Immagine di Marcello Minghetti per Ariminum Circus Stagione 1

Prolegomeni al Manifesto del Pop Management 109. Storytelling Pop. Opinion Piece di Federico Platania

Nella Città Invisibile di Dorotea, matrice della Sagitta da lui immaginata nell’Episodio n. 7 delle Aziende InVisibili, Pensionamento per limiti d’età, Federico Platania  ha visto l’esclusività del destino. Il suo neo-pensionato, come il cammelliere di Calvino, realizza di aver dedicato tutto se stesso a quella che non era che una delle infinite possibilità della sua vita. Un racconto che ha catturato l’immaginazione di molti, fra cui gli studenti dell’Università de L’Aquila che ne trassero un corto inserito nella Web Opera tratta dal romanzo collaborativo (di cui questo blog è uno spin off, nello spirito caratteristico dei progetti transmediali del Pop Management, come ho avuto occasione di spiegare anche nella bella intervista video appena rilasciata a Francesco Toniolo).

Stiamo parlando insomma di una vecchia conoscenza. Oggi Federico Platania è consulente di comunicazione e scrittore freelance. All’attività per le aziende affianca quella in campo letterario. Ha pubblicato sei romanzi (l’ultimo è Arcipelago familiare, Fernandel, 2024) e da oltre vent’anni cura il sito samuelbeckett.it dedicato al grande autore irlandese.

Anche l’Ecoglossia è Pop

di Federico Platania

 

«Si informa il Personale che…». Quante volte ci è capitato di leggere una comunicazione aziendale che esordiva così? Quanto volte abbiamo dovuto decifrare formule appannate e vuote per arrivare al significato di una mail? (In alcuni casi per scoprire che di significato ce n’era davvero poco). Quante volte in una newsletter o in una slide abbiamo incontrato maiuscole messe a casaccio, inutili ‘d’ eufoniche o perifrasi degne dell’anti-lingua di cui parlava già Italo Calvino più di sessant’anni fa?

L’anno scorso, insieme a Michele Governatori (al quale è venuta l’idea originale) e Roberto Carvelli, ho realizzato un podcast intitolato Ecoglossia – Le parole e le aziende. Sulle principali piattaforme trovate la prima stagione completa. L’obiettivo era semplice e radicale: individuare nel linguaggio che si usa nelle aziende – sia quello delle comunicazioni ufficiali sia quello informale tra colleghi – tutto ciò che è astratto, ambiguo, falso. In una parola: controproducente. Io e gli altri due autori possiamo vantare un considerevole numero di anni trascorsi in organizzazioni complesse. Tutti e tre appassionati di linguaggi e narrazioni abbiamo portato in dote al podcast il nostro gabinetto degli orrori fatto di comunicazioni senz’anima, newsletter in linguaggio burocratico e email che i mittenti scrivevano più per proteggere se stessi che per comunicare.

Una missione del genere rischiava (e rischia tuttora: stiamo pensando a una seconda stagione) di essere vista come una pedanteria inutile. Dopotutto nelle aziende “si è sempre parlato così”. E spesso, sul lavoro, mi rendo conto di essere il solo a provare fastidio di fronte a una frase del tipo «Come da accordi intercorsi in data odierna si comunica che le future attività saranno soggette a verifica settimanale». Nessun soggetto, nessuna emozione, nessuna responsabilità. Una lingua neutra, asettica, in cui non si capisce nemmeno chi è che parla.

L’intento però non è quello di sentirsi superiori, né di stare lì con la matita rossa pronti a cogliere il prossimo inevitabile errore di colleghe e colleghi. L’idea di fondo è quella di acquisire consapevolezza rispetto agli automatismi più insidiosi del linguaggio nelle aziende, nella convinzione – forse ingenua, sicuramente visionaria – che un’azienda che comunica meglio funziona anche meglio.

Le parole sono importanti

In questa donchisciottesca missione, Ecoglossia non è sola. L’idea che è alla sua base dialoga e interagisce con molti elementi fondanti del Pop Management. A partire da un principio tanto semplice da sembrare ovvio. E che invece è importante ricordare sempre: le parole sono importanti.

La frase è una nota citazione morettiana e torna anche nell’opinion piece di Roberto Veronesi. Vi ho trovato un’affermazione che ha molto a che fare con il punto da cui siamo partiti per Ecoglossia: «Le parole hanno un potere straordinario. Creano la realtà, dipingono immagini, evocano sensazioni… Mi ha sempre sorpreso la scarsa attenzione che, in azienda, si dà alle parole utilizzate.»

Ed è vero. Il linguaggio aziendale è spesso anestetico. Dichiara di voler costruire relazioni, ma di fatto impone distanza. Altro che engagement. È la fiera del disimpegno. Una volta ho ricevuto una mail che iniziava con «Con la presente si trasmette…» e si concludeva con «per quanto sopra esposto, si richiede cortese riscontro». Mi sono chiesto: ma chi trasmette? E a chi chiede riscontro? Quanto è poco call to action (ah, il gergo!) una comunicazione del genere?

Eppure, nelle aziende e nelle organizzazioni, sono ancora molte le persone che trovano assolutamente naturale ricevere comunicazioni scritte così. Lo dico per esperienza, avendo lavorato per anni come Internal Communications manager, tentando spesso di forzare certe pigrizie comunicative, scontrandomi con la rigidità di chi doveva poi dare l’approvazione finale (soprattutto, non me ne voglia chi lavora in questo campo, in ambito HR). Qualunque tentativo di alleggerire il linguaggio veniva giudicato inopportuno, quando non visto esplicitamente con sospetto.

La leggerezza non è superficialità

Nelle fin troppo citate Lezioni americane Italo Calvino ci ricorda che leggerezza non significa banalità, ma capacità di «planare sulle cose dall’alto, senza macigni sul cuore». Questo invito a mollare la zavorra non è forse tipico del Pop Management? Togliere i pesi morti al linguaggio aziendale per restituirlo alla sua funzione primaria: connettere.

Intorno a Calvino ruota l’opinion piece di Luigia Tauro, che – sempre dalle Lezioni americane – riporta un passaggio cruciale: «L’innovazione oggi richiede visibilità, intesa come capacità di costruire esperienze immersive e partecipative… di mettere a fuoco visioni.». Cos’altro dovrebbe fare un linguaggio chiaro e umano se non questo? Dare forma visibile ai valori. Restituire al lavoro un volto. Ecoglossia si pone un obiettivo analogo: far emergere ciò che nella comunicazione aziendale spesso resta invisibile, sottotraccia, afono.

Engagement è anche (e soprattutto) comunicazione

Ritrovo molto di questo spirito anche in ciò che dice Alessandra Mazzei quando nel suo opinion piece evidenzia come l’engagement nasca da pratiche comunicative reali: «I collaboratori – scrive Mazzei – si impegnano in eventi comunicativi positivi e negativi, formali e informali.» Ed è vero: ogni parola in azienda è un atto culturale. Facciamo tornare in scena Nanni Moretti allora: se parli male, pensi male. E se pensi male – aggiungo io –  coinvolgi peggio.

Possiamo usare tutte le survey e i KPI che vogliamo – e in certi casi è molto utile farlo – ma l’engagement nasce dalla parola condivisa, dalla narrazione quotidiana che diamo ai nostri ruoli e alle nostre relazioni. Un punto che ritorna anche nell’opinion piece di Alessandra Cappello quando scrive: «Ogni collaboratore è una persona dotata di mente narrante.»

Parole che riecheggiano il pensiero di Hannah Arendt, filosofa e influente intellettuale del XX secolo, il cui pensiero viene spesso citato sia nei Prolegomeni al Pop Management sia negli opinion piece e che può essere sintetizzato con: raccontare è il modo in cui diamo senso alla nostra esistenza.

Riattiviamo allora il racconto dentro le aziende. Facciamo tornare il linguaggio a essere un ponte, non un recinto.

Il senso non è nei processi, ma nelle storie

Come il linguaggio anche il Pop Management non è mai definitivo. È in continuo divenire, accoglie, scarta, si trasforma nel corso del tempo. La cultura organizzativa non è e non deve ridursi a essere un insieme di valori astratti. È una narrazione continua, fatta di linguaggi visivi, orali, emotivi. Ma tutto questo fallisce se la parola resta prigioniera della formalità. Per questo, la rivoluzione del linguaggio non è accessoria: è fondamentale.

Torno all’articolo di Roberto Veronesi in cui trovo un’immagine efficace: il leader contemporaneo sospeso come un equilibrista su una fune sottile, in bilico tra forze contrapposte. Veronesi definisce le doti essenziali del Pop Leader: ironia, buon senso, equilibrio, linguaggio. Mi permetto di definire meglio quest’ultima: consapevolezza linguistica.

Un vero Pop Leader sa che la cultura di un’organizzazione si rivela nelle parole che usa. In quelle che sceglie e in quelle che evita. In azienda le parole non sono strumenti neutri. Sono atti performativi. Dire «abbiamo bisogno di te» invece di «si richiede maggiore flessibilità» può cambiare tutto. Rende il lavoro un terreno comune, non un dovere imposto.

Nuove sensibilità e intelligenza artificiale

In uno degli episodi di Ecoglossia ci siamo chiesti come avrebbe reagito l’“aziendalese” alle nuove sensibilità che si stanno sviluppando, alle sacrosante esigenze di inclusività ormai imprescindibili. Un linguaggio come quello aziendale, che trasmette significati opposti a quelli che dichiara di voler comunicare, non rischia di soffocare anziché promuovere certe istanze? È un tema così ampio che merita una trattazione a parte.

Così come non è possibile esaurire in questo articolo quella che forse è la sfida per antonomasia per chi si occupa di comunicazione oggi: le interfacce conversazionali, gli assistenti virtuali, le intelligenze artificiali generative. Tutto questo sta già influenzando profondamente i nostri modi di comunicare. L’IA impara da noi. E noi cosa le stiamo insegnando?

L’uso di prompt chiari, inclusivi, empatici diventa fondamentale: perché un algoritmo addestrato solo sul linguaggio burocratico finirà per replicarlo. Allora mi piace pensare che Ecoglossia possa essere anche una forma di prompt design etico: un invito a riflettere su come parliamo alle macchine, perché presto saranno loro a parlare per noi.

Il Pop Management non ignora certo questa trasformazione: il linguaggio digitale non è “meno umano” — lo diventa se così lo facciamo essere. Le organizzazioni che abbracciano questa sfida linguistica saranno quelle capaci di integrare intelligenza artificiale e umanità, senza sacrificare la seconda.

Etica e responsabilità delle parole

Le parole sono scelte. E ogni scelta implica una responsabilità. In ambito aziendale, la parola può ferire o includere, semplificare o mistificare, aprire o escludere. L’etica del linguaggio organizzativo è un capitolo ancora troppo poco esplorato.

Dire «mobilità» invece di «licenziamento» non cambia la realtà: la nasconde. Usare termini tecnici per legittimare decisioni unilaterali (reskilling, rightsizing) è una forma di potere simbolico.

Scegliamo parole trasparenti, oneste, accessibili. Parole che costruiscono fiducia. Forse è proprio questa una delle chiavi del Pop Management: un’etica della comprensione, che parte dal linguaggio.

L.I.B.E.R.A.: verso un manifesto per un linguaggio pop

Qualche tempo fa, facendo backup di vecchi documenti e aprendo file sepolti nella memoria del mio Pc, ho trovato la slide di un corso di formazione sulla comunicazione in azienda. Enunciava i seguenti punti:

  1. Sii trasparente. Chi legge deve capire. Subito.
  2. Sii umano. Parla alle persone, non ai ruoli.
  3. Sii narrativo. Le informazioni informano, le storie trasformano.
  4. Sii visivo. Anche le parole possono creare immagini.
  5. Sii coerente. Il tono di voce è cultura, non estetica.

Non saranno i Dieci Comandamenti (anche perché sono solo cinque), ma a distanza di anni mi sono sembrate indicazioni utili e condivisibili. Io semmai avrei aggiunto un consiglio numero zero, tanto raro quanto rivoluzionario: ascolta. Prima di scrivere. Prima di parlare. Prima di pensare.

Ho allora voluto fare un esercizio. A partire da questi cinque punti ho provato (via, lo confesso, mi sono fatto aiutare dall’intelligenza artificiale. Ma questo a un pop manager è consentito, no?) a costruire un manifesto minimo per il linguaggio del Pop Management, il manifesto per una lingua L.I.B.E.R.A.:

  • L come Leggerezza: Un linguaggio che non pesa, non opprime, non disorienta.
  • I come Immaginazione: visione applicata, creatività al servizio del possibile. Ogni parola una finestra aperta sul futuro.
  • B come Benessere: il risultato di una comunicazione umana perché un clima organizzativo sano parte da messaggi sani.
  • E come Esattezza: precisione, coerenza, fedeltà tra ciò che si dice e ciò che si fa. L’etica inizia dalla chiarezza.
  • R come Relazione: la base della narrazione, la trama su cui si costruiscono fiducia e senso.
  • A come Autenticità: la colla di tutto. Senza autenticità, il linguaggio è facciata. Con l’autenticità può diventare cultura.

Un’azienda che usa una lingua L.I.B.E.R.A. è un’azienda che sceglie un’altra voce. Più vicina, più vera, più efficace.

Una voce che non teme di essere semplice, se la semplicità genera comprensione. Che non teme di essere umana, se l’umanità è ciò che tiene in piedi le organizzazioni. Che non teme di cambiare, se il cambiamento è ciò che ci rende vivi.

Conclusione: ma quindi è solo una questione di parole?

Sì. Ma anche no. Le parole sono solo l’inizio. Ma, come ogni inizio, definiscono la direzione. E a proposito di inizi, torniamo all’inizio di questo articolo: un «si informa» impersonale non è solo brutto da leggere: è un atto ideologico. Dice: «tu non conti abbastanza perché io mi rivolga a te in modo umano.»

Ecoglossia e Pop Management forse si incontrano qui: nella consapevolezza che parlare bene è agire meglio. E sì, lo sappiamo, parlare meglio non basta a cambiare il mondo del lavoro.

Ma è da lì che si comincia.

 

109 – continua

Copertina di Marcello Minghetti (Mosaico per Ariminum Circus Stagione 1)

Puntate precedenti

1 – DALLO HUMANISTIC AL POP MANAGEMENT
2 – MANIFESTI, ATLANTI, MAPPE E TERRITORI
3 – IL MANAGER PORTMANTEAU
4 – WHICH WAY, WHICH WAY?
5 – LEADERSHIP POP (LEZIONI SHAKESPEARIANE)
6 – OPINION PIECE DI RICCARDO MAGGIOLO
7 – LEADERSHIP POP (APERTURA, AUTONOMIA, AGIO, AUTO-ESPRESSIONE)
8 – OPINION PIECE DI JOSEPH SASSOON
9 – OPINION PIECE DI CESARE CATANIA
10 – OPINION PIECE DI VANNI CODELUPPI
11 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO GIAUME
12 – COLLABORAZIONE POP. L’IRRESISTIBILE ASCESA DELLE COMMUNITY INTERNE
13 – COLLABORAZIONE POP. L’EMPATIA SISTEMICA
14 – COLLABORAZIONE POP. LE COMMUNITY AZIENDALI: UNO STATO DELL’ARTE, PARTE PRIMA
15 – COLLABORAZIONE POP. LE COMMUNITY AZIENDALI: UNO STATO DELL’ARTE, PARTE SECONDA
16 – OPINION PIECE DI MATTEO LUSIANI
17 – OPINION PIECE DI MARCO MILONE
18 – OPINION PIECE DI ALESSIO MAZZUCCO
19 – OPINION PIECE DI ALESSANDRA STRANGES
20 – OPINION PIECE DI FRANCESCO VARANINI
21 – ORGANIZZAZIONE  POP. COMANDO, CONTROLLO, PAURA, DISORIENTAMENTO
22 – OPINION PIECE DI ROBERTO VERONESI
23 – OPINION PIECE DI FRANCESCO GORI
24 – OPINION PIECE DI NELLO BARILE
25 – OPINION PIECE DI LUCA MONACO
26 – OPINION PIECE DI RICCARDO MILANESI
27 – OPINION PIECE DI LUCA CAVALLINI
28 – OPINION PIECE DI ROBERTA PROFETA
29 – UN PUNTO NAVE
30 – ORGANIZZAZIONE  POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CURA)
31 – OPINION PIECE DI NICHOLAS NAPOLITANO
32 – LEADERSHIP POP. VERSO L’YPERMEDIA PLATIFIRM (CONTENT CURATION)
33 – OPINION PIECE DI FRANCESCO TONIOLO
34 – ORGANIZZAZIONE  POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CONVIVIALITA’)
35 – OPINION PIECE DI LUANA ZANELLATO
36 – OPINION PIECE DI ANDREA BENEDETTI E ISABELLA PACIFICO
37 – OPINION PIECE DI STEFANO TROILO
38 – OPINION PIECE DI DAVIDE GENTA
39 – OPINION PIECE DI ANNAMARIA GALLO
40 – INNOVAZIONE POP. ARIMINUM CIRCUS: IL READING!
41 – ORGANIZZAZIONE  POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CONVOCAZIONE)
42 – OPINION PIECE DI EDOARDO MORELLI
43 – ORGANIZZAZIONE  POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CO-CREAZIONE DI VALORE)
44 – OPINION PIECE DI MARIANNA PORCARO
45 – OPINION PIECE DI DONATO IACOVONE
46 – OPINION PIECE DI DENNIS TONON
47 – OPINION PIECE DI LAURA FACCHIN
48 – OPINION PIECE DI CARLO CUOMO
49 – OPINION PIECE DI CARLO MARIA PICOGNA
50 – OPINION PIECE DI ROBERTO RAZETO
51 – OPINION PIECE DI ALBERTO CHIAPPONI
52 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO ANTONINI
53 – OPINION PIECE DI ALESSANDRA PILIA
54 – OPINION PIECE DI CLEMENTE PERRONE
55 – OPINION PIECE DI FABRIZIO RAUSO
56 – OPINION PIECE DI LORENZO TEDESCHI
57 – OPINION PIECE DI EUGENIO LANZETTA
58 – OPINION PIECE DI GIOLE GAMBARO
59 – OPINION PIECE DI DANTE LAUDISA
60 – OPINION PIECE DI GIAMPIERO MOIOLI
61 – OPINION PIECE DI GIOVANNI AMODEO
62 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO LOTTO
63 – OPINION PIECE DI GIANLUCA BOTTINI
65– OPINION PIECE DI SIMONE FARINELLI
66– OPINION PIECE DI FRANCESCA ANNALISA PETRELLA
67– OPINION PIECE DI VALERIO FLAVIO GHIZZONI
68– OPINION PIECE DI STEFANO MAGNI
69– OPINION PIECE DI LUCA LA BARBERA
70 – INNOVAZIONE POP. ARIMINUM CIRCUS: LA GRAPHIC NOVEL!
71 – LEADERSHIP POP. APOFATICA E CATAFATICA DELLA COMUNICAZIONE
72 – OPINION PIECE DI FEDERICA CRUDELI
73– OPINION PIECE DI MELANIA TESTI
74 – OPINION PIECE DI GIANMARCO GOVONI
75– OPINION PIECE DI MARIACHIARA TIRINZONI
76 – SENSEMAKING POP. LODE DELLA CATTIVA CONSIDERAZIONE DI SE’
77 – OPINION PIECE DI ALESSANDRA CAPPELLO E ALESSANDRA MAZZEI
78 – OPINION PIECE DI JOE CASINI
79 – OPINION PIECE DI MARTA CIOFFI
80 – STORYTELLING POP. VERSO IL POP BRANDING (PARTE PRIMA)
81 – STORYTELLING POP. VERSO IL POP BRANDING (PARTE SECONDA)
82 – STORYTELLING POP. VERSO IL POP BRANDING (NOTE A MARGINE)
83 – ENGAGEMENT POP. IL MANAGER INGAGGIANTE IMPARA DAI POKEMON
84 – ENGAGEMENT POP. DARE VOCE IN CAPITOLO
85 – ENGAGEMENT POP. COMUNICARE, VALUTARE, TRASFORMARE
86 – SENSEMAKING POP. MALATTIA MENTALE E BENESSERE PSICOLOGICO SUL LAVORO
87 – SENSEMAKING POP. FOLLIA O DIVERSITA’?
88 – OPINION PIECE DI LUIGIA TAURO
89 – OPINION PIECE DI NILO MISURACA
90 – OPINION PIECE DI FRANCESCO DE SANTIS
91 – INNOVAZIONE POP. REMIX, RI-USO, RETELLING
92 – STORYTELLING POP. ARIMINUM CIRCUS AL BOOK PRIDE 2025
93 – OPINION PIECE DI SIMONE VIGEVANO
94 – OPINION PIECE DI LORENZO FARISELLI
95 – OPINION PIECE DI MARTINA FRANZINI
96 – OPINION PIECE DI EMANUELA RIZZO
97 – INNOVAZIONE POP. OLTRE LA PRE-INTERPRETAZIONE
98 – INNOVAZIONE POP. FORMAZIONE: ANALOGICA, METAVERSALE, IBRIDA
99 – ARIMINUM CIRCUS: LA VISUAL NOVEL!
100 – La (P) AI INTELLIGENCE (PARTE PRIMA)
101 – La (P) AI INTELLIGENCE (PARTE SECONDA)
102 – La (P) AI INTELLIGENCE (PARTE TERZA)
103– La (P) AI INTELLIGENCE (PARTE QUARTA)
104– La (P) AI INTELLIGENCE (PARTE QUINTA)
105– OPINION PIECE DI ALEXANDRA NISTOR
106– FORMAZIONE POP. PARTE PRIMA
107– FORMAZIONE POP. PARTE SECONDA
108– OPINION PIECE DI FEDERICA GRAZIA BARTOLINI