Immagine di Marcello Minghetti per Ariminum Circus Stagione 1

Prolegomeni al Manifesto del Pop Management 107. La Formazione Pop: una conversazione con Simone Giovarruscio (SIAE), Raoul Nacamulli (Open Org.), Isabella Pacifico (Carrefour), Simona Panseri (Google), Enrico Parsi (Scuola Coop), Paolo Staffieri (BNL BNP Paribas) – Parte Seconda

Proseguiamo nella nostra conversazione sulla Formazione Pop. Nella Prima Parte abbiamo cominciato a riflettere sugli obiettivi strategici della formazione oggi, sulle modalità che può assumere (formati analogici, ibridi, digitali), sulle soluzioni a basso costo che offre il mercato. In questa Seconda Parte il dialogo prosegue su temi quali la necessità  di introdurre pratiche formative per la cura di sé, la formazione collaborativa, il ruolo della Gamification, l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale.

Pratiche formative per la cura di sé

MARCO MINGHETTI: Una recente ricerca del CERC (Centre for Employee Relations and Communication) dell’Università IULM ha mostrato che «l’approccio al benessere dei collaboratori dovrebbe essere olistico e includere le componenti fisiche, psicologiche, di vita personale e sociali, attraverso pratiche dedicate a sostenere queste componenti in modo specifico».

In questo quadro, le aziende, in particolare attraverso i loro centri formativi, possono facilitare la pratica della cura di sé mettendo a disposizione per esempio:

  • spazi dedicati alla meditazione, al relax o al movimento fisico;
  • accesso a servizi di supporto psicologico e coaching;
  • percorsi di apprendimento Pop, come workshop legati alle pratiche filosofiche, reading poetici e spettacoli teatrali.

Nella realtà delle vostre Academy avete attivato queste o simili iniziative?

SIMONE GIOVARRUSCIO Condivido totalmente questa prospettiva, l’umano evolve grazie a stimoli olistici. Noi in SIAE, ad esempio, sappiamo bene quanto la musica sia considerata patrimonio artistico e culturale; dunque, patrimonio dell’umanità e uno dei motivi è perché la musica ha il potere di generare condizioni emotive e se non è con le emozioni che con cosa riusciamo a cambiare e quindi evolvere e quindi stare meglio nel mondo?

Con questa lente il nostro approccio all’apprendimento (che cerca di riprodurre nella quotidianità aziendale il troppo spesso teorico approccio del 70-20-10) sta puntando molto sul processo di Development attraverso la Talent Partnership interna con un Talent Partner dedicato alle persone, l’utilizzo di assessment psicometrici per aumentare la conoscenza della persona e il coaching professionale per lo sviluppo delle competenze trasversali e manageriali.

Questo significa comprendere e conoscere le sfumature dell’individuo e poterle supportare perseguendo esigenze individuali ma anche collettive e organizzative. Inoltre, questo significa poter supportare la persona nella quotidianità lavorativa che diventa al tempo stesso campo di allenamento e campo da gioco ed è questo uno dei modi con cui la persona si sente meglio, nel perseguimento della propria evoluzione (scopo, padronanza e autonomia. Daniel H. Pink, 2010, Drive).

L’approccio al benessere tramite iniziative che arricchiscono la spiritualità dell’essere umano credo vada considerato seriamente dalle aziende. L’azienda deve poter essere un filtro rispetto al mondo fuori che ti permette di evolvere, di trovare ricchezza culturale e umana dentro cui diventare ogni giorno le migliori versioni di noi stessi. Non è ciò che cerca ogni essere umano quando sceglie le cose cui in credere, quando cerca uno scopo più alto?

In particolare, in SIAE, tramite un’attenta analisi abbiamo intuito che ciò di cui le persone avevano bisogno era incontrarsi, socializzare, scambiare e contaminarsi su ciò che fa parte di loro anche fuori dal ruolo professionale che svolgono in azienda. A tal proposito abbiamo lanciato l’iniziativa dei club di interesse con particolare successo e si sono ad esempio costituiti club di trekking, di cooking, di bridge e sono momenti in cui le persone semplicemente si conoscono e condividono momenti di passione da cui però possono nascere collaborazioni interne più efficaci e trasferimenti di competenze naturali.

Il recente esperimento Poesie UMANE, RISORSE Poetiche lanciato dal mio profilo Linkedin individuale, dove pubblico poesie dedicate alle persone e al lavoro osservando angoli intimi e quotidiani, sebbene a prima impatto possa sembrare un qualcosa di lontano dall’essere considerato un progetto di comunicazione interna verso le nostre persone, mi ha permesso anche di scoprire un fenomeno molto interessante: essendo, di fatto, un progetto “esterno” all’azienda questo viene percepito dalle stesse persone interne in questo modo ma allo stesso tempo viene letto, vissuto e visto con meno resistenze che non se fosse stata lanciata come iniziativa aziendale. Questo a mio modo di vedere merita una riflessione: non sono forse le persone che prima di tutto contaminano le altre persone? L’azienda da sola (ammesso che esista) forse non può pensare di avere il poter di ingaggiare le persone e donare loro benessere a pacchetti.

Si deve parlare al cuore, alle emozioni, e tutto questo si può fare utilizzando linguaggi artistici e/o Pop, come la poesia, per richiamare l’input dell’intervista.

MARCO MINGHETTI In una recente intervista al Corriere, Bruno Cucinelli, appena insignito di una laurea Honoris Causa per il suo impegno umanistico (nel corso della cerimonia di assegnazione il ministro Bernini lo ha definito «mercante onorevole, meravigliosa sintesi di profitto e dono, mecenate onorabile») ha usato l’aggettivo «incantevole» per definire il 2024 chiuso con 1,27 miliardi di ricavi, +12,2% sul 2023. Al giornalista che si meravigliava per l’uso di questo aggettivo, ha risposto: «Perché non tornare ad usare aggettivi poetici?i» cogliendo così l’essenza del messaggio che è stato pubblicato in retrocopertina del Manifesto dello Humanistic Management (che ho scritto nel 2004 in collaborazione con personalità quali Domenico De Masi e Piero Trupia): “dalla poesia l’apprendimento”.

In questo contesto si situa anche il volume Nulla due volte. Il management attraverso la poesia di Wislawa Szymborska che ho realizzato in base a una scelta di venticinque poesie della poetessa polacca premio Nobel per la letteratura, suddivise in cinque capitoli, ciascuno dedicato ad un tema fondamentale per la comprensione delle aziende attuali: la definizione dell’identità individuale e di gruppo; la costruzione delle relazioni interpersonali; la selezione delle competenze necessarie a produrre innovazione; la gestione delle diversità e quindi dei talenti; il processo di produzione di significato nelle organizzazioni, per il quale Karl Weick ha coniato il termine sensemaking. Questo percorso è diventato anche un percorso formativo che negli anni ho riproposto in diversi contesti aziendali, aggiornandone con facilità di volta in volta i contenuti sulla base delle evoluzioni sociali, economiche e tecnologiche del mondo imprenditoriale, grazie alla forza universale delle poesie.

RAOUL NACAMULLI Tutto questo è coerente con quanto evidenziato dal CERC riguardo alle tendenze HR e di formazione nelle aziende trova un riscontro crescente  in molte realtà aziendali e soprattutto nelle aspettative individuali e sociali della contemporaneità.

Un aspetto che va sottolineato al riguardo è il collegamento fra questi trend ed il significato che le persone attribuiscono al lavoro nella nostra era di trasformazione digitale. Questo sia in generale che in special modo dalle generazione dei millenials ed in questo ambito  soprattutto  dalla generazione Z. Questo concetto può essere sottolineato, in particolare, facendo riferimento al lavoro di Scott Barry Kauffman professore di Psicologia alla Colombia University e direttore del Center of Human Potential .

Kaufman ha  sviluppato molti scritti centrati sulle aspettative sullo sviluppo del potenziale delle persone nella nostra epoca. Uno di questi  lavori  è centrato su ciò che Kaufman  chiama la “barca a vela della motivazione”. Si tratta di  un modello che costituisce una rielaborazione ed attualizzazione della notissima piramide della motivazione di Abraham Maslow, la gerarchia dei bisogni che ha alla base i bisogni elementari per poi procedere con quelli di ordine superiore per arrivare  al vertice con  l’autorealizzazione.

Nello schema della barca a vela di Kaufman si distingue fra lo scafo e la vela della barca. Lo scafo è centrato sulla sicurezza mentre la vela sulla crescita (Kaufman S. B.,  Trascend, The New Science of Self Actualization, John Murray Press, 2022). D’altra parte, è  la vela ciò che consente allo scafo non solo di muoversi ma soprattutto di avere una direzione sensata. Ne consegue che la vela, secondo Kaufman;  comprende anzitutto lo scopo, il purpose. A questo proposito l’Autore cita Seneca quando afferma che “ se non si sa verso quale porto si è diretti non si arriva in nessun posto. Ciò  malgrado il vento sia favorevole”.  Gli altri componenti della vela sono  l’intensità delle relazioni sociali ( delle relazioni sociali improntate dalla passione) e l’autostima.

MARCO MINGHETTI La metafora (e l’implicita citazione shakespeariana) è attualissima: per fare un caso molto noto, il Presidente di Unipol ha spesso dichiarato di essere un «velista prestato all’economia», tanto che La Repubblica ha titolato un articolo di un paio di mesi fa a lui dedicato  Carlo Cimbri, il manager-velista alla traversata bancaria). Soprattutto, non si stanca (ad esempio, in una intervista per Il Sole-24 Ore apparsa nel luglio 2022),  di sostenere che «Andare per mare ti offre insegnamenti utili anche nel mondo degli affari».

Ecco: il concetto che sta alla base del modello della barca a vela di Kaufman si riferisce a delle organizzazioni che mettono le  persone ed i team  in condizione e di orientare e ri-orientare nel tempo, in maniera consapevole,  la propria direzione, la propria e  vela.  Questo attraverso l’attribuzione di  un significato al proprio navigare e nutrendo la propria autostima e le proprie relazioni di comunità.

Secondo questa prospettiva è importante che le aziende lavorino per rinforzare i percorsi di apprendimento attraverso degli investimenti significativi  in capitale umano e sociale. Questo con riferimento a  temi come le pratiche filosofiche, la mindfulness, ecc..

E’ poi importante anche che si operi sull’ambiente di lavoro sia fisico e digitale in maniera da riuscire a  favorire continuamente  lo sviluppo di contenuti di lavoro a cui le persone possono attribuire  un significato positivo. In altre parole, è importante che le persone possano diventare, davvero,  degli “artigiani del proprio lavoro” ( il Job crafting di cui parla Alessandra Cappello in Prolegomeni 77).

PAOLO STAFFIERI In BNL cerchiamo di tenere distinti il benessere personale ed il supporto professionale, quindi non abbiamo in mente di realizzare iniziative come il relax ed il movimento fisico come parte dell’Academy.

Favoriamo queste opportunità in altro modo, ad esempio, con una palestra collocata negli uffici della direzione generale accessibile durante l’ora di pranzo, favorendo convenzioni con centri di ascolto qualificati che offrono dei servizi di supporto psicologico gratis ai nostri collaboratori.

Invece per il supporto professionale allo sviluppo individuale abbiamo due importanti programmi di metorship interno e di coaching.

Infine, abbiamo introdotto da qualche anno  un programma specifico che consente un focus dedicato in modo esclusivo ai momenti di cambiamento che fa riferimento al modello delle intelligenze evolutive.

MARCO MINGHETTI Il tema del coaching in relazione all’uso delle Ai è estremamente attuale.Nel panorama della formazione aziendale, si sta affermando un cambiamento profondo: l’addio al “corso” inteso come evento isolato e il passaggio verso modelli di apprendimento continuo, personalizzato e adattivo. Al centro di questa trasformazione c’è l’AI Coaching, una tecnologia che agisce come un tutor invisibile, sempre presente accanto al lavoratore. Non si limita a fornire contenuti, ma osserva, apprende e guida in tempo reale, adattando i suggerimenti alle esigenze e al contesto della persona.

Grazie all’uso di modelli di Natural Language Processing e machine learning, l’AI è oggi in grado di comprendere tono, intenzione e contesto delle interazioni, offrendo micro-contenuti formativi nel momento esatto in cui servono. Questo approccio aumenta l’efficacia dell’apprendimento, rendendolo parte integrante del lavoro quotidiano.

Le aziende che hanno adottato sistemi di AI Coaching stanno riscontrando vantaggi concreti: maggiore engagement, perché i contenuti risultano più rilevanti; aumento della produttività, grazie al potenziamento continuo delle competenze; e una vera democratizzazione della formazione, accessibile a tutti i dipendenti, non solo ai “talenti ad alto potenziale”.

Tuttavia, come sottolinea recente articolo, va ricordato un punto essenziale: l’empatia artificiale ha dei limiti. Per quanto sofisticati, gli algoritmi non possono cogliere i non detti, le dinamiche informali o le sfumature culturali all’interno dei team. Per questo motivo, l’integrazione tra AI e presenza umana resta fondamentale. L’intelligenza artificiale può accompagnare e personalizzare, ma servono ancora mentori umani per orientare, motivare e dare significato nei momenti critici.

Per gli HR Manager, tutto ciò rappresenta un vero cambio di paradigma: non si tratta solo di introdurre una nuova tecnologia, ma di ripensare il ruolo stesso della formazione in azienda. L’obiettivo diventa quello di abilitare una cultura della crescita permanente, diffusa e autonoma, liberando tempo e risorse per concentrarsi sullo sviluppo del potenziale umano.

ENRICO PARSI Nella realtà in cui lavoro le pratiche focalizzate sulla cura di sé non sono molto frequenti. So di alcune cooperative che hanno proposto cicli di mindfulness, ma non so con quali risultati. Torno però all’idea prefigurata riguardante la metodologia formativa e l’uso maggiore del corpo. È possibile, e nella nostra esperienza questo aspetto è presente, costruire contesti di formazione “salutari” nei quali l’aspetto di benessere è proprio il terreno attraverso il quale si svolge l’attività.

In questi contesti, il gioco, l’assenza di giudizio, la sperimentazione e la produzione di sapere, la scoperta o conferma delle proprie qualità, prima ancora delle proprie carenze, lo spazio per attività che il lavoro spesso non permette, come la lettura e la scrittura possono contribuire alla realizzazione di attività molto generative e in quanto tali benefiche.

ISABELLA PACIFICO Credo che il benessere dei nostri collaboratori e delle nostre collaboratrici sia un valore fondamentale, un prerequisito indispensabile per creare un ambiente di lavoro positivo, produttivo e sostenibile. Per questo in Carrefour Italia abbiamo attivato diverse iniziative volte a promuovere il benessere delle persone, a partire dal servizio di supporto psicologico, che offre a tutti i dipendenti la possibilità di usufruire di un servizio di supporto psicologico.
E sono convinta che la formazione possa svolgere un ruolo chiave nel promuovere un approccio olistico, come è stato detto, alla cura di sé, che tenga conto non solo delle competenze tecniche e manageriali, ma anche degli aspetti emotivi e relazionali.

Ad esempio, stiamo investendo con convinzione nel Coaching, con l’obiettivo di creare una vera e propria cultura del Coaching all’interno dell’azienda. Abbiamo formato 13 Coach interni, selezionando persone provenienti da diverse funzioni aziendali e offrendo loro un percorso formativo completo che ha aperto una nuova prospettiva sulle relazioni interpersonali al lavoro, fornendo strumenti concreti per aiutare gli altri ad attivare il potenziale personale e raggiungere i propri obiettivi. Io stessa ho partecipato a questo percorso e l’ho trovato letteralmente trasformativo!
E crediamo così tanto nell’utilità del Coaching che stiamo per attivare anche un percorso di Team Coaching, per aiutare i nostri manager a creare team più performanti, ingaggiati e allineati agli obiettivi aziendali.

La formazione collaborativa

MARCO MINGHETTI: La formazione è sempre più collaborativa e diventa importante sviluppare azioni quali:

  • Disegno e sviluppo di learning community per incentivare il knowledge sharing
  • Implementazione di dinamiche di Share & Learn per facilitare la formazione peer-to-peer e la condivisione di best practice
  • Sviluppo di ambassadorship program per una diffusione capillare dei contenuti formativi
  • Creazione di un modello per formare i formatori (Train the Trainer sessions).

Siete d’accordo?

ISABELLA PACIFICO Non potrei essere più d’accordo! Credo fermamente che la formazione sia sempre più un processo collaborativo, uno scambio continuo tra pari, in cui tutti hanno qualcosa da imparare e qualcosa da insegnare. Ci impegniamo a rendere la nostra piattaforma di e-learning Carrefour Life Education e il nostro social network interno Workplace un vero e proprio hub di conoscenza e di collaborazione, dove le persone possano non solo trovare materiali didattici, ma anche strumenti per porre domande, condividere esperienze e scambiarsi feedback. E siamo noi stessi i primi a farne uso! I Team L&D di tutti i Paesi del Gruppo Carrefour hanno dato vita a una learning community su Workplace per favorire lo scambio di idee, la condivisione di best practice e la creazione di progetti collaborativi, organizzando regolarmente eventi e workshop in cui presentare progetti, condividere i risultati ottenuti e scambiarsi feedback costruttivi.

Per il progetto Scuola dei Leaders abbiamo una Faculty interna di collaboratrici e collaboratori che prendono parte attiva nel programma didattico per introdurre i partecipanti alle attività delle diverse funzioni aziendali.
E per accompagnare l’intera azienda nell’uso del nostro tool di Intelligenza Artificiale stiamo preparando un programma di Train the Trainer rivolto a un gruppo selezionato di ambassador interni, che avranno il compito di supportare i colleghi delle diverse direzioni aziendali nell’utilizzo degli strumenti di AI e di aiutarli a creare una “prompt library” personalizzata per le proprie esigenze.

Infine, crediamo molto nel Reverse Mentoring, un’iniziativa capace di creare un ponte tra l’esperienza del top management e la freschezza di visione delle nuove generazioni, creando una cultura dell’apprendimento continuo, della condivisione delle conoscenze e della collaborazione.

RAOUL NACAMULLI  Si, come dimostra anche il caso di Carrefour, è vero la comunità di pratica rivolte a condividere e sviluppare contenuti  (Share & Learn) sono sempre più importanti nel mondo delle Corporate Academy.

La sfida non è solo come realizzare lo start up di queste community ma  anche e soprattutto come mantenerle vive ed attive nel corso del tempo. Ciò, soprattutto,  attraverso la costruzione di una cultura collaborativa ed anche, ove occorra, il riferimento ad incentivi all’ottenimento di risultati.

Nel contesto delle community di knowledge management  un tema sempre più importante riguarda l’impiego dell’AI generativa nello sviluppo dei contenuti. Questo avviene, di solito,  attraverso pratiche come il RAG, Retrieval Augmented Generation.

MARCO MINGHETTI: In effetti, L’impiego dell’AI generativa nel contesto delle community di knowledge management sta emergendo come un aspetto cruciale per il miglioramento della creazione, gestione e distribuzione dei contenuti. Un approccio innovativo che viene sempre più adottato è il Retrieval Augmented Generation (RAG), che combina due componenti fondamentali: la recupero delle informazioni e la generazione del contenuto. Questo metodo consente alle community di knowledge management di ottimizzare l’efficienza e la qualità dei contenuti prodotti, migliorando anche la capacità di adattarsi alle richieste dinamiche dei membri della comunità. Approfondiamo il funzionamento e le applicazioni di questo approccio.

Ricordo che  RAG è un’architettura che unisce il recupero di informazioni da fonti esterne con la generazione di contenuti tramite modelli di AI, come i modelli di linguaggio GPT. In pratica, RAG lavora in due fasi principali:

  1. Recupero delle informazioni: Prima che il modello di AI generi una risposta o un contenuto, esegue una ricerca in un database o in un insieme di documenti per recuperare informazioni pertinenti. Questa fase si avvale di tecniche di search che cercano di estrarre i dati più rilevanti in base alla query o al contesto fornito.
  2. Generazione del contenuto: Successivamente, il modello generativo (come GPT o altri modelli di linguaggio) utilizza le informazioni recuperate per costruire una risposta, un articolo o un contenuto completo. In questa fase, l’AI non solo rielabora le informazioni, ma può anche aggiungere elementi creativi, sintetizzare concetti o riformulare i dati per renderli più coerenti e facilmente comprensibili.

Il risultato finale è un contenuto che non solo è basato su informazioni recuperate da fonti affidabili, ma che sfrutta anche le potenzialità dell’Intelligenza Artificiale per arricchirlo, renderlo più contestualizzato e fluido, aumentando così la qualità complessiva delle risposte o dei documenti prodotti.

RAOUL NACAMULLI  Per quanto riguarda lo sviluppo di un gruppo adeguato di docenti interni vanno considerati almeno due aspetti. Anzitutto la motivazione dei manager di linea verso il ruolo di trainer che può essere, in alcuni casi,  anche non molto elevata.  Allo scopo d’incentivarla si tratta di definire chiaramente il bilanciamento fra il ruolo primario delle persone in azienda e quello di docente. Poi di mostrare alle persone i vantaggi attuali e prospettici di essere dei trainer. Più in particolare si tratta di valorizzare il ruolo di docente nei percorsi generali  di sviluppo e di carriera delle persone.

La formazione dei docenti interni avviene normalmente attraverso corsi di “train the trainer” rivolti, soprattutto, all’affinamento delle competenze didattiche e pedagogiche dei diretti interessati. Un docente interno, che lo sia  per davvero,  deve  essere efficace sia in chiave di progettazione didattica, sia di erogazione dei contenuti e sia di engagement dei partecipanti.

Inoltre, bisogna che i docenti interni riescano a trasmettere ai partecipanti i valori  e lo stile della cultura aziendale di appartenenza. Questo declinando la corporate culture entro i contenuti che intendono trasmettere e condividere con i partecipanti ai corsi. Una figura importante nei processi di “dissemination”  di contenuti e di valori sono, poi, gli Ambassadors.

Di solito gli Ambassadors nascono entro certi progetti formativi ed in questi ambiti  sono  ingaggiati per condividere e diffondere delle “buone pratiche”. Anche in questo caso affinché  il ruolo degli Ambassadors possa essere davvero efficace bisogna che si generi un buon equilibrio fra il contributo che viene loro richiesto e gli incentivi che in termini di status e di opportunità di sviluppo sono loro erogati. Inoltre, gli Ambassadors, per potere svolgere in maniera efficace il proprio ruolo, debbono essere strumentati. In altre parole, bisogna che sia fornita loro una sorta di palestra entro cui formare le competenze tecniche e sociali necessarie allo sviluppo del loro ruolo. Insomma, anche per loro bisogna pensare ad una sorta di “Train the Ambassadors”.

SIMONA PANSERI: Sì, e questo vale non solo nella formazione fatta dall’azienda per i dipendenti dell’azienda. Penso alle attività che da anni svolgiamo per offrire formazione gratuita a persone e imprese sui temi del digitale e dell’intelligenza artificiale.

Uno dei progetti di maggior successo è stato quello in cui noi come Google abbiamo formato dei giovani che abbiamo poi dislocato nelle Camere di Commercio in giro per l’Italia e che hanno agito da ambasciatori e formatori per le imprese del territorio, affiancandole nelle loro esigenze e insegnando ad avvicinarsi al digitale lavorando insieme sui progetti.

PAOLO STAFFIERI Crediamo fortemente che la condivisione della conoscenza sia uno dei punti centrali della learning cultural. A questo riguardo abbiamo un programma che si chiama Reciprocal value che ha proprio questo obiettivo, oltre che quello di lavorare sulla longevity e sull’intergenerazionalità.

Il programma prevede diversi interventi quali Sharing lab (laboratorio di condivisione di conoscenze e di esperienze di persone che lavorano in momenti diversi sullo stesso processo) un intervento che si chiama senior counselling ( persone senior ricevono un incarico temporaneo di seguire un piccolo gruppo di giovani per aiutarli ad acquisire delle competenze correlate al ruolo ricoperto) .

Nel nostro programma di change management abbiamo numerose persone denominate “believer”  che sono i propulsori della diffusione del nuovo codice culturale.

SIMONE GIOVARRUSCIO Uno dei modi più efficaci per generare apprendimento continuo? Considerare le persone come i veri change agent perché l’apprendimento è socializzazione, è contaminazione.
Quasi tutte le nostre iniziative contemplano necessariamente queste logiche: ambassador, change agent, comunità di pratica. Attenzione però nella progettazione delle communities aziendali: non dobbiamo presumere o, peggio, pretendere che, se decidiamo di creare una community questa inizi il suo corso vitale. La community è un meccanismo che si genera grazie alla scelta di partecipazione degli individui che scelgono di farne parte per specifici motivi di interesse e specifici scopi realizzabili.

Sono questi interessi che l’azienda deve essere in grado sia di generare sia di intercettare per poi progettare meccanismi di community a favore di un ingaggio che deriva proprio dal continuo scambio tra persone che vogliono aiutarsi, confrontarsi, scoprire e diventare migliori con un obiettivo e scopo comune.
Perché non considerare tutte le persone dell’azienda potenziali Trainer nell’approccio al Learning Design?

ENRICO PARSI La formazione è sempre più collaborativa? Dipende dai contesti. Comunque, sì.  Direi che tutte le cose proposte vanno nella giusta direzione.

Tra l’altro, secondo me, potrebbero migliorare la qualità dell’investimento economico. Si tratta di lavorare più sul contesto di apprendimento che sulla formazione in sé anche con costi ridotti.

La Gamification

MARCO MINGHETTI: Gaming, immersività, realtà aumentata. In Prolegomeni 98 provavo a identificare alcuni principi per una “gamificazione” efficace dei percorsi di apprendimento:

IMMERSIVE STORYTELLING. Creare storie nelle quali le persone si possano immedesimare e immergere, grazie a concept a forte impatto visivo e a una narrazione avvincente, con una grafica curata e ricca di dettagli.

COOPETITION APPROACH. Mescolare meccaniche di competizione (es. scoring e leaderboard) e di collaborazione, con l’intento di stimolare la partecipazione dei singoli e dei team, lo scambio e il mutuo apprendimento dei nuovi comportamenti.

ACTIVE LEARNING. Trasformare i contenuti di apprendimento in prove da superare e concetti da apprendere, facendo leva sulle meccaniche di partecipazione, di scoring e di rewarding. Creare, inoltre, un’esperienza di apprendimento a 360° che permetta alle persone di sperimentare sul campo quanto appreso in dinamiche reali.

PHYGITAL EXPERIENCE. Progettare gamification transmediali: i contenuti online vivono anche on-site, includendo nell’employee experience gli spazi fisici dove le persone svolgono il proprio lavoro quotidiano. La fase on-site è pensata come una vera e propria attività di guerrilla marketing e funge da palestra di sperimentazione dei nuovi comportamenti. Il rientro in piattaforma avviene per certificare e guadagnare punti.

ADAPTIVE TECH (& NO-TECH TOO). Disegnare infrastrutture tecnologiche che consentano di vivere esperienze di gioco stimolanti. Sfruttare, inoltre, le logiche game-based anche per disegnare esperienze reali di stimolo al cambiamento.

In tutto questo, aggiungevo,  è essenziale porre al centro l’esperienza delle persone, tenendo in considerazione le abitudini, i bisogni e i touchpoint fisici e digitali  propri del lavoro quotidiano.

Il modo migliore per farlo è concentrarsi su cinque domande chiave riferite ad altrettanti elementi progettuali:

Motivazione: «quali sono le leve e i trigger che possiamo attivare affinché le persone partecipino e trovino utile e vantaggioso partecipare?»

Impatto: «quali risultati e quale cambiamento ci prefiggiamo e vogliamo ottenere?».

Coinvolgimento: «come massimizzo la partecipazione e introduco meccaniche di auto- e mutuo-apprendimento?»

Riconoscimento: «qual è il vantaggio della partecipazione? Che cosa si può ottenere e vincere?»

Effetto sorpresa: «come posso generare l’effetto wow che sorprende il collaboratore e lo trasforma in un gamer capace di apprendere e di sperimentare i nuovi comportamenti on-site?».

Cosa ne pensate? In che modo una Academy contemporanea utilizza pratiche di Gamification e fino a che punto ci si può spingere nell’utilizzo di tecnologie come Realtà Aumentata, Virtuale, Digital Twins, ecc.? E quale sarà il ruolo dell’Intelligenza Artificiale nella costruzione di nuovi percorsi di formazione?

ENRICO PARSI È un campo tutto da scoprire. C’è bisogno di tempo per valutare bene i vantaggi e rischi di un uso massiccio della intelligenza artificiale nella formazione. La realtà aumentata mi sembra ancora una proposta di nicchia.

Se vogliamo collegare a questi aspetti anche il benessere delle persone allora una riflessione critica andrebbe fatta. Ma preferisco glissare. È un tema su cui c’è il rischio di fare affermazioni banali. Mi spinge a un po’ di cautela anche la questione anagrafica essendo un puro boomer.

SIMONA PANSERI Si tratta di strumenti che possono rendere straordinariamente efficace l’esperienza formativa, quando sono coerenti con il tema e/o con l’audience.

AI e realtà aumentata possono facilitare enormemente l’apprendimento di skills pratiche, consentendo alle persone di sperimentarle concretamente senza i costi o i rischi associati all’esperienza diretta.

Tornando agli esempi di iniziative di formazione che abbiamo realizzato per le persone, tra i vari progetti di formazione all’uso sicuro e responsabile della rete abbiamo sviluppato un progetto pensato per aiutare adulti non esperti a formare i bambini, proprio attraverso il meccanismo del gioco: Be Internet Awesome.

ISABELLA PACIFICO Gaming e Intelligenza Artificiale sono strumenti che aprono scenari entusiasmanti per la formazione e che ci permettono di creare esperienze di apprendimento più coinvolgenti ed efficaci.

La Gamification, come abbiamo visto con il Microlearning, può rendere l’apprendimento più stimolante e divertente, trasformando attività che altrimenti sarebbero percepite come noiose in sfide appassionanti e incentivando la partecipazione attiva e il raggiungimento di obiettivi specifici.

L’Intelligenza Artificiale è già entrata nei nostri tool di produzione di contenuti formativi e può aiutarci a personalizzare e rendere interattivi i percorsi didattici, consentendo ai nostri trainer di concentrarsi sulla specificità dei contenuti e sulla relazione con i partecipanti.

MARCO MINGHETTI: A quest’ultimo proposito, in Bip Red siamo convinti  che l’AI rappresenti oggi la più grande leva trasformativa della formazione, non solo perché consente di automatizzare e ottimizzare, ma perché restituisce alle persone il tempo, la personalizzazione e la pertinenza che spesso la formazione ha perso. In un contesto aziendale sempre più fluido, cross-funzionale e ibrido, l’AI permette alla Formazione Pop di mantenere le promesse più ambiziose: essere ovunque, essere per tuttə, essere significativa.

Pensiamo alla personalizzazione dinamica dei percorsi formativi: grazie all’AI è possibile analizzare profili, bisogni, stili cognitivi e performance per costruire esperienze realmente su misura, aggiornabili in tempo reale. Oppure ai Learning Assistant conversazionali, capaci di affiancare il learner 24/7 nella fruizione dei contenuti, nel chiarimento dei dubbi, nella co-creazione di nuove conoscenze.

Ma l’AI non serve solo per erogare: è fondamentale anche nella progettazione dei contenuti. Algoritmi di generative AI consentono oggi di produrre micro-contenuti, simulazioni, quiz, storyboard e scenari a partire da un prompt, riducendo drasticamente tempi e costi di produzione. Nuove competenze ibride e strumenti adeguati consentono di creare agilmente esperienze di apprendimento immersive, narrative e sempre aggiornate.

PAOLO STAFFIERI Anche noi lavoriamo ad un programma di generazione dei contenuti formativi con l’AI. La nostra sperimentazione ha evidenziato grandi spazi per l’utilizzo di questo ausilio. L’opportunità che vediamo nell’utilizzo dell’AI è quella di  offrire percorsi di apprendimento completamente personalizzati in funzione dell’interazione che si creerà fra l’avatar ed il discente.

Abbiamo l’assoluta consapevolezza che si tratti di sviluppare nuove competenze all’interno dell’organizzazione ma anche il convincimento, proprio perché l’abbiamo sperimentata, che il ricorso all’AI ci aiuterà moltissimo nel proporre esperienze ad alto impatto in termini di apprendimento. Quindi contiamo di proseguire ad investire molto in questo campo nei prossimi anni.

RAOUL NACAMULLI  Il gaming è uno strumento che risulta presente da molto tempo nel mondo della formazione e delle Academy. Si pensi ai business game ed alla loro capacità di realizzare degli ambienti di formazione immersivi  ad alto livello di engagement entro cui singoli individui e squadre affrontano delle sfide, misurano l’efficacia dei loro comportamenti  in termini di risultati e ricevono dei feedback personalizzati.

Oggi ed in prospettiva l’AI promette di potenziare, in termini esponenziali, questi ambienti portando le esperienze ad un enormemente maggiore livello di engagement e sfruttando  l’interattività per aumentare, in termini significativi,  il livello di personalizzazione delle esperienze.  Si può dire che nella maggior parte dei casi ci troviamo in mezzo al guado.

Per trovare delle esperienze di maggiore significato bisognerebbe abbandonare lo sguardo intersettoriale per concentrarsi su alcuni settori specifici. Questo, ad esempio, avendo riguardo, al settore della sanità od il settore del trasporto aereo e quello della progettazione automotive  dove la trasformazione digitale consente di sperimentare situazioni di formazione che utilizzano su larga scala  la  realtà aumentata  ed i digital twins.

SIMONE GIOVARRUSCIO Condivido molto le parole di Raoul, “gamificare” è una pratica ormai consolidata che che va presa seriamente in considerazione. Piuttosto, gamificare pensando che sia la soluzione per far funzionare ogni iniziativa è ciò che accuratamente evitato.
Credo che l’elemento più importante per applicare la gamification (ma vale in parte anche per VR, AR, DT) sia applicarlo in combinazione ad una progettazione delle esperienze che parte delle specifiche esigenze delle persone e dell’azienda ben analizzate. Insomma, bisogna utilizzare la gamification come boost ad un’esperienza che comunque già funzionerebbe per quanto centrata rispetto ai bisogni delle persone.

Recentemente abbiamo lanciato un’iniziativa tanto semplice quanto sorprendentemente efficace cui abbiamo anche applicato un semplice meccanismo di gamification basato sul concetto di challenge e ranking. Abbiamo lanciato una Feedback Week.

Lo abbiamo fatto con una formula tanto semplice quanto potente che funzionasse da avvicinamento emotivo al concetto di feedback. L’invio del feedback consiste nella verbalizzazione “Da te mi piacerebbe imparare a…”

Il risultato? In una settimana su 1000 dipendenti si sono generati più di 2000 scambi di feedback.

Cosa ha funzionato (anticipazione: la gamification è solo l’ultimo tassello):

  • Abbiamo svolto una survey approfondita alla fine dello scorso performance management e analizzato i feedback sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. Emergeva chiaramente, da una parte il desiderio delle persone di dare e ricevere e feedback e dall’altra la difficoltà di scambiarli
  • Abbiamo utilizzato Power Automate per creare un flusso automatizzato semplice che tramite il solo accesso ad un link form facesse recapitare al destinatario il feedback (che riceve una semplice e-mail) e che garantisse al tempo stesso la giusta privacy
  • Abbiamo progettato con attenzione alla UX e al meccanismo cognitivo che entra in gioco nella persona quando si parla di feedback
  • La settimana ha appunto previsto un meccanismo di gamification su chi sarebbero risultati, alla fine, i Feedback Heroes con più feedback ricevuti e più feedback inviati

Il ruolo dell’AI? Sicuramente stravolgente. In questo momento vedo alcuni principali utilizzi e dunque punti di vista da cui potremmo affrontare il tema.

1. L’utilizzo dell’AI da parte di Instructional Designer o in generale delle funzioni HR e L&D come tecnologia per costruire strumenti e processi per percorsi di sviluppo personalizzati rispetto ai gap di competenze contribuendo così a realizzare una vera skill based organization.

  1. L’utilizzo di AI Learning Assistant all’interno di percorsi formativi e-learning che permettono una fruizione dei contenuti ancor più asincrona e sincrona al tempo stesso. L’intera libreria di contenuti può essere consultata dal learner in modo conversazionale e dunque improntata alla necessità del momento o alla risoluzione specifica di un problema tramite risposte puntuali ma anche confronti sui temi oggetti di apprendimento.
  2. L’utilizzo di AI Chatbot alimentati della Knowledge base aziendale in grade di rispondere alle persone sulla base di ciò che caratterizza la propria azienda (sono veri e propri agenti conversazionali che fanno anche domande di approfondimento per comprendere meglio le richieste) e che non può essere conosciuto da altri sistemi in quanto non di dominio pubblico
  3. L’utilizzo di Gen AI come il più grande alleato delle persone all’interno del flusso di lavoro, per saper fare e saper fare più velocemente e soprattutto come partner per generare idee e comprensione.In SIAE, ad esempio, stiamo sperimentando licenze Copilot con un progetto specifico dedicato all’organizzazione efficace della Knowledge Base all’interno dell’ecosistema Microsoft (condizione essenziale affinché strumenti come questo siano realmente di valore aggiunto per le persone) e abbiamo, da inizio 2024, lanciato un AI Chatbot, di nome Ennio, ad uso esclusivo delle nostre persone, che alimentiamo continuamente di conoscenza (anche qui una nuova technicality tutta da imparare per le funzioni HR) su tutti i principali processi HR e i principali temi riguardanti la persona come ad esempio il nostro CCNL (CCNL SIAE), tutto ciò che concerne welfare e wellbeing, il processo di onboarding ecc.

La produzione di significato condiviso

MARCO MINGHETTI:  In conclusione, nella filosofia del Pop Management è cruciale creare un contesto di significato condiviso. Le organizzazioni devono evolvere in “community narrative” dove ogni individuo contribuisce a una storia collettiva, capace di integrare obiettivi personali e valori aziendali.

La Pop Opinionist e Direttrice CERC Alessandra Mazzei in Prolegomeni 77 ha scritto: «va riconosciuto che ogni collaboratore è una persona dotata di mente narrante. Questa mente narrante non solo racconta, immagina e plasma ricordi, ma funge anche da bussola interna che aiuta le persone a navigare attraverso le loro carriere». Qualche esempio: l’utilizzo di graphic novel (un trend in crescita), podcast, docufilm  e web serie di cui i dipendenti diventano protagonisti. Come la formazione, sia tecnica sia manageriale, può contribuire al raggiungimento di questo scopo?

RAOUL NACAMULLI  Condivido che, anche per quanto riguarda le Learning Corporate Academy, il tema centrale è quello di creare un contesto di significato condiviso favorevole all’apprendimento e alla formazione.

Questo è ancora più vero nel contesto attuale in cui la trasformazione digitale dà impulso al quadro emergente  entro  cui “i confini delle imprese diventano sempre  più labili e porosi”. E’ anche per questa tendenza evolutiva che l’idea di “organizzazione come cultura” deve essere ulteriormente rafforzata.

Ciò riguarda tutte le organizzazioni ma i cosiddetti  “ecosistemi organizzativi” in particolare, le organizzazioni di organizzazioni, le costellazioni di organizzazioni.

E’ questo, ad esempio, il caso delle organizzazioni piattaforma che collegano organizzazioni differenti allo scopo di offrire dei servizi ai clienti. Anche l’idea di organizzazione allargata che implica il realizzare un processo d’inclusione  maggiore di fornitori e clienti entro la compagine organizzativa sottolinea l’importanza che le organizzazioni vengano sempre più  considerate delle “community narrative”.

PAOLO STAFFIERI Certo. Ritengo che quanto stiamo facendo vada proprio in questa direzione.

Siamo consapevoli che si tratta un processo complesso e stiamo lavorando su più fronti nella consapevolezza che sia l’unica strada che consenta alle persone e alle organizzazioni di crescere insieme e di rispondere alle continue sfide che il contesto sociale economico e politico ci propone .

SIMONA PANSERI Come dicevo prima, la formazione è anche un momento per creare community all’interno dell’azienda. Sia in caso di formazione tecnica sia manageriale, è possibile lavorare alla modalità di formazione in modo da creare di esperienze condivise. Un esempio su tutti: un’attività di volontariato svolta insieme.

ENRICO PARSI Condivido l’idea del volontariato, perché il protagonismo delle persone è sempre benefico, purché questi sistemi non aiutino a coltivare troppo l’ego. Di troppo ego stanno soffrendo le nostre società, la politica e molte delle nostre organizzazioni che producono ambienti non coerenti e non vitali.

La formazione può dare un grande contributo mixando strumenti nuovi e “antichi”. Le persone hanno bisogno di parlare, di esserci e di contare. Qualsiasi strumento aiuti in questa direzione non può che migliorare l’apprendimento e permette alle persone di trovare anche il proprio punto di equilibrio tra sistema di valori personale e quello dell’organizzazione in cui opera.

Le possibilità qui sono direttamente proporzionali, direi quasi esponenziali, alla capacità di fare mix creativi e aderenti alla realtà.

SIMONE GIOVARRUSCIO La formazione può contribuire se inizia a considerarsi non più solo formazione.
La domanda di base è: in che modo apprendiamo nel mondo di ora?
Apprendiamo soprattutto da ciò che respiriamo nei contesti in cui siamo inseriti.
Dunque, formazione uguale contesto.
Dunque, contesto non solo dato alla persona ma generato dalla persona stessa che deve sentirsi capace di generare il contesto (contribuire) ma deve anche avere la possibilità di raccontarlo fuori e dentro l’azienda.
Ecco che decade una delle cose che la funzione L&D di un’azienda deve, a mio avviso, dimenticare:
che ogni problema possa risolversi con dei corsi dove c’è qualcuno (docente) che spiega qualcosa (contenuto) alle persone (discenti).
Dobbiamo progettare esperienze nella e con la persona.
La persona è learner e trainer al tempo stesso (o meglio, lo diventa se la nostra azienda lo vede e lo accoglie così).

MARCO MINGHETTI Provo a trarre qualche (provvisoria) conclusione, mettendomi il mio cappello da consulente.

Dallo scenario che scaturisce dalle vostre testimonianze, trovo una complessiva conferma dello scenario formativo che Bip Red propone ai propri clienti attraverso tre linee di intervento integrate:

  1. Design esperienziale di percorsi Pop – Progettiamo ambienti di apprendimento che uniscono rigore pedagogico e linguaggi narrativi, ispirandoci alla cultura contemporanea (reel, serie, podcast, gaming), senza mai perdere di vista gli obiettivi strategici e di business.
  2. Sviluppo di soluzioni AI-driven – Offriamo soluzioni tecnologiche modulari e scalabili: chatbot HR e L&D, piattaforme di apprendimento adattive, sistemi di content curation automatica, strumenti di valutazione predittiva e coaching aumentato.
  3. Culture Change management – Affianchiamo le funzioni HR e Learning in un percorso di cambiamento consapevole, aiutandole a integrare AI e cultura umanistica, con workshop, advisory strategico, formazione per designer e manager della formazione.

Mi sembra che lo stesso si possa dire dei pilastri metodologici fondamentali per il nostro approccio:

  • Co-progettazione: nessuna tecnologia ha senso se non parte da un ascolto reale dei learner e dalla comprensione profonda del contesto e delle dinamiche organizzative.
  • AI come alleato, non come sostituto: più che nell’automazione totale, possibile solo in alcuni ambiti, crediamo nell’intelligenza aumentata delle persone.
  • Etica by design: i nostri progetti integrano principi di trasparenza, equità, sicurezza e rispetto della persona.
  • Misurabilità continua: ogni iniziativa è disegnata per generare evidenze, ROI formativo, impatti reali su skill e performance.

In questa prospettiva, la Formazione Pop non è un lusso, né una moda. È una strategia di engagement, di employer branding, di empowerment. È un modo per restituire senso alla formazione, trasformandola da “obbligo aziendale” a esperienza trasformativa che le persone scelgono, ricordano e raccontano.

Per restare rilevanti, le organizzazioni devono competere sul terreno della cultura, della comunicazione, dell’identità. E questo passa anche – e soprattutto – da come garantiscono la formazione, la crescita, il miglioramento continuo delle persone.

Come Bip Red siamo pronti ad accompagnarvi a scrivere questo nuovo capitolo di Formazione Pop.

Dove la formazione non è solo utile. È anche desiderabile.

106 – continua

Copertina di Marcello Minghetti (Mosaico per Ariminum Circus Stagione 1)

Puntate precedenti

1 – DALLO HUMANISTIC AL POP MANAGEMENT
2 – MANIFESTI, ATLANTI, MAPPE E TERRITORI
3 – IL MANAGER PORTMANTEAU
4 – WHICH WAY, WHICH WAY?
5 – LEADERSHIP POP (LEZIONI SHAKESPEARIANE)
6 – OPINION PIECE DI RICCARDO MAGGIOLO
7 – LEADERSHIP POP (APERTURA, AUTONOMIA, AGIO, AUTO-ESPRESSIONE)
8 – OPINION PIECE DI JOSEPH SASSOON
9 – OPINION PIECE DI CESARE CATANIA
10 – OPINION PIECE DI VANNI CODELUPPI
11 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO GIAUME
12 – COLLABORAZIONE POP. L’IRRESISTIBILE ASCESA DELLE COMMUNITY INTERNE
13 – COLLABORAZIONE POP. L’EMPATIA SISTEMICA
14 – COLLABORAZIONE POP. LE COMMUNITY AZIENDALI: UNO STATO DELL’ARTE, PARTE PRIMA
15 – COLLABORAZIONE POP. LE COMMUNITY AZIENDALI: UNO STATO DELL’ARTE, PARTE SECONDA
16 – OPINION PIECE DI MATTEO LUSIANI
17 – OPINION PIECE DI MARCO MILONE
18 – OPINION PIECE DI ALESSIO MAZZUCCO
19 – OPINION PIECE DI ALESSANDRA STRANGES
20 – OPINION PIECE DI FRANCESCO VARANINI
21 – ORGANIZZAZIONE  POP. COMANDO, CONTROLLO, PAURA, DISORIENTAMENTO
22 – OPINION PIECE DI ROBERTO VERONESI
23 – OPINION PIECE DI FRANCESCO GORI
24 – OPINION PIECE DI NELLO BARILE
25 – OPINION PIECE DI LUCA MONACO
26 – OPINION PIECE DI RICCARDO MILANESI
27 – OPINION PIECE DI LUCA CAVALLINI
28 – OPINION PIECE DI ROBERTA PROFETA
29 – UN PUNTO NAVE
30 – ORGANIZZAZIONE  POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CURA)
31 – OPINION PIECE DI NICHOLAS NAPOLITANO
32 – LEADERSHIP POP. VERSO L’YPERMEDIA PLATIFIRM (CONTENT CURATION)
33 – OPINION PIECE DI FRANCESCO TONIOLO
34 – ORGANIZZAZIONE  POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CONVIVIALITA’)
35 – OPINION PIECE DI LUANA ZANELLATO
36 – OPINION PIECE DI ANDREA BENEDETTI E ISABELLA PACIFICO
37 – OPINION PIECE DI STEFANO TROILO
38 – OPINION PIECE DI DAVIDE GENTA
39 – OPINION PIECE DI ANNAMARIA GALLO
40 – INNOVAZIONE POP. ARIMINUM CIRCUS: IL READING!
41 – ORGANIZZAZIONE  POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CONVOCAZIONE)
42 – OPINION PIECE DI EDOARDO MORELLI
43 – ORGANIZZAZIONE  POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CO-CREAZIONE DI VALORE)
44 – OPINION PIECE DI MARIANNA PORCARO
45 – OPINION PIECE DI DONATO IACOVONE
46 – OPINION PIECE DI DENNIS TONON
47 – OPINION PIECE DI LAURA FACCHIN
48 – OPINION PIECE DI CARLO CUOMO
49 – OPINION PIECE DI CARLO MARIA PICOGNA
50 – OPINION PIECE DI ROBERTO RAZETO
51 – OPINION PIECE DI ALBERTO CHIAPPONI
52 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO ANTONINI
53 – OPINION PIECE DI ALESSANDRA PILIA
54 – OPINION PIECE DI CLEMENTE PERRONE
55 – OPINION PIECE DI FABRIZIO RAUSO
56 – OPINION PIECE DI LORENZO TEDESCHI
57 – OPINION PIECE DI EUGENIO LANZETTA
58 – OPINION PIECE DI GIOLE GAMBARO
59 – OPINION PIECE DI DANTE LAUDISA
60 – OPINION PIECE DI GIAMPIERO MOIOLI
61 – OPINION PIECE DI GIOVANNI AMODEO
62 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO LOTTO
63 – OPINION PIECE DI GIANLUCA BOTTINI
65– OPINION PIECE DI SIMONE FARINELLI
66– OPINION PIECE DI FRANCESCA ANNALISA PETRELLA
67– OPINION PIECE DI VALERIO FLAVIO GHIZZONI
68– OPINION PIECE DI STEFANO MAGNI
69– OPINION PIECE DI LUCA LA BARBERA
70 – INNOVAZIONE POP. ARIMINUM CIRCUS: LA GRAPHIC NOVEL!
71 – LEADERSHIP POP. APOFATICA E CATAFATICA DELLA COMUNICAZIONE
72 – OPINION PIECE DI FEDERICA CRUDELI
73– OPINION PIECE DI MELANIA TESTI
74 – OPINION PIECE DI GIANMARCO GOVONI
75– OPINION PIECE DI MARIACHIARA TIRINZONI
76 – SENSEMAKING POP. LODE DELLA CATTIVA CONSIDERAZIONE DI SE’
77 – OPINION PIECE DI ALESSANDRA CAPPELLO E ALESSANDRA MAZZEI
78 – OPINION PIECE DI JOE CASINI
79 – OPINION PIECE DI MARTA CIOFFI
80 – STORYTELLING POP. VERSO IL POP BRANDING (PARTE PRIMA)
81 – STORYTELLING POP. VERSO IL POP BRANDING (PARTE SECONDA)
82 – STORYTELLING POP. VERSO IL POP BRANDING (NOTE A MARGINE)
83 – ENGAGEMENT POP. IL MANAGER INGAGGIANTE IMPARA DAI POKEMON
84 – ENGAGEMENT POP. DARE VOCE IN CAPITOLO
85 – ENGAGEMENT POP. COMUNICARE, VALUTARE, TRASFORMARE
86 – SENSEMAKING POP. MALATTIA MENTALE E BENESSERE PSICOLOGICO SUL LAVORO
87 – SENSEMAKING POP. FOLLIA O DIVERSITA’?
88 – OPINION PIECE DI LUIGIA TAURO
89 – OPINION PIECE DI NILO MISURACA
90 – OPINION PIECE DI FRANCESCO DE SANTIS
91 – INNOVAZIONE POP. REMIX, RI-USO, RETELLING
92 – STORYTELLING POP. ARIMINUM CIRCUS AL BOOK PRIDE 2025
93 – OPINION PIECE DI SIMONE VIGEVANO
94 – OPINION PIECE DI LORENZO FARISELLI
95 – OPINION PIECE DI MARTINA FRANZINI
96 – OPINION PIECE DI EMANUELA RIZZO
97 – INNOVAZIONE POP. OLTRE LA PRE-INTERPRETAZIONE
98 – INNOVAZIONE POP. FORMAZIONE: ANALOGICA, METAVERSALE, IBRIDA
99 – ARIMINUM CIRCUS: LA VISUAL NOVEL!
100 – La (P) AI INTELLIGENCE (PARTE PRIMA)
101 – La (P) AI INTELLIGENCE (PARTE SECONDA)
102 – La (P) AI INTELLIGENCE (PARTE TERZA)
103– La (P) AI INTELLIGENCE (PARTE QUARTA)
104– La (P) AI INTELLIGENCE (PARTE QUINTA)
105– OPINION PIECE DI ALEXANDRA NISTOR
106– FORMAZIONE POP. PARTE PRIMA