Immagine di Marcello Minghetti per Ariminum Circus Stagione 1

Prolegomeni al Manifesto del Pop Management 93. Engagement Pop. Il Disability Manager

Il Pop Opinionist di turno è Simone Vigevano, diciotto anni passati a costruirsi il lavoro di Digital e Brand Strategist per poi scoprire che nei dieci anni di volontariato di competenza si nascondeva una professione che univa le skill acquisite e la passione per trovare soluzioni a beneficio di tutte le persone, il Disability Manager. Riparte quindi dalla formazione post-laurea e co-fonda Bello E Accessibile Società Benefit, con lo scopo di unire un modo rigenerativo e socialmente sostenibile di fare impresa con questa nuova figura professionale, un facilitatore trasversale e multidisciplinare per promuovere accessibilità ed equità sociale nelle aziende.
Dal 2023 partecipa ad un progetto della Federazione Disability Management (Fe.D.Man.) nella Pubblica Amministrazione per sviluppare linee guida utili a far redigere il documento P.E.B.A. (Piano Eliminazione Barriere Architettoniche) in modo innovativo, aggiungendo alle barriere architettoniche anche le caratteristiche delle barriere invisibili e culturali.
Nel 2024 diventa direttore del dipartimento “Accessible AI for Inclusive Workplaces” dell’Ente Nazionale per l’Intelligenza Artificiale E.N.I.A. con lo scopo di sviluppare progetti, ricerche e proposte normative che favoriscano lo sviluppo delle nuove tecnologie di intelligenza artificiale in modo nativamente accessibile e a tutela delle persone fragili e delle minoranze.

Per una cultura rispettosa dei diritti delle persone con disabilità

Simone Vigevano

Né abilismo, né inspiration porn

In ambito aziendale, quando si cerca di introdurre il disability management, solitamente otteniamo reazioni che variano dall’evitamento totale all’eccessiva empatia. Entrambi gli approcci sono inadeguati: il primo ignora il problema, mentre il secondo invade lo spazio personale, provocando reazioni di repulsione.

Tra i due litiganti, chi non gode è sempre la persona più fragile. La soluzione sta in un equilibrio che normalizzi la disabilità, riconoscendo che ogni individuo, indipendentemente dalle sue caratteristiche, appartiene alla sfera della normalità.

L’approccio corretto alla disabilità richiede un equilibrio tra empatia e normalizzazione. Questo significa che l’abilismo, che si concentra sulle abilità di una persona, e l’inspiration porn, che glorifica le persone con disabilità come eroi, sono entrambi dannosi.

Per i non addetti ai lavori, è forse il caso di illustrare meglio questi concetti.  L’abilismo è un paradigma culturale che considera il corpo-mente non disabile come la norma, relegando chi si discosta da essa a una condizione inferiore e meno valorizzata. Questo accade perché si fonda sul pregiudizio implicito che sia etico fare confronti tra esseri umani sulla base delle abilità, ovvero porre l’asticella della normalità sulla capacità di poter fare qualcosa, mentre chi non è in condizione di poterla fare, o ancor peggio, può farla ma in modo diverso, magari utilizzando degli ausili, è “diversamente abile”. È una delle peggiori applicazioni del concetto di diversità.

Il termine “inspiration porn” è stato coniato dalla comica e attivista australiana Stella Young nel 2012. In un suo famoso TED Talk, Young ha spiegato che l’inspiration porn consiste nell’oggettivare le persone con disabilità per il beneficio emotivo delle persone senza disabilità. Il termine “porn” è usato deliberatamente per sottolineare come queste rappresentazioni riducano le persone con disabilità a oggetti di ispirazione, privandole della loro umanità e complessità.

L’inspiration porn si manifesta attraverso storie e immagini che glorificano le persone con disabilità per il semplice fatto di vivere la loro vita quotidiana o di superare ostacoli legati alla loro condizione. Questi racconti spesso includono frasi come “se ce l’ha fatta lui/lei, non hai scuse” o “nonostante la sua disabilità, ha raggiunto grandi risultati”.

L’inspiration porn, in altre parole, è una narrazione che utilizza le storie di successo delle persone con disabilità per ispirare chi non ha disabilità, spesso senza il consenso degli interessati. In ogni caso, riduce le persone con disabilità a modelli eroici, ignorando le loro reali esigenze ed esperienze.

Un modello di Apertura alla diversità

La Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità del 2006 promuove un modello biopsicosociale che pone la persona al centro, indipendentemente dalla sua condizione di vita. Indica così la via per relazionarsi alla disabilità, consistente nell’accettazione del fatto che per il solo fatto di esistere si è nella sfera della normalità: ogni altra caratteristica – di genere, culturale, di salute – non è rilevante per l’instaurarsi di un qualsiasi rapporto sociale o lavorativo.
Più specificamente, stabilisce che le persone:

  • hanno i medesimi diritti a prescindere dalla loro condizione di vita;
  • non possono essere connotate dalla loro disabilità;
  • devono poter esprimere il loro potenziale essendo poste in una condizione di equità (non di uguaglianza).

Vi è dunque da tempo una chiara indicazione sui modelli da seguire. Tuttavia, il contesto comunicazionale ne ostacola la comprensione. Facciamo due esempi. L’infobesità, o eccesso di informazioni, e il nudging, ovvero l’influenza “gentile” delle decisioni.

L’infobesità seppellisce le informazioni importanti tra miliardi di dati inutili, rendendo difficile la verifica delle fonti e la comprensione della realtà. L’eccesso di informazioni ha soppiantato la censura, producendo gli stessi effetti: mentre la censura cancellava ciò che non si voleva far sapere, ora lo si seppellisce in mezzo a miliardi di altre informazioni inutili o leggermente modificate. In questo modo la comprensione della realtà è ostacolata dalla mancanza di tempo, sempre più necessaria per poter verificare le fonti tra tutti i materiali disponibili.

Il nudging, invece, di fatto è una forma di manipolazione: influenza le decisioni attraverso suggerimenti “gentili”, spesso facendo leva su pregiudizi e paure comuni.

Questi fenomeni ostacolano la comprensione dei diritti delle persone con disabilità e la generazione di politiche adeguate al loro rispetto. Di fatto, producono le dinamiche di tifo calcistico che hanno invaso la rete: politiche sull’inclusione sì o no, persone con disabilità su palcoscenici di media prestigiosi oppure no, e così via.

Inoltre, comprendere un cambiamento complesso è un atto faticoso, se poi riguarda le persone, incrinando alcuni canoni culturali su cui si radica il nostro senso di appartenenza sociale, lo è ancor di più.

Un esempio di come si potrebbe procedere è riportato nel Prolegomeno 86, dove Alice Siracusano afferma di voler utilizzare i propri privilegi per dar voce a chi non ne ha.

Ma al momento si tratta di situazioni ancora troppo isolate. Se osserviamo le lotte sociali dal dopoguerra, ci appaiono comprensibili: penso alla partecipazione sociale delle donne, i diritti dei lavoratori, il movimento studentesco; però dopo decenni di miglioramenti, sia normativi che sociali, si è arrivati ad un punto in cui le esigenze, per le quali alcuni gruppi sociali lottano e che per questi portatori di interesse rappresentano dei macigni enormi, risultano incomprensibili agli altri, o al più vengono liquidate come semplici mode passeggere –  “ma con tutti i problemi importanti…”

Le direttive europee

Eppure, l’Europa sta chiedendo sempre di più di cambiare, con direttive che gli stati membri devono recepire, con un processo di adeguamento che spinge verso un cambiamento radicale nelle aziende. Vediamone due.

L’EAA (European Accessibility Act) è la direttiva europea che dal 28 giugno 2025 porterà un cambiamento importante per prodotti e servizi, che ricorderà probabilmente il trambusto dell’entrata in vigore del Regolamento generale per la protezione dei dati (noto come GDPR) nel 2018.

È conosciuta come la “legge europea sull’accessibilità”, e semplificando comporta la modifica dei prodotti digitali informativi e di pagamento di moltissime aziende, oltre che di tutti i nuovi prodotti introdotti successivamente, in favore di una migliore accessibilità nel rispetto delle linee guida WCAG (Web Content Accessibility Guidelines) e della norma UNI CEI EN 301549.

L’accessibilità, che tra l’altro non è sinonimo di usabilità ma solamente di accesso all’informazione o allo strumento, è la condizione minima per poter raggiungere gli utenti che hanno determinate esigenze.

Questo ambito esula dalle sole persone con disabilità, perché include nel bacino di beneficiari anche persone che a livello legislativo non sono incluse nella condizione di disabilità, come ad esempio persone anziane, persone con vari tipi di daltonismo, di neurodiversità o anche tutte quelle persone che per motivi linguistici, culturali o di scarsa alfabetizzazione digitale troverebbero giovamento da una comunicazione semplificata.

Per inciso, l’EAA porterà nuovi clienti a tante aziende che non consideravano le persone con esigenze particolari come possibili consumatori di prodotti e servizi.

La CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) che introduce il concetto di doppia materialità, affiancando al valore economico dell’impresa, fino ad ora unico vero elemento di misura di ciò che un’impresa è e produce, i valori ambientali, sociali e di governo, diventa un nuovo strumento di evoluzione, anche se imposto dall’alto.

D’altronde i criteri ESG per misurare questi valori esistevano già da tempo, utilizzati prima dalla CSR (Corporate Social Responsibility) per pubblicizzare le proprie virtù omettendo i difetti, per poi trovare un’espressione migliore con le B Corporation e le Società Benefit, che forse in qualche modo hanno influenzato proprio la direttiva europea – che difatti indica come finalità della norma la trasparenza, caposaldo di queste nuove aziende rigenerative.

Nonostante tutto ciò, non sono ancora stati sviluppati a livello internazionale degli indici (KPI) condivisibili e calcolabili dalla maggior parte delle imprese, per monitorare le azioni concrete che vengono prese in favore delle persone che lavorano, degli stakeholder e anche delle persone nel territorio in cui l’attività economica opera.

Il Pop Management può aiutare a identificarli. Dal Prolegomeno N.77, ad esempio, si possono prendere molti spunti su cosa significhi porsi come obiettivo l’employee engagement e il job crafting, affinché non siano meri strumenti di washing.

Il Disability Manager

Le direttive europee richiedono un cambiamento radicale nelle aziende, che devono adattarsi a nuove norme di trasparenza e accessibilità anche per tutte le pratiche sociali dell’organizzazione. Nel Prolegomeno N.67 si sottolinea che quello che conta davvero non è l’inclusività, ma l’apertura alla diversità, un approccio in cui ogni persona è riconosciuta per la propria unicità, senza bisogno di essere “inclusa” in un sistema predefinito.

Questo cambiamento culturale e sociale è necessario per promuovere il rispetto dei diritti di tutte le persone, anche quelle con disabilità. Per questo stanno emergendo nuove figure professionali, come i Disability Manager, fondamentali per sviluppare in azienda nuove competenze e adattarsi alle nuove tecnologie e normative. Per quanto possa sembrare inaspettato dato il nome della professione, il Disability Manager non si occupa delle patologie né della disabilità in sé, ma delle persone. La sua competenza risiede principalmente nella conoscenza approfondita relativa alle esigenze specifiche degli individui, traducendola in indirizzi operativi specifici, ad esempio di accessibilità, policy, inserimenti lavorativi, accomodamenti ragionevoli, personalizzati per il contesto organizzativo.

Il Disability Manager, più in generale, lavora per garantire che le persone con disabilità abbiano accesso equo a risorse, servizi e opportunità. Questo professionista si occupa di coordinare e implementare politiche e pratiche che promuovano l’inclusione e l’accessibilità. Il suo obiettivo è creare ambienti di lavoro e comunità più eterogenei, dove le persone con disabilità possano partecipare pienamente e senza barriere avendo quindi la possibilità di portare ricchezza e valore come chiunque altro. Questo può accadere solo se si sposta il paradigma dal dover assumere persone con disabilità per obbligo di legge al creare realmente una cultura aziendale che consenta la piena espressione del potenziale delle proprie persone.

A titolo esemplificativo, le responsabilità di un Disability Manager includono:

  • valutazione delle necessità: identificare le esigenze specifiche delle persone con disabilità all’interno dell’organizzazione o della comunità, compresi caregiver;
  • sviluppo di politiche: creare e implementare politiche che promuovano l’inclusione e l’accessibilità, aggiornando i processi aziendali e tenendo fede ai valori del brand;
  • formazione e sensibilizzazione: educare il personale e i membri della comunità sulle questioni relative alla valorizzazione della diversità e all’importanza del rispetto delle esigenze personali;
  • coordinamento dei servizi: collaborare con altri professionisti, come medici del lavoro, tutor ed educatori, per garantire che le persone con disabilità ricevano il supporto necessario per migliorare le proprie competenze e il percorso lavorativo;
  • monitoraggio e valutazione: valutare l’efficacia delle politiche e delle pratiche implementate e apportare modifiche quando necessario.

Il Disability Manager svolge dunque un ruolo cruciale nel promuovere l’apertura alla diversità e l’equità, garantendo i diritti di tutti, in modo che le persone con disabilità abbiano le stesse opportunità di partecipare alla vita aziendale e sociale.

93 – continua

Copertina di Marcello Minghetti (Mosaico per Ariminum Circus Stagione 1)

Puntate precedenti

1 – DALLO HUMANISTIC AL POP MANAGEMENT
2 – MANIFESTI, ATLANTI, MAPPE E TERRITORI
3 – IL MANAGER PORTMANTEAU
4 – WHICH WAY, WHICH WAY?
5 – LEADERSHIP POP (LEZIONI SHAKESPEARIANE)
6 – OPINION PIECE DI RICCARDO MAGGIOLO
7 – LEADERSHIP POP (APERTURA, AUTONOMIA, AGIO, AUTO-ESPRESSIONE)
8 – OPINION PIECE DI JOSEPH SASSOON
9 – OPINION PIECE DI CESARE CATANIA
10 – OPINION PIECE DI VANNI CODELUPPI
11 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO GIAUME
12 – COLLABORAZIONE POP. L’IRRESISTIBILE ASCESA DELLE COMMUNITY INTERNE
13 – COLLABORAZIONE POP. L’EMPATIA SISTEMICA
14 – COLLABORAZIONE POP. LE COMMUNITY AZIENDALI: UNO STATO DELL’ARTE, PARTE PRIMA
15 – COLLABORAZIONE POP. LE COMMUNITY AZIENDALI: UNO STATO DELL’ARTE, PARTE SECONDA
16 – OPINION PIECE DI MATTEO LUSIANI
17 – OPINION PIECE DI MARCO MILONE
18 – OPINION PIECE DI ALESSIO MAZZUCCO
19 – OPINION PIECE DI ALESSANDRA STRANGES
20 – OPINION PIECE DI FRANCESCO VARANINI
21 – ORGANIZZAZIONE  POP. COMANDO, CONTROLLO, PAURA, DISORIENTAMENTO
22 – OPINION PIECE DI ROBERTO VERONESI
23 – OPINION PIECE DI FRANCESCO GORI
24 – OPINION PIECE DI NELLO BARILE
25 – OPINION PIECE DI LUCA MONACO
26 – OPINION PIECE DI RICCARDO MILANESI
27 – OPINION PIECE DI LUCA CAVALLINI
28 – OPINION PIECE DI ROBERTA PROFETA
29 – UN PUNTO NAVE
30 – ORGANIZZAZIONE  POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CURA)
31 – OPINION PIECE DI NICHOLAS NAPOLITANO
32 – LEADERSHIP POP. VERSO L’YPERMEDIA PLATIFIRM (CONTENT CURATION)
33 – OPINION PIECE DI FRANCESCO TONIOLO
34 – ORGANIZZAZIONE  POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CONVIVIALITA’)
35 – OPINION PIECE DI LUANA ZANELLATO
36 – OPINION PIECE DI ANDREA BENEDETTI E ISABELLA PACIFICO
37 – OPINION PIECE DI STEFANO TROILO
38 – OPINION PIECE DI DAVIDE GENTA
39 – OPINION PIECE DI ANNAMARIA GALLO
40 – INNOVAZIONE POP. ARIMINUM CIRCUS: IL READING!
41 – ORGANIZZAZIONE  POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CONVOCAZIONE)
42 – OPINION PIECE DI EDOARDO MORELLI
43 – ORGANIZZAZIONE  POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CO-CREAZIONE DI VALORE)
44 – OPINION PIECE DI MARIANNA PORCARO
45 – OPINION PIECE DI DONATO IACOVONE
46 – OPINION PIECE DI DENNIS TONON
47 – OPINION PIECE DI LAURA FACCHIN
48 – OPINION PIECE DI CARLO CUOMO
49 – OPINION PIECE DI CARLO MARIA PICOGNA
50 – OPINION PIECE DI ROBERTO RAZETO
51 – OPINION PIECE DI ALBERTO CHIAPPONI
52 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO ANTONINI
53 – OPINION PIECE DI ALESSANDRA PILIA
54 – OPINION PIECE DI CLEMENTE PERRONE
55 – OPINION PIECE DI FABRIZIO RAUSO
56 – OPINION PIECE DI LORENZO TEDESCHI
57 – OPINION PIECE DI EUGENIO LANZETTA
58 – OPINION PIECE DI GIOLE GAMBARO
59 – OPINION PIECE DI DANTE LAUDISA
60 – OPINION PIECE DI GIAMPIERO MOIOLI
61 – OPINION PIECE DI GIOVANNI AMODEO
62 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO LOTTO
63 – OPINION PIECE DI GIANLUCA BOTTINI
65– OPINION PIECE DI SIMONE FARINELLI
66– OPINION PIECE DI FRANCESCA ANNALISA PETRELLA
67– OPINION PIECE DI VALERIO FLAVIO GHIZZONI
68– OPINION PIECE DI STEFANO MAGNI
69– OPINION PIECE DI LUCA LA BARBERA
70 – INNOVAZIONE POP. ARIMINUM CIRCUS: LA GRAPHIC NOVEL!
71 – LEADERSHIP POP. APOFATICA E CATAFATICA DELLA COMUNICAZIONE
72 – OPINION PIECE DI FEDERICA CRUDELI
73– OPINION PIECE DI MELANIA TESTI
74 – OPINION PIECE DI GIANMARCO GOVONI
75– OPINION PIECE DI MARIACHIARA TIRINZONI
76 – SENSEMAKING POP. LODE DELLA CATTIVA COSCIENZA DI SE’
77 – OPINION PIECE DI ALESSANDRA CAPPELLO E ALESSANDRA MAZZEI
78 – OPINION PIECE DI JOE CASINI
79 – OPINION PIECE DI MARTA CIOFFI
80 – STORYTELLING POP. VERSO IL POP BRANDING (PARTE PRIMA)
81 – STORYTELLING POP. VERSO IL POP BRANDING (PARTE SECONDA)
82 – STORYTELLING POP. VERSO IL POP BRANDING (NOTE A MARGINE)
83 – ENGAGEMENT POP. IL MANAGER INGAGGIANTE IMPARA DAI POKEMON
84 – ENGAGEMENT POP. DARE VOCE IN CAPITOLO
85 – ENGAGEMENT POP. COMUNICARE, VALUTARE, TRASFORMARE
86 – SENSEMAKING POP. MALATTIA MENTALE E BENESSERE PSICOLOGICO SUL LAVORO
87 – SENSEMAKING POP. FOLLIA O DIVERSITA’?
88 – OPINION PIECE DI LUIGIA TAURO
89 – OPINION PIECE DI NILO MISURACA
90 – OPINION PIECE DI FRANCESCO DE SANTIS
91 – INNOVAZIONE POP. REMIX, RI-USO, RETELLING
92 – STORYTELLING POP. ARIMINUM CIRCUS AL BOOK PRIDE 2025