significativi dati come:
a) l’Engagement, dove solo il 10% dei lavoratori in Italia si sente coinvolto; b) il Benessere, nel quale poco più del 20% dei lavoratori percepisce che l’azienda si prenda cura della loro salute psico-fisica; c) la Leadership, in cui solo il 27% dei manager risulta pienamente ingaggiato e dove il 70% dell’engagement è attribuibile al manager di un gruppo di lavoro.
Il benessere organizzativo come infrastruttura di fiducia (Andrea Napoli, fondatore e CEO di Locare)
Il benessere organizzativo non è un lusso accessorio, ma un fattore infrastrutturale della produttività contemporanea dove le organizzazioni non prosperano perché hanno più risorse, ma perché sono in grado di creare nella fiducia quel collante invisibile che trasforma la collaborazione in innovazione.
Come scrive Francesco Avallone, “il benessere organizzativo è lo stato di salute di un’organizzazione che apprende a partire dalle proprie relazioni”[4], la Gentilezza rappresenta la condizione necessaria affinché il lavoro torni ad essere un’esperienza di senso e non solo di fatica, andando a superare la tensione che ogni impresa, pubblica o privata, vive costantemente nel dilemma in cui si pone l’efficienza e l’umanità. Per altro, dalle numerose evidenze scientifiche, viene dimostrato come la Gentilezza migliori anche i risultati economici.
Amy Edmondson, dell’università di Harvard, nel 1999 introdusse il concetto di “psychological safety”, dimostrando come i gruppi di lavoro che comunicano con rispetto ed empatia sono più innovativi, più resilienti e meno esposti al burnout[5].
Mentre Christine Porath, della Georgetown University, dimostrò nel 2013 come gli ambienti gentili siano in grado di ridurre del 26% l’assenteismo, aumentando al tempo stesso del 44% il coinvolgimento emotivo dei collaboratori[6].
La Gentilezza, dunque, non è solo una qualità etica, ma un fattore in grado di scalare la potenza produttiva di ogni azienda, riducendo il costo della paura (quella di sbagliare, di essere giudicati e di non essere ascoltati) e trasformando il luogo di lavoro in un laboratorio di fiducia condivisa.
Una nuova infrastruttura di fiducia in grado di generare tre effetti misurabili:
- Coesione interna: dove le organizzazioni diventano più cooperative e meno conflittuali.
- Reputazione esterna: posizionando il brand come soggetto responsabile e umano.
- Innovazione sostenibile: dove l’ascolto attivo favorisce il pensiero divergente e l’apprendimento organizzativo.
Alla luce di queste evidenze, il benessere organizzativo non può più essere considerato un obiettivo secondario, ma una condizione abilitante per la crescita sostenibile. Per questo motivo la Gentilezza in questo contesto agisce come catalizzatore di fiducia, riducendo le frizioni emotive e favorendo ambienti di lavoro dove le persone non producendo rigenerano la loro salute emotiva.
È il passaggio da una cultura della prestazione a una cultura della presenza, dove il valore non si misura solo in risultati, ma nella qualità delle relazioni che li rendono possibili, ed è così che la Gentilezza diventa infrastruttura invisibile ma essenziale, capace di sostenere l’impresa nel suo cammino verso un futuro più umano, più efficace e più giusto.
La spinta tecnologica della Gentilezza (Sandro Ghirardini, Segretario Generale di E-Valuations)
Nell’era dell’intelligenza artificiale, della robotica e della complessità sistemica, la Gentilezza emerge come una competenza strategica imprescindibile, non più relegata al campo delle buone maniere o delle soft skills, ma come una hard skill relazionale, capace di generare valore tangibile nei contesti professionali e sociali.
In un mondo sempre più interconnesso e digitalizzato, l’interazione tra persone e tecnologie è diventata continua, ed in questo contesto, la Gentilezza non è solo un valore, ma una vera e propria condizione di possibilità per una convivenza sostenibile e produttiva.
Rappresentando un ponte tra etica e metodo, e tra empatia e rigore, la Gentilezza si rivela una risorsa preziosa anche nel delicato equilibrio tra ascolto e decisione, non focalizzandosi sul semplice atteggiamento, perché la sua competenza trasversale incide in modo profondo e concreto sulla vita professionale e sociale.
Il suo impatto si manifesta innanzitutto nella qualità delle relazioni, contribuendo a creare contesti basati sulla fiducia e sulla collaborazione, giocando un ruolo fondamentale nella gestione dei conflitti, e nel favorire approcci costruttivi e soluzioni condivise.
Senza poi considerare di come la Gentilezza sia in grado di arricchire anche la leadership, rendendola più umana, inclusiva e capace di coinvolgere, ed in questo sarà poi determinante nella costruzione di ambienti inclusivi, dove ogni persona possa sentirsi accolta, rispettata e valorizzata.
Le aziende che sapranno integrare la Gentilezza nei propri modelli di governance non solo miglioreranno il clima interno, ma rafforzeranno la loro resilienza sistemica, diventando più adattive, più credibili e più attrattive.
Come del resto scrive Damiano Cortese in Business Ethics: Etica e impresa,
“le organizzazioni etiche sono più performanti perché riducono il costo dell’opacità e moltiplicano il capitale fiduciario”.[7]
In altre parole, la Gentilezza conviene, perché è in grado di trasformare il tempo in relazione, la gerarchia in rete, e l’obbligo in responsabilità condivisa, oltre a restituire umanità ai processi, e dunque significato alle persone. In questo facilitando l’apprendimento continuo, crea una nuova collaborazione intergenerazionale attraverso la gestione del cambiamento.
La Gentilezza, dunque, non è solo una virtù personale, ma una competenza organizzativa ad alta intensità strategica, dato che è in grado di permettere alle imprese di restare umane in un mondo sempre più automatizzato e di essere credibile in un mercato sempre più trasparente, generando innovazione senza sacrificare il benessere.
In definitiva, è la tecnologia relazionale più avanzata che abbiamo a disposizione, perché non si aggiorna con un software, ma si coltiva assieme alla cultura.
Una Governance del futuro (Alberto Ferioli, Presidente dell’Organo di Controllo in Assogentile)
Le organizzazioni del XXI secolo stanno attraversando una transizione silenziosa e allo stesso tempo radicale, anche se non si tratta più solo di innovare processi o tecnologie, ma di riprogettare il modo in cui conviviamo dentro i sistemi.
La crisi climatica, la frammentazione sociale, la velocità delle trasformazioni tecnologiche ci obbligano a riconsiderare il significato stesso della parola “governare”, perché
questo termine non è più visto nell’azione di “esercitare il controllo”, ma come facilitatore di coesione, evitando di imporre regole e generando allo stesso tempo percezioni condivise.
La Gentilezza rappresenta, in questa prospettiva, la governance evolutiva delle relazioni, poiché è in grado di percepire i contesti, comprendere le emozioni collettive ed orientare i comportamenti verso l’armonia e non verso la competizione distruttiva.
È un modello di leadership che nasce dall’intelligenza emotiva citata più volte da Daniel Goleman, si nutre di empatia attiva e si traduce in azioni coerenti, verificabili, riproducibili. [8]
Tutto ciò nelle aziende, vuol dire:
- integrare la Gentilezza nei processi decisionali, così che le scelte economiche siano anche scelte etiche;
- progettare spazi e tempi gentili, dove la flessibilità e l’ascolto diventino strumenti di efficienza;
- misurare il benessere come indicatore di valore, non come accessorio HR;
Per questo motivo la Gentilezza rappresenta una nuova forma di leadership, perché non è fondata sul controllo né sulla prevalenza, ma sulla capacità di generare fiducia, senso e appartenenza.
Per tale motivo la consideriamo la risposta evolutiva che il nostro tempo richiede per costruire un futuro sostenibile e condiviso.
- formare leader capaci di unire lucidità e compassione, visione e vulnerabilità.
In questo nuovo paradigma, la Gentilezza non sarà mai vista come debolezza, piuttosto come una forma avanzata di intelligenza sistemica, comprensione, capace di generare coesione senza costrizione, direzione senza dominio, e innovazione senza esclusione.
In questo, governare con Gentilezza significa mettere al centro le relazioni interpersonali, riconoscere la complessità dei vissuti umani e progettare sistemi che non solo funzionano, ma danno valore alle persone mettendole di nuovo al centro di ogni progetto.
La ribellione gentile (Annalisa Aceti, Direttrice Generale Sales & Marketing di Rizzoli Education)
Nel mondo del lavoro contemporaneo, dove la velocità rischia di disumanizzare e l’iperconnessione di isolare, la Gentilezza si configura come la forma più radicale di ribellione, una ribellione pacifica, concreta e trasformativa, non fatta di slogan, ma di gesti quotidiani e coerenti che portano all’ascolto prima della risposta e al ringraziamento prima di pretesa, oltre a trovare la collaborazione al posto della competizione.
La Leadership Gentile si oppone alla cultura del comando e della prestazione a tutti i costi, proponendo un modello che non teme la vulnerabilità, ma la accoglie come spazio di autenticità.
Nel Manifesto del Pop Management, Elena Bobbola, Marie Louise Denti e Silvia Versari (Prolegomeno 132) ci invitano a scegliere tra due archetipi di potere:
- La Regina di Cuori, che urla e impone,
- Leia Organa, che guida e connette.
Proprio in questa scelta dove la prima domina con la paura, la seconda ispira con la fiducia, che si rivela il cuore del concetto di Gentilezza: illuminare senza abbagliare, guidare senza schiacciare, connettere senza controllare.
Uno stile di comando che non viene misurato in KPI, ma in qualità relazionale, non cercando il consenso passivo, ma attivando il pensiero critico e la partecipazione. Per questo è una ribellione generativa che non distrugge, ma costruisce, che non divide, ma unisce e che non conquista, ma coinvolge.
Perché è una nuova forma di potere che non esercitandosi dall’alto, si distribuisce nella sua rete di relazioni, generando ambienti di lavoro più inclusivi, resilienti e pertanto più innovativi. In tale ambito il dissenso non sarà mai inteso come una minaccia, ma una risorsa da esplorare dove la diversità sarà in grado di arricchire ogni tipo di confronto.
La Gentilezza è, in definitiva, una pratica rivoluzionaria che si manifesta nel quotidiano, trasformando il modo in cui ci relazioniamo, prendiamo decisioni e costruiamo insieme il nostro futuro. In un tempo che ha privato il mondo, così come lo conosciamo, di un senso tangibile, essa diventa la voce capace di orientare il cambiamento, attraverso scelte consapevoli di chi crede che il potere non debba servire a dominare, ma a promuovere il bene comune.
E proprio in tale contesto sarà una ribellione che non alzerà muri, ma aprirà nuove strade, trasformando ogni leader gentile in un architetto del futuro, capace di generare fiducia, appartenenza e generando senso di appartenenza nei luoghi dove si lavora e si vive.
La fiducia al centro del nostro futuro (Armando Scopelliti, Membro del Consiglio Direttivo di Assogentile)
Siamo entrati in un’epoca in cui il potere non sarà più determinato dalla forza ma dalla velocità o dalla capacità di imporre decisioni dall’alto o dalla facoltà (ancora più complessa e trasformativa) di generare fiducia autentica e duratura.
E in tale contesto che la fiducia si va ad aggiungere alle competenze di fondo che costruiscono un sano agire gentile diventando un nuovo capitale strategico. Perché la fiducia non si compra, non si impone, ma si costruisce nel tempo attraverso coerenza, trasparenza e responsabilità condivisa.
Le organizzazioni che sapranno collocarla al centro delle proprie strategie non saranno semplicemente più “buone” o “empatiche”: saranno più resilienti, perché avranno costruito architetture relazionali solide, capaci di resistere alle crisi e di rigenerarsi con rapidità e lucidità.
Ed è proprio in tali contesti che la fiducia assume un valore che va ben oltre il gesto cortese o l’attitudine individuale, perché essa diventa una vera e propria tecnologia sociale (la più evoluta che abbiamo a disposizione), ed attraverso essa le nostre reti funzionano, i gruppi di lavoro collaborano in modo autentico e i sistemi complessi si rinnovano senza collassare.
In un mondo iperconnesso e interdipendente, la Gentilezza attraverso la fiducia, sarà in grado di rappresentare un linguaggio universale, capace di ridurre le asimmetrie di potere e facilitare la costruzione di orizzonti comuni.
Al cuore di tutto ciò si potrà collocare anche l’intelligenza collettiva, ossia la capacità di una comunità, organizzativa o sociale, di elaborare soluzioni migliori di quelle che ogni singolo individuo potrebbe immaginare da solo.
Quando la fiducia e la Gentilezza diventeranno prassi condivise, l’intelligenza collettiva si evolverà le trasformando le tensioni in opportunità di crescita ed i conflitti in dialoghi costruttivi. Ed è qui che le parole di Carmen Carulli risuonano con forza:
“la vera evoluzione avviene quando ciò che facciamo lascia un segno positivo e tangibile, migliorando ciò che abbiamo trovato” (Prolegomeni 136).
Questa prospettiva non è semplicemente etica, è strategica laddove solo le organizzazioni che lasceranno tracce positive potranno garantire continuità e credibilità nel tempo.
In fondo, questo è il compito più alto che si potrà affidare ad ogni governance degna di tale nome, ovvero lasciare il mondo un po’ migliore di come lo abbiamo ricevuto, senza applicare slogan ma utilizzando la fiducia come pratica quotidiana, misurabile e verificabile.
Vuol dire guidare non per dominare, ma per abilitare, non andando a costruire monumenti, ma creando ecosistemi vitali in grado di comprendere che la vera leadership del futuro non consisterà nel dettare la rotta, ma nel creare le condizioni perché molti possano remare nella stessa direzione.
E se il potere del passato è stato definito dalla forza, quello del futuro sarà definito dalla capacità di generare armonia attraverso la fiducia, ed in questo risiederà una rivoluzione silenziosa ma inesorabile della Gentilezza.
Non un ideale romantico, ma una nuova architettura di potere sostenibile.
Conclusione: Una scelta di civiltà (G. Gabriele Mazzetta)
Il percorso di AssoGentile non è semplicemente quello di un progetto associativo, ma un atto formale nel senso più alto e nobile del termine. Esso passa attraverso una scelta consapevole che mira a rimettere la Gentilezza al centro della nostra comunità, restituendole la dignità di una politica dell’essere, capace di dare forma a un nuovo paradigma di convivenza sociale, economica e istituzionale.
Significa immaginare e costruire un’economia che non misuri il valore solo attraverso gli indicatori di produttività e profitto, ma attraverso la qualità delle relazioni umane che la sostengono, concependo un management capace di riconoscere nella vulnerabilità un punto di forza e non una fragilità da celare.
Così facendo potrà emergere una società in cui il successo non è solo un risultato contabile, ma un’armonia di senso, attraverso lavoratori che operano con passione, cittadini che cooperano con fiducia ed istituzioni che agiscono con responsabilità.
Il futuro sarà gentile non perché sarà più facile, ma perché non avremo altra scelta, soprattutto in un mondo attraversato da crisi sistemiche, iper-complessità e frammentazione sociale, la Gentilezza non è più un abbellimento superfluo, ma una condizione abilitante.
Perché senza Gentilezza nessuna strategia, per quanto sofisticata, riuscirà a produrre risultati duraturi se ogni sfida sarà vissuta come un dramma piuttosto che come un’opportunità di costruzione collettiva.
Ritornando al concetto espresso nella premessa, possiamo affermare che la vera innovazione oggi non è tecnologica, ma umana, ed attraverso una rivoluzione silenziosa che non passa attraverso algoritmi o sensori, ma attraverso gesti, parole e scelte quotidiane che potremmo provare a plasmare il modo in cui viviamo, lavoriamo e costruiamo futuro.
Perché in definitiva, la Gentilezza è una scelta di civiltà, un filo sottile ma resistente che tiene insieme la comunità, l’economia, la governance, per questo motivo crediamo con convinzione che la vera frontiera del futuro non sarà scritta da chi saprà comandare di più, ma da chi saprà ascoltare meglio.
Fare della Gentilezza un gesto rivoluzionario costruendo fiducia dovrà essere radicato nel nostro agire quotidiano, solo così il domani non sarà semplicemente nuovo, ma diventerà uno spazio dell’anima, degno di essere immaginato con speranza e vissuto con coraggio.
[1] Minghetti, M. (2025). Prolegomeni al Manifesto del Pop Management 136. L’Intelligenza Collaborativa motore pop del Change Management. Parte Terza, No Profit, con contributi di Carmen Carulli (Women in Procurement), Barbara Pizzuco (Fondazione Don Gnocchi), Roberto Veronesi (LINKS Foundation), Samuele Bozzoni (Cooperativa Agorà). Pubblicato su Le Aziende InVisibili – Nova Il Sole 24 Ore, 23 settembre 2025.
I temi proposti nel Prolegomeo saranno oggetto di una Conversazione Collaborativa che si terrà a Torino presso Fondazione Links il 20 novembre.

[2] Pizzuco evidenzia come la leadership e la gestione organizzativa efficace richiedano la capacità di coniugare precisione analitica dei dati e attenzione alla dimensione relazionale e umana, mostrando come questo approccio nella sanità migliori l’esperienza dei pazienti e la qualità delle decisioni cliniche.
[3] Veronesi sottolinea come chi appare resistente al cambiamento non debba essere considerato un ostacolo, ma una risorsa da comprendere e ascoltare, perché le sue preoccupazioni e osservazioni possono contribuire a decisioni maggiormente ponderate e alla costruzione di soluzioni condivise nel rafforzamento della cultura organizzativa.
[4] Avallone, F. (2003). Benessere organizzativo. Per migliorare la qualità del lavoro nelle amministrazioni pubbliche. Soveria Mannelli: Rubbettino Editore.
[5] Edmondson, A. C. (1999). Psychological Safety and Learning Behavior in Work Teams. Administrative Science Quarterly, 44(2), 350–383.
[6] Porath, C. L., & Pearson, C. M. (2013). The Price of Incivility. Harvard Business Review, 91(1–2), 114–121.
[7] Cortese, D. (2017). Business Ethics: Etica e impresa. Milano: FrancoAngeli.
[8] Goleman, D. (1995). Emotional Intelligence: Why It Can Matter More Than IQ. New York: Bantam Books. Goleman, D., Boyatzis, R., & McKee, A. (2013). Primal Leadership: Unleashing the Power of Emotional Intelligence. Boston: Harvard Business Review Press.
145 – continua
Puntate precedenti
1 – DALLO HUMANISTIC AL POP MANAGEMENT
2 – MANIFESTI, ATLANTI, MAPPE E TERRITORI
3 – IL MANAGER PORTMANTEAU
4 – WHICH WAY, WHICH WAY?
5 – LEADERSHIP POP (LEZIONI SHAKESPEARIANE)
6 – OPINION PIECE DI RICCARDO MAGGIOLO
7 – LEADERSHIP POP (APERTURA, AUTONOMIA, AGIO, AUTO-ESPRESSIONE)
8 – OPINION PIECE DI JOSEPH SASSOON
9 – OPINION PIECE DI CESARE CATANIA
10 – OPINION PIECE DI VANNI CODELUPPI
11 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO GIAUME
12 – COLLABORAZIONE POP. L’IRRESISTIBILE ASCESA DELLE COMMUNITY INTERNE
13 – COLLABORAZIONE POP. L’EMPATIA SISTEMICA
14 – COLLABORAZIONE POP. LE COMMUNITY AZIENDALI: UNO STATO DELL’ARTE, PARTE PRIMA
15 – COLLABORAZIONE POP. LE COMMUNITY AZIENDALI: UNO STATO DELL’ARTE, PARTE SECONDA
16 – OPINION PIECE DI MATTEO LUSIANI
17 – OPINION PIECE DI MARCO MILONE
18 – OPINION PIECE DI ALESSIO MAZZUCCO
19 – OPINION PIECE DI ALESSANDRA STRANGES
20 – OPINION PIECE DI FRANCESCO VARANINI
21 – ORGANIZZAZIONE POP. COMANDO, CONTROLLO, PAURA, DISORIENTAMENTO
22 – OPINION PIECE DI ROBERTO VERONESI
23 – OPINION PIECE DI FRANCESCO GORI
24 – OPINION PIECE DI NELLO BARILE
25 – OPINION PIECE DI LUCA MONACO
26 – OPINION PIECE DI RICCARDO MILANESI
27 – OPINION PIECE DI LUCA CAVALLINI
28 – OPINION PIECE DI ROBERTA PROFETA
29 – UN PUNTO NAVE
30 – ORGANIZZAZIONE POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CURA)
31 – OPINION PIECE DI NICHOLAS NAPOLITANO
32 – LEADERSHIP POP. VERSO L’YPERMEDIA PLATIFIRM (CONTENT CURATION)
33 – OPINION PIECE DI FRANCESCO TONIOLO
34 – ORGANIZZAZIONE POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CONVIVIALITA’)
35 – OPINION PIECE DI LUANA ZANELLATO
36 – OPINION PIECE DI ANDREA BENEDETTI E ISABELLA PACIFICO
37 – OPINION PIECE DI STEFANO TROILO
38 – OPINION PIECE DI DAVIDE GENTA
39 – OPINION PIECE DI ANNAMARIA GALLO
40 – INNOVAZIONE POP. ARIMINUM CIRCUS: IL READING!
41 – ORGANIZZAZIONE POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CONVOCAZIONE)
42 – OPINION PIECE DI EDOARDO MORELLI
43 – ORGANIZZAZIONE POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CO-CREAZIONE DI VALORE)
44 – OPINION PIECE DI MARIANNA PORCARO
45 – OPINION PIECE DI DONATO IACOVONE
46 – OPINION PIECE DI DENNIS TONON
47 – OPINION PIECE DI LAURA FACCHIN
48 – OPINION PIECE DI CARLO CUOMO
49 – OPINION PIECE DI CARLO MARIA PICOGNA
50 – OPINION PIECE DI ROBERTO RAZETO
51 – OPINION PIECE DI ALBERTO CHIAPPONI
52 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO ANTONINI
53 – OPINION PIECE DI ALESSANDRA PILIA
54 – OPINION PIECE DI CLEMENTE PERRONE
55 – OPINION PIECE DI FABRIZIO RAUSO
56 – OPINION PIECE DI LORENZO TEDESCHI
57 – OPINION PIECE DI EUGENIO LANZETTA
58 – OPINION PIECE DI GIOLE GAMBARO
59 – OPINION PIECE DI DANTE LAUDISA
60 – OPINION PIECE DI GIAMPIERO MOIOLI
61 – OPINION PIECE DI GIOVANNI AMODEO
62 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO LOTTO
63 – OPINION PIECE DI GIANLUCA BOTTINI
65– OPINION PIECE DI SIMONE FARINELLI
66– OPINION PIECE DI FRANCESCA ANNALISA PETRELLA
67– OPINION PIECE DI VALERIO FLAVIO GHIZZONI
68– OPINION PIECE DI STEFANO MAGNI
69– OPINION PIECE DI LUCA LA BARBERA
70 – INNOVAZIONE POP. ARIMINUM CIRCUS: LA GRAPHIC NOVEL!
71 – LEADERSHIP POP. APOFATICA E CATAFATICA DELLA COMUNICAZIONE
72 – OPINION PIECE DI FEDERICA CRUDELI
73– OPINION PIECE DI MELANIA TESTI
74 – OPINION PIECE DI GIANMARCO GOVONI
75– OPINION PIECE DI MARIACHIARA TIRINZONI
76 – SENSEMAKING POP. LODE DELLA CATTIVA CONSIDERAZIONE DI SE’
77 – OPINION PIECE DI ALESSANDRA CAPPELLO E ALESSANDRA MAZZEI
78 – OPINION PIECE DI JOE CASINI
79 – OPINION PIECE DI MARTA CIOFFI
80 – STORYTELLING POP. VERSO IL POP BRANDING (PARTE PRIMA)
81 – STORYTELLING POP. VERSO IL POP BRANDING (PARTE SECONDA)
82 – STORYTELLING POP. VERSO IL POP BRANDING (NOTE A MARGINE)
83 – ENGAGEMENT POP. IL MANAGER INGAGGIANTE IMPARA DAI POKEMON
84 – ENGAGEMENT POP. DARE VOCE IN CAPITOLO
85 – ENGAGEMENT POP. COMUNICARE, VALUTARE, TRASFORMARE
86 – SENSEMAKING POP. MALATTIA MENTALE E BENESSERE PSICOLOGICO SUL LAVORO
87 – SENSEMAKING POP. FOLLIA O DIVERSITA’?
88 – OPINION PIECE DI LUIGIA TAURO
89 – OPINION PIECE DI NILO MISURACA
90 – OPINION PIECE DI FRANCESCO DE SANTIS
91 – INNOVAZIONE POP. REMIX, RI-USO, RETELLING
92 – STORYTELLING POP. ARIMINUM CIRCUS AL BOOK PRIDE 2025
93 – OPINION PIECE DI SIMONE VIGEVANO
94 – OPINION PIECE DI LORENZO FARISELLI
95 – OPINION PIECE DI MARTINA FRANZINI
96 – OPINION PIECE DI EMANUELA RIZZO
97 – INNOVAZIONE POP. OLTRE LA PRE-INTERPRETAZIONE
98 – INNOVAZIONE POP. FORMAZIONE: ANALOGICA, METAVERSALE, IBRIDA
99 – ARIMINUM CIRCUS: LA VISUAL NOVEL!
100 – La (P) AI INTELLIGENCE (PARTE PRIMA)
101 – La (P) AI INTELLIGENCE (PARTE SECONDA)
102 – La (P) AI INTELLIGENCE (PARTE TERZA)
103– La (P) AI INTELLIGENCE (PARTE QUARTA)
104– La (P) AI INTELLIGENCE (PARTE QUINTA)
105– OPINION PIECE DI ALEXANDRA NISTOR
106– FORMAZIONE POP. PARTE PRIMA
107– FORMAZIONE POP. PARTE SECONDA
108– OPINION PIECE DI FEDERICA GRAZIA BARTOLINI
109– OPINION PIECE DI FEDERICO PLATANIA
110– OPINION PIECE DANIELA DI CIACCIO
111– OPINION PIECE DI LUCIANA MALARA E DONATELLA MONGERA
112– IL RITORNO DEL CEOPOP
113– LA VISIONE DEI CEOPOP (VOLUME 1)
114– LA VISIONE DEI CEOPOP (VOLUME 2)
115 – LA COMUNICAZIONE DEL CEOPOP
116– CEOPOP E PARTI SOCIALI
117– CHE POP MANAGER SEI? L’ESTETA
118– STORYTELLING POP. UNA COMUNICAZIONE POP PER IL NON PROFIT
119– CHE POP MANAGER SEI? VISIONARIO/VISIONARIA
120– OPINION PIECE DI REMO PONTI
121– CHE POP MANAGER SEI? EMPATICA/EMPATICO
122– OPINION PIECE DI GIACOMO GRASSI
123– CHE POP MANAGER SEI? INNOVATORE/INNOVATRICE
124– SECONDA CONVERSAZIONE COLLABORATIVA SUL POP BRANDING
125– CHE POP MANAGER SEI? SIMPOSIARCA
126– SENSEMAKING POP. UNA NUOVA GRAMMATICA DEL LAVORO (1)
127– CHE POP MANAGER SEI? ESPLORATORE/ESPLORATRICE
128– SENSEMAKING POP. UNA NUOVA GRAMMATICA DEL LAVORO (2)
129– CHE POP MANAGER SEI? IRONIC DIVA/DIVO
130– SENSEMAKING POP. UNA NUOVA GRAMMATICA DEL LAVORO (3)
131– CHIUSI PER FERIE
132– OPINION PIECE DI ELENA BOBBOLA E MARIE LOUISE DENTI
133– CHE POP MANAGER SEI? PRATICO/PRATICA
134- L’INTELLIGENZA COLLABORATIVA MOTORE POP DEL CHANGE MANAGEMENT – INDUSTRIA
135- L’INTELLIGENZA COLLABORATIVA MOTORE POP DEL CHANGE MANAGEMENT – NO SERVIZI
136- L’INTELLIGENZA COLLABORATIVA MOTORE POP DEL CHANGE MANAGEMENT – NO PROFIT
137- LEADERSHIP POP E VIDEOGIOCHI. PARTE PRIMA
138- LEADERSHIP POP E VIDEOGIOCHI. PARTE SECONDA
139- LA CONSULENZA NELL’ERA DELL’AI AGENT
140- INNOVAZIONE POP NEL RETAIL
141- LA NUOVA ERA MEDIATICA
142- BRAND FORWARD!
143- OPINION PIECE DI ALESSANDRA LAZZAZARA E STEFANO ZA
144- LA FORZA DELLA GENTILEZZA