Oggi la formazione suona il Pop
La formazione assume un ruolo sempre più centrale nella HyperSmart Society attuale (vedi l’Opinion Piece di Donato Iacovone), un mondo dove competenze nuove quali l’Intelligenza Collaborativa, la Leadership convocativa, l’Apertura alla diversità, la Cura, la Co-generazione di valore sono fondamentali per creare contesti lavorativi (digitali, analogici, ibridi) conviviali e retti da empatia sistemica, ovvero adeguati per riaccendere nelle persone quell’engagement che sta divenendo sempre più scarso. Parliamo in particolare di “Hypermedia Platfirm” come di un modello organizzativo che enfatizza la creazione di esperienze collaborative multicanali ibride e integrate.
In questa prospettiva, la “Formazione Pop” si propone di trasformare l’apprendimento in un’esperienza appassionante e motivante, nel contesto della transizione epocale che così viene descritta nel primo dei Prolegomeni al Manifesto del Pop Management: «se l’azienda vuole ascoltare ed essere ascoltata dai propri stakeholders interni ed esterni, deve essere in grado di competere con tutto ciò che nel mondo contemporaneo assume le forme (i format) della Cultura Pop: un podcast, un videogioco, una serie tv, un reel. Ogni contenuto, strumento o processo aziendale che richieda un’attenzione diversa giunge da un’altra epoca e lo condanna definitivamente».
Ecco allora che la Formazione Pop pone al centro l’interazione utile, la partecipazione attiva, l’immersività e la personalizzazione dei percorsi formativi, quest’ultima accelerata e potenziata dall’avvento dell’Intelligenza Artificiale.
Tutto questo, senza dimenticare che apprendere un concetto, strutturarlo nel pensiero e farlo proprio ha diversi gradi di efficacia a seconda della modalità con cui è espresso e condiviso. Per fare un esempio, leggere un post su un social network è meno efficace di leggere un libro, che è meno efficace di ascoltare un esperto, che a sua volta è meno efficace in una conversazione continua tra pari. In Fisica Sociale, Alex Pentland nota come l’innovazione ha bisogno di una parte di esplorazione (la ricerca delle idee fuori dalla propria tribù) e una parte di condivisione, selezione, revisione e approfondimento all’interno della propria tribù, dove i canali di conversazione, i rituali e il lessico sono abbastanza consolidati da riuscire nell’intento. E’ il tema dell’Intelligenza Collaborativa, che scaturisce da connessione, empatia, collaborazione, confronto.
L’Intelligenza Collaborativa nella sua forma più pura si ritrova nel concetto di community che, nella mia qualità di partner Bip Red, sviluppo con le aziende clienti per tutti i progetti di formazione a supporto del change management, soprattutto quando richiedono trasferimento di conoscenza tacita, apprendimento in modalità expert<>junior, adoption di tool specifici, approfondimento e innovazione, o più semplicemente (si fa per dire) comunicazione e ingaggio.
Salendo sulla scala dell’efficienza dei volumi, nella Formazione Pop svolge un ruolo cruciale l’individuazione di champion/expert/ambassador del cambiamento: tipicamente lo si fa analizzando le dinamiche informali interne attraverso la network analysis per individuare gli individui che si prestano meglio ad assumere il ruolo, poi svolgendo programmi di train-the-trainer per permettergli di diventare agenti di cambiamento, fino a supportarli attraverso azioni di cascading.
Ma, soprattutto, occuparsi di formazione significa seguire il ciclo che va dalla macro e micro-progettazione di percorsi d’aula e digitali fino all’erogazione. Perciò ad esempio noi in Bip Red abbiamo creato un’Academy White Label, Skimple, che può essere attivata per i clienti, o di cui i clienti possono fruire per percorsi specifici, pagando il corso o l’utenza singola. Skimple è stata pensata per permettere la fruizione di corsi di qualità, monitorare accessi e completamenti, integrare dinamiche ludiche per ingaggiare gli utenti (punti, badge, leaderboard).
Come è scritto ancora in Prelogomeni 1, la Formazione Pop infatti è strettamente legata ai processi di Gamification, «ossia l’applicazione di aspetti propri del gioco – elementi e meccaniche di gioco, tecniche di game design – a contesti non specificamente ludici, che risultano essere le più efficaci».
Più in generale, le esperienze che gli utenti si aspettano oggi devono essere immersive, veloci, dinamiche rispetto alle novità e alle trasformazioni di mercato. Per questa ragione è sempre più importante la formazione in realtà virtuale, per permettere un training pratico che porti a un’elevata efficacia (particolarmente indicato per specifiche soft-skill, come può essere la negoziazione, o per training pratici, come può essere l’uso di macchinari), coach-AI per sviluppare una formazione tramite dinamiche conversazionali, ma anche laboratori teatrali per consolidare e assorbire specifiche competenze in collaborazione con i colleghi.
Infine, c’è un altro aspetto della Formazione Pop che si inserisce in uno dei tanti trend attuali: il micro-learning. Quando parliamo di micro-learning parliamo di pillole e percorsi formativi caratterizzati da tempi brevi di fruizione, canali diversi (podcast, video, audio, factsheet,…), piattaforme mobile first (es. App). Le pillole possono essere realizzate rapidamente con l’uso dell’IA e fruite in ogni luogo e in ogni momento, dal commuting alla fabbrica, cantiere, luogo di lavoro non desk (negozi, magazzini,…), permettendo una rapida diffusione di concetti, idee e informazioni utili.
Abbiamo parlato di tutto questo con:
Simone Giovarruscio, People Development & Culture Director di SIAE
Raoul Nacamulli Professore di Organization & Human Resource Management e Fondatore di Open Org.
Isabella Pacifico, Leadership & Digital Skills Manager, Carrefour
Simona Panseri, Senior Director Communications and Public Affairs Southern Europe di Google
Enrico Parsi, Direttore Scuola Coop
Paolo Staffieri, Head of Human Capital di BNL BNP Paribas.
Gli obiettivi strategici
MARCO MINGHETTI: Trovare una chiave innovativa e Pop per assicurare ai propri collaboratori un aggiornamento continuo delle competenze; gestire, preservare e trasmettere la conoscenza, sia esplicita che tacita, delle organizzazioni; governare la crescente domanda di sviluppo professionale da parte dei collaboratori. Sono questi i principali obiettivi delle Academy oggi o ce ne sono altri? Più in particolare, quali sono le opportunità e le sfide della tua Academy nello scenario emergente (a livello internazionale, nazionale, di settore)?
SIMONE GIOVARRUSCIO Credo che questi, oltre ad essere i principali obiettivi delle Academy, siano i principali obiettivi delle aziende. Con questa affermazione intendo portare all’attenzione il concetto di azienda come Academy: l’Academy per le persone è o, meglio, può essere, l’azienda.
Da qui l’importanza di organizzare e strutturare i flussi di apprendimento che avvengono e devono avvenire nell’essere umano che vive la quotidianità dell’azienda (learning organization).
In questo senso potremmo allargare gli obiettivi di un’Academy e di riflesso i modi con cui l’azienda può sostenere questi obiettivi.
Alcuni altri principali obiettivi potrebbero essere:
- Far lavorare insieme, bene, le diverse generazioni che vivono l’azienda e che devono necessariamente contaminarsi di competenze sia tecniche che trasversali e modi di affrontare il lavoro
- Costruire una cultura del lavoro propria dell’azienda in cui le persone possano riconoscersi e verso cui sentono l’esigenza di fidelizzarsi (esistono aziende, di solito Big Corporate, dove alcune pratiche organizzative costituiscono un elemento distintivo del modo di lavorare in cui le persone finiscono per identificarsi e per le quali scelgono di restare). L’azienda, proprio come una scuola, trasferisce il metodo di lavoro alle persone che in questo modo la vivono come un’Academy di vita professionale.
- Personalizzare altamente l’apprendimento sulla base del singolo individuo, dei suoi effettivi e temporalmente definiti bisogni di sviluppo e sulla base delle peculiarità dell’ambito in cui l’azienda opera o potrebbe operare in futuro (chiarezza delle priorità evolutive strategiche).
- Consentire all’azienda di produrre innovazione continua. L’Academy (e quindi l’azienda) deve anche trasferire la competenza delle competenze: la capacità di auto-apprendere e dunque di mettere in discussione, sbagliare, sperimentare e confrontarsi similmente alla cultura hacker. Così si genera apprendimento continuo nelle persone che sentono l’azienda come una palestra dove andare ogni giorno ad allenarsi; quindi, lavorare e imparare.
Poi, più specificamente, le sfide di apprendimento SIAE nello scenario emergente riguardano alcuni temi trasversali come quello delle competenze in ambito Data e AI applicate e temi altamente peculiari come la gestione della tutela del diritto d’autore nello scenario della continua e veloce evoluzione tecnologica.
MARCO MINGHETTI In sostanza tu sottolinei l’importanza delle community, della collaborazione, dell’apprendimento dall’osservazione e dalla vicinanza a colleghi/e più esperti/e. Apprendere non è solo un’esperienza top-down, ma un insieme di esperienze diverse che avvolgono il collega e lo ingaggiano, cosa di cui abbiamo discusso in vari Prolegomeni, poiché le community sono, come vedremo meglio in seguito, un elemento cardine del Pop Management.[1] Le comunità di pratica, in particolare, rivolte a condividere e sviluppare contenuti (Share & Learn) sono sempre più importanti nel mondo delle Corporate Academy. La sfida non è solo come realizzare lo start up di queste community ma anche e soprattutto come mantenerle vive ed attive nel corso del tempo. Ciò, soprattutto, attraverso la costruzione di una cultura collaborativa e anche, ove occorra, il riferimento ad incentivi all’ottenimento di risultati.
SIMONA PANSERI Aggiungerei che la velocità del cambiamento oggi è tale che la formazione deve porsi anche un ‘meta obiettivo’ fondamentale: offrire alle persone strumenti concettuali e metodologici che le mettano in condizione di imparare. ‘Imparare ad imparare’ anche quando non si troveranno in contesti formali di formazione, anche quando nessuno starà dicendo loro ‘questa cosa è da imparare’. Si tratta di guidare le persone ad acquisire una forma mentis dell’imparare.
MARCO MINGHETTI Giustissimo. Ad esempio, Bip propone workshop legati alle pratiche filosofiche (ne abbiamo realizzato uno anche per la Community Pop). Si tratta di un approccio innovativo ed efficace per affrontare le sfide di ogni giorno: non lezioni accademiche, ma esperienze concrete dove, adottando un approccio filosofico, il pensiero diventa azione. Attraverso metodi come il Dialogo Socratico, la Comunità di Ricerca e altri, le organizzazioni e le persone possono affrontare le sfide aziendali. Le Pratiche Filosofiche, inoltre, sono un momento di Condivisione, confronto costruttivo e crescita – individuale e collettiva – che utilizzano l’Intelligenza Collaborativa dei partecipanti.
PAOLO STAFFIERI La nostra Academy è lo strumento per sviluppare e consolidare una learning culture efficace e diffusa che diventi un fattore abilitante ai risultati di business. Il concetto dell’apprendimento continuo molto diffuso nelle organizzazioni da solo non è più sufficiente, bisogna andare oltre.
E’ necessario creare un framework nel quale la varietà di contenuti, di esperienze e strumenti offra l’opportunità alle persone di lavorare costantemente sulla propria employability e ai diversi stakeholders di diventare protagonisti nella diffusione della conoscenza .
Nelle nostre faculty, le strutture portanti dell’Academy, i comitati scientifici che presiedono le scelte strategiche hanno proprio la finalità di rendere i diversi stakeholders attivi e determinati per la definizione delle linee guide e per la ricerca della coerenza fra gli obiettivi strategici della banca ed il patrimonio di competenze necessarie per raggiungere quegli obiettivi
ISABELLA PACIFICO Oltre a tutto quello che è stato detto in precedenza, in Carrefour Italia, sentiamo forte l’esigenza di allineare costantemente le competenze dei nostri collaboratori e delle nostre collaboratrici ai cambiamenti del mercato, che sono sempre più veloci e complessi. Penso, ad esempio, al nostro impegno nella Transizione Alimentare tramite il programma “Act for Food”, che richiede nuove competenze in ambito di sostenibilità, filiera corta, tracciabilità dei prodotti; alla digitalizzazione, che ormai permea ogni aspetto del nostro business, dalla gestione del magazzino all’esperienza del cliente, passando per l’analisi dei dati e la personalizzazione delle offerte; fino alla sostenibilità stessa, che non è più solo un valore, ma un vero e proprio driver di innovazione e di efficienza.
La mutevolezza e la complessità del contesto, peraltro, richiedono un continuo accompagnamento dei nostri manager, per aiutarli a navigare l’incertezza e a ridisegnare i modelli di leadership.
La vera opportunità è rendere la formazione qualcosa di “irresistibile”! Qualcosa che le nostre persone desiderino fare, e non percepiscano come un obbligo. E qui entra in gioco la sinergia con altre direzioni aziendali: lavoriamo a stretto contatto con il Team di Employer Branding per creare prodotti comuni, come la webserie “Gente di Carrefour incontra la Signora Bianca” di cui potete trovare i dettagli in questo articolo, che racconta le storie di vita quotidiana in Carrefour; collaboriamo inoltre con il team di Comunicazione Interna per creare contenuti coinvolgenti e stimolanti, che poi diffondiamo attraverso la nostra community interna su Workplace (di cui vi avevo parlato in un articolo collaborativo diviso in due parti (la prima e la seconda).
Insieme al Team CSR organizziamo poi webinar sui temi della sostenibilità e sul nostro impegno come Società Benefit, mentre con il team DE&I progettiamo percorsi formativi sulla parità di genere, sull’inclusione, sulla valorizzazione delle diversità e l’empowerment femminile. E naturalmente lavoriamo quotidianamente con il Team Sviluppo Carriere e Talenti per progettare percorsi mirati come la Scuola dei Leaders, volta a consolidare le competenze dei nostri manager di domani.
In linea generale dobbiamo anche tenere conto delle specificità del nostro settore, la GDO, che richiede competenze molto diverse a seconda del ruolo e della funzione. Chi lavora negli uffici della sede centrale ha esigenze formative diverse rispetto a chi è impegnato nella rete di vendita, a contatto con i clienti. La sfida, quindi, è creare un’offerta formativa variegata, che tenga conto dei bisogni, delle aspirazioni e dei ritmi di apprendimento di ciascunə. E qui, l’Intelligenza Artificiale può davvero fare la differenza, aiutandoci a personalizzare i percorsi formativi, a fornire feedback mirati e a creare contenuti interattivi in modo automatizzato.
ENRICO PARSI: Direi che, senza tralasciare gli obbiettivi citati, tutti condivisibili, l’altro obiettivo che una Accademy (e che qualsiasi organizzazione dovrebbe avere) è quello di produrre sapere. Siamo di fronte a problemi inediti non sempre risolvibili con soluzioni già pronte. In questo senso cimentarsi in laboratori che servano a produrre soluzioni, trascina con sé la necessità di fare ricerca, studiare e sperimentare azioni diverse valutandone i risultati. Niente di più formativo ed entusiasmante.
RAOUL NACAMULLI Le risposte precedenti confermano che oggi e in prospettiva il modello emergente delle Corporate Learning Academy appare molto differente da quello del passato. Adesso è prevalente quello che Josh Bersin, il guru americano dell’apprendimento, chiama “Apprendimento durante il flusso di lavoro”. L’idea di base è quella di passare da una Learning Corporate Academy in senso stretto ad una Academy centrata sulle competenze, una “Capacity Academy”.
Questo, oggi ed in prospettiva, è reso possibile, soprattutto, dall’evoluzione dirompente della trasformazione digitale e dal conseguente cambiamento delle modalità di produzione e di fruizione dei contenuti. Ne consegue che si possono registrare almeno tre trend innovativi : a) il forte peso degli acquisti da parte delle Academy sul mercato dei contenuti formativi “generali” ( più Buy che Make) e per converso la riduzione della produzione all’interno dei contenuti specifici dell’azienda che sono finalizzati allo sviluppo ed alla patrimonializzazione delle competenze distintive tramite processi di knowledge management (decisamente più Make che Buy) ; b) il passaggio dalle tradizionali piattaforme di delivery di contenuti formativi a quelle Netflix-like ossia a delle piattaforme capaci di offrire non solo dei contenuti utili ma anche una forte attenzione all’engagement continuo durante i processi di apprendimento (interactive learning, gamification, framework for achievement, ecc.) e all’orientamento attivo e partecipato dei fruitori anche per il tramite delle “spinte gentili” dell’AI così come avviene per i serial di Netflix. Osservando lo scenario complessivo si può affermare che in questo contesto la formazione risulta più trainata dai diretti interessati piuttosto che dai vertici aziendali; c) l’incoraggiamento alla motivazione ad apprendere con autonomia da parte degli employee avviene, poi, attraverso il collegamento esplicito fra processi di formazione e sistemi di Human Resource (ad esempio le opportunità di mobilità interna).
Questo legame si realizza , nei casi più evoluti, mediante l’utilizzo di sistemi HR come SuccessFactors o WorkDay. Tuttavia, bisogna sottolineare come, nella gran parte delle Corporate Academy evolute ciò che avviene nelle Learning Platform risulta integrato da programmi di formazione disegnati ad hoc dal vertice insieme ad HR in collegamento con le sfide specifiche che l’azienda sta affrontando. Questi processi sono, spesso, realizzati solo o anche in presenza oppure per il tramite di webinar od ancora attraverso processi di comunicazione ad alto coinvolgimento.
In altre parole, nel contesto delle aziende attuali la formazione High Tech si sviluppa, in chiave sinergica, con una formazione High Touch che risulta, spesso, centrata sullo sviluppo ed il rafforzamento della corporate culture. Questo vuol dire che i modelli emergenti di Corporate Learning Academy di successo sono sia High Tech che High Touch, non sono trainati soltanto dai tecno-entusiasti o dai tecno-scettici, ma s’ispirano ad un modello ibrido.
Formazione analogica, digitale, ibrida
MARCO MINGHETTI A proposito di modelli ibridi, in questi mesi si è a lungo discusso di modelli di lavoro in presenza, da remoto e ibridi. Se il workplace non è più solo un luogo fisico, ma un ecosistema connesso di touchpoint digitali e analogici, come possiamo progettare esperienze formative realmente efficaci e a misura di persona, in un periodo storico nel quale recuperare l’Engagement delle persone è particolarmente cruciale?
ENRICO PARSI Questa è una domanda un po’ vincolante perché tende, se non ho capito male, a presupporre una formazione divisa tra il digitale e l’aula. A costo di sembrare un po’ fuori moda, penso che quando possibile si dovrebbero progettare percorsi formativi anche con i partecipanti inserendo nella formazione momenti dinamici che prevedano l’uso del corpo. In questo senso tutta la didattica fuori aula e legata al cammino potrebbe aiutare nell’apprendimento e nell’engagement. Le esperienze fatte in questo senso nella nostra Scuola hanno dato risultati di apprendimento e motivazione straordinari.
RAOUL NACAMULLI Un punto di partenza per ragionare di formazione nell’era del lavoro ibrido è certamente il modello 70-20 10 sviluppato nella seconda metà degli anni Novanta dal Centre for Creative Leadership di San Diego; uno schema che è ormai diventato uno standard per tutti coloro che si occupano di progettare di sostenere e di realizzare processi di apprendimento efficaci nel mondo delle imprese.
Secondo questa formula il 70% della formazione è esperienziale vale a dire avviene durante lo svolgimento delle attività lavorative; il 20 % è sociale e si realizza attraverso il feedback di capi e colleghi; solo il 10% ha luogo mediante una formazione progettata, erogata e valutata formalmente. A questo proposito ci si deve innanzitutto domandare se questo modello a fronte della diffusione dirompente delle tecnologie digitali sia ancora valido oppure se non sia invecchiato od addirittura superato. Questo perché, oggi ed in prospettiva, tutti noi viviamo in un mondo di abbondanza e di facile disponibilità di informazioni e di conoscenze grazie sia ad internet che alle comunità on line dei social media .
Una ricerca svolta dall’Aberdeen Group alla fine del 2015 sostiene che nell’epoca attuale il 70-20 -10 deve essere riformulato. Questo perché il mondo attuale si caratterizza “in toto” per l’essere ibrido (ossia phygital fisico e digitale assieme) ed è per questo che i comportamenti di apprendimento tendono ad esser differenti rispetto a quanto indicato dalla formula 40-35-25. Più precisamente, a causa della trasformazione digitale “la dimensione sociale “della formazione tende ad essere ancora più importante di quanto accadeva prima.
Più in dettaglio “formazione referenziale” nel quale il rapporto fra manager e collaboratori costituisce un fattore chiave assume ancora maggiore rilievo che nel passato. Questo per assegnare più grande spazio alle attività di formazione dei capi tramite mentoring e coaching.
Inoltre, assume più importanza anche la “formazione relazionale” fra colleghi che avviene in due modi: durante la partecipazione a progetti e per il tramite della condivisione di esperienze nelle comunità di pratica.
D’altra parte, proprio perché la formula 40-35-25 dell’Aberdeen Group si concentra sull’importanza della dimensione sociale della formazione, riesce a fornire anche una spiegazione convincente alle modalità di svolgimento del dibattito corrente sul lavoro ibrido.
Infatti, coloro che ritengono che i “processi di apprendimento sociale” possano essere efficaci solo in presenza sono gli attori contrari al lavoro ibrido. Questo per sostenere “ a spada tratta” che tutti , proprio tutti, debbano ritornare ad operare in ufficio Questa tendenza è rappresentata, ad esempio, dai casi di Goldman Sachs, di Google e di J.P. Morgan. Altri attori ( forse la maggioranza !) invece sostengono che i processi di apprendimento sociale possono avvenir non solo faccia a faccia, ma anche nel mondo phygital.
Ciò a patto che i processi di apprendimento sociale siano sostenuti sia da strutture digitali abilitanti adeguate che da iniziative volte a rafforzare l’ empowerment e l’ engagement.
PAOLO STAFFIERI Credo sia opportuno aggiungere che l’apprendimento degli adulti ha delle caratteristiche molto diverse dal processo di apprendimenti dei bambini. Le organizzazioni per molto tempo, gestendo l’apprendimento in modo centralizzato, sono venute meno ad uno dei fabbisogno peculiari degli adulti che è quello dell’autodeterminazione e della comprensione del senso di quello che gli accade intorno.
Noi con la nostra academy cerchiamo di recupera questo fabbisogno spostando la responsabilità dei processi di apprendimento ai discenti stessi. Offriamo opportunità che le persone possono scegliere liberamente con l’unica vincolo di una coerenza con il proprio piano di sviluppo individuale .
L’aver abbandonato l‘etero direzione per tutta la formazione non mandatory a favore di un autodirezione consente alle persone di definire gli obiettivi professionali in modo direttamente correlato alle proprie ambizioni , di dare spazio al rispetto dell’esperienza pregressa di dare la possibilità di trovare in autonomia il proprio senso di quanto, cosa e come si decide di apprendere . Il tutto si concretizza con una reale motivazione ad apprendere , requisito indispensabile affinchè la conoscenza diventi una competenza agita.
ISABELLA PACIFICO Il tema del lavoro ibrido è una sfida e un’opportunità per l’azienda e per la formazione. Noi in Carrefour Italia abbiamo fatto una scelta precisa, investendo in un nuovo HeadQuarter a Milano, che è stato progettato secondo i più moderni criteri di sostenibilità e di efficienza, e in un sistema Multi Hub, con spazi adibiti a ufficio all’interno di alcuni punti vendita nell’hinterland milanese.
In questa nuova configurazione le persone organizzano la propria presenza in ufficio accordandosi con il proprio team in base alle attività da svolgere, e prenotando la propria postazione in open space tramite un’apposita App. Questo ci permette di offrire ai nostri collaboratori e alle nostre collaboratrici una maggiore flessibilità e di favorire la collaborazione tra le diverse funzioni aziendali, in stile activity based working.
La formazione, quindi, deve integrarsi perfettamente in questo nuovo ecosistema, e per questo stiamo progettando sempre più percorsi blended, che sappiano combinare il valore degli incontri in presenza – fondamentali per il networking, la collaborazione, la condivisione di esperienze e la creazione di un forte senso di appartenenza – con la flessibilità e l’accessibilità dell’online, che permettono alle persone di apprendere quando e dove vogliono, utilizzando il device che preferiscono. Formazione che, peraltro, ha avuto un ruolo cruciale nell’accompagnare i manager in questa nuova modalità di lavoro, che ha costituito un vero e proprio cambio culturale ancor prima che organizzativo.
SIMONE GIOVARRUSCIO Dal mio punto di vista bisogna disegnare (e affrontare nella pratica quotidiana!) l’intera Employee experience come un continuo ed unico viaggio di sviluppo e apprendimento. Da qui il bisogno di un lavoro organico e integrato delle diverse funzioni HR con unico scopo di allenare e coltivare talento e/o talenti. Questo significa sicuramente considerare ogni persona come un active learner che apprende da ogni cosa, all’interno del flusso di lavoro, attraverso esperienze di socializzazione, e tramite contenuti specifici necessari a colmare conoscenze. Inoltre, ogni persona è anche un prosumer ovvero non solo consumatrice di contenuti ma anche parte attiva del proprio apprendimento e del racconto dello stesso che diventa esperienza condivisa con i propri colleghi e colleghe.
Da questa ultima considerazione la necessità di rinnovare linguaggi, canali e meccanismi di ingaggio.
L’esperienza di apprendimento è a misura di persona se considera questi aspetti propri del mondo attuale e delle necessità emergenti all’interno della società.
Le persone, anche in azienda, hanno bisogno di linguaggi umani e metaforici che parlino al sistema emotivo e che dunque producano un sentire prima che un comprendere che a sua volta produce più velocemente cambiamenti comportamentali (e dunque apprendimenti).
Da qui la capacità di azienda e HR di comprendere l’importanza della comunicazione che si produce all’interno dell’azienda. Dunque, attenzione agli aspetti conversazionali che generiamo, sia tramite la funzione specifica “internal communication” ma soprattutto attraverso la comprensione che la comunicazione interna non si esaudisce nelle iniziative ma vive soprattutto nei corridoi e nella quotidianità ed è lì che si deve arrivare quando pensiamo all’Employee Experience Design più ampio.
Le esperienze, dunque, devono essere esperienze con la caratteristica del fare, dell’essere parte attiva, dello sperimentare, del socializzare e del condividere/raccontare per far diventare apprendimento.
Esperienze dove si risolvono reali problemi, dove si affrontare situazioni reali, dove si allenano delle pratiche, dove si sbaglia e si ritenta e dove è la leadership che abilita nella quotidianità lo sviluppo di autonomia, scopo e padronanza (Daniel H. Pink, 2010, Drive).
Queste esperienze, così configurate, sono quelle stesse esperienze che devono far parte della quotidianità della persona e questo può accadere non solo grazie alle funzioni L&D delle aziende, ma anche grazie a come HR è in grado di agire sulla leadership dei manager, sull’organizzazione basata su competenze (skill based organization) e sugli obiettivi (es. OKR), sulla comunicazione interna, sui processi di onboarding.
L’Engagement (concetto ampio) esiste se la nostra azienda è in grado di essere ciò in cui non è riuscita fino ad ora la nostra società: essere il luogo di fioritura dove la persona può diventare la miglior versione di sé stesso/a.
SIMONA PANSERI Ecco, l’Engagement è un punto cruciale. Proviamo a pensare a un luogo di lavoro come a una comunità, come diceva Marco in partura; questo, in fondo, è il senso dell’Engagement. Quali sono le esperienze di formazione che ci consentono di sviluppare una comunità?
La prima che mi viene in mente sono le job rotation. Mettersi per un periodo più o meno breve (da qualche giorno a qualche mese) in un ruolo diverso dal proprio, per apprendere ‘dal’ e ‘insieme al’ team al quale ci si unisce.
E poi, visto che il luogo di lavoro è un ecosistema connesso di touchpoint digitali e fisici, mi chiederei: cosa possiamo imparare dai creator di YouTube che costruiscono comunità online attorno ai temi dei quali si occupano? Ci sono tecniche e prassi della costruzione di community online che possono essere proficuamente traslate nel mondo del lavoro?
Solo per elencare qualche esempio, possiamo pensare alla regolarità nella condivisione, la scelta dei formati, avere un canale aperto, favorire lo scambio all’interno della community.
Soluzioni a basso costo
MARCO MINGHETTI: Negli ultimi anni il mercato sta offrendo sempre più frequentemente soluzioni a basso costo, di pronto uso e che richiedono uno sforzo limitato in termini di tempo (es.: pillole formative): quindi in sostanza che vanno nella direzione dell’efficienza, più dell’efficacia, della standardizzazione, piuttosto che della personalizzazione. Nella tua realtà queste soluzioni vengono utilizzate e in che misura (e per quali ragioni: di costo, di massimizzazione del tempo dedicato all’apprendimento, di ampliamento dell’offerta formativa…)?
ISABELLA PACIFICO È innegabile che il mercato offra numerose opportunità di introdurre pillole formative e App per l’apprendimento “just-in-time”. E anche noi in Carrefour Italia utilizziamo queste soluzioni per diffondere concetti di base o per sviluppare competenze trasversali come la conoscenza di una lingua straniera (abbiamo da poco introdotto una nuova piattaforma comune a tutti i Paesi del Gruppo, con 14 lingue, che sta funzionando molto bene).
Ma soprattutto abbiamo introdotto il Microlearning, moduli formativi di tre minuti a cadenza quotidiana che abbiamo testato con successo sul personale di cassa per incrementare la sottoscrizione delle nostre carte loyalty, e che ha generato un impatto tangibile sulle vendite, dimostrando un ROI concreto e misurabile. Il Microlearning, inoltre, ha dimostrato di essere la modalità migliore per raggiungere i collaboratori e le collaboratrici dei punti vendita in modo rapido ed efficace, di garantire l’accessibilità dei contenuti su tutti i dispositivi (smartphone, tablet, pc), e di creare contenuti interattivi e coinvolgenti, come quiz, esercizi, video pillole e simulazioni. E’ la soluzione migliore per chi ha tempo limitato da dedicare alla formazione e non è dotato di un device aziendale. Ed è per questo motivo che abbiamo deciso di estendere la modalità del Microlearning all’intera azienda!
Tuttavia, siamo consapevoli che queste soluzioni non possono rappresentare l’unica risposta alle esigenze formative. Rischieremmo di standardizzare troppo l’offerta, di non tenere conto delle specificità dei diversi ruoli e funzioni, e di non favorire lo sviluppo di competenze complesse e di pensiero critico. Per questo cerchiamo di proporre anche percorsi formativi più strutturati e approfonditi, che prevedano la partecipazione a workshop in presenza, la realizzazione di progetti sul campo e l’affiancamento a mentor esperti. In questo modo possiamo garantire che le nostre persone acquisiscano le competenze necessarie per affrontare le sfide del presente e del futuro, e che lo facciano in un modo che sia al tempo stesso efficace, coinvolgente e significativo.
Cerchiamo di coinvolgere i nostri manager, di sensibilizzarli sull’importanza della formazione continua, e di incentivarli a partecipare attivamente ai percorsi formativi, non solo come discenti, ma anche come formatori, mentor e coach. Questo, da un lato, ci permette di sfruttare al meglio le competenze e le esperienze interne, e dall’altro, contribuisce a creare una cultura dell’apprendimento diffusa e condivisa, in cui tutti si sentano responsabili del proprio sviluppo e di quello dei colleghi.
SIMONA PANSERI Senza entrare nel merito della questione, tornerei nuovamente alla formazione attraverso YouTube. YouTube è una grandissima piattaforma di formazione, a cui persone di ogni età si rivolgono per imparare le cose più disparate: come riparare la lavatrice, rammendare un buco o tinteggiare una parete. Ma anche come imparare a disegnare, a suonare uno strumento musicale, una lingua straniera, uno sport. O ancora, per approfondire discipline complesse come matematica, fisica, filosofia con professori esperti.
Guardiamo la cosa dal punto di vista degli utenti: il grande vantaggio sta nella possibilità di trovare il contenuto formativo che serve loro nel preciso momento in cui serve; di integrarlo, se serve, in un percorso formativo più tradizionale; di gestire la durata delle sessioni in base al tempo disponibile
Google, per esempio, ha sviluppato Google Digital Garage, una piattaforma di formazione online che combina videolezioni brevi, quiz interattivi e test pratici, in un’esperienza che somiglia a un viaggio di apprendimento digitale.
PAOLO STAFFIERI Per quanto ci riguarda, non abbiamo introdotto soluzioni di microlearning. Ne vediamo più i limiti che i vantaggi. Un’esperienza di apprendimento a nostro avviso troppo frammentata che non riesce ad affrontare temi complessi che invece richiedono profondità, ampiezza, riflessione. Aver deciso di spostare il focus sulla responsabilità dell’apprendimento sulla singola persona ci consente un elevato grado di personalizzazione dell’esperienza di apprendimento assolutamente impossibile da realizzare con soluzioni di microlearning.
L’apprendimento e la rapidità sono due concetti spesso antitetici. Per gestire i processi di formazione in modo economicamente sostenibile abbiamo scelto altre strade. Ad esempio, abbiamo acquistato l’abbonamento ad un nuovo catalogo e-learning all’interno del quale ci sono anche dei moduli sprint che, pur essendo brevi, garantiscono comunque un apprendimento di qualità. Inoltre, abbiamo raggiunto una certa autonomia nel realizzare in house degli e-learning evitando di dover sempre ricorrere all’esterno. Non cerchiamo necessariamente il brand nei nostri fornitori, ma il rapporto costo-qualità. Gestiamo in modo puntuale la demand interna cercando di ottimizzare le soluzioni
In questo modo lo scorso anno abbiamo erogato 420.000 ore di formazione con un costo medio di circa 11 euro l’ora.
ENRICO PARSI Nella realtà di Scuola Coop non sono molto utilizzate le pillole. Abbiamo però una grande produzione di video, anche brevi e anche specifici, su temi sia di carattere generale sia di carattere specialistico che costituiscono un incentivo all’auto formazione. Il loro limite è la scarsa conoscenza di quanto a disposizione. Si dovrebbe, ma non lo abbiamo fatto, investire tempo nel far conoscere gli strumenti e accompagnare le persone verso un loro uso creativo. Gli spazi però ci sono.
E i podcast (fatti bene!) potrebbe essere un modo molto utile e agile di offrire conoscenza e riflessioni alle persone. Di più: sarebbe interessante avere una costellazione di proposte di cui usufruire in autoformazione.
Questo significa trovare il modo di far tornare agli adulti l’entusiasmo per la conoscenza insieme a qualche buon trucco del mestiere.
SIMONE GIOVARRUSCIO Nella nostra organizzazione abbiamo implementato una piattaforma che è in grado di aggregare contenuti formativi, in diversi formati (principalmente video-pillole e podcast), provenienti dalle più accreditate e autorevoli fonti di apprendimento online gratuite. Dunque, metodologicamente parliamo di content curation dinamica.
Tramite, dunque, un lavoro di content curation prima effettuato dall’algoritmo proprietario e poi finalizzato e elevato dagli expert umani, questa piattaforma ci permette di agire su 3 leve principali:
1. Estrema flessibilità nella costruzione di percorsi formativi ad hoc per specifici cluster di persone o per specifici learning object
2. Elevate quantità di contenuti formativi diversificati che permettono una possibilità di scelta e personalizzazione dell’utente sulla base delle proprie specifiche esigenze di apprendimento e di sviluppo (guidate anche dalla funzione Development con specifici colloqui di sviluppo)
3. Mantiene alta la rilevanza dei contenuti e l’engagement, perché il catalogo è adattivo ed evolve con l’azienda e il learner.
Di fatto questa soluzione sta risultando un abilitatore e facilitatore che accelera l’auto-apprendimento della persona sulla base di esigenze specifiche guidate e comunicate dall’azienda con chiarezza ma lasciando apertura al desiderio e al bisogno di apprendimento individuale.
Questa tipologia di contenuti formativi sono gli stessi che una persona fuori dall’azienda può trovare in autonomia (noi semplicemente la facilitiamo e velocizziamo) laddove è spinta da curiosità e desiderio di imparare ma non possono essere i soli contenuti che l’azienda mette a disposizione. In particolare, sul trasferimento delle competenze trasversali (mi piace chiamarle competenze umane) che vanno necessariamente allenate attraverso altri esseri umani (formatori, coach, colleghi, mentori) nella quotidianità o in situazioni di pratica non decontestualizzata (es. facciamo un’esperienza reale che ci mette necessariamente di fronte allo sviluppo di alcune soft skill).
MARCO MINGHETTI Noi di Bip Red con la soluzione Skimple (moduli formativi con contenuti anche personalizzabili) rispondiamo a questa esigenza attraverso soluzioni gamificate, ma è nell’ecosistema che riusciamo a costruire il valore aggiunto: per noi Skimple è la base attraverso la quale offrire esperienze di apprendimento efficaci.
SIMONE GIOVARRUSCIO Certo. Se l’azienda crea un contesto per l’auto-apprendimento e risulta essere il facilitatore di questo processo per le persone che ne fanno parte, anche questi contenuti possono essere un grande boost per lo sviluppo continuo delle persone. Non si deve commettere l’errore di mettere a disposizione contenuti infiniti senza poi implementare i giusti processi di Talent Development dove è centrale la figura di un Talent partner con cui svolgere colloqui di sviluppo e tecnologie come AI che stanno tracciando uno scenario di partnership per l’essere umano se ben utilizzate e integrate nei sistemi di HCM .
RAOUL NACAMULLI Volendo andare a sintesi, possiamo dire che le soluzioni di formazione standard ed a basso costo vengono utilizzate dalle Corporate Learning Academy fondamentalmente allo scopo di allargare l’offerta agli utenti. Questa scelta può riguardare temi generali come il project management, il time management, le soft skill di base, ecc.
La scelta buy può riguardare anzitutto il momento di start up delle Academy quando la disponibilità di un’offerta di contenuti digitali di base risulta necessaria per acquisire visibilità presso gli utenti.
Inoltre, riguarda, anche, la possibilità, a regime, di utilizzare dei format costruiti secondo lo spirito del “gioco del lego” che prevedono dei “mattoncini” standard assieme a dei “mattoncini” costruiti appositamente in maniera customizzata.
L’utilizzo di soluzioni standard a basso costo riguarda, poi , ovviamente, anche le soluzioni di formazione “blended” che prevedono sia dei contenuti digitali che dei contenuti in presenza.
[1] Vedi:
12 – COLLABORAZIONE POP. L’IRRESISTIBILE ASCESA DELLE COMMUNITY INTERNE
13 – COLLABORAZIONE POP. L’EMPATIA SISTEMICA
14 – COLLABORAZIONE POP. LE COMMUNITY AZIENDALI: UNO STATO DELL’ARTE, PARTE PRIMA
15 – COLLABORAZIONE POP. LE COMMUNITY AZIENDALI: UNO STATO DELL’ARTE, PARTE SECONDA.
106 – continua
Copertina di Marcello Minghetti (Mosaico per Ariminum Circus Stagione 1)
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