Immagine di Marcello Minghetti per Ariminum Circus Stagione 1

Prolegomeni al Manifesto del Pop Management 79 – Storytelling Pop. Opinion Piece di Marta Cioffi

Ecco come si descrive Marta Cioffi, la Pop Opinionist di oggi: «Sono un’appassionata di comunicazione digitale, con oltre 10 anni di esperienza nel costruire strategie digitali che mettono al centro le persone e le loro esigenze. Quello che mi guida ogni giorno è la convinzione che dentro a ogni brand ci siano storie uniche, che meritano di essere raccontate in modo autentico e coinvolgente, attraverso il digitale.

Attualmente sono Digital Communication Manager in Bip Red, dove mi occupo di progettare soluzioni che combinano creatività e dati, per generare valore reale. Il mio approccio si basa sulla capacità di navigare un panorama in continuo cambiamento, sfruttando le opportunità che il digitale offre per creare relazioni autentiche e durature tra i brand e il loro pubblico, all’esterno ma anche all’interno dell’organizzazione.

Mi concentro su strategie flessibili, capaci di raccontare storie coerenti su più canali, per garantire che il messaggio di un brand arrivi in modo fluido, chiaro e coinvolgente».

Quando i brand parlano il Pop

Marta Cioffi

Entrare nella vita delle persone

Quando ho iniziato a leggere gli Opinion Piece raccolti da Marco Minghetti attorno al Pop Management, mi è venuto naturale ragionare su come i brand possano trasferire un approccio pop all’interno e all’esterno delle organizzazioni. Le riflessioni condivise da diversi autori nei loro contributi su leadership, cambiamenti organizzativi, ingaggio o innovazione mi hanno portata a considerare quanto questo linguaggio, radicato nella cultura popolare e nelle emozioni condivise, costituisca un potente strumento di storytelling a disposizione delle aziende.

La cultura Pop non è solo un mezzo di comunicazione, ma un vero e proprio ponte capace di unire, creando connessioni che trascendono le generazioni, i ruoli e i confini organizzativi. Questo approccio, se abbracciato in modo autentico, può trasformarsi in una leva strategica per coinvolgere le persone, sia all’interno delle organizzazioni che nel loro dialogo con il mondo esterno, consolidando un senso di appartenenza e di comunità.

Oggi, è chiaro: parlare solo di prodotti non basta più. Il vero obiettivo dei brand è entrare nella vita delle persone, nei loro sogni, nelle loro emozioni, nei loro riferimenti culturali. Ma come riuscirci? Una strada possibile è imparare a parlare il linguaggio che le persone usano ogni giorno: quello della cultura Pop, fatto di meme, tendenze, musica, eventi sociali e riferimenti condivisi. I brand devono diventare compagni di viaggio nelle esperienze quotidiane.

Non si tratta più di lanciare un messaggio, ma di creare esperienze autentiche che parlino direttamente al cuore di chi ascolta. La Pop Communication non è una moda passeggera: è una vera e propria strategia che ha il potere di trasformare la quotidianità.

La cultura Pop è il linguaggio che unisce

È fatta di immagini, suoni, tendenze e social che trascendono le barriere, creando un terreno comune tra persone, generazioni e mondi lontani. Ecco il punto: non si tratta solo di fare pubblicità, ma di essere presenti nelle conversazioni quotidiane, nei momenti condivisi che vanno ben oltre il consumo.

Spotify, con il suo evento Wrapped trasforma dati altrimenti anonimi in un’esperienza personale e globale. Ogni anno, il brand crea un riassunto musicale per ogni utente, con canzoni e artisti più ascoltati, trasformandoli in una sorta di “storia personale” raccontata attraverso uno storytelling Pop. Questo resoconto viene poi condiviso online da milioni di persone, creando una connessione globale tra chi celebra passioni musicali comuni. È un modo per far sentire ogni utente protagonista di una narrazione musicale condivisa.

Coca-Cola, invece, ci fa sentire parte di un rituale collettivo. Ha costruito il suo marchio attorno all’idea di comunità e celebrazione. Le sue bottiglie, spesso personalizzate con messaggi o edizioni speciali (come nella celebre campagna “Share a Coke”), diventano simboli di momenti condivisi, da una festa a una pausa rinfrescante. Ogni bottiglia rappresenta più di un semplice prodotto: è parte di un’esperienza sociale che ci fa sentire connessi agli altri, trasformando il brand in un catalizzatore di emozioni collettive.

Questi esempi non raccontano solo di marchi: raccontano di esperienze che vanno oltre il prodotto, che ci fanno sentire parte di qualcosa di più grande. Come sottolinea anche Marianna Porcaro, “il vero potere dello storytelling risiede qui: nella capacità di creare comunità attraverso narrazioni condivise, generando conversazioni globali in cui brand e consumatori interagiscono”.

Essere rilevanti vuol dire essere parte della conversazione

Un brand davvero rilevante non può restare ai margini: deve diventare un facilitatore di esperienze. Non basta inserirsi nel flusso comunicativo; bisogna capirlo, interpretarlo e, soprattutto, essere parte integrante della vita delle persone.

Matteo Lusiani ci ricorda che “Gestire un Brand vuol dire cultura”, riportando alla nostra attenzione quanto oggi le storie dei brand possano plasmare “una parte significativa della nostra cultura e attraverso le loro azioni contribuiscono a cambiare la società”.

E infatti, ciò che rende un brand rilevante non è solo il prodotto, ma la sua capacità di diventare un attore sociale e culturale. Un prodotto diventa una delle tante sfaccettature dell’esperienza che il brand offre. Non si tratta solo di vendere oggetti, ma di proporre un senso di appartenenza, una connessione emotiva che supera la mera transazione economica.

La chiave per connettersi davvero è l’autenticità. La cultura Pop non può essere usata come una formula preconfezionata: deve nascere dal vissuto delle persone. Un meme, un trend, un’immagine possono diventare il filo conduttore di una conversazione, ma solo se sono radicati in esperienze reali.

Spotify con Wrapped non fa altro che dare voce agli utenti, trasformando la personalizzazione in una festa collettiva. Non si limita a raccogliere dati, ma di rendere le persone protagoniste di un’esperienza partecipativa. Perché il futuro della comunicazione non riguarda solo i consumatori, ma le storie condivise. 

Un linguaggio per ogni generazione

Ogni generazione ha il suo linguaggio Pop. Per i Baby Boomers e la Generazione X, la cultura Pop è legata a eventi storici e sociali che hanno segnato epoche specifiche, come la rivoluzione musicale degli anni ’60 o il boom economico. La loro cultura Pop è radicata in esperienze che hanno vissuto, e per questo si manifesta attraverso simboli e immagini che evocano nostalgia. Campagne come quelle di Mulino Bianco evocano ricordi condivisi, creando una connessione emotiva che attraversa il tempo.

Per i Millennial e la Generazione Z, invece, la cultura Pop è un universo digitale fluido, plasmato dalle piattaforme social e da un continuo susseguirsi di immagini e tendenze che nascono e muoiono in pochi giorni. Queste generazioni vivono immerse in un mondo interconnesso, dove la cultura Pop è un’esperienza condivisa online. Brand come Coca-Cola catturano questa fluidità adattandosi in tempo reale ai linguaggi visivi e alle piattaforme come TikTok e Instagram, parlando direttamente ai giovani.

Mai come oggi, le aziende stesse riflettono questa pluralità generazionale. La diversità non è una barriera, ma una forza per la Pop communication. Per questo motivo “un’organizzazione moderna…deve re-imparare a parlare” e il Pop, per sua natura, è un linguaggio plurale che parla a tutti, ma in modi diversi.

Nel confronto generazionale in azienda emerge con forza il Pop Leader, capace di adottare un approccio comunicativo flessibile che si adatti ai valori e linguaggi specifici di ogni generazione. Un un mediatore culturale, capace di adattare parole e simboli alle diverse community con cui interagisce, favorendo l’inclusione e valorizzando le peculiarità di ciascun gruppo.

Questa abilità è cruciale in organizzazioni sempre più multigenerazionali, dove le differenze devono essere unificate senza annullare le identità specifiche (vedi approfondimento su sensemaking Pop di Roberto Razeto).

Un viaggio condiviso tra interno ed esterno

La convivenza generazionale, dentro e fuori le aziende, è il terreno ideale dove la Pop communication può davvero fiorire. Non si tratta più di segmentare i messaggi per target, ma di creare un linguaggio capace di intrecciare simboli, immagini e valori universali che parlano a tutti. La cultura Pop è fluida, aperta, e la sfida per i brand è quella di usarla per tessere una narrazione che unisca le diversità senza omologarle.

In un mondo dove le generazioni si mescolano, l’obiettivo di un brand non è solo quello di intercettare il linguaggio della cultura Pop, ma di trasformarsi in un punto di incontro, in un luogo dove le diversità si confrontano e si arricchiscono a vicenda. La Pop communication non è solo un veicolo di marketing, ma una strategia che deve vivere in ogni angolo dell’organizzazione.

Non è quindi solo ciò che il pubblico percepisce all’esterno, ma deve essere vissuta anche all’interno dell’azienda. Se i dipendenti non respirano la cultura del brand, come può un marchio essere autentico per il suo pubblico?

Spotify, per esempio, vive la musica non solo come prodotto, ma come cultura aziendale: da concerti privati e sessioni di ascolto di album in anteprima, ad attività che stimolano la creatività musicale. I team possono lavorare su progetti legati a playlist personalizzate, eventi musicali globali e collaborazioni con artisti, facendo sì che la musica non sia solo un prodotto da distribuire, ma una parte integrante della cultura aziendale. L’intera atmosfera è permeata da un impegno verso la diversità musicale e la libertà creativa, creando un ambiente stimolante dove le idee fluiscono liberamente, proprio come la musica che l’azienda rappresenta.

Coca Cola, invece, ha costruito un’atmosfera che è tanto un modo di vivere quanto un prodotto da consumare, unendo i dipendenti in una missione comune e in un’identità culturale condivisa. Un esempio pratico è il “Coca-Cola Open Happiness Program”, che non solo è una campagna esterna, ma anche un’iniziativa che coinvolge i dipendenti in eventi sociali e team-building. I dipendenti partecipano a iniziative come volontariato collettivo, competizioni creative per creare nuovi prodotti e sfide interne per migliorare la sostenibilità del brand. Tutti sono incoraggiati a sentirsi parte di un marchio che non è solo commerciale, ma un simbolo di gioia e unione, che si riflette sia nel lavoro quotidiano che nel modo in cui si relazionano con il pubblico.

Amplificare l’esperienza Pop

“Non c’è un modello o uno strumento univoco, abbiamo tanti format che ci aiutano a dare la forma più adatta al messaggio in base al contesto comunicativo e ai suoi attori”. Ma sicuramente la tecnologia è oggi l’alleata ideale per la Pop communication. Realtà aumentata, esperienze immersive e piattaforme digitali sono il terreno perfetto dove i brand possono connettersi con il pubblico.

Le piattaforme digitali sono il terreno ideale per amplificare il messaggio Pop. Social media come TikTok, Instagram e YouTube rappresentano una cassa di risonanza globale per le campagne di Pop communication. Attraverso challenge, filtri personalizzati e contenuti virali, i brand possono trasformare il consumatore in un vero e proprio ambasciatore del marchio. Un esempio perfetto è la campagna di TikTok di Louis Vuitton, dove gli utenti hanno reinterpretato con il loro stile personale i look della nuova collezione, creando una catena di contenuti condivisi che ha raggiunto milioni di persone.

La sfida più grande, tuttavia, è quella di rimanere autentici. Le esperienze tecnologiche devono essere progettate per arricchire la vita delle persone, non per invadere i loro spazi. Un’esperienza Pop digitale funziona solo se si integra in modo naturale nella vita del pubblico, senza sembrare forzata o artificiosa. La tecnologia non deve essere un semplice veicolo, ma un elemento che rafforza il legame emotivo tra il brand e le persone, creando un’esperienza che sia al tempo stesso immersiva e umana.

Il futuro del branding passa da qui: offrire un’esperienza che lasci un segno, che racconti una storia, che crei connessioni reali in un mondo sempre più digitale. E la cultura Pop, con il suo linguaggio universale, è la chiave per rendere ogni esperienza tecnologica non solo memorabile, ma anche profondamente significativa.

Quando un brand parla la lingua della cultura Pop, non sta solo vendendo qualcosa. Entra nei cuori delle persone, diventa parte della loro realtà. Ciò che resta nel tempo non è solo un prodotto, ma un’esperienza, un ricordo che continua a vivere.

Ecco il potere della Pop communication: trasformare un brand in qualcosa da vivere, un’esperienza che diventa parte della quotidianità delle persone, simbolo di emozioni vere e connessioni autentiche.

79 – continua

Copertina di Marcello Minghetti (Mosaico per Ariminum Circus Stagione 1)

Puntate precedenti

1 – DALLO HUMANISTIC AL POP MANAGEMENT
2 – MANIFESTI, ATLANTI, MAPPE E TERRITORI
3 – IL MANAGER PORTMANTEAU
4 – WHICH WAY, WHICH WAY?
5 – LEADERSHIP POP (LEZIONI SHAKESPEARIANE)
6 – OPINION PIECE DI RICCARDO MAGGIOLO
7 – LEADERSHIP POP (APERTURA, AUTONOMIA, AGIO, AUTO-ESPRESSIONE)
8 – OPINION PIECE DI JOSEPH SASSOON
9 – OPINION PIECE DI CESARE CATANIA
10 – OPINION PIECE DI VANNI CODELUPPI
11 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO GIAUME
12 – COLLABORAZIONE POP. L’IRRESISTIBILE ASCESA DELLE COMMUNITY INTERNE
13 – COLLABORAZIONE POP. L’EMPATIA SISTEMICA
14 – COLLABORAZIONE POP. LE COMMUNITY AZIENDALI: UNO STATO DELL’ARTE, PARTE PRIMA
15 – COLLABORAZIONE POP. LE COMMUNITY AZIENDALI: UNO STATO DELL’ARTE, PARTE SECONDA
16 – OPINION PIECE DI MATTEO LUSIANI
17 – OPINION PIECE DI MARCO MILONE
18 – OPINION PIECE DI ALESSIO MAZZUCCO
19 – OPINION PIECE DI ALESSANDRA STRANGES
20 – OPINION PIECE DI FRANCESCO VARANINI
21 – ORGANIZZAZIONE  POP. COMANDO, CONTROLLO, PAURA, DISORIENTAMENTO
22 – OPINION PIECE DI ROBERTO VERONESI
23 – OPINION PIECE DI FRANCESCO GORI
24 – OPINION PIECE DI NELLO BARILE
25 – OPINION PIECE DI LUCA MONACO
26 – OPINION PIECE DI RICCARDO MILANESI
27 – OPINION PIECE DI LUCA CAVALLINI
28 – OPINION PIECE DI ROBERTA PROFETA
29 – UN PUNTO NAVE
30 – ORGANIZZAZIONE  POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CURA)
31 – OPINION PIECE DI NICHOLAS NAPOLITANO
32 – LEADERSHIP POP. VERSO L’YPERMEDIA PLATIFIRM (CONTENT CURATION)
33 – OPINION PIECE DI FRANCESCO TONIOLO
34 – ORGANIZZAZIONE  POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CONVIVIALITA’)
35 – OPINION PIECE DI LUANA ZANELLATO
36 – OPINION PIECE DI ANDREA BENEDETTI E ISABELLA PACIFICO
37 – OPINION PIECE DI STEFANO TROILO
38 – OPINION PIECE DI DAVIDE GENTA
39 – OPINION PIECE DI ANNAMARIA GALLO
40 – INNOVAZIONE POP. ARIMINUM CIRCUS: IL READING!
41 – ORGANIZZAZIONE  POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CONVOCAZIONE)
42 – OPINION PIECE DI EDOARDO MORELLI
43 – ORGANIZZAZIONE  POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CO-CREAZIONE DI VALORE)
44 – OPINION PIECE DI MARIANNA PORCARO
45 – OPINION PIECE DI DONATO IACOVONE
46 – OPINION PIECE DI DENNIS TONON
47 – OPINION PIECE DI LAURA FACCHIN
48 – OPINION PIECE DI CARLO CUOMO
49 – OPINION PIECE DI CARLO MARIA PICOGNA
50 – OPINION PIECE DI ROBERTO RAZETO
51 – OPINION PIECE DI ALBERTO CHIAPPONI
52 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO ANTONINI
53 – OPINION PIECE DI ALESSANDRA PILIA
54 – OPINION PIECE DI CLEMENTE PERRONE
55 – OPINION PIECE DI FABRIZIO RAUSO
56 – OPINION PIECE DI LORENZO TEDESCHI
57 – OPINION PIECE DI EUGENIO LANZETTA
58 – OPINION PIECE DI GIOLE GAMBARO
59 – OPINION PIECE DI DANTE LAUDISA
60 – OPINION PIECE DI GIAMPIERO MOIOLI
61 – OPINION PIECE DI GIOVANNI AMODEO
62 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO LOTTO
63 – OPINION PIECE DI GIANLUCA BOTTINI
65– OPINION PIECE DI SIMONE FARINELLI
66– OPINION PIECE DI FRANCESCA ANNALISA PETRELLA
67– OPINION PIECE DI VALERIO FLAVIO GHIZZONI
68– OPINION PIECE DI STEFANO MAGNI
69– OPINION PIECE DI LUCA LA BARBERA
70 – INNOVAZIONE POP. ARIMINUM CIRCUS: LA GRAPHIC NOVEL!
71 – LEADERSHIP POP. APOFATICA E CATAFATICA DELLA COMUNICAZIONE
72– OPINION PIECE DI FEDERICA CRUDELI
73– OPINION PIECE DI MELANIA TESTI
74– OPINION PIECE DI GIANMARCO GOVONI
75– OPINION PIECE DI MARIACHIARA TIRINZONI
76 – SENSEMAKING POP. LODE DELLA CATTIVA COSCIENZA DI SE’
77 – OPINION PIECE DI ALESSANDRA CAPPELLO E ALESSANDRA MAZZEI
78 – OPINION PIECE DI JOE CASINI