Proseguiamo nella definizione dei dieci elementi chiave del Mindset Pop, focalizzandoci su un valore fondamentale: la Cura.
5 La Cura
Il concetto di “cura” è centrale nella trasformazione delle organizzazioni verso modelli più collaborativi e umanistici. «Le aziende devono riconoscere che la cura di sé non è un atto individualistico, ma una pratica che ha ripercussioni positive sul collettivo».[1] La cura è vista come la responsabilità primaria del management, che deve andare oltre la semplice gestione delle risorse per abbracciare una visione più ampia e inclusiva delle relazioni interpersonali e del benessere collettivo. Nel “Convivio”, Platone indica nell’amore per la conoscenza e nella cura come elementi fondamentali per la coesione sociale. Fedro esalta Eros come agente di aggregazione sociale, suggerendo che una città o un esercito composto da amanti avrebbe il miglior governo possibile. Questo concetto si traduce in ambito aziendale come l’importanza delle relazioni interpersonali “erotiche” (Engagement) che integrano e rafforzano l’organizzazione più di qualsiasi sistema gerarchico. Martin Heidegger riprende Platone, sottolineando che l’essere umano è definito dalla sua relazione con il mondo, che si qualifica come un prendersi cura degli altri enti (uomini, animali, piante, oggetti, Intelligenze Artificiali). Questa cura può essere autentica, aiutando gli altri a prendersi cura di sé stessi, o inautentica, dominando e rendendo gli altri dipendenti[2]. Quando la cura è autentica produce Engagement.
Ma di cosa parliamo quando parliamo di Engagement? Secondo Alessandra Mazzei, l’Engagement non è un concetto unico e monolitico, ma si declina in diverse forme che dipendono dal contesto organizzativo e dalle modalità con cui il dipendente interagisce con il lavoro e l’azienda. Possiamo individuare almeno quattro principali tipologie di Engagement, ciascuna con le proprie caratteristiche e implicazioni:
- Employee Engagement (Engagement Organizzativo). Questa è la forma più classica e studiata di Engagement, riferita al livello di coinvolgimento, motivazione e identificazione del dipendente con l’azienda.
Caratteristiche:
- Forte senso di appartenenza e identificazione con i valori e la mission aziendale.
- Dedizione e proattività nel proprio ruolo lavorativo.
- Desiderio di contribuire attivamente al successo dell’organizzazione.
Fattori chiave per favorirlo:
- Una leadership ispiratrice e autentica.
- Politiche di welfare aziendale che migliorano il benessere dei dipendenti.
- Strumenti di comunicazione interna che favoriscono il dialogo e la trasparenza.
Rischi legati al mancato Engagement:
- DisEngagement: perdita di motivazione, riduzione della produttività, alienazione dal contesto aziendale.
- Burnout: quando l’eccessivo coinvolgimento non è bilanciato da adeguati strumenti di supporto.
- Work Engagement (Engagement nel Lavoro). Questa forma di Engagement riguarda il rapporto tra il lavoratore e il suo lavoro, indipendentemente dal legame con l’azienda.
Caratteristiche:
- Entusiasmo e soddisfazione nell’eseguire le proprie mansioni.
- Sensazione di realizzazione personale e professionale.
- Coinvolgimento emotivo e cognitivo nelle attività lavorative.
Fattori chiave per favorirlo:
- Job design efficace: assegnazione di ruoli che valorizzino le competenze e le aspirazioni individuali.
- Autonomia e responsabilizzazione: maggiore libertà decisionale e possibilità di auto-organizzarsi.
- Feedback costruttivo: riconoscimento del lavoro svolto e opportunità di crescita.
Rischi legati al mancato Engagement:
- Noia e insoddisfazione lavorativa: il lavoro viene percepito come ripetitivo o privo di significato.
- Quiet Quitting: il dipendente si limita a fare il minimo indispensabile, senza alcuna spinta motivazionale.
- Social Engagement (Engagement Relazionale) Questa tipologia di Engagement riguarda il senso di appartenenza a una comunità professionale e il valore delle relazioni tra colleghi, manager e collaboratori.
Caratteristiche:
- Forte spirito di squadra e collaborazione tra i membri dell’organizzazione.
- Creazione di reti informali di supporto e condivisione delle conoscenze.
- Comunicazione aperta e costruttiva, sia verticale (tra dipendenti e manager) che orizzontale (tra pari).
Fattori chiave per favorirlo:
- Eventi aziendali e attività di team building per rafforzare i legami interpersonali.
- Piattaforme di social collaboration (chat aziendali, forum interni, intranet interattive).
- Cultura della fiducia e del riconoscimento reciproco, evitando ambienti competitivi tossici.
Rischi legati al mancato Engagement:
- Isolamento organizzativo: il dipendente si sente solo e scollegato dal contesto aziendale.
- Mancanza di collaborazione: scarsa condivisione di informazioni e difficoltà a lavorare in team.
- Digital Engagement (Engagement Digitale) Con la digitalizzazione del lavoro, l’Engagement passa sempre più attraverso strumenti digitali che possono amplificare o, al contrario, ostacolare il coinvolgimento dei dipendenti.
Caratteristiche:
- Utilizzo attivo di strumenti digitali per la collaborazione e la comunicazione.
- Adattabilità ai nuovi modelli di lavoro (smart working, lavoro ibrido).
- Partecipazione a iniziative aziendali tramite canali digitali.
Fattori chiave per favorirlo:
- Strumenti digitali user-friendly: piattaforme intuitive e accessibili a tutti.
- Cultura digitale diffusa: formazione costante sulle nuove tecnologie.
- Engagement multicanale: coinvolgimento attraverso email, app aziendali, community online, ecc.
Rischi legati al mancato Engagement:
- Digital overload: troppi strumenti digitali possono creare confusione e stress.
- Alienazione digitale: mancanza di interazione umana con i colleghi e i manager.
L’Engagement, dunque, non è un concetto statico, ma assume forme diverse a seconda del livello di coinvolgimento del lavoratore. Un’azienda efficace deve lavorare su tutte queste dimensioni per creare un ambiente che favorisca il benessere, la produttività e la fidelizzazione dei dipendenti.[3]
Il Pop Management, in questo contesto, può offrire una chiave di lettura innovativa, proponendo strumenti e approcci che rendano l’Engagement più accessibile, partecipativo e in linea con la cultura contemporanea. L’idea fondamentale è che i collaboratori engaged tendono a far sentire la propria “voce”, cioè a condividere con il management idee, suggerimenti e opinioni, incluso il dissenso costruttivo, mosso dall’intenzione di migliorare l’organizzazione. «Soprattutto, occorre incorporare la cura di sé come valore fondante. Le aziende devono riconoscere che la cura di sé non è un atto individualistico, ma una pratica che ha ripercussioni positive sul collettivo (Prolegomeni 87)».
Favorire l’Engagement equivale dunque a costruire un contesto organizzativo di voce nel quale i collaboratori si sentano liberi di esprimersi, caratterizzato dal dialogo franco, dal rispetto reciproco, dall’autenticità: un valore, quest’ultimo, che è alla base della Leadership Pop in quanto caratteristica chiave dell’influencer (e del manager convocativo) di successo: come dice la sociologa americana Emily Hund (L’industria degli influencer, Einaudi) «il valore primario su cui tutti costoro fondano la loro fortuna, o quanto meno provano a farlo, è quello dell’autenticità, della veridicità delle loro condotte, di una specie di sincerità intrinseca a partire da cui catturare masse di seguaci».
Nei termini del Pop Management questo significa ridare valore alla “voce in capitolo” che trae le sue origini dall’abbazia benedettina, comunità di preghiera e di meditazione e impresa produttiva, modello radicato per eccellenza nella cultura popolare e ancora valido per l’esercizio manageriale[4].
Il che non significa dimenticare che oggi sono rilevanti, ad esempio in termini di cura del cliente, non solo le conversazioni fra umani, ma anche fra umani e macchine e fra macchine e macchine. L’importante è tenere al centro l’esperienza delle persone[5].
Il Pop manager è dunque un “curatore”, ovvero un creator e un influencer, capace di navigare nel vasto oceano di informazioni disponibili in rete e di guidare l’innovazione attraverso la collaborazione e la condivisione.[6]
Ma soprattutto è colui che mette al centro la cura di sé come valore individuale e aziendale: quindi il tema del benessere psicologico sul lavoro, con un’attenzione particolare al ruolo della cultura popolare nel rendere più accessibili e comprensibili le problematiche legate alla salute mentale. Negli ultimi decenni, la cultura popolare ha avuto un ruolo crescente nel trattare e normalizzare tematiche legate alla malattia mentale, dalla depressione all’ansia, alla solitudine. Questi temi, un tempo visti come tabù o stigmatizzati, sono ora rappresentati in modo diretto e aperto in film, libri, serie TV e musica. Un esempio è il romanzo “Norwegian Wood” di Haruki Murakami, che tratta in modo esplicito la depressione e il suicidio, portando alla luce un tema difficile e, al tempo stesso, universale. La cultura popolare diventa quindi uno strumento di “sensemaking”, un modo per comprendere e dare un significato a esperienze complesse e spesso dolorose.
I problemi legati alla salute mentale non sono un fenomeno recente, ma sono sempre stati parte integrante della storia umana, anche se per lungo tempo sono stati ignorati o trattati in modo superficiale. Si possono citare esempi della letteratura classica e della mitologia, come l’Iliade, in cui gli eroi mostrano segni di disagio psicologico (“l’ira funesta del Pelide Achille…”). Questo suggerisce che la salute mentale sia sempre stata una componente fondamentale dell’esperienza umana, ma che solo recentemente abbiamo iniziato a riconoscere l’importanza di trattarla in modo aperto e senza stigmatizzazione. Questa riscoperta storica aiuta a contestualizzare l’attuale “epoca della malinconia” in cui viviamo, un periodo in cui molte persone, anche nel contesto lavorativo, sembrano perdere il senso di scopo e significato, il che può contribuire a un aumento di problematiche psicologiche.
Questo sentimento è accentuato dalla velocità dei cambiamenti sociali, economici e tecnologici, che lasciano molte persone senza certezze sul futuro e senza un chiaro senso di direzione. Questa “malinconia” è percepibile anche nel mondo del lavoro, dove i dipendenti non solo affrontano le sfide legate al lavoro in sé, ma si trovano spesso a confrontarsi con problemi di insoddisfazione professionale, mancanza di riconoscimento e un crescente stress da performance. La mancanza di un senso di significato in ciò che si fa quotidianamente può portare a burnout, ansia e depressione, fenomeni sempre più diffusi nei luoghi di lavoro moderni.
È dunque importane comprendere il benessere psicologico non come un problema individuale isolato, ma come una questione che coinvolge l’intera organizzazione. Il lavoro ha un impatto diretto sulla salute mentale, e la mancanza di politiche adeguate può esacerbare i problemi psicologici. Le imprese e le organizzazioni devono prendersi carico del benessere mentale dei dipendenti, creando un ambiente che non solo riduca lo stress e promuova la produttività, ma che favorisca anche il supporto reciproco, la condivisione e il senso di appartenenza. La cultura aziendale gioca un ruolo fondamentale: una cultura che riconosce apertamente la salute mentale come una priorità può ridurre la stigmatizzazione e incoraggiare i dipendenti a chiedere aiuto senza paura di giudizio.
Sotto questo profilo, la cultura popolare può fungere da “canale di comunicazione” per esplorare e comprendere temi complessi come la salute mentale. Grazie alla diffusione dei contenuti pop, la società è sempre più in grado di discutere apertamente dei temi legati alla malattia mentale. Inoltre, la cultura popolare offre modelli di resilienza e strategie di coping che le persone possono utilizzare nella loro vita quotidiana, anche nei contesti lavorativi.[7]
Da un punto di vista organizzativo è importante introdurre la figura del Disability Manager, che «lavora per garantire che le persone con disabilità abbiano accesso equo a risorse, servizi e opportunità. Questo professionista si occupa di coordinare e implementare politiche e pratiche che promuovano l’inclusione e l’accessibilità. Il suo obiettivo è creare ambienti di lavoro e comunità più eterogenei, dove le persone con disabilità possano partecipare pienamente e senza barriere avendo quindi la possibilità di portare ricchezza e valore come chiunque altro. Questo può accadere solo se si sposta il paradigma dal dover assumere persone con disabilità per obbligo di legge al creare realmente una cultura aziendale che consenta la piena espressione del potenziale delle proprie persone».[8]
«Non basta coinvolgere i dipendenti: è necessario creare un ambiente in cui la loro felicità e motivazione siano elementi centrali della strategia aziendale… Integrare neuroscienze, psicologia positiva ed economia consente di sviluppare modelli di leadership che favoriscono benessere e produttività».[9]
«Un Engagement autentico, dove i lavoratori si sentano valorizzati e parte attiva dell’organizzazione, è fondamentale per migliorare produttività, innovazione e fidelizzazione dei talenti».[10]
Condizione sottostante a un Engagement basato sulla Cura, è l’etica della generosità nella comunicazione, come descritta da Mariachiara Tirinzoni, secondo cui la comunicazione non è un processo unidirezionale, ma piuttosto un dialogo continuo tra emittente e destinatario. La generosità nella comunicazione richiede che chi comunica sia disposto ad ascoltare e rispondere, creando un vero e proprio scambio di idee e sentimenti. Essere generosi nella comunicazione significa anche essere empatici. È importante mettersi nei panni dell’altro, comprendere le sue esigenze, emozioni e punti di vista. Questo permette di costruire relazioni più forti e significative e facilita la trasformazione dell’informazione in conoscenza. Quando si comunica con l’intenzione di aiutare l’altro a comprendere e crescere, si contribuisce alla costruzione di una base di conoscenza condivisa che può essere utilizzata per sviluppare nuove idee e soluzioni. Infine, le tecnologie emergenti, come l’intelligenza artificiale, possono essere utilizzate per migliorare la generosità nella comunicazione. Ad esempio, strumenti di AI possono aiutare a personalizzare i messaggi, rendendoli più rilevanti e comprensibili per il destinatario. Tuttavia, è importante che l’uso di queste tecnologie sia guidato da un’etica della generosità, assicurando che il focus rimanga sulla costruzione di relazioni umane autentiche.[11]
«Solo il 13% delle aziende analizzate adotta pratiche ottimali in termini di comunicazione, valutazione e trasformazione culturale. Il 43% delle aziende, invece, ha approcci che possono portare al disengagement»[12].
[1] 87 – SENSEMAKING POP. FOLLIA O DIVERSITA’? 1. Cura di sé come valore aziendale Si introduce l’idea che la cura di sé non sia solo una questione individuale, ma un elemento cardine che le aziende dovrebbero integrare nelle proprie strategie. Questo concetto si basa sulla consapevolezza che il benessere psicologico dei dipendenti influisce direttamente sulla produttività e sulla cultura aziendale. Il Pop Management, in questa prospettiva, si configura come un modello che incoraggia la responsabilità condivisa nel promuovere ambienti di lavoro sani e inclusivi. 2. Oltre l’inclusività: apertura alla diversità Un punto chiave dell’articolo è il superamento della semplice inclusività per abbracciare una vera apertura alla diversità. Valerio Flavio Ghizzoni afferma che non basta creare politiche inclusive, ma è necessario coltivare un’autentica disponibilità a confrontarsi con punti di vista diversi. Questa apertura consente di sviluppare contesti lavorativi più ricchi, stimolanti e innovativi. Alessandra Cappello introduce il concetto di “MultiUniqueness”, che rappresenta una visione in cui la diversità non è solo accettata, ma diventa un elemento strategico per la crescita dell’organizzazione. In questo modello, le diverse generazioni e culture aziendali non si uniformano, ma si contaminano positivamente, generando nuove forme di collaborazione e creatività. 3. Il lavoro come prigione o come spazio di libertà? Un altro elemento di riflessione è la metafora delle istituzioni sociali come prigioni, ripresa da una vignetta di Jules Feiffer. Famiglia, scuola e lavoro sono spesso percepiti come sistemi che limitano la libertà individuale, imponendo regole e schemi rigidi. Tuttavia, occorre un cambio di prospettiva: le aziende possono trasformarsi in luoghi di espressione e realizzazione personale, purché si adottino politiche che favoriscano la flessibilità mentale e il benessere psicologico. 4. Verso un nuovo modello organizzativo L’articolo si chiude con un invito a ripensare il ruolo delle aziende nel contesto sociale contemporaneo. Il Pop Management suggerisce che il successo di un’organizzazione non si misura solo in termini economici, ma anche nella capacità di garantire uno spazio di crescita per i suoi membri. Questo approccio si allinea con le moderne teorie sulla leadership umanistica e sulla sostenibilità aziendale, in cui il benessere delle persone è considerato un valore centrale. Conclusione Si evidenzia la necessità di un cambiamento culturale nelle aziende: non più luoghi di stress e competizione sfrenata, ma ecosistemi in cui il benessere individuale e collettivo si alimentano reciprocamente. Il Pop Management si propone come un modello che integra etica, psicologia e business, aprendo nuove strade per il futuro del lavoro. Vedi anche: Il Pop management per favorire la varietà culturale in azienda Daniela Mangini, Mark Up 20 marzo 2025.
[2] 30 – ORGANIZZAZIONE POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CURA) In questo Prolegomeno si esplora la trasformazione delle organizzazioni verso modelli più collaborativi e sociali. Contenuti Chiave Liquidità e Fluidità Concetti Filosofici: Riferimenti alla fluidità postmoderna e alla liquidità eraclitea. Esempi Letterari: Citazioni da Walter de La Mare, Flaubert, e altri autori per illustrare la fluidità delle transizioni. Social Organization Evoluzione: Le organizzazioni sono diventate Social Organization, anche in contesti resistenti al cambiamento. Uso dei Social Media: Impatto dei social media sulla politica, economia e società, con esempi storici e contemporanei. Populismo e Pop Culture Derive Populiste: Critica al Populismo e alle sue derive omogeneizzanti e totalitaristiche. Banalità del Bene: Denuncia della cancel culture e delle militanze cieche che minacciano il pensiero critico. Intelligenza Collaborativa Definizione: Superamento dei concetti di intelligenza collettiva e connettiva, verso un’intelligenza collaborativa. Esempi: Programmazione collaborativa e Wikipedia come esempi di intelligenza collaborativa. Economia Pop Principi Fondanti: Cura, convivialità, convocazione e co-creazione di valore attraverso la collaborazione orizzontale. Valore della Cura: Importanza della cura come responsabilità manageriale, con riferimenti a Platone e Heidegger. Gestione Autentica vs Inautentica Coesistenza Autentica: Promuovere la libertà e la trasparenza nel prendersi cura degli altri. Coesistenza Inautentica: Critica al taylorismo e al management scientifico che livella tutto in un mondo impersonale.
[3] L’articolo “Prolegomeni al Manifesto del Pop Management 77 – Engagement Pop” esplora il tema dell’Engagement nel contesto aziendale, con particolare attenzione al ruolo della comunicazione interna e delle strategie per migliorare il coinvolgimento dei dipendenti. Il dialogo tra Alessandra Mazzei, Direttrice del Centre for Employee Relations and Communication (CERC) dell’Università IULM, e Alessandra Cappello, Responsabile Digital Workplace e People Engagement di Unipol, fornisce un’analisi approfondita su questi temi.
- Engagement e DisEngagement: il problema di fondo Mazzei introduce il concetto di Engagement come uno stato mentale positivo, caratterizzato da energia, dedizione e concentrazione nel lavoro. Tuttavia, sottolinea come questo sia spesso un obiettivo difficile da raggiungere: secondo un report Gallup del 2024, solo il 23% dei lavoratori a livello globale si sente realmente coinvolto nel proprio lavoro. Il dato indica che la maggioranza dei dipendenti sperimenta uno stato di disEngagement, che si traduce in scarsa motivazione, senso di inutilità e, nei casi peggiori, abbandono emotivo dell’organizzazione. Le cause del disEngagement possono essere molteplici, tra cui: Mancanza di un senso di scopo nel lavoro; Scarsa comunicazione e trasparenza da parte del management; Modelli di leadership inadeguati; Assenza di strumenti e processi che favoriscano il coinvolgimento attivo Mazzei evidenzia che l’Engagement non si può imporre dall’alto, ma deve emergere da un ambiente lavorativo che favorisca il benessere e il coinvolgimento dei dipendenti.
- Il Ruolo della Comunicazione Interna Cappello approfondisce il ruolo della comunicazione interna come leva strategica per l’Engagement. In Unipol, il focus è sulla employee experience e sul digital workplace, con l’obiettivo di rendere la comunicazione più efficace, aperta alla diversità e strategica. La comunicazione interna non è solo trasmissione di informazioni, ma diventa un driver culturale che impatta direttamente sulla motivazione e sulla percezione di appartenenza dei dipendenti. Quali sono le competenze chiave per chi si occupa di comunicazione interna? Secondo Cappello, chi lavora in questo ambito deve padroneggiare:
- Gestione degli strumenti di comunicazione: capacità di utilizzare piattaforme digitali, intranet, strumenti collaborativi e social interni.
- Visione strategica: comprendere gli obiettivi aziendali e tradurli in messaggi chiari e coinvolgenti.
- Capacità di integrazione tra tecnologia e persone: usare il digitale come un mezzo, non come un fine, mantenendo il focus sulle esigenze umane.
- Competenze relazionali: ascolto attivo, empatia e capacità di interfacciarsi con i diversi livelli dell’organizzazione (dipendenti, middle e top management).
Un aspetto fondamentale è l’ascolto organizzativo: non basta comunicare bene, è essenziale creare canali che permettano ai dipendenti di esprimere idee, preoccupazioni e proposte in modo attivo e costruttivo.
- La Formazione per un Engagement Sostenibile L’articolo si conclude evidenziando la necessità di formare professionisti capaci di gestire queste dinamiche. Il Master in Comunicazione Interna e People Engagement dell’Università IULM è citato come un’iniziativa chiave per sviluppare competenze avanzate in questo ambito.
L’obiettivo è creare figure professionali che possano coniugare teoria e pratica, costruendo strategie efficaci per migliorare l’Engagement aziendale e trasformare la comunicazione interna in un vantaggio competitivo.
[4] ENGAGEMENT POP. DARE VOCE IN CAPITOLO Il concetto di “voce in capitolo” assume un’importanza centrale nel quadro dell’engagement dei dipendenti all’interno delle organizzazioni. La frase fa riferimento al diritto di ciascun individuo di poter esprimere le proprie opinioni, idee e preoccupazioni all’interno del contesto lavorativo, con la possibilità concreta che queste vengano ascoltate, prese in considerazione e, possibilmente, implementate nei processi decisionali. “Voce in capitolo” come valore fondamentale per l’engagement Quando Minghetti parla di “dare voce in capitolo”, si riferisce alla necessità di un cambio di paradigma nelle aziende: i manager devono andare oltre l’approccio autoritario e verticale, che tende a escludere i dipendenti dai processi decisionali, e adottare una visione più inclusiva e partecipativa.
Il concetto implica che i dipendenti non siano solo esecutori di compiti, ma che abbiano una parte attiva nella creazione e realizzazione delle strategie aziendali. Questo tipo di partecipazione può essere fondamentale per creare un forte senso di appartenenza e impegno. L’importanza del dialogo aperto La “voce in capitolo” è strettamente legata al concetto di dialogo aperto tra manager e dipendenti. Non si tratta solo di raccogliere opinioni o feedback, ma di creare un ambiente in cui i dipendenti sentano che la loro opinione ha un reale valore e può influenzare la direzione dell’azienda. Il dialogo non deve essere unidirezionale, dove il management comunica senza ascoltare, ma deve essere un flusso continuo di comunicazione e scambio reciproco.
Le aziende che favoriscono la partecipazione dei dipendenti nei processi decisionali ottengono benefici significativi in termini di engagement. Questo tipo di coinvolgimento stimola i lavoratori a sentirsi più parte dell’organizzazione, e li motiva a impegnarsi più a fondo verso gli obiettivi aziendali. Il rischio del “silenzio” e del “sabotaggio”. Se i dipendenti non sono coinvolti o non hanno la possibilità di esprimere le loro opinioni, la loro reazione può essere il silenzio o, nei casi più estremi, il sabotaggio delle iniziative aziendali. Quando i lavoratori percepiscono che le loro idee e preoccupazioni non vengono ascoltate, si disconnettono emotivamente dal lavoro, riducendo così il loro impegno e aumentando il rischio di disfunzioni interne all’organizzazione. Il silenzio organizzativo è un fenomeno che può essere molto dannoso, poiché crea un ambiente in cui le problematiche non vengono mai affrontate, lasciando che i problemi si accumulino senza soluzioni. In alcuni casi, la mancanza di una voce in capitolo può anche portare i dipendenti a sabotare intenzionalmente o inconsapevolmente gli sforzi aziendali, come forma di protesta o di disconnessione emotiva. Voce in capitolo e cambiamento culturale nelle aziende Un elemento cruciale del concetto di “voce in capitolo” è il cambiamento culturale che esso implica. Le aziende devono imparare a vedere i dipendenti come partner e non solo come risorse da gestire. Dare loro una voce significa promuovere un cambiamento nel modo in cui la leadership percepisce i collaboratori. Non si tratta più di prendere decisioni esclusivamente dalla cima della piramide gerarchica, ma di avviare una cultura di co-creazione e collaborazione. Questo cambiamento culturale è un passo fondamentale per migliorare l’engagement, in quanto consente ai dipendenti di sentirsi coinvolti in modo autentico e di contribuire non solo con il loro lavoro quotidiano, ma anche con il loro pensiero, le loro idee e la loro creatività. Quando i dipendenti si sentono inclusi e ascoltati, sono più motivati a investire nella loro crescita e nel successo dell’azienda. Strategie per dare voce in capitolo Per rendere realtà il concetto di “voce in capitolo”, Minghetti suggerisce alcune strategie pratiche:
- Canali di comunicazione aperti: Le aziende devono creare piattaforme attraverso cui i dipendenti possano esprimersi liberamente, come sondaggi anonimi, riunioni di feedback, gruppi di discussione e anche canali digitali in tempo reale (come chat aziendali o forum interni).
- Partecipazione ai processi decisionali: I manager dovrebbero incoraggiare i dipendenti a contribuire ai processi decisionali strategici, facendo sì che possano influire sulle decisioni che riguardano la loro vita professionale.
- Riconoscimento delle idee e dei contributi: Dare voce in capitolo significa anche riconoscere e premiare i contributi dei dipendenti. Quando le loro idee vengono ascoltate e, se valide, messe in pratica, questo crea un ciclo positivo di impegno e soddisfazione.
- Cultura della trasparenza: Le aziende dovrebbero essere trasparenti riguardo alle decisioni e ai cambiamenti, spiegando come le idee dei dipendenti vengano integrate o, nel caso, perché non lo siano. Questo favorisce un ambiente di fiducia reciproca.
Conclusione: l’autonomia come motore di coinvolgimento In definitiva, “dare voce in capitolo” è un aspetto fondamentale per il successo del Pop Management. È un modo per andare oltre la logica tradizionale di gestione e abbracciare un modello più partecipativo e inclusivo, dove ogni dipendente può contribuire alla crescita dell’organizzazione, non solo con il proprio lavoro, ma anche con le proprie idee e visioni. In questo contesto, l’engagement non è più un obiettivo da raggiungere, ma un risultato naturale di una cultura aziendale che valorizza l’ascolto e la partecipazione attiva di tutti i suoi membri.
[5] In 24 – OPINION PIECE DI NELLO BARILE si esplora l’evoluzione del settore retail nel contesto contemporaneo, con un focus sul regime customer-centrico e l’influenza della tecnologia. Regime Customer-Centrico Centralità del consumatore: Il consumatore è al centro del nuovo ecosistema digitale, producendo dati che sono il vero prodotto dell’economia dell’attenzione. Intelligenza artificiale: L’IA espande la centralizzazione e customizzazione dell’offerta, coinvolgendo anche la parte creativa storicamente spettante agli stilisti. Evoluzione della Mass Customization Alvin Toffler: Già negli anni ’70, Toffler prevedeva la trasformazione del mercato con la mass customization e l’avvento del prosumer. Demassificazione: La tecnologia ha portato a una crescente demassificazione delle pratiche vestimentarie, con un focus sulla modularizzazione e personalizzazione dei prodotti. Esempi di Applicazioni Levi’s e Nike: Entrambe le aziende hanno implementato programmi di customizzazione, come il programma personal pair di Levi’s e il progetto Nike Id, che permettono ai clienti di personalizzare i loro prodotti. Haute Couture: La collezione A-POC di Issey Miyake è un esempio di personalizzazione estrema, coinvolgendo il consumatore nel processo progettuale.
Impatto della Tecnologia Digitale Chatbot e IA: L’uso di chatbot e IA sta trasformando il rapporto tra brand e consumatore, automatizzando e personalizzando l’interazione. Progetto Muze: Un esempio di IA applicata alla moda è il progetto Muze di Zalando, che utilizza il machine learning per creare outfit personalizzati basati sui dati degli utenti. Scenari Futuri Isolation: Un nuovo stile di vita domestico, supportato da e-commerce e tecnologie di consegna. Integration: Integrazione tra digitale e fisico, con tecnologie indossabili e realtà aumentata. Co-design: Uso collettivo dell’IA per innovazione sociale e produzione tra pari. Retail Esperienziale e Aumentato Story: Un concept store a Manhattan che integra tecnologie intelligenti per monitorare il comportamento del consumatore.
Augmented Retail: Farfetch integra e-commerce e spazi fisici per offrire un’esperienza di consumo integrata. Conclusione Il futuro del retail sarà caratterizzato da un’integrazione tra esperienza online e offline, con un focus sulla centralità del consumatore e l’uso di Big Data.
[6] 32 – LEADERSHIP POP. VERSO L’YPERMEDIA PLATIFIRM (CONTENT CURATION) Il Curatore nell’Era dei Social Media Evoluzione del Ruolo: Il Top Manager deve trasformarsi da figura paternalistica a leader convocativo, capace di sfruttare le tecnologie sociali per promuovere la collaborazione e l’innovazione. Social Organization: Le aziende moderne utilizzano community, blog interni, forum e social media per migliorare la collaborazione e coinvolgere i clienti. Caratteristiche del Content Curator Competenza e Passione: Come dimostrato da figure come Prince e Dickens, la competenza e la passione sono essenziali per diventare leader Pop. Umorismo: L’umorismo è una componente chiave della cultura Pop, capace di rendere la comunicazione più efficace e coinvolgente. Serialità e Transmedialità: La serializzazione e l’uso di diversi media (come libri, film, musica) sono strumenti potenti per raggiungere un pubblico ampio e diversificato.
Il Processo di Content Curation Creazione e Diffusione: Il Content Curator deve creare o identificare contenuti rilevanti, contestualizzarli e diffonderli attraverso i canali social appropriati. Interazione e Coinvolgimento: Attivare conversazioni e sostenere i commenti più validi per creare un ecosistema digitale collaborativo. L’Età della Curation Condivisione delle Informazioni: In rete, il potere deriva dalla condivisione delle informazioni, non dal loro accaparramento. Economia del Dono: La condivisione della conoscenza è incentivata, mentre l’accumulo è disincentivato. Strumenti di Intelligenza Artificiale AI per la Content Curation: Strumenti come Microsoft Copilot e ChatGPT possono aiutare nella creazione e gestione dei contenuti, migliorando la creatività e l’innovazione.
[7] 86 – SENSEMAKING POP. MALATTIA MENTALE E BENESSERE PSICOLOGICO SUL LAVORO L’articolo sottolinea come la cultura popolare abbia contribuito a rendere il discorso sulla salute mentale più accessibile, comprensibile e meno stigmatizzato. Allo stesso tempo, invita le organizzazioni a prendersi la responsabilità di promuovere un ambiente lavorativo che riconosca l’importanza del benessere psicologico, andando oltre il semplice interesse per la produttività e affrontando in modo aperto le sfide legate alla salute mentale. Il Pop Management, in questa chiave, potrebbe fornire un approccio utile per integrare cultura popolare e pratiche aziendali, affrontando le questioni di salute mentale con maggiore consapevolezza e coinvolgimento. In particolare, Alice Siracusano, co-fondatrice della Luz Agency, enfatizza l’importanza della flessibilità psicologica nel contesto lavorativo. Questa competenza consente di adattarsi ai cambiamenti, accettare feedback negativi in modo costruttivo e gestire efficacemente le emozioni, contribuendo al benessere emotivo e alla produttività. Siracusano sottolinea che l’Acceptance and Commitment Therapy (ACT) può essere utile per sviluppare tale flessibilità, riducendo la “rigidità cognitiva” e migliorando l’adattamento alle sfide lavorative. Inoltre, evidenzia come l’allineamento tra i valori personali e quelli aziendali possa prevenire la “sofferenza etica”, promuovendo un ambiente di lavoro più soddisfacente e motivante. Dl canto suo, Sonia Malaspina, Direttrice delle Risorse Umane per Danone Italia e Grecia, sottolinea l’importanza della flessibilità mentale nel contesto lavorativo. Questa competenza consente di adattarsi ai cambiamenti, accettare feedback negativi in modo costruttivo e gestire efficacemente le emozioni, contribuendo al benessere emotivo e alla produttività. Malaspina evidenzia che l’ascolto attivo delle diverse prospettive all’interno di un team facilita l’adattamento e l’evoluzione professionale. Condivide anche la sua esperienza personale, affermando di aver cambiato diversi contesti lavorativi all’inizio della sua carriera perché non rispecchiavano i suoi valori e il suo stile, decisioni di cui non si è mai pentita. Inoltre, Malaspina ha co-scritto il libro “Il congedo originale. Come trasformare le organizzazioni con il potere della cura”, in cui esplora come le aziende possano supportare i dipendenti nel conciliare carriera e responsabilità familiari, promuovendo un ambiente di lavoro più inclusivo e sostenibile. Le sue esperienze personali, inclusi cambiamenti di ruolo dovuti alla ricerca di allineamento tra valori personali e professionali, evidenziano l’importanza di mantenere coerenza tra le proprie convinzioni e l’ambiente lavorativo, contribuendo al benessere individuale e alla produttività organizzativa. Ancora, Greta Beccarello enfatizza l’importanza dell’etica nel contesto lavorativo. Sostiene che l’etica è un concetto complesso, radicato nella cultura e nell’educazione, che richiede un continuo processo di riflessione. Per promuovere connessioni autentiche con aziende e individui che condividono valori simili, è essenziale mettere in discussione le proprie prospettive e confrontarsi con diverse esperienze. Beccarello sottolinea come oggi i talenti scelgano le aziende in base alla loro cultura, ai valori condivisi e alla capacità di offrire un equilibrio tra vita professionale e personale. Inoltre, evidenzia l’importanza della responsabilità collettiva e dell’empatia, poiché comprendere i punti di vista altrui porta a decisioni più consapevoli e responsabili, contribuendo al benessere psicologico sul lavoro. Caterina Boschetti, Responsabile Marketing presso MAW in Men At Code e fondatrice del blog Becomeen, sottolinea l’importanza di stabilire un equilibrio sano tra vita lavorativa e privata per i giovani professionisti. Ritiene che l’accesso dei giovani al mondo del lavoro debba basarsi su aspettative chiare e realistiche, promuovendo un sano work-life balance. Per contribuire a questo obiettivo, Boschetti è attiva su TikTok, dove condivide riflessioni e consigli utili, e ha scritto il libro “L’azienda che vorrei – come dire addio a boss tossici e vivere felici”. Secondo Boschetti, il primo passo per migliorare le condizioni emotive e sociali dei lavoratori è dare l’esempio. Come professionista con esperienza, enfatizza l’importanza di rispettare la vita privata e di creare ambienti di lavoro inclusivi dove tutti si sentano coinvolti e liberi di esprimersi. Critica l’approccio del “alla tua età facevo 12 ore e non mi lamentavo”, evidenziando che tale mentalità ha portato a frustrazione e stress, e suggerisce che appartiene a modelli ormai superati. Boschetti promuove comportamenti come evitare frequenti assenze per malattia, rispettare gli orari contrattuali senza ricorrere a straordinari costanti e mantenere reazioni misurate di fronte agli errori. Questi atteggiamenti sono visti come essenziali per garantire un ambiente di lavoro sano. Implementando tali valori, si potrebbe non solo migliorare il benessere individuale, ma anche favorire un cambiamento culturale che valorizzi il tempo libero, la crescita personale e relazioni umane autentiche nel contesto lavorativo. Infine, Mattia Marangon, fondatore di Ugolize, condivide la sua prospettiva sull’“scopo” nel contesto lavorativo, enfatizzando l’importanza di costruirlo quotidianamente piuttosto che cercarlo come qualcosa di predefinito. Egli ritiene che il suo obiettivo sia utilizzare la comunicazione per aumentare la consapevolezza, adattandosi ai cambiamenti del digitale e della società. Marangon sottolinea che il valore del nostro operato dipende dalla capacità di analizzare, anticipare e, quando necessario, cambiare le dinamiche del mercato. Inoltre, evidenzia l’importanza di non limitarsi ad adattarsi alle regole esistenti, ma di cercare di riscriverle, contribuendo così a un cambiamento significativo nel panorama lavorativo e sociale.
[8] 92 – OPINION PIECE DI SIMONE VIGEVANO. A titolo esemplificativo, le responsabilità di un Disability Manager includono: valutazione delle necessità: identificare le esigenze specifiche delle persone con disabilità all’interno dell’organizzazione o della comunità, compresi caregiver; sviluppo di politiche: creare e implementare politiche che promuovano l’inclusione e l’accessibilità, aggiornando i processi aziendali e tenendo fede ai valori del brand; formazione e sensibilizzazione: educare il personale e i membri della comunità sulle questioni relative alla valorizzazione della diversità e all’importanza del rispetto delle esigenze personali; coordinamento dei servizi: collaborare con altri professionisti, come medici del lavoro, tutor ed educatori, per garantire che le persone con disabilità ricevano il supporto necessario per migliorare le proprie competenze e il percorso lavorativo; monitoraggio e valutazione: valutare l’efficacia delle politiche e delle pratiche implementate e apportare modifiche quando necessario. Il Disability Manager svolge dunque un ruolo cruciale nel promuovere l’apertura alla diversità e l’equità, garantendo i diritti di tutti, in modo che le persone con disabilità abbiano le stesse opportunità di partecipare alla vita aziendale e sociale.
[9] 46 – OPINION PIECE DI DENNIS TONON 1. Management 1.0: Scientific Management Caratterizzato da una struttura gerarchica rigida e controllo centralizzato. Le decisioni erano prese ai vertici, con scarso coinvolgimento dei dipendenti. Questo approccio garantiva efficienza operativa ma limitava creatività e motivazione individuale, rendendo l’organizzazione rigida e poco innovativa. 2. Management 2.0: Collaborazione e Coinvolgimento L’attenzione si è spostata verso la collaborazione e il coinvolgimento attivo dei dipendenti. Si è promosso un ambiente di lavoro più aperto e partecipativo. Tuttavia, molte organizzazioni hanno faticato nell’implementare questo approccio a causa della mancanza di flessibilità nelle strutture tradizionali. 3. Management 3.0: Benessere e Motivazione Intrinseca Questo modello va oltre la semplice promozione del coinvolgimento, creando un ambiente che favorisce la felicità e la motivazione intrinseca dei dipendenti. Integra il benessere con le performance, adottando una visione olistica e interdisciplinare. Si basa su principi di psicologia positiva, neuroscienze, biologia ed economia per costruire organizzazioni più resilienti, innovative e orientate alla crescita sostenibile.
[10] 66– OPINION PIECE DI FRANCESCA ANNALISA PETRELLA 1. Il contesto della ricerca Ipsos La ricerca “Il futuro del lavoro: viaggio attraverso la percezione del lavoro nell’Italia di oggi” analizza il modo in cui gli italiani vedono il lavoro. Il 45% degli intervistati si dichiara insoddisfatto della propria situazione lavorativa. Le principali cause di insoddisfazione includono mancanza di flessibilità, scarso equilibrio vita-lavoro e poche opportunità di crescita. 2. Le nuove esigenze dei lavoratori Cresce la richiesta di modelli di lavoro più flessibili, con attenzione al benessere e alla realizzazione personale. Le aziende devono ripensare leadership e gestione per adattarsi a queste aspettative. Si diffonde il bisogno di un Engagement autentico, dove i lavoratori si sentano valorizzati e parte attiva dell’organizzazione. 3. Il ruolo del Pop Management Il Pop Management viene presentato come un modello innovativo per rispondere alle sfide attuali. Supera le tradizionali strutture gerarchiche, puntando su agilità, partecipazione e inclusione.Favorisce una cultura aziendale più aperta e adattabile ai cambiamenti sociali e tecnologici. 4. La leadership nell’era del Pop Management I leader devono abbandonare la gestione autoritaria e adottare un approccio più collaborativo. È fondamentale ascoltare le esigenze dei dipendenti, valorizzando il loro contributo. La leadership deve essere empatica, dinamica e orientata allo sviluppo delle persone. 5. L’importanza dell’EngagementIl concetto di Engagement Pop sottolinea la necessità di un coinvolgimento autentico dei dipendenti. L’Engagement non deve essere un’operazione di marketing aziendale, ma un processo reale di co-creazione tra lavoratori e organizzazione. Le aziende che investono in un Engagement autentico vedono un miglioramento in produttività, innovazione e fidelizzazione dei talenti. Conclusione L’articolo evidenzia come il Pop Management possa rappresentare una risposta concreta alla crisi del modello lavorativo tradizionale. Le aziende devono adottare un approccio più flessibile, partecipativo e centrato sulle persone, per creare ambienti di lavoro capaci di attrarre e trattenere talenti in un’epoca di rapidi cambiamenti.
[11] 75– OPINION PIECE DI MARIACHIARA TIRINZONI Potere della Parola: La parola è vista come uno degli strumenti più potenti a disposizione degli esseri umani. Non serve solo a trasmettere informazioni, ma è fondamentale nella costruzione di identità e relazioni, nella configurazione dei processi e nell’evoluzione dei progetti. Narrazione come Tecnologia Avanzata: La narrazione è descritta come una delle tecnologie più avanzate che abbiamo. Permette di manipolare, testare futuri possibili e lavorare sulle identità. Questo è particolarmente rilevante nel contesto aziendale, dove la narrazione può essere utilizzata per creare e condividere storie che definiscono l’identità di un brand. Etica della Generosità: Tirinzoni sottolinea l’importanza di un’etica della generosità nella comunicazione. La comunicazione è sempre bidirezionale e il destinatario del messaggio è sempre un essere umano che cerca mediazione. Questo approccio è fondamentale per trasformare l’informazione in conoscenza e la conoscenza in relazione. Comunicazione nel Business e nel Marketing: L’articolo esplora anche come la comunicazione e la narrazione siano utilizzate nel business e nel marketing. La narrazione è vista come uno strumento per parlare dell’identità di un brand, ma è importante ricordare che l’interlocutore è sempre un essere umano che cerca mediazione. Ruolo delle Tecnologie Emergenti: Tirinzoni si occupa anche di strategia delle tecnologie emergenti, in particolare dal punto di vista della comunicazione e dell’etica. Questo include l’uso di AI generative e altri strumenti specialistici che possono influenzare il modo in cui le storie vengono raccontate e fruite.
[12] 85 – ENGAGEMENT POP. COMUNICARE, VALUTARE, TRASFORMARE In “Prolegomeni al Manifesto del Pop Management 85. Engagement Pop. Comunicare, valutare, trasformare”, Marco Minghetti esplora i fattori che influenzano l’engagement dei dipendenti e come le aziende possano promuoverlo attivamente. L’autore si concentra su tre aspetti cruciali: la comunicazione, la valutazione e la trasformazione della cultura aziendale, che sono visti come leve fondamentali per aumentare il coinvolgimento dei lavoratori. Comunicare: il fondamento del coinvolgimento Una delle chiavi per l’engagement efficace è la comunicazione, che deve essere bidirezionale. Minghetti evidenzia come la trasparenza e l’apertura nel dialogo tra manager e dipendenti siano essenziali per creare un ambiente di fiducia. La comunicazione non deve essere solo un flusso dall’alto verso il basso, ma deve incoraggiare il contributo attivo dei dipendenti, facendo sentire ognuno di loro parte integrante del processo decisionale. Le aziende che favoriscono una comunicazione aperta, in cui i dipendenti hanno l’opportunità di esprimere le loro idee, le loro preoccupazioni e di contribuire alle discussioni strategiche, sono in grado di promuovere un maggiore coinvolgimento emotivo e intellettuale. Questo crea un senso di comunità e appartenenza, elementi che sono cruciali per un engagement duraturo. Valutare: l’importanza di una valutazione equa e trasparente La valutazione delle performance è un altro aspetto centrale per stimolare l’engagement. Le aziende devono adottare pratiche di valutazione che siano percepite come giuste e trasparenti. La percezione di giustizia organizzativa è strettamente legata al modo in cui vengono valutate le performance e riconosciuti i contributi. Se i dipendenti sentono che la loro performance non viene valutata correttamente o che le promozioni e i premi sono influenzati da criteri non trasparenti, questo mina la loro motivazione e il loro coinvolgimento. La valutazione deve essere un processo che riconosce e premia i contributi in modo equo, senza favoritismi, e deve essere anche un’opportunità per fornire feedback costruttivo, che aiuti i dipendenti a crescere professionalmente. Trasformare: la necessità di un cambiamento culturale La trasformazione culturale è l’aspetto finale di questo processo. Perché l’engagement possa essere duraturo, è necessario che le aziende intraprendano un cambiamento profondo nelle loro strutture e pratiche. In particolare, si parla di un cambiamento nel modo in cui i dipendenti sono percepiti e trattati all’interno dell’organizzazione.
Il Pop Management si configura come una possibile risposta a questa esigenza, poiché promuove un ambiente di lavoro che è dinamico, inclusivo e partecipativo. Questo tipo di gestione non solo valorizza il contributo dei singoli, ma crea anche una cultura dell’innovazione, dove le idee di tutti sono ascoltate e applicate. I dati della ricerca: uno spunto di riflessione L’articolo fa riferimento a una ricerca condotta dal Center for Employee Relations and Communication (CERC) dell’Università IULM, che ha analizzato le pratiche di gestione dell’engagement nelle grandi aziende italiane. I risultati sono preoccupanti: solo il 13% delle aziende studiate adotta pratiche ottimali in termini di comunicazione, valutazione e trasformazione culturale. Il 43% delle aziende, invece, presenta approcci che possono condurre al disengagement, cioè a un progressivo disinteresse dei dipendenti verso gli obiettivi aziendali. Questo evidenzia la necessità di un cambiamento radicale nel modo in cui le aziende gestiscono il rapporto con i dipendenti. Non basta più concentrarsi su tecniche superficiali di motivazione; è necessario un approccio che coinvolga tutti i livelli dell’organizzazione e che stimoli un vero cambiamento nella cultura aziendale. Solo attraverso una comunicazione trasparente, una valutazione giusta e un cambiamento culturale orientato alla partecipazione e alla valorizzazione dei dipendenti, le aziende possono sperare di raggiungere un engagement sostenibile. Strategie per trasformare l’engagement Alcune strategie pratiche per le aziende che vogliono migliorare l’engagement sono: Formazione continua: i manager devono essere formati non solo per gestire, ma per stimolare il coinvolgimento e il dialogo con i dipendenti. La formazione deve essere orientata non solo verso lo sviluppo delle competenze tecniche, ma anche verso quelle relazionali e comunicative. Creare un ambiente di feedback costante: per promuovere un engagement autentico, le aziende devono creare un sistema di feedback continuo, che permetta ai dipendenti di esprimere le proprie opinioni e di ricevere un riscontro tempestivo. Valorizzare la partecipazione alle decisioni strategiche: le aziende devono trovare modi per coinvolgere i dipendenti nelle decisioni aziendali, non solo nelle attività quotidiane. La co-creazione di strategie e obiettivi rende il lavoro più significativo e aumenta l’impegno verso il successo comune.
Conclusione: un impegno verso il cambiamento Il Pop Management come risposta alle sfide moderne dell’engagement. La comunicazione, la valutazione giusta e la trasformazione culturale non sono solo strategie di gestione, ma devono essere visti come principi fondamentali per costruire organizzazioni più coinvolgenti, inclusive e produttive. Il cambiamento inizia dal riconoscimento che ogni dipendente ha il diritto di contribuire, di essere valutato equamente e di partecipare attivamente al processo di crescita dell’azienda.
102 – continua
Copertina di Marcello Minghetti (Mosaico per Ariminum Circus Stagione 1)
Puntate precedenti
1 – DALLO HUMANISTIC AL POP MANAGEMENT
2 – MANIFESTI, ATLANTI, MAPPE E TERRITORI
3 – IL MANAGER PORTMANTEAU
4 – WHICH WAY, WHICH WAY?
5 – LEADERSHIP POP (LEZIONI SHAKESPEARIANE)
6 – OPINION PIECE DI RICCARDO MAGGIOLO
7 – LEADERSHIP POP (APERTURA, AUTONOMIA, AGIO, AUTO-ESPRESSIONE)
8 – OPINION PIECE DI JOSEPH SASSOON
9 – OPINION PIECE DI CESARE CATANIA
10 – OPINION PIECE DI VANNI CODELUPPI
11 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO GIAUME
12 – COLLABORAZIONE POP. L’IRRESISTIBILE ASCESA DELLE COMMUNITY INTERNE
13 – COLLABORAZIONE POP. L’EMPATIA SISTEMICA
14 – COLLABORAZIONE POP. LE COMMUNITY AZIENDALI: UNO STATO DELL’ARTE, PARTE PRIMA
15 – COLLABORAZIONE POP. LE COMMUNITY AZIENDALI: UNO STATO DELL’ARTE, PARTE SECONDA
16 – OPINION PIECE DI MATTEO LUSIANI
17 – OPINION PIECE DI MARCO MILONE
18 – OPINION PIECE DI ALESSIO MAZZUCCO
19 – OPINION PIECE DI ALESSANDRA STRANGES
20 – OPINION PIECE DI FRANCESCO VARANINI
21 – ORGANIZZAZIONE POP. COMANDO, CONTROLLO, PAURA, DISORIENTAMENTO
22 – OPINION PIECE DI ROBERTO VERONESI
23 – OPINION PIECE DI FRANCESCO GORI
24 – OPINION PIECE DI NELLO BARILE
25 – OPINION PIECE DI LUCA MONACO
26 – OPINION PIECE DI RICCARDO MILANESI
27 – OPINION PIECE DI LUCA CAVALLINI
28 – OPINION PIECE DI ROBERTA PROFETA
29 – UN PUNTO NAVE
30 – ORGANIZZAZIONE POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CURA)
31 – OPINION PIECE DI NICHOLAS NAPOLITANO
32 – LEADERSHIP POP. VERSO L’YPERMEDIA PLATIFIRM (CONTENT CURATION)
33 – OPINION PIECE DI FRANCESCO TONIOLO
34 – ORGANIZZAZIONE POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CONVIVIALITA’)
35 – OPINION PIECE DI LUANA ZANELLATO
36 – OPINION PIECE DI ANDREA BENEDETTI E ISABELLA PACIFICO
37 – OPINION PIECE DI STEFANO TROILO
38 – OPINION PIECE DI DAVIDE GENTA
39 – OPINION PIECE DI ANNAMARIA GALLO
40 – INNOVAZIONE POP. ARIMINUM CIRCUS: IL READING!
41 – ORGANIZZAZIONE POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CONVOCAZIONE)
42 – OPINION PIECE DI EDOARDO MORELLI
43 – ORGANIZZAZIONE POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CO-CREAZIONE DI VALORE)
44 – OPINION PIECE DI MARIANNA PORCARO
45 – OPINION PIECE DI DONATO IACOVONE
46 – OPINION PIECE DI DENNIS TONON
47 – OPINION PIECE DI LAURA FACCHIN
48 – OPINION PIECE DI CARLO CUOMO
49 – OPINION PIECE DI CARLO MARIA PICOGNA
50 – OPINION PIECE DI ROBERTO RAZETO
51 – OPINION PIECE DI ALBERTO CHIAPPONI
52 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO ANTONINI
53 – OPINION PIECE DI ALESSANDRA PILIA
54 – OPINION PIECE DI CLEMENTE PERRONE
55 – OPINION PIECE DI FABRIZIO RAUSO
56 – OPINION PIECE DI LORENZO TEDESCHI
57 – OPINION PIECE DI EUGENIO LANZETTA
58 – OPINION PIECE DI GIOLE GAMBARO
59 – OPINION PIECE DI DANTE LAUDISA
60 – OPINION PIECE DI GIAMPIERO MOIOLI
61 – OPINION PIECE DI GIOVANNI AMODEO
62 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO LOTTO
63 – OPINION PIECE DI GIANLUCA BOTTINI
65– OPINION PIECE DI SIMONE FARINELLI
66– OPINION PIECE DI FRANCESCA ANNALISA PETRELLA
67– OPINION PIECE DI VALERIO FLAVIO GHIZZONI
68– OPINION PIECE DI STEFANO MAGNI
69– OPINION PIECE DI LUCA LA BARBERA
70 – INNOVAZIONE POP. ARIMINUM CIRCUS: LA GRAPHIC NOVEL!
71 – LEADERSHIP POP. APOFATICA E CATAFATICA DELLA COMUNICAZIONE
72 – OPINION PIECE DI FEDERICA CRUDELI
73– OPINION PIECE DI MELANIA TESTI
74 – OPINION PIECE DI GIANMARCO GOVONI
75– OPINION PIECE DI MARIACHIARA TIRINZONI
76 – SENSEMAKING POP. LODE DELLA CATTIVA CONSIDERAZIONE DI SE’
77 – OPINION PIECE DI ALESSANDRA CAPPELLO E ALESSANDRA MAZZEI
78 – OPINION PIECE DI JOE CASINI
79 – OPINION PIECE DI MARTA CIOFFI
80 – STORYTELLING POP. VERSO IL POP BRANDING (PARTE PRIMA)
81 – STORYTELLING POP. VERSO IL POP BRANDING (PARTE SECONDA)
82 – STORYTELLING POP. VERSO IL POP BRANDING (NOTE A MARGINE)
83 – ENGAGEMENT POP. IL MANAGER INGAGGIANTE IMPARA DAI POKEMON
84 – ENGAGEMENT POP. DARE VOCE IN CAPITOLO
85 – ENGAGEMENT POP. COMUNICARE, VALUTARE, TRASFORMARE
86 – SENSEMAKING POP. MALATTIA MENTALE E BENESSERE PSICOLOGICO SUL LAVORO
87 – SENSEMAKING POP. FOLLIA O DIVERSITA’?
88 – OPINION PIECE DI LUIGIA TAURO
89 – OPINION PIECE DI NILO MISURACA
90 – OPINION PIECE DI FRANCESCO DE SANTIS
91 – INNOVAZIONE POP. REMIX, RI-USO, RETELLING
92 – STORYTELLING POP. ARIMINUM CIRCUS AL BOOK PRIDE 2025
93 – OPINION PIECE DI SIMONE VIGEVANO
94 – OPINION PIECE DI LORENZO FARISELLI
95 – OPINION PIECE DI MARTINA FRANZINI
96 – OPINION PIECE DI EMANUELA RIZZO
97 – INNOVAZIONE POP. OLTRE LA PRE-INTERPRETAZIONE
98 – INNOVAZIONE POP. FORMAZIONE: ANALOGICA, METAVERSALE, IBRIDA
99 – ARIMINUM CIRCUS: LA VISUAL NOVEL!
100 – La (P) AI INTELLIGENCE (PARTE PRIMA)
101 – La (P) AI INTELLIGENCE (PARTE SECONDA)