Ariminum Circus e la sua poetica
Ormai ci siamo. Oggi alle 18.30 al Book Pride di Milano io la giornalista di Repubblica Valentina Tosoni presenteremo Ariminum Circus Stagione 1, il testo fondativo del Pop Management per le ragioni illustrate già in Prolegomeni 1.
Parleremo di tante cose. Ad esempio, del formato. Ariminum Circus Stagione 1 è un artefatto quadrato, crossmediale, un po’ romanzo, un po’ graphic novel, un po’ serie tv, rimanda all’estetica di Instagram, ma anche di Wes Anderson e Andy Warhol.
Ma poiché ad ogni forma deve corrispondere un contenuto, il dialogo con Valentina Tosoni e il pubblico in sala riguarderà anche la poetica dell’opera, riprendendo le riflessioni di Prolegomeni 91.
Nel Test di ammissione iniziale la definisco in 10 punti. I più importanti: il riferimento alla PopFilosofia di Deleuze; la resistenza, quasi eroica, a ciò che oggi s’impone con successo: la trama dai prevedibili colpi di cena e gli intrecci banali con i loro protagonisti inequivocabili; una narrazione sviluppata non in un unico disegno lineare, ma attraverso tanti abbozzi al plurale; il narrabile come combinazione di carte provenienti da ambiti diversi; il tentativo di redigere un’enciclopedia o mappa della modernità; l’opposizione alla canonica divisione in generi.
Infine, «Il Lettore Ideale ritiene, come Whitehead, che la cultura occidentale è un cumulo di glosse a Platone; come Schlegel, che i romanzi sono i dialoghi socratici dell’epoca attuale. Il primo eroe di una fiction seriale è Socrate. Oggi l’estensore del Fedone scriverebbe una Stagione di True Detective».
Letteratura ergodica
Come si vede, il libro fin dall’inizio sfida il Lettore, sorprendendolo con una sorta di captatio malevolentiae. Il motivo di questo attacco è presto detto: «Rompere le regole non può avvenire senza opposizione», scrive il musicista Giovanni Allevi nel libro in cui si occupa di innovazione, follia e cambiamento. Si chiama Revoluzione, sintesi intrigante di rivoluzione ed evoluzione. Nel mio piccolo ci provo con Ariminum Circus Stagione 1, partendo da una domanda: è possibile scrivere un romanzo superando obsolete distinzioni fra narrativa e saggistica, oltre che fra “generi” letterari – gabbie culturali (commerciali) ormai lontanissime dalla sensibilità contemporanea, che cerca nuovi format ibridi coerenti con il mindset digitale oggi pervasivo? La risposta è sì: basti pensare a S. di Forst e Abrams o ilMistero.doc di McIntosh, per limitarci alla narrativa nordamericana degli ultimi venti anni.
Scrive Laura Tonini: la letteratura ergodica (che “sintetizza una nuova era geologica del nostro rapporto con la lettera scritta: richiede capacità e attenzioni diverse dai lettori, ma allo stesso tempo è una struttura diegetica sempre esistita”) “non necessariamente è una forma collegata a opere ostiche e dedicate a un pubblico ristretto. Entrati in una sorta di automatismo da Internet abbiamo già smesso di rilevare alcune forme di attenzione accessoria richieste dagli ipertesti. Abbiamo già cominciato ad allenare il cervello a salti visivi e di contenuto, registri linguistici discontinui, introduzioni di neologismi e persino a collocazioni spaziali totalmente ingiustificate”.
Ariminum Circus Stagione 1, tappa di un percorso sviluppato in progetti realizzati anche in collaborazione con artisti quali Szymborska, Manara, Serafini, tuttavia, pur sfiorando questa corrente (la cui popolarità è assodata, se è vero che Casa di Foglie di Danielewski è entrata nella top ten dei libri più venduti), non vi s’immerge. Ariminum Circus possiede infatti pure caratteristiche del romanzo postmoderno alla Infinite Jest, come della theory fiction, che trova in Ballardismo Applicato di Sellars e Città Sola di Laing due testi rappresentativi; ma ambisce ad andare oltre, traendo ispirazione da mondi anche non letterari – dalla cucina molecolare alla musica fusion, con un focus specifico sui problemi posti dall’avvento delle nuove tecnologie digitali, dalla robotica e alla Realtà Aumentata.
Soprattutto, il romanzo cerca di leggere una realtà in cui i confini tra il reale e l’irreale, l’analogico e il digitale, sono sempre più sfumati.Un mondo immaginario ma forse non così lontano dalla realtà attuale. Popolato da robot, androidi, simulacri, dove è difficile distinguere fra Intelligenze Artificiali e Naturali.
Anche i rinvii fra testo e metatesto (i dialoghi fra lo Scrittore e la sua Ombra) e le programmatiche interruzioni nella narrazione, che pure ne fanno parte integrale (Interludi, bonus track), rientrano nello schema di un’opera che non esclude niente, ivi comprese le critiche all’opera stessa e le risposte a queste critiche.
Tornando al punto di partenza, il Test iniziale vuole dunque rendere consapevole il Lettore del particolare “romanzo” che ha in mano. E serve a forgiare un pubblico non riconducibile a quelli standard, ma che andrà definendosi ex novo, trasversalmente a “target” di lettori che l’editoria tradizionale considera appartenenti a silos non comunicanti: i fan di Fellini e i collezionisti di manga, gli amanti di Shakespeare e gli appassionati di Netflix, gli esperti di robotica e la generazione cresciuta con i Pink Floyd, i visitatori dei musei e gli addicted ai videogiochi online. E molti, molti altri.
La scrittura e le immagini
Un momento dedicato durante la presentazione al Book Pride lo meriteranno anche i personaggi del libro. Firmato con lo pseudonimo di Federico D. Fellini, narra, abbiamo detto, le vicende ambientate in una Rimini onirica che richiama ovviamente l’immaginario di Amarcord, ma allo stesso tempo rimanda a un futuro vagamente distopico.
Così descrive la situazione la retrocopertina del romanzo: «Una Rimini stroboscopica (la sua “visione potrebbe danneggiare i nervi delle persone fotosensibili”) alla vigilia dell’Armageddon, tra androidi, ologrammi, avatar e spettrali Artisti Dannati precognitivi: qui si svolgono le avventure di un bizzarro gruppo d’irredimibili vitelloni – il Roc (che viene da un’altra dimensione, con una missione da compiere, ma ha dimenticato quale); il poetico JubJub (incrocio fra l’avvoltoio e il pollo); il Maestro, eccentrico neuroscienziato; il Piccolo Ed, genio dell’informatica misogino; il Pescivendolo, tenutario del locale bordello; il loquace Capitano e la sua Ciurma; Tim, Custode dell’Asilo Kandinskij; il romantico Jay; due bellissime gemelle, la copista Daisy e l’influencer Helen… Il racconto è una metafora dei cambiamenti in atto: con la prevalenza della Realtà Virtuale su quella analogica, del macchinico sull’umano, dell’Intelligenza Artificiale su quella naturale. E del senso che in tutto ciò assumono la letteratura e le Arti, sotto attacco anche di cancel culture, neopuritanesimi e militanze cieche».
Al centro di Ariminum Circus si pone quindi la relazione fra scrittura e immagini: quelle della pittura, della scultura, della fotografia, dei fumetti, della televisione, del cinema, della moda, del design, di Internet, della metafisica. Le immagini dei sogni della cui materia siamo sempre più intessuti. Ariminum Circus è un’indagine sul significato che le immagini hanno oggi, in un’epoca dove prevalgono di gran lunga sulla parola: esprime il bisogno di esplorare la parola scritta nella sua tensione verso l’immagine, o meglio nell’interferenza espressiva e cognitiva che la lega all’immagine.
Del resto, già nel 1969, Dino Buzzati (la taverna–lounge bar Alla Fortezza Bastiani è non a caso il centro narrativo di Ariminum Circus, il luogo in cui si incrociano i destini dei suoi protagonisti) per spiegare le ragioni che lo avevano condotto a esprimersi, con Poema a fumetti, attraverso un mezzo allora considerato lontano dalla letteratura, e anzi per alcuni pericoloso e diseducativo, dichiarava: «Perché ho scritto un romanzo a fumetti? Perché mi sono illuso, disegnando, di poter dire cose che con le parole non sarei riuscito a dire abbastanza chiaramente. E poi anche perché credo che si vada verso una civiltà dell’informazione sempre più visiva».
I ripetuti riferimenti ad Autori “visuali” per eccellenza, da Platone a Calvino, rinforzano in Ariminum Circus la coerenza di una ricerca il cui senso è confermato sia dalla scelta del titolo (che rimanda al Circo del mondo come sogno e sua rappresentazione, in tutte le possibili accezioni) sia dello pseudonimo, dove la misteriosa D. che qualifica i personaggi chiave del manga One Piece s’incunea fra il nome e il cognome del Maestro di Rimini, il regista più di tutti onirico. Sotto questo profilo, il progetto trova il suo naturale completamento nelle illustrazioni realizzate per Ariminum Circus da Marcello D. Minghetti.
La critica al sistema editoriale
L’indagine si trasforma infine in una critica al sistema editoriale italiano: alla sua incapacità di capire e quindi gestire l’innovazione che viene dal rapporto fra scrittura e immagine, scaturito dalla conflagrazione in atto fra diversi sistemi massmediali.
Davanti a questo selvaggio nuovo mondo l’editoria italiana a tutti i livelli non trova di meglio che arroccarsi su posizioni di retroguardia, specie quando una proposta fuori dal coro del politicamente corretto viene da un Autore italiano, salvo abbracciare magari con vent’anni di ritardo proposte simili di Scrittori americani che danno maggiori garanzie di vendita (come il già citato Ballardismo applicato di Sellars).
Si tratta dunque di una critica radicale ben diversa da quelle svolte dall’interno del sistema stesso e con modalità narrative tradizionali (vedi per tutti Essere Nanni Moretti di Culicchia) che confermano il sistema nella sua immutabilità.
E non dimenticate la Pop Ape Special Edition!
Mi fermo qui.
Ci vediamo fra poche ore al Superstudio Maxi di Milano, via Moncucco 35, in Sala Lagos, per conversare insieme di tutto questo… e molto altro.
Ricordo che verrà regalata una copia di Ariminum Circus Stagione 1 ai primi 20 che si presenteranno avendo scaricato la Pop Ape Special Edition Book Pride 2025 dal canale Pop Management di Whatsapp.
92 – continua
Copertina di Marcello Minghetti (Mosaico per Ariminum Circus Stagione 1)
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