Federica Grazia Bartolini è autrice, communication strategist e speaker su AI, leadership e autenticità. Dopo una carriera internazionale in aziende Fortune 500, ha creato il metodo Golden Bridge™ per aiutare leader e organizzazioni a comunicare con visione, impatto e coerenza nell’era dell’intelligenza artificiale.
La vera leadership oggi?
Umana, autentica. E alleata dell’AI
di Federica Grazia Bartolini
C’era una volta…
C’era un tempo in cui i leader si distinguevano per il tono della voce in una sala riunioni.
Poi è arrivato il tempo delle slide perfette, dei KPI da difendere, delle email sempre più brevi e impersonali — inviate secondo il dogma che velocità equivale ad efficienza, ma così scarne che a volte non avevano nemmeno un saluto iniziale o finale.
Dopo, si è passati all’appiattimento gerarchico (quantomeno formalmente): dall’abolizione di giacca e cravatta, al darsi del tu, allo smart working fino al 100% del tempo fino a che a qualcuno questo deve essere sembrato eccessivamente innovativo e abbiamo assistito a tentativi disperati più recenti di tornare al passato e recuperare un certo decoro comunicativo e formale.
Siamo passati dall’epoca in cui ci si rivolgeva al Signor Direttore con rispetto per lo status e il ruolo che rappresentava, come il celebre Megadirettore Galattico di fantozziana memoria, a un’epoca più veloce, trasparente, dove se manca la sostanza quel “Signor Direttore” resta solo in copertina: non risuona più con le persone. Non basta un titolo se manca la sostanza. Se il gioco di nascondersi dietro a una carica altisonante poteva funzionare (male) in passato, oggi non funziona più.
L’adozione dell’AI generativa è, prima ancora che una scelta tecnologica, un test di visione, coerenza — e un acceleratore di verità. L’intelligenza artificiale, infatti, può amplificare la voce dei leader, ma solo se quella voce è già autentica.
Pensiamo, ad esempio, a quando Howard Schultz, ex CEO di Starbucks, è tornato alla guida dell’azienda con un linguaggio manageriale che molti hanno percepito come distante rispetto alla sensibilità sociale contemporanea. Le sue posizioni ambigue su temi legati al lavoro e ai sindacati, in una fase di forte esposizione pubblica, hanno mostrato quanto anche un leader carismatico possa perdere sintonia con le aspettative collettive, se la comunicazione appare autoreferenziale o scollegata dal contesto.
Quando la comunicazione diventa opaca e il linguaggio del potere non si evolve con la sensibilità collettiva, anche i leader più quotati perdono presa.
Perché oggi, ancor più di ieri, senza sostanza, la reputazione scivola via.
Abbiamo inseguito stili, posture, apparenze. Ci siamo persi in simboli e scorciatoie, cercando nella forma ciò che solo la sostanza poteva garantire. Abbiamo fatto tanti passi avanti, e altrettanti indietro. E da quel che osservo oggi, manca una bussola vera.
Perché un vero leader non è apparenza: è sostanza autentica.
Cosa succede quando anche le persone possono essere generate da una macchina (quantomeno nella loro versione digitale)?
Il confine tra ciò che è vero e ciò che è ottimizzato si fa sempre più sottile, e il rischio di lasciarsi affascinare e tornare all’effetto copertina, senza contenuto, è alto—soprattutto se non si comprende e non si padroneggia il potenziale dell’intelligenza artificiale. L’AI dovrebbe essere un alleato di concretezza, non un acceleratore “rumore manageriale”.
Da oltre 15 anni mi occupo di comunicazione strategica in ambito corporate e da più di 20 mi confronto, per passione e per mestiere, con l’evoluzione digitale. Ho lavorato in contesti internazionali, ricoprendo ruoli di responsabilità in multinazionali Fortune 500. Oggi accompagno leader e organizzazioni nel comprendere, usare e comunicare l’intelligenza artificiale con autenticità, impatto e consapevolezza.
In questo scenario, la leadership non può più essere solo una funzione. Deve diventare una forma di presenza. E allora la domanda è: come si guida davvero in un mondo dove la comunicazione è sempre più algoritmica e sempre meno umana?
L’intelligenza artificiale, soprattutto nella sua forma generativa, sta ridisegnando le conversazioni, il modo di prendere decisioni, le narrazioni aziendali. Ma ciò che resta in ombra – o inascoltato – è proprio ciò che può fare la differenza: la capacità di guidare con autenticità, visione e consapevolezza. Non malgrado la tecnologia. Ma attraverso di essa.
Nel “Prolegomeno 7” dedicato alla Leadership Pop, Marco Minghetti individua in apertura, autonomia, agio e auto-espressione i cardini di una leadership contemporanea e coerente con le esigenze di senso delle nuove generazioni. Un’intuizione potente, che si intreccia perfettamente con la necessità, oggi più che mai, di guidare non solo con la testa, ma con mente, cuore e voce.
L’AI non sostituisce la leadership. La mette a nudo.
L’intelligenza artificiale amplifica tutto: anche le contraddizioni. È una lente che obbliga i leader a confrontarsi con ciò che li rende davvero rilevanti. Non basta più essere preparati. Serve essere presenti.
“L’intelligenza artificiale non ci spoglia del nostro ruolo. Lo mette a nudo. E solo chi ha una voce propria sarà riconoscibile nel rumore.”
(Da “Comunicare con l’Intelligenza Artificiale – Una guida umanocentrica per leader autentici”, F.G. Bartolini)
In questo senso, l’AI è un test di autenticità.
Come discusso anche nel “Prolegomeno 46” (Dennis Tonon), modelli di Management 3.0 che integrano benessere e performance diventano indispensabili per navigare la complessità. La leadership non può più essere verticale, autoritaria, impersonale. Deve farsi rete, ascolto, presenza.
La comunicazione autentica è un moltiplicatore di fiducia
Autenticità non significa dire tutto. Significa dire il vero con rispetto e intenzionalità. Significa scegliere la chiarezza rispetto al controllo, e la coerenza rispetto alla convenienza.
In scenari ad alta tensione – fusioni, ristrutturazioni, tensioni reputazionali – l’autenticità diventa una leva strategica indispensabile.
Ho visto board cambiare idea, team riattivarsi, rischi trasformarsi in opportunità solo perché un leader ha avuto il coraggio di essere reale.
Lo confermano anche Alessandra Cappello e Alessandra Mazzei nel “Prolegomeno 77“: l’engagement nasce da scambi autentici e coerenti.
Il corpo non è un accessorio della mente
L’AI eccelle nei dati ma non sente. Può supportare i leader nel prendere decisioni più oggettive, basate su dati, prive di favoritismi e libere da logiche clientelari.
Tuttavia, proprio perché eccelle nella razionalizzazione e nella standardizzazione dei processi decisionali, rischia di disincarnare la leadership, trasformandola in qualcosa di astratto, scollegato dalla realtà emotiva e relazionale dei team.
Ma, come ricorda Martina Franzini nel “Prolegomeno 95“, il corpo è parte integrante del modo in cui pensiamo, sentiamo, guidiamo.
La leadership del futuro, per funzionare, dovrà tenere conto non solo dei dati e delle analisi, ma anche delle emozioni e delle relazioni. Dovrà essere presente, consapevole, capace di ascoltare con attenzione e di percepire anche ciò che non viene detto.
Il coraggio è la nuova moneta di scambio
Guidare oggi significa anche esporsi. Ammettere un errore. Dire “non so” quando serve. Difendere ciò in cui si crede, anche se non è popolare.
Questo coraggio non è solo morale. È competitivo. Il coraggio comunicativo è l’elemento che trasforma la trasparenza in influenza.
I contesti BANI richiedono visione, trasparenza, fermezza. Il coraggio comunicativo non cerca like: cerca rispetto duraturo.
La leadership è un atto di comunicazione
Chi guida, comunica. E la comunicazione è uno degli atti più potenti a disposizione dei leader. Ogni scelta comunicativa, ogni silenzio, ogni parola pubblica contribuisce a costruire un’identità collettiva. Se non si presidia questo spazio con autenticità e intenzionalità, altri lo faranno al nostro posto.
La leadership narrativa non è storytelling fine a sé stesso, ma capacità di dare senso al cambiamento. Significa aiutare le persone a capire dove siamo, perché ci siamo, e dove vogliamo andare. Significa scegliere un linguaggio che unisce, non che divide.
Più empatia e sostanza, meno rumore vuoto
Oggi empatia e autenticità non sono soft skill. Sono strategia.
In un mondo iperconnesso e affamato di senso, i leader vengono giudicati non solo per quello che ottengono, ma per come fanno sentire le persone.
L’empatia costruisce reputazione. Rende un post su LinkedIn un movimento, una keynote un’eredità. È anche l’antidoto alla fatica digitale: le storie vere, condivise con vulnerabilità, tagliano il rumore e arrivano dritte al cuore.
L’empatia ha sempre avuto valore, ma nell’era dell’AI è ancora più essenziale. Le persone vivono di istinto, emozione, passione: aspetti che la tecnologia può simulare, ma non comprendere davvero. L’empatia è la moneta relazionale che nessun algoritmo potrà mai replicare, la bussola che orienta la comunicazione dei leader verso autenticità, integrità e impatto.
È per questo che “Dialogo & Empatia” è uno dei sei pilastri del Golden Bridge Method(TM): perché garantisce che ogni messaggio risuoni non solo cognitivamente, ma anche emotivamente ed eticamente.
Essere umani nell’era AI: ponti, non scorciatoie
Essere leader umani e autentici, oggi, non significa resistere alla tecnologia.
Significa abitarla con coscienza, mettere l’intelligenza artificiale al servizio dell’intelligenza umana e narrativa, riconoscere che la vera influenza nasce dalla coerenza, non dal controllo.
Il mio invito, in linea con quanto discusso nei Prolegomeni citati, è semplice ma radicale: non possiamo delegare alla macchina ciò che è responsabilità nostra. Possiamo – e dobbiamo – invece creare ponti tra AI e autenticità, tra performance e presenza, tra innovazione e identità.
E per autenticità non intendo uno stile, ma una sostanza: comunicare in modo autentico significa essere coerenti, intenzionali, coraggiosi e, soprattutto, responsabili.
Non si tratta di dire tutto sempre, ma di scegliere cosa dire con verità, rispetto e consapevolezza del contesto. È assumersi la responsabilità del proprio messaggio e del suo impatto.
Quando un leader comunica con trasparenza, intelligenza emotiva e purpose, genera fiducia, attiva l’engagement e favorisce l’allineamento.
In questo senso, “Comunicare con l’Intelligenza Artificiale – Una guida umanocentrica per leader che valorizzano autenticità, empatia e purpose nell’era dell’AI“ non è solo un titolo.
È un manifesto per chi vuole costruire una leadership capace di attraversare il rumore e generare reputazione.
Pop, nel senso più alto del termine.
108 – continua
Copertina di Marcello Minghetti (Mosaico per Ariminum Circus Stagione 1)
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