Immagine di Marcello Minghetti per Ariminum Circus Stagione 1

Prolegomeni al Manifesto del Pop Management 72 – Leadership Pop. Opinion Piece di Federica Crudeli

Federica Crudeli ama definirsi un’anima artistica prestata all’economia: il filo rosso della sua vita professionale è il binomio relazione-comunicazione.

Ha lavorato venti anni in Snam dove ha maturato esperienze in differenti ruoli manageriali, dall’analisi dei rischi al Marketing.

È stata testimonial nel 2019 per Valore D nel progetto Inspiring Girls per favorire la parità di genere ed ha prestato un servizio di Mentoring  per l’associazione femminile Young Women Network per due anni.

Oggi col suo progetto “lavorare col sorriso” opera come formatrice, coach sulle soft skills e consulente aziendale con progetti pensati ad hoc per specifiche esigenze usando un approccio che contamina e integra  le sue esperienze economico gestionali e umanistiche portando anche un po’ di ironia nei contesti.

Una Leadership Pop basata su consapevolezza e emozioni

Federica Crudeli

Le sfide del contesto attuale: alcuni report e dati di riferimento

La Leadership inclusiva è l’argomento più spesso portato all’onore delle cronache lavorative come l’ultima avanguardia nel management anche in connessione con tutto quanto attiene la sostenibilità e le direttive CSRD che progressivamente impatteranno un perimetro sempre più ampio di imprese.

Il contesto V.U.C.A. che caratterizza questa epoca complessa, incerta, richiede un maggior senso di coinvolgimento all’interno delle aziende che valorizzi il contributo dei singoli a prescindere dal ruolo ricoperto per restare competitivi visti i cambiamenti nei mercati, nel comportamento e abitudini di acquisto dei clienti, nella possibilità di attrarre e trattenere persone.

Tutto ciò implica l’interpretazione di un ruolo più proattivo da parte di tutti e il superamento di uno stile manageriale improntato al comando e controllo, che ancora fa la parte del leone in molti contesti organizzativi.

Il ricambio generazionale che vede attivi nel mondo del lavoro i nativi della Generazione Z, sta mettendo e continuerà a mettere a dura prova modelli di leadership sorpassati, sebbene in termini quantitativi, almeno in Italia, secondo l’ultimo report INPS, i giovani sotto i trent’anni attivi nel mondo del lavoro sfiorano appena il 30% in un paese a natalità zero e progressivo ulteriore invecchiamento.

Numerose anche le ricerche che rendicontano il basso livello di engagement dei lavoratori (ad esempio nell’ultimo report Gallup pare che per l’Italia  sia all’8%).

Mentre l’ultimo report dell’ European Confederation of Institutes of Internal Auditing riporta al secondo posto nei rischi d’impresa percepiti la gestione e ritenzione dei talenti.

Valorizzare il contributo dei singoli ed essere aperti all’altro, espressione che preferisco al termine diversità e inclusione in parte per i motivi citati in questo articolo di Marco Minghetti, impone una impronta fortemente relazionale nei contesti, che non sia più esclusivo appannaggio dei manager ma di tutta la popolazione aziendale.

L’intelligenza collaborativa, che guarda all’interdipendenza e alla cooperazione, è qualcosa a cui le persone hanno bisogno di essere allenate soprattutto se, per retaggio storico, sono state abituate più ad eseguire che pensare. Sarebbe POP una Leadership sostenibile e sopportabile- con un pizzico di ironia – nel senso umano del termine.

Softs skills e tecnocrazia

L’ultimo report WEF 2023 sulle skills valutate più importanti mette ai primi posti della classifica il pensiero analitico, quello creativo, l’auto-efficacia e la capacità di lavorare in team.

Insomma nel mondo tecnocratico per parafrasare il filosofo Galimberti, a maggior ragione le skills “umanistiche” hanno una grande importanza come elemento di connessione umana.

Anzi, con la tecnologia imperante che porta benefici sia per le aziende che le persone,  se pensiamo allo smart working, porta anche la necessità di disporre di maggior efficacia nel tenere unite persone che fisicamente magari si incontrano meno di prima.

La sfida della leadership si fa ancora più impegnativa se consideriamo che desiderio di autonomia, acquisizione di sempre maggiore padronanza e desiderio di senso di scopo che ci accompagni nel quotidiano sono diventati i maggiori driver di motivazione al lavoro (secondo D. Pink) soprattutto per le nuove generazioni che forse scuotono le generazioni precedenti.

Motivazioni che integrano , quando la remunerazione percepita è comunque congrua per soddisfare i bisogni primari, i vecchi concetti di premi e punizioni come orientatori dei comportamenti secondo il filone del comportamentismo ormai abbondantemente superato.

Gli studi condotti in molte ricerche citate da Pink nel suo libro Drive, mostrano come i premi spesso siano induttori di comportamenti virtuosi solo nel breve termine, sia per impiegati che per il Top Management, rischiando di creare dinamiche distorsive e in ultima analisi, persino controproducenti per l’interesse aziendale.

I lavori del futuro, probabilmente sempre più euristici e sempre meno algoritmici, i quali ultimi  probabilmente saranno soppiantati dall’intelligenza artificiale, richiederanno un contributo sempre maggiore della creatività.

Le sfide della formazione

La maggior parte delle iniziative formative aziendali che tentano di accompagnare il cambiamento nell’approccio alla leadership hanno “carte di miglioramento” ancora da giocare:

  • da un lato è spesso riferita ai Middle Manager che possono poco rispetto ai cambiamenti da apportare senza il supporto di un Top Management che creda realmente nella necessità di un reale cambio di approccio più aperto, meno rigido e meno gerarchico
  • spesso è fine a se stessa, come se con episodici corsi sia possibile far radicare approcci diversi e più improntati alla cura delle relazioni. Come se il cambiamento si producesse quasi per magia e non fosse frutto di una sedimentazione profonda nel nostro essere.
  • Non considerare l’impatto hard delle soft skills le rende più spesso un costo che un investimento. Come se le persone, che sono il nucleo costitutivo delle aziende potessero effettivamente essere messe per ultime nella scala delle priorità e come se le ore sprecate in discussioni inutili per difendere posizioni aprioristiche fra dipartimenti nella classica lotta fra silos funzionali ad esempio non avessero un costo economico.
  • spesso non prevede che le persone si prendano in carico obiettivi di cambiamento comportamentale poi monitorati nel tempo
  • spesso è improntata alla comunicazione efficace, (con tutto il corredo di negoziazione, gestione conflitti etc) occupandosi poco del punto di partenza: ossia la consapevolezza che le singole persone hanno di loro stesse.

Ci si occupa di formare le persone per arrivare al punto B), senza però che abbiano ben chiaro quale sia il soggettivo punto A) di partenza.

E quanto siano effettivamente disponibili a mettersi in gioco, e magari anche un po’ di lato, uscendo da una visione egoica dove per status e/o esercizio di potere,  lasciano effettivo spazio affinché  altre figure aziendali, anche non manageriali, diventino veicolo di innovazione, modi nuovi di fare le cose.

Il feed back bidirezionale, inteso non come flusso di sola andata dai/dalle manager verso i team assegnati,  ma comprensivo di ricevuta di ritorno dai collaboratori e collaboratrici ai/alle manager, è ancora lontano da essersi radicato.

Eppure è uno dei principali requisiti per una comunicazione interna davvero efficace al passo con il nuovo contesto esterno.

L’importanza di accendere il faro della consapevolezza interiore

Guardarsi dentro è il primo atto di coraggio per una leadership consapevole e sostenibile, prima che inclusiva e che magari può diventare anche autentica nel momento in cui l’adesione ad una visione d’impresa sia legata ad una condivisione di valori mossa dal desiderio di un esercizio del potere con e per e non solo per fini individualistici ma mossa da una motivazione intrinseca.

Pirandello con questa sua frase “Come possiamo intenderci se nelle parole ch’io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e il valore che hanno per sé, del mondo com’egli l’ha dentro?” ben rappresenta la difficoltà insita nelle relazioni e nella decodifica dei messaggi che ognuno di noi opera secondo i suoi filtri percettivi.

Abbiamo occhi sul mondo con lenti dal colore differente, abbiamo bias di cui siamo magari parzialmente consapevoli, scegliamo e decidiamo in base alle emozioni più che al freddo raziocinio da homo economicus che ci definisce operatori razionali che massimizzano utilità in condizioni di perfetta informazione.

E le emozioni, proprio ciò che ci rende umani e non macchine, rispondono ad uno scopo evolutivo, e in un contesto di sicurezza psicologica, sarebbero gestite anziché censurate.

Carl Sagan (astronomo), Richard Feyman (fisico), Neil De Grass Tyson (astrofisico), Steven Hawking (fisico), Bill Nye (divulgatore scientifico) che sono “scienziati” hanno composto un video musicale in cui cantano di quanto siamo polvere di stelle connesse biologicamente, atomicamente, chimicamente.

Hanno dismesso i tipici panni che probabilmente ognuno di noi si attende da personaggi di quella caratura, trasmettendo un messaggio molto Pop sul livello di connessione che ci lega e che spesso annega in azienda sotto i personalismi.

Ecco, credo che è da lì che debba partire il nostro agire nella vita e nel mondo, con la coscienza del tipo di segno che vogliamo lasciare considerando che siamo tutti connessi.

La forza della leadership sta nel riconoscere la personale e soggettiva limitatezza e finitezza, fare pace con l’imperfezione e proprio nella pace di questa consapevolezza universale (perché riguarda tutti in modo diverso) saper valorizzare e lasciare spazio anche all’altro.

Nella pratica teatrale gli esercizi di ascolto, di espressività, di improvvisazione, richiedono una collaborazione e una presa di contatto con noi stessi che ci mette di fronte ai nostri limiti, alle nostra paure, alle nostre vergogne, ma anche di fronte alla possibilità di liberarsi, lasciarsi andare, fare i conti con qualche scossone emotivo che fa tremare le fondamenta e a volte lascia nudi.

Fa riflettere che spesso i corsi di teatro siano popolati da manager, impiegati desiderosi di liberarsi da abiti stretti ricorrendo ad una maschera.

Dietro una maschera ci autorizziamo a dire e fare cose anche sciocche senza il timore di essere giudicati tali, perché non siamo noi, è la maschera a parlare ed agire in modo non lineare.

Magari spesso solo così riusciamo a tollerare la complessità e contraddittorietà che ci connota come esseri umani e che di norma, in azienda, tentiamo di lasciare fuori dai tornelli di ingresso per abbracciare codici culturali non scritti, ma fatti di moti di collaborazione più dichiarati che praticati.

Diventiamo naso-centrici o orticello-centrici.

I condizionamenti esterni nelle scelte professionali

I percorsi scolastici non aiutano a fare chiarezza su cosa faccia al caso nostro, il rumore di fondo del bombardamento informativo a cui siamo soggetti non aiuta a discernere quello che vogliamo perché lo vogliamo, da quello che vogliamo perché è giusto volerlo in base a costrutti sociali, ambientali, educativi, famigliari.

Insomma, mantenere un contatto con noi stessi è sfidante in un contesto vorticoso che lascia poco spazio all’auto-riflessione, all’ozio inteso come atto rigenerativo per citare B. Russell, che ci consenta di tollerare il silenzio, da soli, in una stanza senza che la nostra sola compagnia ci spaventi troppo.

Secondo la tradizione economica il lavoro è una disutilità, qualcosa che normalmente non faremmo se non fossimo obbligati.

Non saprei dire se per la maggior parte delle persone il lavoro nobiliti o debiliti, di sicuro quando come leader di gruppi frequentiamo poco le stanze della nostra emotività, umanità, frangibilità rischiamo di incarnare un modello di rigidità in contrasto con le tendenze in atto.

Condivido anche il titolo di  Prolegomeni 56 :  lavorare è un atto politico. Sarebbe bello se   le persone potessero davvero scegliere il proprio “mestiere” con consapevolezza, non per l’esclusiva necessità economica, in modo da costituire una società lavorativa che dia sempre più spazio a massimizzatori di scopo anziché massimizzatori di profitto.

In quel caso il movente di una leadership davvero forte ma che non si impone con forza, probabilmente sarebbe un moto d’animo e di contro,  collaboratori e collaboratrici sarebbero altrettanto pacificamente ben disposti verso l’altro anziché in uno stato di frustrazione sotterranea legata alla necessitò di tollerare, per mancanza o scarsità di alternative.

Perché è vero che siamo nella parte occidentale del mondo, ma è altrettanto vero che non tutti oggi in Italia hanno la possibilità di scegliere un lavoro per senso di scopo o vocazione reale intrinsecamente motivati/e come discusso anche nel Prolegomeni 6.

Canta Paolo Conte “Il maestro è nell’anima, e nell’anima per sempre resterà”

Come creatori e fruitori del mondo che abitiamo, dei margini di scelta li abbiamo,  come ci ricorda V. Frankl sopravvissuto ai campi di concentramento.

A noi decidere se incarnare una leadership che prosciuga il conto corrente emotivo delle persone, o una leadership pop consapevole, e come tale autentica e di conseguenza sopportabile, che lo alimenti.

72 – continua

Copertina di Marcello Minghetti (Mosaico per Ariminum Circus Stagione 1)

Puntate precedenti

1 – DALLO HUMANISTIC AL POP MANAGEMENT
2 – MANIFESTI, ATLANTI, MAPPE E TERRITORI
3 – IL MANAGER PORTMANTEAU
4 – WHICH WAY, WHICH WAY?
5 – LEADERSHIP POP (LEZIONI SHAKESPEARIANE)
6 – OPINION PIECE DI RICCARDO MAGGIOLO
7 – LEADERSHIP POP (APERTURA, AUTONOMIA, AGIO, AUTO-ESPRESSIONE)
8 – OPINION PIECE DI JOSEPH SASSOON
9 – OPINION PIECE DI CESARE CATANIA
10 – OPINION PIECE DI VANNI CODELUPPI
11 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO GIAUME
12 – COLLABORAZIONE POP. L’IRRESISTIBILE ASCESA DELLE COMMUNITY INTERNE
13 – COLLABORAZIONE POP. L’EMPATIA SISTEMICA
14 – COLLABORAZIONE POP. LE COMMUNITY AZIENDALI: UNO STATO DELL’ARTE, PARTE PRIMA
15 – COLLABORAZIONE POP. LE COMMUNITY AZIENDALI: UNO STATO DELL’ARTE, PARTE SECONDA
16 – OPINION PIECE DI MATTEO LUSIANI
17 – OPINION PIECE DI MARCO MILONE
18 – OPINION PIECE DI ALESSIO MAZZUCCO
19 – OPINION PIECE DI ALESSANDRA STRANGES
20 – OPINION PIECE DI FRANCESCO VARANINI
21 – ORGANIZZAZIONE  POP. COMANDO, CONTROLLO, PAURA, DISORIENTAMENTO
22 – OPINION PIECE DI ROBERTO VERONESI
23 – OPINION PIECE DI FRANCESCO GORI
24 – OPINION PIECE DI NELLO BARILE
25 – OPINION PIECE DI LUCA MONACO
26 – OPINION PIECE DI RICCARDO MILANESI
27 – OPINION PIECE DI LUCA CAVALLINI
28 – OPINION PIECE DI ROBERTA PROFETA
29 – UN PUNTO NAVE
30 – ORGANIZZAZIONE  POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CURA)
31 – OPINION PIECE DI NICHOLAS NAPOLITANO
32 – LEADERSHIP POP. VERSO L’YPERMEDIA PLATIFIRM (CONTENT CURATION)
33 – OPINION PIECE DI FRANCESCO TONIOLO
34 – ORGANIZZAZIONE  POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CONVIVIALITA’)
35 – OPINION PIECE DI LUANA ZANELLATO
36 – OPINION PIECE DI ANDREA BENEDETTI E ISABELLA PACIFICO
37 – OPINION PIECE DI STEFANO TROILO
38 – OPINION PIECE DI DAVIDE GENTA
39 – OPINION PIECE DI ANNAMARIA GALLO
40 – INNOVAZIONE POP. ARIMINUM CIRCUS: IL READING!
41 – ORGANIZZAZIONE  POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CONVOCAZIONE)
42 – OPINION PIECE DI EDOARDO MORELLI
43 – ORGANIZZAZIONE  POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CO-CREAZIONE DI VALORE)
44 – OPINION PIECE DI MARIANNA PORCARO
45 – OPINION PIECE DI DONATO IACOVONE
46 – OPINION PIECE DI DENNIS TONON
47 – OPINION PIECE DI LAURA FACCHIN
48 – OPINION PIECE DI CARLO CUOMO
49 – OPINION PIECE DI CARLO MARIA PICOGNA
50 – OPINION PIECE DI ROBERTO RAZETO
51 – OPINION PIECE DI ALBERTO CHIAPPONI
52 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO ANTONINI
53 – OPINION PIECE DI ALESSANDRA PILIA
54 – OPINION PIECE DI CLEMENTE PERRONE
55 – OPINION PIECE DI FABRIZIO RAUSO
56 – OPINION PIECE DI LORENZO TEDESCHI
57 – OPINION PIECE DI EUGENIO LANZETTA
58 – OPINION PIECE DI GIOLE GAMBARO
59 – OPINION PIECE DI DANTE LAUDISA
60 – OPINION PIECE DI GIAMPIERO MOIOLI
61 – OPINION PIECE DI GIOVANNI AMODEO
62 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO LOTTO
63 – OPINION PIECE DI GIANLUCA BOTTINI
65– OPINION PIECE DI SIMONE FARINELLI
66– OPINION PIECE DI FRANCESCA ANNALISA PETRELLA
67– OPINION PIECE DI VALERIO FLAVIO GHIZZONI
68– OPINION PIECE DI STEFANO MAGNI
69– OPINION PIECE DI LUCA LA BARBERA
70 – INNOVAZIONE POP. ARIMINUM CIRCUS: LA GRAPHIC NOVEL!
71 – LEADERSHIP POP. APOFATICA E CATAFATICA DELLA COMUNICAZIONE