Il dialogo sul “CEOPOP” di oggi coinvolge Accademici ed esperti di comunicazione Alessandra Mazzei (Professoressa ordinaria di Economia e gestione delle imprese Università IULM e Direttrice del centro di ricerca di Ateneo CERC), Luigi Barbetta (Manager PwC Italy e Car Influencer) e Stefania Carleo (Autrice e Docente, esperta di Media Storytelling, Università IULM).
Raccontano la visione di chi studia, prepara i giovani a entrare in azienda o essere CEO, di chi usa gli strumenti pop e amplifica la voce del CEO per creare coinvolgimento tra le persone in azienda, di chi ha creato una community forte e proattiva.
La Comunicazione dei CEOPOP
Alessandra Pilia
Quanto è importante la voce del CEO e/o dell’imprenditore per far percepire i valori aziendali e coinvolgere i dipendenti? Attraverso quali canali comunichi il tuo ruolo?
(Mazzei) La voce del CEO e/o dell’imprenditore è molto importante. E’ molto importante perché è autorevole, esprime una posizione ufficiale e che preferibilmente dovrebbe essere proiettata al futuro medio-lungo. Dare una prospettiva, orientare. E’ chiaro che alla base deve essere credibile. Non ci possiamo però aspettare che le persone che fanno parte dell’organizzazione, manager o collaboratori, si allineino, di identifichino, aderiscano in modo pieno. Nel Management Pop consapevole c’è una sorta di negoziazione dell’appartenenza: le persone aderiscono ai contenuti che la voce del CEO ha veicolato per conto dell’azienda in modo consono alla propria personalità. Il mito dell’allineamento delle persone ai valori dell’azienda è ridimensionato e questa è un’opportunità per avere un contesto più vivace. Sugli strumenti dico che il rapporto personale, le modalità calde sono la chiave.
(Carleo) La voce del CEO è fondamentale ma deve essere unita all’ascolto dei bisogni dei propri dipendenti. Dialogo, ascolto e confronto sono azioni necessarie per trasformare l’azienda in un sistema virtuoso, perché può costruire delle prospettive professionali concretamente interessanti non solo per lui, ma per tutta la comunità aziendale.
Questo valorizza ovviamente il brand, perché i dipendenti si riconoscono in un sistema di valori che viene promosso attraverso il loro lavoro. Anche e soprattutto attraverso il suo leader che diventa il portavoce di quei valori.
(Barbetta) Il mondo del lavoro sta attraversando una profonda trasformazione, e non più una semplice evoluzione ma una modifica essenziale nella percezione del lavoro nel creare il proprio posto nel mondo.
In un contesto in cui la comunicazione è tutto, perché ciò che non si comunica non esiste, il CEO può solo “metterci la faccia” perché il cambio generazionale – che ha portato la Gen-Z e gli ultimi Millennials ad approcciare il mondo del lavoro – vede una popolazione che è abituata alla logica del profilo social e quindi “pubblico”. L’identità pubblica è diventata prioritaria rispetto a quella privata; quindi, i social sono imprescindibili anche per i leader aziendali, che devono costruire fiducia.
In un mondo intangibile, la tangibilità diventa un valore raro e si può concretizzare solo mostrandosi e facendo sentire la propria voce, appunto “mettendoci la faccia”. Come? I CEO devono frequentare i social con uno storytelling coerente ai valori dell’azienda che guidano.
Quanto la “stakeholder economy” è importante per fare impresa oggi e come convertire la community con i nuovi strumenti di comunicazione? E’ un aspetto che nel tuo ruolo hai valorizzato?
(Mazzei) E’ bellissima questa idea di far evolvere l’idea di stakeholder in community. Da gruppi considerati “altro” rispetto all’azienda, a componenti di un’arena nella quale si sceglie di stare insieme ad altri. Le community vanno curate con la presenza costante, il valore aggiunto, il dialogo. La capacità di un CEO di sviluppare questi dialoghi basati su empatia sistemica è centrale.
(Carleo) La stakeholder economy è fondamentale e necessaria per fare impresa oggi, lo è per tutte le funzioni e decisioni dell’organizzazione. E’ più efficace, ovviamente, se vengono coinvolte e condivise in un sistema, attraverso il quale ognuno può contribuire. Infatti, la competenza di ognuno finisce quando comincia quella altrui.
E’, quindi, necessario essere consapevoli della propria identità professionale per dare il proprio valore aggiunto. Il confronto tra i colleghi penso sia davvero necessario per far crescere i talenti e affinché ogni individualità professionale si senta davvero valorizzata in azienda.
(Barbetta) Quando si parla di comunicazione temo si sia rimasti un po’ indietro. Le tecniche di comunicazione sono nulla senza lo sfogo in una “relazione” che si concretizza in una community di valore con cui condividere progetti servizi e oggetti di valore. Più che seguire le tendenze e i nuovi media, vince chi sa fare un racconto coerente di sé e della propria azienda adattandolo al mezzo e il contesto.
Quali sono gli elementi principali della cultura POP che le imprese possono usare per rendere trasparenti i valori e riconoscibile il brand?
(Mazzei) Molto difficile dire che cosa vorremmo ci fosse di diverso, di nuovo. Le tue suggestioni di ascoltare, cogliere il sentire e lavorare insieme mi convincono molto. Una nota: il CEO Pop è una persona. Non possiamo chiedere a questa persona di incarnare tutti gli ideali. Oggi ci troviamo spesso davanti al rifiuto di farsi ingaggiare, di mettersi in gioco. Il CEO Pop forse dovrà tollerare queste imperfezioni e attivare dei patti psicologici anche più aperti e fluidi. Difficilissimo.
(Carleo) Per rendere trasparenti e riconoscibili i valori del brand è importante anche l’analisi dei dati interni, questo consente di comprendere effettivamente il sentiment della comunità aziendale. Ad esempio, attraverso le survey interne, possiamo ascoltare carenze e aspetti positivi. Comprendere quali possono essere i bisogni e le aspettative dei lavoratori e, successivamente, condividere i dati mette tutti nella condizione di conoscersi.
Diventare un brand significa mettere in discussione i canoni tradizionali?
Sì, ma la messa in discussione avviene attraverso la conoscenza delle persone che lavorano in azienda. Ricordiamoci che è fatta di persone e personalità.
Chiediamoci sempre: Come vogliono lavorare? Su cosa vogliono lavorare?
Se la comunità interna è soddisfatta, valorizza il brand anche all’esterno.
(Barbetta) Un’azienda è POP se riesce a far risuonare le corde più silenziose del cuore dell’utente finale. Sono le esigenze a far nascere le domande e le aziende devono avere le risposte. Rendere noto, in maniera semplice e diretta, i valori aziendali è l’unica via di successo.
È necessario individuare le 4 parole chiave del DNA aziendale e declinare le varie azioni per canalizzarle nei 4 pillar. Se una nuova idea, un nuovo progetto non sono coerenti andrebbero scartati per evitare di denaturare il purpose originario.
I posizionamenti sono possibili ma vanno raccontati, con professionalità e attenzione, sempre partendo dai 4 pillar spiegando come evolvono e il perché.
Riconosci nel ruolo del CEO POP. In quali aspetti o in quali no, ma soprattutto quale è il suo obiettivo per lasciare memoria del tuo lavoro sul domani?
(Mazzei) Il CEO POP potrebbe essere poco visibile nelle aziende perché queste sono strutturate oggi su logiche di formalizzazione, gerachia, command and control. Ma questo non ci scoraggerà. E’ una chiamata per chi si occupa di comunicazione interna, di gestione delle relazioni, di innovazione organizzativa.
(Carleo) Il CEOPOP può essere assolutamente un attore strategico per il brand se, ribadisco, coglie l’opportunità di ascoltare.
Il messaggio delle persone che lavorano all’interno di un’azienda permette di propagare quello della marca ma in modo più efficace e duraturo, perché rende trasparente i valori di un brand.
La figura del leader è centrale come quella del regista di un film, dalla scrittura alla narrazione attraverso le immagini, un filo conduttore di dialogo che si realizza.
Un giorno il regista Mario Martone mi disse: “pensa in orizzontale, i migliori film li ho fatti con i miei migliori amici” perché il valore di ognuno, le competenze e le singole voci, tutto insieme, sono le parole e i concetti a cui il CEOPOP dà espressione.
Questo può fare la differenza.
Potremmo identificare il CEO come il Virgilio dell’azienda.
(Barbetta) Il CEOPOP è la chiave del successo? Direi proprio di sì.
In un’organizzazione che funziona è come una persona con cui fa piacere passare del tempo.
Chi riesce a far vivere una realtà come un’estensione del se la tiene in vita e la porta al successo. Chi sa donarsi, coglie i frutti e viene premiato.
115 – continua
Copertina di Marcello Minghetti (Mosaico per Ariminum Circus Stagione 1)
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