Prolegomeni al Manifesto del Pop Management 135. L’Intelligenza Collaborativa motore pop del Change Management. Parte seconda, Servizi

Nel Prolegomeno n. 134 abbiamo visto come l’Intelligenza Collaborativa, definita quale integrazione e superamento delle dimensioni collettiva (Lévy), connettiva (de Kerckhove) ed emotiva (Goleman),  può essere il motore dei processi di change management nel contesto industriale. Spostiamo ora l’attenzione sui servizi.

Le voci che animano il confronto promosso da Alessandro Lotto provengono da funzioni HR di realtà  che operano in ambiti diversi quali antiriciclaggio, engineering & certification e retail: Annamaria Gallo (Banca Italiana), Claudia Filippone (RINA), Giuseppe Longo (CESI) e Francesco Cautillo (Nugnes).

I loro contributi convergono sui sei nodi operativi analizzati nella prima parte di questa conversazione: creare spazi dove i bisogni del gruppo emergano davvero; bilanciare dimensione esistenziale (valori, emozioni, senso) e dimensione intellettuale (competenze, obiettivi); generare azioni evolutive; gestire bias e resistenze; scegliere strumenti efficaci; chiarire il valore aggiunto del change collaborativo.

Sul “come fare” emergono pratiche replicabili: co-design e retrospettive strutturate; gamification per sciogliere i silos; story banking per trasformare le esperienze in casi d’uso; portfolio di competenze che integra hard & soft skills; survey e design thinking per ascoltare senza filtri; mappatura di competenze/aspirazioni e indicatori di efficacia.

Come create, nella vostra organizzazione, gli spazi e i contesti necessari perché i bisogni del gruppo possano emergere e prevalere rispetto a quelli individuali?

Annamaria Gallo

Nel settore bancario, la creazione di spazi collaborativi è fondamentale, specialmente nell’antiriciclaggio dove l’efficacia dipende dalla condivisione di informazioni tra diversi uffici. Nella mia lunga esperienza da formatrice, ho cercato di utilizzare spesso sessioni di co-design in cui tutti i colleghi contribuiscono a identificare criticità operative. La gamification si è rivelata preziosa per trasformare le sessioni in “challenge collaborative” in cui l’expertise individuale si fonde nel know-how collettivo, superando le resistenze dei silos organizzativi tradizionali.

Claudia Filippone

In RINA stiamo lanciando un nuovo modello di competenze che valorizza sia le skill tecniche sia quelle trasversali, creando spazi di confronto e pratiche di lavoro agile. Questo ci consente di far emergere priorità condivise, dove i bisogni del gruppo trovano terreno fertile. Il dialogo aperto e la trasparenza diventano strumenti quotidiani, orientando decisioni e comportamenti verso obiettivi comuni che superano l’ottica individuale. In questo modo, ogni persona può sentirsi parte attiva di un processo di crescita collettiva. La condivisione delle conoscenze diventa una leva per generare nuove idee e migliorare costantemente.

Giuseppe Longo

CESI ha definito momenti di condivisione e proposta sia orizzontali, fra i team operativi, sia verso la leadership, nei quali oltre al confronto sulle attività e risultati, parte significativa è dedicata al “come migliorare e cosa ci serve?” Sono spazi aperti, senza paletti, che permettono a ogni voce di emergere, anche con bisogni non previsti. Promuoviamo l’ascolto attivo: ogni idea solida trova spazio.  Il gruppo è incoraggiato a individuare obiettivi che siano sentiti significativi perché il successo individuale ha senso solo se si lega a quello collettivo.

Francesco Cautillo

Il contesto è l’architettura della collaborazione. L’HR, in questa prospettiva, deve cambiare visione e strategia: bisogna diventare architetti di relazioni organizzate. Il paradigma del lavoro è cambiato: lo spazio ed il tempo sono dimensioni da riprogettare nella consapevolezza che l’engagement richiede formule flessibili e l’individualismo -che a tratti fa rima con egoismo- spinge le organizzazioni ad agire prima sul “perché” rispetto al “cosa”. Da un lato valori, cultura e trasparenza sugli obiettivi. Dall’altro autenticità, gentilezza ed ascolto.

Deve essere chiaro a tutti/e (compreso a noi HR): riprogettare tutto nella consapevolezza che gli obiettivi devono essere raggiunti.

Quando valutate i bisogni collaborativi, quanto peso date alla dimensione esistenziale (valori, emozioni, senso) rispetto a quella puramente intellettuale (competenze, conoscenze, obiettivi)?

Annamaria Gallo

L’esperienza formativa mi ha insegnato che la dimensione esistenziale è spesso trascurata ma decisiva. Nell’antiriciclaggio, materia tecnica per eccellenza, ho scoperto che la motivazione profonda dei colleghi deriva dalla consapevolezza di proteggere il sistema finanziario e la società. Durante le formazioni, ho dedicato sempre tempo a connettere il “perché” emotivo al “come” tecnico. Il 60% del mio approccio si è concentrato sulla creazione di senso condiviso, perché solo quando le persone sentono di appartenere a una missione comune, le competenze tecniche si trasformano in risultati straordinari.

Claudia Filippone

Il nostro Competency Portfolio bilancia conoscenze e capacità tecniche con comportamenti che esprimono empatia, inclusione e senso di appartenenza. Nei percorsi di change management non trascuriamo emozioni e valori, perché sono ciò che permette alle persone di “sentire” il cambiamento e non solo di comprenderlo. Un lavoro agile ed empatico rafforza la fiducia, amplifica l’engagement e rende l’organizzazione più resiliente. Allo stesso tempo, stimola una cultura della responsabilità condivisa che unisce le persone intorno a obiettivi comuni. È in questa prospettiva che la trasformazione diventa sostenibile e capace di generare valore duraturo.

Giuseppe Longo

Un lavoro autenticamente coinvolgente per l’individuo e per il team nasce dall’incontro tra competenze tecniche – vitali per un’azienda come CESI – e le motivazioni personali, i valori e il senso di appartenenza. Per questo, oltre a lavorare sullo sviluppo delle competenze tecniche, un lavoro di team allargato ha definito i tre pillar culturali del nostro percorso: Growth, Solidity e Agility. Guidano la crescita personale e di team, aiutando a tradurre bisogni in soluzioni. Lo stesso vale per il percorso My Development Plan: un piano di crescita “co-creato” dalla persona e dal manager, perché lo sviluppo non è un “compito” di pochi, ma un’opportunità che parte da ciascuno.

Francesco Cautillo

In Europa solo un lavoratore su otto si sente davvero coinvolto, in Italia va anche peggio. Gallup indica che il nodo è la leadership intermedia: servono capi formati, attenzione al benessere e uso intelligente dell’AI. Il potenziale per migliorare c’è, ma bisogna cambiare approccio. Valori, emozioni e senso del lavoro comune hanno lo stesso peso – se non maggiore – delle competenze tecniche (un invito ai manager: andiamo oltre il CV). Le skill si acquisiscono; la coesione nasce da un purpose condiviso. Il recente intervento del ministero del lavoro sul fondo nuove competenze mette al centro il tema del benessere organizzativo (oltre ai temi dell’IA).  Formazione digitale e sostenibile a un lavoro profondo sull’identità di squadra, rafforzando il capitale relazionale che ha reso possibile affrontare transizioni complesse.

In quest’ottica seguire le linee ESG, con particolare riferimento ai temi della sostenibilità è un driver importante per proseguire e perseguire il purpose condiviso.

Ritenete che l’Intelligenza Collaborativa – intesa come la sintesi tra la dimensione esistenziale e quella intellettuale del team – possa realmente generare azioni evolutive per il contesto organizzativo e culturale?

Annamaria Gallo

Assolutamente sì. L’intelligenza collaborativa è il moltiplicatore che trasforma gruppi di esperti in team innovativi. Nel tempo ho sperimentato come l’approccio collaborativo abbia rivoluzionato procedure considerate immutabili. Quando diverse prospettive si incontrano nascono soluzioni impossibili da concepire individualmente. La vera evoluzione organizzativa avviene quando l’intelligenza collettiva diventa il DNA decisionale dell’azienda, superando le logiche gerarchiche verticali per abbracciare reti orizzontali di conoscenza distribuita.

Claudia Filippone

Assolutamente sì: quando le competenze individuali si integrano con ascolto e fiducia reciproca, il team diventa un motore di evoluzione. In RINA lo promuoviamo attraverso il nostro nuovo framework di competenze, che unisce dimensione tecnica e relazionale. Lavorare in modo agile e collaborativo non solo favorisce innovazione ma rende la cultura organizzativa capace di adattarsi e rigenerarsi in modo continuo. Ciò permette di trasformare le sfide in opportunità e di alimentare un circolo virtuoso di 2 apprendimento costante. In questo scenario, la crescita del singolo si traduce naturalmente in crescita per l’intera organizzazione.

Giuseppe Longo

La nostra esperienza ci mostra che l’intelligenza collaborativa, intesa come l’integrazione profonda tra valori culturali ed eccellenza tecnica, ha il potere non solo di trasformare le dinamiche organizzative, ma ci aiuta anche a posizionarci verso i clienti e il mercato. Quando un gruppo sviluppa la capacità di ascoltare e valorizzare sia le competenze che i valori, emergono soluzioni condivise e innovative, capaci di generare un impatto reale sul clima aziendale e sulle performance verso il cliente. In CESI, la sintesi tra questi due poli stimola la crescita professionale, alimenta la motivazione condivisa e favorisce la creazione di una cultura del cambiamento.

Francesco Cautillo

Sì, perché rappresenta la sintesi tra ciò che sappiamo e ciò che siamo. In un recente workshop con il middle management aziendale ho specificato, provocatoriamente, che la gerarchia da organigramma è un mito da sfatare. Oggi negli uffici lavorano fianco a fianco quattro generazioni. I Baby Boomer, con un bagaglio di esperienza e un’etica del lavoro solida. La Generazione X, pragmatica e cresciuta tra analogico e digitale. I Millennial, che cercano flessibilità e un senso di scopo. E infine la Gen Z, nativi digitali attenti a inclusione e sostenibilità. Un mix che può essere una sfida, ma anche una grande ricchezza se si impara a valorizzare le differenze. Bisogna introdurre, con una sfida orizzontale, l’idea della gerarchia delle “idee”. Per lavorare sulle idee, però, bisogna costruire una architettura di relazioni incline all’ascolto.

Qual è il vostro approccio nella gestione dei bias cognitivi e culturali del gruppo? Scegliete di assecondarli, neutralizzarli o farli emergere come una leva di consapevolezza?

Annamaria Gallo

È una sfida impegnativa soprattutto perché bisogna innanzitutto individuare e saper riconoscere i propri bias per provare a superarli, trasformandoli in opportunità di consapevolezza attraverso la “provocazione costruttiva”. Durante alcune sessioni formative a cui ho partecipato da discente, sono stati creati scenari che mettono in evidenza i bias più comuni nel settore bancario – come l’overconfidence nei processi consolidati o il groupthink nelle valutazioni di rischio; li hanno resi visibili attraverso simulazioni. In un caso particolare è stata utilizzata la tecnica del “devil’s advocate rotante” in cui ogni partecipante, a turno, sfida le assunzioni del gruppo. Questo approccio ha trasformato i bias da ostacoli inconsci in leve consapevoli di miglioramento continuo.

Claudia Filippone

Non li consideriamo ostacoli da reprimere ma segnali preziosi per aumentare consapevolezza. Il nostro modello di competenze incoraggia il pensiero critico, la capacità di ascolto e il confronto costruttivo, trasformando i bias in leve di apprendimento. Creiamo workshop e pratiche agili di feedback continuo che permettono di far emergere prospettive diverse, generando nuove chiavi di lettura e soluzioni più inclusive. In questo processo si rafforza la capacità di collaborazione e di adattamento ai contesti complessi. L’organizzazione diventa così più pronta a cogliere opportunità e a sostenere percorsi di innovazione condivisa.

Giuseppe Longo

La consapevolezza è il primo passo verso il cambiamento: non li ignoriamo e non proviamo a cancellarli. In CESI li trasformiamo in leve di apprendimento collettivo: rendiamo disponibili informazioni sui processi più rilevanti, così che il giudizio non venga filtrato da percezioni o preconcetti. Aiutiamo a partire da fatti e dati, per poter elaborare opinioni più libere da vincoli, solide e costruttive.

Francesco Cautillo

Qui ci vuole coraggio, lo dobbiamo affermare con chiarezza. I bias non possono essere neutralizzati. Devono essere visibili per trasformare il tutto in apprendimento e consapevolezza. Recentemente in un webinar ho mostrato la tabellina del 5: nove operazioni corrette ed una palesemente errata. L’errore, l’unico errore, ha catturato l’attenzione della maggioranza dei partecipanti: per carità, tutto naturale, è nell’essere umano essere attratti dall’errore. Il gruppo, quando diventa Squadra, ha una magia: enfatizzare le nove operazioni corrette per compattare gli individui sulle performance da raggiungere. In questa prospettiva bisogna lavorare nel disinnesco dei bias tra generazioni nelle organizzazioni: sono questi pregiudizi che rallentano i processi decisionali nelle organizzazioni. Soluzioni (non semplici ma a costo zero): creare team trasversali, di competenze e generazioni, con un facilitatore per agevolare la connessione comunicativa.

Come interpretate il ruolo del ‘resistente al cambiamento’? Lo considerate un ostacolo da superare o una figura potenzialmente generativa di energia e consapevolezza per l’organizzazione?

Annamaria Gallo

Il resistente è un regalo prezioso, spesso il più esperto del team, e la sua gestione è davvero una sfida avvincente. Nelle mie esperienze, ho imparato che dietro ogni resistenza c’è una competenza profonda e una preoccupazione legittima. Ho imparato a coinvolgerli come “consulenti critici”, trasformando la loro opposizione in analisi costruttiva. In qualche caso è accaduto anche il miracolo: il collega o la collega più scettico è diventato il miglior ambassador del cambiamento, una volta ascoltato e valorizzato. La loro energia negativa, una volta incanalata, è diventata il motore più potente per soluzioni robuste e sostenibili.

Claudia Filippone

Il resistente al cambiamento non è un nemico ma una risorsa che ci aiuta a leggere criticità nascoste. In RINA adottiamo un approccio inclusivo, facendo emergere paure e resistenze per trasformarle in insight utili. Le competenze di dialogo, ascolto ed empatia – centrali nel nostro Competency Portfolio – permettono di valorizzare queste voci, creando un cambiamento più robusto e condiviso. Questo processo rafforza il coinvolgimento di tutti, permettendo alle persone di sentirsi protagoniste del cambiamento.

Giuseppe Longo

Il ‘resistente al cambiamento’ non è un ostacolo da aggirare, ma è un possibile passaggio verso la consapevolezza organizzativa: a volte sono persone molto competenti e di grande esperienza, da tenere on board. La resistenza, d’altro lato, è spesso indice di bisogni inespressi, preoccupazioni sul senso del cambiamento o di visioni alternative che possono arricchire il processo stesso di trasformazione. Adottiamo un approccio di ascolto franco e diretto, teso a smarcare temi puramente “di posizione” e incoraggiamo chi esprime perplessità a partecipare attivamente al confronto, considerandone il punto di vista come una risorsa per mettere alla prova idee, rafforzare la coesione del gruppo e generare soluzioni più solide.

Francesco Cautillo

È un sensore organizzativo, per richiamare la favola di Pinocchio è il “grillo parlante”. Chi resiste spesso coglie rischi e valori da preservare. Il resistente al cambiamento, nei Team di successo, è la razionalità necessaria. Diventa un ostacolo quando nei Team, in questo caso nei gruppi, prevale la paura del fallimento rispetto al desiderio di affrontare la spinta emozionale del cambiamento.

Quali strumenti utilizzate per coinvolgere il gruppo e raccogliere informazioni preziose per la costruzione di una visione collaborativa? Li trovate efficaci?

Annamaria Gallo

Ho provato a combinare metodologie tradizionali e innovative. Ho utilizzato il “caffè di squadra” settimanale, appuntamento in cui tutti condividono liberamente dubbi e idee e la tecnica del “post-it digitale” su bacheche condivise. Ultimamente mi è capitato anche di utilizzare da discente workshop di co-creazione ispirati al design thinking.

Uno degli strumenti che ho sempre utilizzato è lo “Story Banking”: raccolgo storie ed esperienze reali che diventano casi studio per il gruppo. L’efficacia sta nella varietà: persone diverse esprimono meglio le loro idee attraverso canali diversi.

Claudia Filippone

Abbiamo introdotto strumenti digitali collaborativi, pratiche di feedback continuo e momenti di codesign che coinvolgono attivamente le persone. La logica agile, insieme al nuovo Competency Portfolio, ci permette di integrare informazioni bottom-up e top-down, rendendo ogni strumento non solo tecnico ma anche un veicolo di fiducia. La visione condivisa nasce così da ascolto autentico e collaborazione reale. Ogni voce diventa parte di un percorso comune, dove le idee e le prospettive di tutti contribuiscono a soluzioni migliori.

Giuseppe Longo

Adottiamo vari strumenti in base al perimetro e alle caratteristiche delle aree coinvolte. Le survey, sia sul coinvolgimento che su miglioramento di processi specifici, permettono di rilevare bisogni, aspettative e possibili aree di miglioramento, senza timore di giudizio. Le sessioni di formazione strutturata, con tecniche come il Design Thinking, fanno emergere idee e prospettive trasversali. Utilizziamo anche la mappatura delle competenze e delle aspirazioni, che consente di avere una fotografia chiara delle risorse disponibili e delle potenzialità da sviluppare nei team. Monitoriamo poi l’efficacia delle azioni attraverso indicatori come il Net Promoter Score.

Francesco Cautillo

Prediligiamo un mix di survey, focus group, feedback continuo e ascolto diretto. In Nugnes 1920, ad esempio, con l’Academy della Sartoria, abbiamo creato un ponte tra la “generazione silenziosa” e la Gen Z. In questo modo, enfatizzando il nostro valore della “sartorialità”, abbiamo facilitato lo scambio bidirezionale di competenze ed il sapere sartoriale. Un progetto che ha ottenuto la Menzione Speciale “Company for Generation Z” di Radar Academy 2025.

Altro strumento interessante ed interattivo è la gamification. Come racconto in “Gamify HR” (Danilo De Lumè, Egea Edizioni), tramite la gamification abbiamo migliorato i flussi comunicativi di un team di ingegneri gestionali, usando dinamiche di gioco per abbattere barriere e rafforzare la collaborazione.

Quale valore aggiunto attribuite a un processo di change management costruito in modo collaborativo rispetto a uno definito a priori da una leadership verticale?

Annamaria Gallo

Il valore principale è la sostenibilità. Un cambiamento imposto genera compliance formale ma non trasformazione reale. L’approccio collaborativo crea ownership: le persone difendono ciò che hanno contribuito a costruire. Nel settore bancario, dove la resistenza al cambiamento è strutturale, ho visto trasformazioni durature solo quando i team sono diventati protagonisti attivi. Il change management collaborativo non è più lento, è più profondo: tocca la cultura, non solo i processi. Il risultato è un’organizzazione che non subisce il cambiamento ma lo genera continuamente dall’interno.

Claudia Filippone

Un approccio collaborativo rende le persone protagoniste e accelera l’adozione del cambiamento. In RINA il nostro modello di competenze e la cultura agile che stiamo promuovendo valorizzano ownership e corresponsabilità, andando oltre la semplice esecuzione di direttive. Questo crea adesione autentica, rafforza l’engagement e genera una trasformazione sostenibile, radicata nel senso condiviso e non nell’imposizione. In questo scenario, il dialogo aperto e la partecipazione attiva diventano leve fondamentali per far emergere idee e prospettive diverse. Così il cambiamento non è solo gestito ma vissuto come un percorso condiviso e duraturo.

Giuseppe Longo

La leadership ha la responsabilità di proporre un percorso solido, chiaro e sfidante. Il processo di change management, poi, deve di seguito coinvolgere il team, valorizzando le persone catalizzatrici di valore nel generare senso di appartenenza e co-progettazione diffusa. Coinvolte nella gestione delle transizioni, queste persone diventano i testimoni del “si può fare”: sono motivate e motivano al successo collettivo. Un percorso costruito insieme, dove ogni voce trova spazio e contribuisce a modellare le soluzioni, facilita l’accettazione delle novità, trasformando le diversità di opinione in risorsa e stimolo all’innovazione, consentendo, inoltre, di intercettare le criticità che potrebbero emergere nella pratica quotidiana.

Francesco Cautillo

Il cambiamento co-creato genera ownership diffusa: le persone non lo subiscono, lo guidano. Il top-down può sembrare rapido, ma spesso rallenta davanti alle resistenze. La co-progettazione crea soluzioni aderenti alla realtà, riduce tempi di adozione e rafforza la resilienza organizzativa, trasformando la visione strategica in azione condivisa e sostenibile. Attenzione però: la co-progettazione può trasformarsi in cooperazione non decisionale. Il confine è labile. Per questa ragione è importante ed essenziale governare il tutto nei tempi e negli obiettivi.

Riassumendo

L’indicazione condivisa dal nostro panel di esperti è chiara: il Pop Management  è un framework concreto e realizzabile per promuovere un cambiamento autentico. Abbracciando l’Intelligenza Collaborativa, possiamo trasformare le gerarchie tradizionali in reti resilienti e interconnesse.

Come abbiamo visto, ciò significa trasformare il dipendente “resistente” in un prezioso sensore, rendere i bias cognitivi una fonte di intuizione e utilizzare la co-creazione per costruire una duratura ownership. Il futuro del change management non risiede nel controllo dei processi dall’alto, ma nel coltivare una cultura in cui ogni voce, ogni idea e ogni persona contribuisce a uno scopo condiviso. In definitiva, il Pop Management ci spinge a riconoscere che le trasformazioni più sostenibili sono quelle che costruiamo insieme, dal basso utilizzando: gli spazi di confronto protetti che fanno emergere priorità del gruppo (non solo interessi individuali); i bias che si rendono visibili e si usano come leve di apprendimento (anche con tecniche come il devil’s advocate a rotazione); il “resistente” che diventa ambassador quando viene coinvolto come consulente critico; la co-progettazione che genera ownership e sostenibilità del cambiamento, mentre il solo top-down produce conformità formale.

Dal punto di vista pratico (vedi Prolegomeno 133) si tratta in sintesi di 1)Disegnare contesti e rituali collaborativi; 2) Misurare ciò che conta (engagement, NPS, esiti delle sperimentazioni); 3) Allenare competenze relazionali e pratiche di ascolto critico; 4) Valorizzare la pluralità generazionale e professionale come risorsa progettuale.

135 – continua

Puntate precedenti

1 – DALLO HUMANISTIC AL POP MANAGEMENT
2 – MANIFESTI, ATLANTI, MAPPE E TERRITORI
3 – IL MANAGER PORTMANTEAU
4 – WHICH WAY, WHICH WAY?
5 – LEADERSHIP POP (LEZIONI SHAKESPEARIANE)
6 – OPINION PIECE DI RICCARDO MAGGIOLO
7 – LEADERSHIP POP (APERTURA, AUTONOMIA, AGIO, AUTO-ESPRESSIONE)
8 – OPINION PIECE DI JOSEPH SASSOON
9 – OPINION PIECE DI CESARE CATANIA
10 – OPINION PIECE DI VANNI CODELUPPI
11 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO GIAUME
12 – COLLABORAZIONE POP. L’IRRESISTIBILE ASCESA DELLE COMMUNITY INTERNE
13 – COLLABORAZIONE POP. L’EMPATIA SISTEMICA
14 – COLLABORAZIONE POP. LE COMMUNITY AZIENDALI: UNO STATO DELL’ARTE, PARTE PRIMA
15 – COLLABORAZIONE POP. LE COMMUNITY AZIENDALI: UNO STATO DELL’ARTE, PARTE SECONDA
16 – OPINION PIECE DI MATTEO LUSIANI
17 – OPINION PIECE DI MARCO MILONE
18 – OPINION PIECE DI ALESSIO MAZZUCCO
19 – OPINION PIECE DI ALESSANDRA STRANGES
20 – OPINION PIECE DI FRANCESCO VARANINI
21 – ORGANIZZAZIONE  POP. COMANDO, CONTROLLO, PAURA, DISORIENTAMENTO
22 – OPINION PIECE DI ROBERTO VERONESI
23 – OPINION PIECE DI FRANCESCO GORI
24 – OPINION PIECE DI NELLO BARILE
25 – OPINION PIECE DI LUCA MONACO
26 – OPINION PIECE DI RICCARDO MILANESI
27 – OPINION PIECE DI LUCA CAVALLINI
28 – OPINION PIECE DI ROBERTA PROFETA
29 – UN PUNTO NAVE
30 – ORGANIZZAZIONE  POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CURA)
31 – OPINION PIECE DI NICHOLAS NAPOLITANO
32 – LEADERSHIP POP. VERSO L’YPERMEDIA PLATIFIRM (CONTENT CURATION)
33 – OPINION PIECE DI FRANCESCO TONIOLO
34 – ORGANIZZAZIONE  POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CONVIVIALITA’)
35 – OPINION PIECE DI LUANA ZANELLATO
36 – OPINION PIECE DI ANDREA BENEDETTI E ISABELLA PACIFICO
37 – OPINION PIECE DI STEFANO TROILO
38 – OPINION PIECE DI DAVIDE GENTA
39 – OPINION PIECE DI ANNAMARIA GALLO
40 – INNOVAZIONE POP. ARIMINUM CIRCUS: IL READING!
41 – ORGANIZZAZIONE  POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CONVOCAZIONE)
42 – OPINION PIECE DI EDOARDO MORELLI
43 – ORGANIZZAZIONE  POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CO-CREAZIONE DI VALORE)
44 – OPINION PIECE DI MARIANNA PORCARO
45 – OPINION PIECE DI DONATO IACOVONE
46 – OPINION PIECE DI DENNIS TONON
47 – OPINION PIECE DI LAURA FACCHIN
48 – OPINION PIECE DI CARLO CUOMO
49 – OPINION PIECE DI CARLO MARIA PICOGNA
50 – OPINION PIECE DI ROBERTO RAZETO
51 – OPINION PIECE DI ALBERTO CHIAPPONI
52 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO ANTONINI
53 – OPINION PIECE DI ALESSANDRA PILIA
54 – OPINION PIECE DI CLEMENTE PERRONE
55 – OPINION PIECE DI FABRIZIO RAUSO
56 – OPINION PIECE DI LORENZO TEDESCHI
57 – OPINION PIECE DI EUGENIO LANZETTA
58 – OPINION PIECE DI GIOLE GAMBARO
59 – OPINION PIECE DI DANTE LAUDISA
60 – OPINION PIECE DI GIAMPIERO MOIOLI
61 – OPINION PIECE DI GIOVANNI AMODEO
62 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO LOTTO
63 – OPINION PIECE DI GIANLUCA BOTTINI
65– OPINION PIECE DI SIMONE FARINELLI
66– OPINION PIECE DI FRANCESCA ANNALISA PETRELLA
67– OPINION PIECE DI VALERIO FLAVIO GHIZZONI
68– OPINION PIECE DI STEFANO MAGNI
69– OPINION PIECE DI LUCA LA BARBERA
70 – INNOVAZIONE POP. ARIMINUM CIRCUS: LA GRAPHIC NOVEL!
71 – LEADERSHIP POP. APOFATICA E CATAFATICA DELLA COMUNICAZIONE
72 – OPINION PIECE DI FEDERICA CRUDELI
73– OPINION PIECE DI MELANIA TESTI
74 – OPINION PIECE DI GIANMARCO GOVONI
75– OPINION PIECE DI MARIACHIARA TIRINZONI
76 – SENSEMAKING POP. LODE DELLA CATTIVA CONSIDERAZIONE DI SE’
77 – OPINION PIECE DI ALESSANDRA CAPPELLO E ALESSANDRA MAZZEI
78 – OPINION PIECE DI JOE CASINI
79 – OPINION PIECE DI MARTA CIOFFI
80 – STORYTELLING POP. VERSO IL POP BRANDING (PARTE PRIMA)
81 – STORYTELLING POP. VERSO IL POP BRANDING (PARTE SECONDA)
82 – STORYTELLING POP. VERSO IL POP BRANDING (NOTE A MARGINE)
83 – ENGAGEMENT POP. IL MANAGER INGAGGIANTE IMPARA DAI POKEMON
84 – ENGAGEMENT POP. DARE VOCE IN CAPITOLO
85 – ENGAGEMENT POP. COMUNICARE, VALUTARE, TRASFORMARE
86 – SENSEMAKING POP. MALATTIA MENTALE E BENESSERE PSICOLOGICO SUL LAVORO
87 – SENSEMAKING POP. FOLLIA O DIVERSITA’?
88 – OPINION PIECE DI LUIGIA TAURO
89 – OPINION PIECE DI NILO MISURACA
90 – OPINION PIECE DI FRANCESCO DE SANTIS
91 – INNOVAZIONE POP. REMIX, RI-USO, RETELLING
92 – STORYTELLING POP. ARIMINUM CIRCUS AL BOOK PRIDE 2025
93 – OPINION PIECE DI SIMONE VIGEVANO
94 – OPINION PIECE DI LORENZO FARISELLI
95 – OPINION PIECE DI MARTINA FRANZINI
96 – OPINION PIECE DI EMANUELA RIZZO
97 – INNOVAZIONE POP. OLTRE LA PRE-INTERPRETAZIONE
98 – INNOVAZIONE POP. FORMAZIONE: ANALOGICA, METAVERSALE, IBRIDA
99 – ARIMINUM CIRCUS: LA VISUAL NOVEL!
100 – La (P) AI INTELLIGENCE (PARTE PRIMA)
101 – La (P) AI INTELLIGENCE (PARTE SECONDA)
102 – La (P) AI INTELLIGENCE (PARTE TERZA)
103– La (P) AI INTELLIGENCE (PARTE QUARTA)
104– La (P) AI INTELLIGENCE (PARTE QUINTA)
105– OPINION PIECE DI ALEXANDRA NISTOR
106– FORMAZIONE POP. PARTE PRIMA
107– FORMAZIONE POP. PARTE SECONDA
108– OPINION PIECE DI FEDERICA GRAZIA BARTOLINI
109– OPINION PIECE DI FEDERICO PLATANIA
110– OPINION PIECE DANIELA DI CIACCIO
111– OPINION PIECE DI LUCIANA MALARA E DONATELLA MONGERA
112– IL RITORNO DEL CEOPOP
113– LA VISIONE DEI CEOPOP (VOLUME 1)
114– LA VISIONE DEI CEOPOP (VOLUME 2)
115 – LA COMUNICAZIONE DEL CEOPOP
116– CEOPOP E PARTI SOCIALI
117– CHE POP MANAGER SEI? L’ESTETA
118– STORYTELLING POP. UNA COMUNICAZIONE POP PER IL NON PROFIT
119– CHE POP MANAGER SEI? VISIONARIO/VISIONARIA
120– OPINION PIECE DI REMO PONTI
121– CHE POP MANAGER SEI? EMPATICA/EMPATICO
122– OPINION PIECE DI GIACOMO GRASSI
123– CHE POP MANAGER SEI? INNOVATORE/INNOVATRICE
124– SECONDA CONVERSAZIONE COLLABORATIVA SUL POP BRANDING
125– CHE POP MANAGER SEI? SIMPOSIARCA
126– SENSEMAKING POP. UNA NUOVA GRAMMATICA DEL LAVORO (1)
127– CHE POP MANAGER SEI? ESPLORATORE/ESPLORATRICE
128– SENSEMAKING POP. UNA NUOVA GRAMMATICA DEL LAVORO (2)
129– CHE POP MANAGER SEI? IRONIC DIVA/DIVO
130– SENSEMAKING POP. UNA NUOVA GRAMMATICA DEL LAVORO (3)
131– CHIUSI PER FERIE
132– OPINION PIECE DI ELENA BOBBOLA E MARIE LOUISE DENTI
133– CHE POP MANAGER SEI? PRATICO/PRATICA
135- L’INTELLIGENZA COLLABORATIVA MOTORE POP DEL CHANGE MANAGEMENT – INDUSTRIA