La rivoluzione POP della AI nei processi HR
“Se ho visto più lontano, è perché sono salito sulle spalle dei giganti”. Con questa frase Isaac Newton descriveva la scienza come un edificio collettivo, costruito accumulando intuizioni, esperimenti e pensieri. Il libro di Alessandra Lazazzara e Stefano Za “Intelligenza Artificiale nei processi HR”, edito da Franco Angeli, si chiude richiamando proprio questa metafora, arricchendola di una immagine dinamica: l’AI è una scala che ci consente di salire più in alto, ma l’equilibrio è fragile. Un entusiasmo eccessivo può farci precipitare, un approccio troppo prudente rischia di lasciarci indietro rispetto ai concorrenti. È una conclusione che, letta in chiave Pop Management, diventa programmatica. La cultura pop ci insegna infatti che ciascuno di noi vive sospeso tra il rischio della caduta e la promessa dell’ascesa. Così le organizzazioni, e in particolare le funzioni HR, nel loro rapporto con l’AI, oscillano tra utopia e distopia, fascinazione e diffidenza. La sfida è trovare equilibrio: quella postura capace di contaminare tecnologie e pratiche, trasformando l’innovazione in senso condiviso.
Il volume si premura anzitutto di decostruire alcuni miti radicati. L’AI non è una tecnologia nuova, ma l’esito di oltre settant’anni di ricerca; l’AI generativa non è una moda passeggera, ma una svolta epocale nella produttività, nella creazione di valore e nella personalizzazione su larga scala; l’AI non “ruba” posti di lavoro, bensì li trasforma, riducendo lo spazio delle attività ripetitive e standardizzate e aprendo opportunità per nuove professionalità fondate su creatività, strategia e capacità relazionale. Negli ultimi anni, strumenti come ChatGPT o Copilot hanno cambiato radicalmente il panorama: non si limitano a elaborare dati, ma generano contenuti, testi, report, fino a proporre soluzioni creative e percorsi formativi. Lazazzara e Za mettono in guardia dal considerare questa svolta un semplice hype tecnologico: siamo di fronte a una trasformazione irreversibile che investe in pieno i processi organizzativi e, più nello specifico, i processi HR.
Tuttavia, non esistono soluzioni magiche. Se da un lato la generatività apre scenari di potenziamento delle capacità umane, dall’altro rischia di imbrigliare varietà e creatività in logiche di standardizzazione algoritmica. La sfida diventa allora tutta pop: mantenere l’AI come alleato della creatività, del pensiero critico e della costruzione di senso condiviso, non come gabbia che riduce differenze e complessità. Per questo gli autori richiamano casi concreti. Unilever, ad esempio, ha introdotto AI nel recruiting ottenendo riduzione dei tempi di selezione e maggiore eterogeneità dei profili, ma il successo è dipeso dal lavoro inclusivo di design, dalla comunicazione con i candidati e dalla formazione dei recruiter. Spotify ha utilizzato chatbot e agenti conversazionali per mappare competenze e suggerire percorsi formativi, ma i limiti sono emersi quando l’interazione digitale ha sostituito, invece che integrare, il confronto umano. Hilton ha sperimentato l’AI per analizzare l’engagement dei dipendenti, ma ha compreso che la tecnologia funziona solo se inserita in una cornice di ascolto autentico. Questi esempi dimostrano che la tecnologia di per sé non basta: il valore nasce dall’integrazione con valori, cultura e strategia organizzativa.
Il cuore del libro è l’augmentation–automation paradox: fino a che punto l’AI deve sostenere manager e professionisti HR, amplificandone capacità e impatto, e quando invece rischia di sostituirli, replicando compiti senza considerare la dimensione relazionale, etica e strategica? L’AI è davvero una scala che permette di salire più in alto, o un trampolino instabile che espone al rischio di caduta? Questa tensione attraversa tutte le pratiche HR.

Figura 1. Esempi di applicazioni AI nelle varie fasi del ciclo di vita del lavoratore (Fonte Lazazzara e Za, 2025)
Recruiting e selezione: tra bias ridotti e nuove opacità
La fase di acquisizione dei talenti è forse la più citata nel dibattito sull’AI. Algoritmi di screening, chatbot conversazionali e sistemi di analisi delle video-interviste possono accelerare i processi e persino mitigare alcuni pregiudizi umani, ad esempio nella valutazione dei curriculum. L’AI, in questo senso, non è solo un filtro ma un supporto capace di aprire nuove prospettive e di ridurre i colli di bottiglia decisionali. Tuttavia, lo stesso meccanismo porta con sé il rovescio della medaglia: gli algoritmi, se addestrati su dati distorti, rischiano di amplificare discriminazioni, escludendo i profili atipici o penalizzando minoranze.
Inoltre, un candidato che percepisce di essere valutato attraverso una “black box” può sentirsi ridotto a un numero, con un’esperienza impersonale e poco coinvolgente. Qui il paradosso appare in tutta la sua forza: l’augmentation arricchisce la capacità dell’HR di scegliere, l’automation la riduce a puro filtro cieco.
Gli esempi sono molteplici: sistemi utilizzati da grandi multinazionali hanno dovuto essere rivisti perché penalizzavano, non intenzionalmente, candidature femminili o di minoranze etniche. L’apprendimento supervisionato, una delle tecniche più diffuse, permette di addestrare l’algoritmo su dati etichettati. Ma è proprio in quei dati che possono risiedere bias storici e sociali difficili da sradicare.
Onboarding: personalizzazione o standardizzazione?
Anche l’inserimento dei neoassunti è un terreno in cui l’AI mostra potenzialità notevoli. Analisi predittive e chatbot possono personalizzare i percorsi di accoglienza, mentre realtà virtuale e digital twin offrono esperienze immersive che parlano il linguaggio dei videogiochi e delle serie interattive, rendendo l’ingresso in azienda più fluido e stimolante.
Ma l’entusiasmo tecnologico rischia di nascondere un pericolo: un onboarding interamente automatizzato rischia di diventare una sequenza standardizzata, priva di calore umano, incapace di creare quella ritualità che alimenta il senso di appartenenza. L’AI, in questo caso, non deve sostituire il tutor o il primo incontro con il team, ma piuttosto affiancarli, rendendo il percorso più ricco e meno dispersivo.
Formazione e sviluppo: Netflix della crescita o gabbia algoritmica?
La formazione è forse l’ambito in cui l’AI dispiega il massimo potenziale pop. Sistemi di analisi dei fabbisogni possono individuare con precisione le competenze mancanti, piattaforme di apprendimento suggeriscono percorsi personalizzati con la stessa immediatezza con cui Netflix propone nuove serie, agenti conversazionali accompagnano i lavoratori nell’apprendimento continuo, mentre gamification e realtà aumentata trasformano i contenuti in esperienze immersive e coinvolgenti.
La promessa è quella di una formazione dinamica, adattiva, capace di rendere l’apprendimento un’avventura. Ma anche qui l’ombra del paradosso si manifesta: la dipendenza dall’algoritmo può impoverire la varietà dei contenuti e limitare l’imprevisto, mentre la sostituzione della dimensione collettiva con l’esperienza solitaria rischia di svuotare la formazione del suo carattere più fecondo, quello del confronto e della contaminazione. La formazione resa possibile dall’AI è davvero pop solo se conserva il respiro della comunità di apprendimento, non se si riduce a un binge-watching solitario di contenuti.
Gestione della performance: trasparenza o sorveglianza?
La valutazione della performance è un passaggio delicato e controverso. L’AI promette criteri più oggettivi, feedback tempestivi e piani di sviluppo personalizzati; sistemi predittivi possono portare alla luce talenti nascosti, mentre strumenti generativi possono supportare nella definizione di obiettivi più chiari e coerenti.
Tuttavia, lo stesso meccanismo può trasformarsi in sorveglianza, con dati raccolti in modo invisibile e continuo, producendo ansia e riducendo il senso di fiducia. Ancora più insidioso è il rischio che i bias algoritmici influenzino carriere e retribuzioni, ampliando invece che riducendo disuguaglianze. Qui la popness risiede nella capacità di rendere i dati trasparenti e narrabili, traducendoli in storie condivise, comprensibili e discutibili, non in punteggi incomprensibili calati dall’alto.
Retention e uscita: predizione o controllo?
Il libro affronta anche la questione della retention e della gestione delle uscite. Modelli di machine learning permettono di prevedere chi è a rischio di lasciare l’azienda, strumenti di analisi dell’engagement offrono insight preziosi sull’umore collettivo, piattaforme di ascolto continuo e analisi automatizzate delle exit interview con AI generativa consentono di raccogliere motivi profondi e pattern ricorrenti.
Tutto questo può trasformarsi in un formidabile strumento di prevenzione e cura, in grado di rafforzare la relazione tra persone e organizzazione. Ma la linea che separa la cura dal controllo è sottile: se i lavoratori percepiscono l’AI come strumento di sorveglianza, l’effetto può essere l’opposto, con perdita di fiducia e aumento del distacco emotivo. Anche in questo caso, l’equilibrio è quello di un funambolo: l’AI diventa pop quando alimenta fiducia e partecipazione, non quando trasforma l’ascolto in sorveglianza.
Lazazzara e Za introducono poi il concetto di agency condivisa. L’AI non agisce da sola, ma co-agisce con professionisti, manager e organizzazioni. Può assistere, aumentare, arrestare o automatizzare, a seconda della strategia, della cultura, delle competenze disponibili e della consapevolezza etica. Nel Pop Management questo significa che ogni scelta tecnologica è anche una scelta di senso e di identità: l’adozione dell’AI deve interrogarsi su quali ritualità, quali apprendimenti e quali narrazioni si intendono costruire e preservare. L’AI, in altri termini, non è un oggetto neutrale: è un attore sociale che interagisce con persone, processi e cultura.
Per comprendere questa multidimensionalità, gli autori distinguono tre “mondi” dell’AI nei processi HR: come tool, supporto alla produttività ed efficienza; come proxy, catalizzatore di percezioni, attitudini ed esperienze; come ensemble, attore sociale che interagisce con l’organizzazione. È solo in questo terzo mondo, quello dell’AI come ensemble, che la tecnologia diventa realmente pop: non strumento isolato, ma parte di un sistema di co-progettazione dove persone, pratiche e narrazioni si intrecciano.
Il libro insiste, inoltre, sulla gestione del cambiamento: ogni innovazione richiede trasparenza, inclusione, formazione. Non bastano soluzioni chiavi in mano: occorre un monitoraggio continuo, strumenti di Explainable AI per rendere comprensibili le decisioni algoritmiche, percorsi di sviluppo delle competenze digitali e narrative. L’HR deve evolvere da funzione burocratica a “consulente interno”, capace di accompagnare persone e manager, di raccontare l’innovazione, di costruire fiducia.
In questo senso, la riflessione di Lazazzara e Za si intreccia con tre snodi già esplorati nei Prolegomeni al Manifesto del Pop Management. Nel Prolegomeno 100 – La (P)AI – Pop Ape Intelligence (Parte Prima) – l’AI viene proposta come “alleata evolutiva”, una scala che amplia la nostra visuale senza sostituire lo sguardo umano: è il terreno concettuale su cui il libro costruisce l’idea di augmentation come scelta strategica, non come automatismo tecnologico.
Nel Prolegomeno 103 – La (P)AI – Pop Ape Intelligence (Parte Quarta) – la lente si sposta sulla produzione di significato condiviso: l’innovazione diventa narrativa, transmediale, partecipativa. È esattamente la postura che il volume indica per i processi HR: dall’employer branding al learning, i dati vanno tradotti in storie comprensibili, negoziabili, capaci di generare appartenenza.
Infine, il Prolegomeno 139 – Innovazione Pop. La consulenza nell’era degli AI agent – anticipa la consulenza diffusa: gli agenti intelligenti non calano soluzioni, ma co-progettano con le persone. È la stessa traiettoria descritta da Lazazzara e Za quando mostrano l’HR che evolve in consulente interno abilitato dall’AI, capace di orchestrare piattaforme, agent e pratiche in modo etico, trasparente e orientato al senso. In controluce, ritorna la metafora della scala: la tecnologia ci alza sulle spalle dei giganti solo se restiamo in equilibrio tra creatività umana, spiegabilità delle decisioni e responsabilità organizzativa.
Alla fine, la domanda rimane: l’adozione dell’AI nei processi HR è davvero pop? La risposta è sì, se diventa narrazione collettiva, esperienza di senso, contaminazione tra linguaggi tecnologici e culturali. Non lo è, se si riduce ad automazione cieca, controllo invisibile o gadget spettacolare. Il libro non offre ricette preconfezionate, ma una scala: invita a salire, mostra rischi e opportunità, chiede di scrivere insieme la storia che vogliamo raccontare con l’AI. Come nelle grandi saghe pop, il destino non è determinato dalla tecnologia in sé, ma dal modo in cui scegliamo di abitarla. Solo allora potremo dire di essere saliti davvero sulle spalle dei giganti senza cadere.
Puntate precedenti
1 – DALLO HUMANISTIC AL POP MANAGEMENT
2 – MANIFESTI, ATLANTI, MAPPE E TERRITORI
3 – IL MANAGER PORTMANTEAU
4 – WHICH WAY, WHICH WAY?
5 – LEADERSHIP POP (LEZIONI SHAKESPEARIANE)
6 – OPINION PIECE DI RICCARDO MAGGIOLO
7 – LEADERSHIP POP (APERTURA, AUTONOMIA, AGIO, AUTO-ESPRESSIONE)
8 – OPINION PIECE DI JOSEPH SASSOON
9 – OPINION PIECE DI CESARE CATANIA
10 – OPINION PIECE DI VANNI CODELUPPI
11 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO GIAUME
12 – COLLABORAZIONE POP. L’IRRESISTIBILE ASCESA DELLE COMMUNITY INTERNE
13 – COLLABORAZIONE POP. L’EMPATIA SISTEMICA
14 – COLLABORAZIONE POP. LE COMMUNITY AZIENDALI: UNO STATO DELL’ARTE, PARTE PRIMA
15 – COLLABORAZIONE POP. LE COMMUNITY AZIENDALI: UNO STATO DELL’ARTE, PARTE SECONDA
16 – OPINION PIECE DI MATTEO LUSIANI
17 – OPINION PIECE DI MARCO MILONE
18 – OPINION PIECE DI ALESSIO MAZZUCCO
19 – OPINION PIECE DI ALESSANDRA STRANGES
20 – OPINION PIECE DI FRANCESCO VARANINI
21 – ORGANIZZAZIONE POP. COMANDO, CONTROLLO, PAURA, DISORIENTAMENTO
22 – OPINION PIECE DI ROBERTO VERONESI
23 – OPINION PIECE DI FRANCESCO GORI
24 – OPINION PIECE DI NELLO BARILE
25 – OPINION PIECE DI LUCA MONACO
26 – OPINION PIECE DI RICCARDO MILANESI
27 – OPINION PIECE DI LUCA CAVALLINI
28 – OPINION PIECE DI ROBERTA PROFETA
29 – UN PUNTO NAVE
30 – ORGANIZZAZIONE POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CURA)
31 – OPINION PIECE DI NICHOLAS NAPOLITANO
32 – LEADERSHIP POP. VERSO L’YPERMEDIA PLATIFIRM (CONTENT CURATION)
33 – OPINION PIECE DI FRANCESCO TONIOLO
34 – ORGANIZZAZIONE POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CONVIVIALITA’)
35 – OPINION PIECE DI LUANA ZANELLATO
36 – OPINION PIECE DI ANDREA BENEDETTI E ISABELLA PACIFICO
37 – OPINION PIECE DI STEFANO TROILO
38 – OPINION PIECE DI DAVIDE GENTA
39 – OPINION PIECE DI ANNAMARIA GALLO
40 – INNOVAZIONE POP. ARIMINUM CIRCUS: IL READING!
41 – ORGANIZZAZIONE POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CONVOCAZIONE)
42 – OPINION PIECE DI EDOARDO MORELLI
43 – ORGANIZZAZIONE POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CO-CREAZIONE DI VALORE)
44 – OPINION PIECE DI MARIANNA PORCARO
45 – OPINION PIECE DI DONATO IACOVONE
46 – OPINION PIECE DI DENNIS TONON
47 – OPINION PIECE DI LAURA FACCHIN
48 – OPINION PIECE DI CARLO CUOMO
49 – OPINION PIECE DI CARLO MARIA PICOGNA
50 – OPINION PIECE DI ROBERTO RAZETO
51 – OPINION PIECE DI ALBERTO CHIAPPONI
52 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO ANTONINI
53 – OPINION PIECE DI ALESSANDRA PILIA
54 – OPINION PIECE DI CLEMENTE PERRONE
55 – OPINION PIECE DI FABRIZIO RAUSO
56 – OPINION PIECE DI LORENZO TEDESCHI
57 – OPINION PIECE DI EUGENIO LANZETTA
58 – OPINION PIECE DI GIOLE GAMBARO
59 – OPINION PIECE DI DANTE LAUDISA
60 – OPINION PIECE DI GIAMPIERO MOIOLI
61 – OPINION PIECE DI GIOVANNI AMODEO
62 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO LOTTO
63 – OPINION PIECE DI GIANLUCA BOTTINI
65– OPINION PIECE DI SIMONE FARINELLI
66– OPINION PIECE DI FRANCESCA ANNALISA PETRELLA
67– OPINION PIECE DI VALERIO FLAVIO GHIZZONI
68– OPINION PIECE DI STEFANO MAGNI
69– OPINION PIECE DI LUCA LA BARBERA
70 – INNOVAZIONE POP. ARIMINUM CIRCUS: LA GRAPHIC NOVEL!
71 – LEADERSHIP POP. APOFATICA E CATAFATICA DELLA COMUNICAZIONE
72 – OPINION PIECE DI FEDERICA CRUDELI
73– OPINION PIECE DI MELANIA TESTI
74 – OPINION PIECE DI GIANMARCO GOVONI
75– OPINION PIECE DI MARIACHIARA TIRINZONI
76 – SENSEMAKING POP. LODE DELLA CATTIVA CONSIDERAZIONE DI SE’
77 – OPINION PIECE DI ALESSANDRA CAPPELLO E ALESSANDRA MAZZEI
78 – OPINION PIECE DI JOE CASINI
79 – OPINION PIECE DI MARTA CIOFFI
80 – STORYTELLING POP. VERSO IL POP BRANDING (PARTE PRIMA)
81 – STORYTELLING POP. VERSO IL POP BRANDING (PARTE SECONDA)
82 – STORYTELLING POP. VERSO IL POP BRANDING (NOTE A MARGINE)
83 – ENGAGEMENT POP. IL MANAGER INGAGGIANTE IMPARA DAI POKEMON
84 – ENGAGEMENT POP. DARE VOCE IN CAPITOLO
85 – ENGAGEMENT POP. COMUNICARE, VALUTARE, TRASFORMARE
86 – SENSEMAKING POP. MALATTIA MENTALE E BENESSERE PSICOLOGICO SUL LAVORO
87 – SENSEMAKING POP. FOLLIA O DIVERSITA’?
88 – OPINION PIECE DI LUIGIA TAURO
89 – OPINION PIECE DI NILO MISURACA
90 – OPINION PIECE DI FRANCESCO DE SANTIS
91 – INNOVAZIONE POP. REMIX, RI-USO, RETELLING
92 – STORYTELLING POP. ARIMINUM CIRCUS AL BOOK PRIDE 2025
93 – OPINION PIECE DI SIMONE VIGEVANO
94 – OPINION PIECE DI LORENZO FARISELLI
95 – OPINION PIECE DI MARTINA FRANZINI
96 – OPINION PIECE DI EMANUELA RIZZO
97 – INNOVAZIONE POP. OLTRE LA PRE-INTERPRETAZIONE
98 – INNOVAZIONE POP. FORMAZIONE: ANALOGICA, METAVERSALE, IBRIDA
99 – ARIMINUM CIRCUS: LA VISUAL NOVEL!
100 – La (P) AI INTELLIGENCE (PARTE PRIMA)
101 – La (P) AI INTELLIGENCE (PARTE SECONDA)
102 – La (P) AI INTELLIGENCE (PARTE TERZA)
103– La (P) AI INTELLIGENCE (PARTE QUARTA)
104– La (P) AI INTELLIGENCE (PARTE QUINTA)
105– OPINION PIECE DI ALEXANDRA NISTOR
106– FORMAZIONE POP. PARTE PRIMA
107– FORMAZIONE POP. PARTE SECONDA
108– OPINION PIECE DI FEDERICA GRAZIA BARTOLINI
109– OPINION PIECE DI FEDERICO PLATANIA
110– OPINION PIECE DANIELA DI CIACCIO
111– OPINION PIECE DI LUCIANA MALARA E DONATELLA MONGERA
112– IL RITORNO DEL CEOPOP
113– LA VISIONE DEI CEOPOP (VOLUME 1)
114– LA VISIONE DEI CEOPOP (VOLUME 2)
115 – LA COMUNICAZIONE DEL CEOPOP
116– CEOPOP E PARTI SOCIALI
117– CHE POP MANAGER SEI? L’ESTETA
118– STORYTELLING POP. UNA COMUNICAZIONE POP PER IL NON PROFIT
119– CHE POP MANAGER SEI? VISIONARIO/VISIONARIA
120– OPINION PIECE DI REMO PONTI
121– CHE POP MANAGER SEI? EMPATICA/EMPATICO
122– OPINION PIECE DI GIACOMO GRASSI
123– CHE POP MANAGER SEI? INNOVATORE/INNOVATRICE
124– SECONDA CONVERSAZIONE COLLABORATIVA SUL POP BRANDING
125– CHE POP MANAGER SEI? SIMPOSIARCA
126– SENSEMAKING POP. UNA NUOVA GRAMMATICA DEL LAVORO (1)
127– CHE POP MANAGER SEI? ESPLORATORE/ESPLORATRICE
128– SENSEMAKING POP. UNA NUOVA GRAMMATICA DEL LAVORO (2)
129– CHE POP MANAGER SEI? IRONIC DIVA/DIVO
130– SENSEMAKING POP. UNA NUOVA GRAMMATICA DEL LAVORO (3)
131– CHIUSI PER FERIE
132– OPINION PIECE DI ELENA BOBBOLA E MARIE LOUISE DENTI
133– CHE POP MANAGER SEI? PRATICO/PRATICA
134- L’INTELLIGENZA COLLABORATIVA MOTORE POP DEL CHANGE MANAGEMENT – INDUSTRIA
135- L’INTELLIGENZA COLLABORATIVA MOTORE POP DEL CHANGE MANAGEMENT – NO SERVIZI
136- L’INTELLIGENZA COLLABORATIVA MOTORE POP DEL CHANGE MANAGEMENT – NO PROFIT
137- LEADERSHIP POP E VIDEOGIOCHI. PARTE PRIMA
138- LEADERSHIP POP E VIDEOGIOCHI. PARTE SECONDA
139- LA CONSULENZA NELL’ERA DELL’AI AGENT
140- INNOVAZIONE POP NEL RETAIL
141- LA NUOVA ERA MEDIATICA
142- BRAND FORWARD!