Immagine di Marcello Minghetti per Ariminum Circus Stagione 1

Prolegomeni al Manifesto del Pop Management 84. Engagement Pop. Dare voce in capitolo

Di cosa parliamo quando parliamo di Engagement

In Prolegomeni 83 abbiamo cominciato a sviscerare il “paradosso dell’Engagement”. Da una parte le aziende sanno bene di essere in un momento di profonda trasformazione legata ai processi di cambiamento digitale in atto che porteranno presto non solo all’automatizzazione di molti processi, ma anche all’uso sempre più estensivo di chatbot e Intelligenza Artificiale. D’altro canto, il fattore umano è sempre più rilevante, ma tutti i dati segnalano persone che sul lavoro sono sempre più “disengaged”.

Per venire a capo del busillis, la prima cosa da fare è chiarirci meglio le idee, ovvero porci la domanda: di cosa parliamo, esattamente, quando parliamo di Engagement?

Su un sito governativo inglese leggiamo: «Ci sono numerose definizioni di Employee Engagement. Ne riteniamo particolarmente significative due:

  • la definizione di The Work Foundation: “Il termine Employee Engagement descrive il coinvolgimento (commitment) emotivo ed intellettuale dei dipendenti nei confronti della loro organizzazione e nei suoi successi. Gli impiegati “Engaged” sperimentano uno scopo convincente e un significato nel loro lavoro, che li spinge ad impegnarsi per l’ottenimento degli obiettivi aziendali“;
  • la definizione di The Best Companies: “L’Engagement può essere definito come ciò che spinge un dipendente a mettere in campo il proprio ingegno e tutte le proprie risorse per il bene dell’organizzazione. A un livello più intuitivo, l’Engagement si riferisce a come le persone si comportano sul lavoro. Ovvero alla misura in cui  le persone di un’organizzazione sanno quello che devono fare e volentieri si impegnano a loro discrezione per farlo. E’ la differenza tra andare a lavorare per fare un lavoro adeguatamente retribuito e andare a lavorare per dare davvero il meglio di sé, mostrando creatività e di propria iniziativa”».

In ultima analisi, «l’Engagement ha una diretta ricaduta sulle prestazioni. Se gli individui lavorano al top del loro potenziale, allora i gruppi di lavoro, le divisioni, i dipartimenti e l’intera organizzazione lavoreranno in modo più efficace. I clienti riceveranno un servizio migliore. L’efficienza migliorerà. Le perdite di tempo saranno ridotte».

Dunque, concludono gli autori della pagina, l’Engagement non è solo il grado di “soddisfazione” sul lavoro, o persino di felicità, magari misurabile con i vecchi attrezzi quantitativi del taylorismo. Si tratta di co-creazione di significato (vedi Prolegomeni 43), di assunzione di responsabilità verso se stessi e gli altri (Prolegomeni 76), di condivisione di valori (convivialità, Prolegomeni 34), di una scelta autonoma e creativa (Prolegomeni 7). In altre parole, delle colonne portanti della Social Organization evoluta in Hypermedia Platfirm (Prolegomeni 30 e seguenti in Organizzazione Pop).

Non a caso il manifesto del guru americano dei social media Brian Solis (autore anche di The End of Business As usual)  si intitola Engage!, mentre Jacob Morgan in The Collaborative Organization (McGraw-Hill, 2012) sottolinea il legame fra l’Engagement e la produzione di nuove idee «La cosa più importante che la collaborazione consente ai dipendenti è formare legami e connessioni tra loro, ovvero costruire relazioni». Una impostazione che sarebbe piaciuta a Platone che nel Fedro afferma: «Se esistesse un mezzo per mettere insieme una città o un esercito fatti solo di amanti, essi si darebbero certamente il miglior governo che ci sia».

Prosegue Morgan: «Queste relazioni fra dipendenti coinvolti (engaged employees) sono quelle che portano nuove idee all’interno delle organizzazioni. Quanto più i dipendenti possono condividere, comunicare, collaborare e coinvolgersi (engage with) uno con l’altro, maggiore è il flusso delle idee. Queste idee possono essere nuove opportunità di guadagno, strategie di riduzione dei costi, consigli per il miglioramento della produttività, miglioramenti nello sviluppo dei prodotti, eccetera».

L’Engagement è un comportamento

In letteratura così come nella percezione del management delle grandi aziende, dunque, prevale la visione di Engagement come connessione psicologica ed emozionale con la mission e i valori aziendali. Ma questo stato psicologico di attaccamento all’azienda è solo una premessa del vero Engagement, che peraltro, sostiene la Pop Opinionist e Direttrice del Center for Employee Relations and Communication (CERC) dell’Università IULM Alessandra Mazzei,  resta «un concetto poliedrico: a seconda da dove lo guardi assume un significato specifico. Vediamo alcuni di questi significati e preciso subito che il milieu della cultura Pop ci porterà a usare molti termini in inglese: la lingua della cultura manageriale Pop a livello globale. Di quali concetti di Engagement stiamo parlando? Eccoli: il Behavioral Engagement, il Co-workers’ communicative Engagement, il Co-creational employee Engagement approach, l’Affective and Social Engagement» (Prolegomeni 77).

In sintesi, il collaboratore pienamente Engaged è quello che agisce in modo strategico e orientato a obiettivi rilevanti per l’organizzazione, sia nello svolgimento del proprio ruolo sia al di là di questo. Per esempio, profonde energie per innovare, si propone come Brand Ambassador, difende la propria azienda da critiche. È questa sorta di eroismo Pop (l’enfasi sul dipendente come supereroe è stata sfruttata dalle aziende in tutti i modi possibili e immaginabili)  che costruisce il vantaggio competitivo: perché si concretizza in azioni a supporto dell’azienda. L’Engagement più rilevante è quello comportamentale.

Avere voce in capitolo

Approfondiamo questo aspetto. Il concetto di Engagement così inteso è centrato sul legame psicologico ed emozionale con la mission e i valori aziendali che deve generare comportamenti proattivi messi in atto dal collaboratore per realizzare una buona performance anche al di là del proprio ruolo. Ciò significa che assume sempre maggiore rilevanza il dialogo tra manager e collaboratori.

I collaboratori engaged tendono a far sentire la propria “voce”, cioè a condividere con il management idee, suggerimenti e opinioni, incluso il dissenso costruttivo, mosso dall’intenzione di migliorare l’organizzazione (ne parlo più diffusamente in un’intervista di prossima pubblicazione su Mark Up: stay tuned!). Favorire l’Engagement equivale dunque a costruire un contesto organizzativo (meglio: una comunità narrativa) in cui i collaboratori si sentano liberi di esprimersi, caratterizzato dal dialogo franco, dal rispetto reciproco, dall’autenticità : un valore, quest’ultimo (vedi Prolegomeni 73), che è alla base della Leadership Pop in quanto caratteristica chiave dell’influencer (e del manager convocativo, vedi Prolegomeni 41) di successo: «come dice la sociologa americana Emily Hund in un bel libro appena tradotto da Einaudi (L’industria degli influencer, pp. 237) il valore primario su cui tutti costoro fondano la loro fortuna, o quanto meno provano a farlo, è quello dell’autenticità, della veridicità delle loro condotte, di una specie di sincerità intrinseca a partire da cui catturare masse di seguaci»[i].

Nei termini dello Humanistic e del Pop Management questo significa ridare valore alla “voce in capitolo” che, come insegna Piero Trupia, trae le sue origini dall’abbazia benedettina, comunità di preghiera e di meditazione e impresa produttiva, modello radicato per eccellenza nella cultura popolare e ancora valido per l’esercizio manageriale.

«L’obiettivo di Benedetto fu la rinascita dell’Italia dopo le devastazioni barbariche. Si occupavano i terreni paludosi e malarici, li si bonificava, li si coltivava. La prima abbazia nacque a Monte Cassino e il modello si diffuse in Europa e nel mondo. Benedetto scrisse una dettagliata regola e stabilì che la spiritualità aveva da essere terrestre, per trasformare il mondo. Optò per il monachesimo cenobitico, comunitario, rispetto a quello anacoretico, solitario. Preghiera, meditazione e produzione di beni e servizi. Dall’ambiente si attingeva manodopera retribuita e curata nel dispensario con i farmaci prodotti direttamente. In vecchiaia un antesignano trattamento pensionistico.

Il primo impegno fu la raccolta dei codici scampati alla distruzione barbarica. Il governo dell’abbazia fu centrato sul Capitolo, il consiglio di tutti i monaci presieduto dall’abate, da essi eletto e deposto se non all’altezza. Nel Capitolo tutti i monaci avevano… voce in capitolo. Elettive tutte le cariche: il priore, un direttore generale, il padre guardiano, addetto alla sicurezza, il cellario, addetto alla dispensa, e così via. Con Benedetto nacque l’impresa e la governance per gestirla».[ii]

Oggi la rilevanza della voce per le aziende è decisiva, visto che in contesti organizzativi tradizionali sono più facili la segnalazione e la riprovazione sociale per cattive pratiche (spesso individuate in quelle che si oppongono al populismo dilagante del pensiero woke, anche se per fortuna questo fenomeno è in via di ridimensionamento, vedi Prolegomeni 43), invece che il riconoscimento positivo dei comportamenti altruistici, il contenimento delle discriminazioni e dell’illegalità.

Molto spesso nelle aziende si consolida la convinzione che tacere è preferibile all’esporsi perché i manager sono convinti di conoscere come agire, detestano essere contraddetti e vivono i suggerimenti e le opinioni dei collaboratori come attentati alla loro autorità. E i collaboratori si rifugiano nel silenzio, nell’abulia o in attività di vero e proprio sabotaggio con modalità non troppo diverse da quelle indicate da Swift in un suo aureo libretto, Le Istruzioni alla servitù (1745).

84 – continua

Copertina di Marcello Minghetti (Mosaico per Ariminum Circus Stagione 1)

Puntate precedenti

1 – DALLO HUMANISTIC AL POP MANAGEMENT
2 – MANIFESTI, ATLANTI, MAPPE E TERRITORI
3 – IL MANAGER PORTMANTEAU
4 – WHICH WAY, WHICH WAY?
5 – LEADERSHIP POP (LEZIONI SHAKESPEARIANE)
6 – OPINION PIECE DI RICCARDO MAGGIOLO
7 – LEADERSHIP POP (APERTURA, AUTONOMIA, AGIO, AUTO-ESPRESSIONE)
8 – OPINION PIECE DI JOSEPH SASSOON
9 – OPINION PIECE DI CESARE CATANIA
10 – OPINION PIECE DI VANNI CODELUPPI
11 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO GIAUME
12 – COLLABORAZIONE POP. L’IRRESISTIBILE ASCESA DELLE COMMUNITY INTERNE
13 – COLLABORAZIONE POP. L’EMPATIA SISTEMICA
14 – COLLABORAZIONE POP. LE COMMUNITY AZIENDALI: UNO STATO DELL’ARTE, PARTE PRIMA
15 – COLLABORAZIONE POP. LE COMMUNITY AZIENDALI: UNO STATO DELL’ARTE, PARTE SECONDA
16 – OPINION PIECE DI MATTEO LUSIANI
17 – OPINION PIECE DI MARCO MILONE
18 – OPINION PIECE DI ALESSIO MAZZUCCO
19 – OPINION PIECE DI ALESSANDRA STRANGES
20 – OPINION PIECE DI FRANCESCO VARANINI
21 – ORGANIZZAZIONE  POP. COMANDO, CONTROLLO, PAURA, DISORIENTAMENTO
22 – OPINION PIECE DI ROBERTO VERONESI
23 – OPINION PIECE DI FRANCESCO GORI
24 – OPINION PIECE DI NELLO BARILE
25 – OPINION PIECE DI LUCA MONACO
26 – OPINION PIECE DI RICCARDO MILANESI
27 – OPINION PIECE DI LUCA CAVALLINI
28 – OPINION PIECE DI ROBERTA PROFETA
29 – UN PUNTO NAVE
30 – ORGANIZZAZIONE  POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CURA)
31 – OPINION PIECE DI NICHOLAS NAPOLITANO
32 – LEADERSHIP POP. VERSO L’YPERMEDIA PLATIFIRM (CONTENT CURATION)
33 – OPINION PIECE DI FRANCESCO TONIOLO
34 – ORGANIZZAZIONE  POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CONVIVIALITA’)
35 – OPINION PIECE DI LUANA ZANELLATO
36 – OPINION PIECE DI ANDREA BENEDETTI E ISABELLA PACIFICO
37 – OPINION PIECE DI STEFANO TROILO
38 – OPINION PIECE DI DAVIDE GENTA
39 – OPINION PIECE DI ANNAMARIA GALLO
40 – INNOVAZIONE POP. ARIMINUM CIRCUS: IL READING!
41 – ORGANIZZAZIONE  POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CONVOCAZIONE)
42 – OPINION PIECE DI EDOARDO MORELLI
43 – ORGANIZZAZIONE  POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CO-CREAZIONE DI VALORE)
44 – OPINION PIECE DI MARIANNA PORCARO
45 – OPINION PIECE DI DONATO IACOVONE
46 – OPINION PIECE DI DENNIS TONON
47 – OPINION PIECE DI LAURA FACCHIN
48 – OPINION PIECE DI CARLO CUOMO
49 – OPINION PIECE DI CARLO MARIA PICOGNA
50 – OPINION PIECE DI ROBERTO RAZETO
51 – OPINION PIECE DI ALBERTO CHIAPPONI
52 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO ANTONINI
53 – OPINION PIECE DI ALESSANDRA PILIA
54 – OPINION PIECE DI CLEMENTE PERRONE
55 – OPINION PIECE DI FABRIZIO RAUSO
56 – OPINION PIECE DI LORENZO TEDESCHI
57 – OPINION PIECE DI EUGENIO LANZETTA
58 – OPINION PIECE DI GIOLE GAMBARO
59 – OPINION PIECE DI DANTE LAUDISA
60 – OPINION PIECE DI GIAMPIERO MOIOLI
61 – OPINION PIECE DI GIOVANNI AMODEO
62 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO LOTTO
63 – OPINION PIECE DI GIANLUCA BOTTINI
65– OPINION PIECE DI SIMONE FARINELLI
66– OPINION PIECE DI FRANCESCA ANNALISA PETRELLA
67– OPINION PIECE DI VALERIO FLAVIO GHIZZONI
68– OPINION PIECE DI STEFANO MAGNI
69– OPINION PIECE DI LUCA LA BARBERA
70 – INNOVAZIONE POP. ARIMINUM CIRCUS: LA GRAPHIC NOVEL!
71 – LEADERSHIP POP. APOFATICA E CATAFATICA DELLA COMUNICAZIONE
72 – OPINION PIECE DI FEDERICA CRUDELI
73– OPINION PIECE DI MELANIA TESTI
74 – OPINION PIECE DI GIANMARCO GOVONI
75– OPINION PIECE DI MARIACHIARA TIRINZONI
76 – SENSEMAKING POP. LODE DELLA CATTIVA COSCIENZA DI SE’
77 – OPINION PIECE DI ALESSANDRA CAPPELLO E ALESSANDRA MAZZEI
78 – OPINION PIECE DI JOE CASINI
79 – OPINION PIECE DI MARTA CIOFFI
80 – STORYTELLING POP. VERSO IL POP BRANDING (PARTE PRIMA)
81 – STORYTELLING POP. VERSO IL POP BRANDING (PARTE SECONDA)
82 – STORYTELLING POP. VERSO IL POP BRANDING (NOTE A MARGINE)
83 – ENGAGEMENT POP. IL MANAGER INGAGGIANTE IMPARA DAI POKEMON

[i] Gianfranco Marrone, Influencer: l’industria dell’autenticità, Doppiozero, 20 Giugno 2024. L’articolo, benché faccia trasparire una visone dell’influencer come modello di comunicazione persuasiva, dunque anti-convocativa – giusta la lezione di Piero Trupia in Potere di convocazione, che riprendo in Intelligenza Collaborativa – è interessante anche per la distinzione che sviluppa al suo interno fra influencer e testimonial, figura quest’ultima che nell’ambito del Pop Management può essere paragonata a quella dell’Ambassador aziendale, il cui ruolo è cruciale per aumentare sia l’engagement interno sia la reputation pubblica del brand. Interessante anche la rassegna video realizzata da Oltre La Media Group  in occasione dell’edizione 2024 dei Touchpoint Days Engagement, che gioca sulla dicotomia “Influencer vs Guru”:

[ii] Cfr.: Addio a Trupia, filosofo del linguaggio