La (difficile?) convivenza fra Autenticità e Virtualità
Autenticità: è questa forse la più ricorrente fra le tante parole chiave individuate all’interno della ricchissima conversazione sul Pop Branding pubblicata in due parti (Prolegomeni 80 e Prolegomeni 81), in vista dell’evento Il Branding e il Marketing nella Società 5.0 (Hyper Smart Society), che si svolgerà il 26 febbraio dalle 17.00 alle 19.00 con light dinner a seguire, presso Google Italia in Via Confalonieri, 4 – Milano (andato sold out poche ore dopo la pubblicazione di Prolegomeni 80).
Ma è possibile essere autentici nella HyperSmart Society? Coniugare gli “effetti speciali” delle nuove tecnologie con l'”autenticità” delle interazioni non produce un inevitabile ossimoro? Il dubbio è lecito.
«Massimiano Bucchi ricorda, nel libro Confidenze digitali, l’improbabile Clippy, l’assistente virtuale a forma di graffetta da ufficio introdotto da Microsoft nel sistema operativo Windows, nel corso della seconda metà degli anni Novanta. Ciò che stupiva di Clippy, oltre al suo materializzarsi in maniera perlopiú inopportuna, era il tono amichevole e confidenziale nei nostri confronti. Un tono tipicamente umano. L’obiettivo implicito era il rapporto più intimo possibile – dunque, nelle intenzioni, più autentico – con il cliente, tratto distintivo dello stile marcatamente informale dei colossi tecnologici della Silicon Valley» (Davide Sisto Virtual influencer. Il tempo delle vite digitali).
Oggi Clippy è una delle attrazioni digital freak esposte nel Museum of Failure, l’esposizione itinerante e online, che esiste dal 2017 e che celebra i fallimenti, in compagnia di oggetti quali «il preservativo spray, i Facebook Gifts, il LaserDisc, l’Apple Newton, l’additivo Olestra che voleva rendere dietetici cibi che non lo erano ma che causava crampi e diarrea, il gioco da tavola su Donald Trump (ma chissà che adesso qualcuno non lo riesumi, NdR), la Crystal Pepsi, la New Coke, una discutibilissima sedia massaggiante, i Google Glass, Google Wave, Theranos, il vibratore We-Vibe, il Modo, il sito Pets.com, gli “occhiali per la musica digitale” di Oakley e quelli magnetici di Nike, il CueCat (uno scanner che voleva diventare una sorta di nuovo mouse), i copridita per smartphone, il videogioco di Atari su E.T. (“il peggior videogioco al mondo”), il sito di Amazon per prenotare gli alberghi (aperto e chiuso nel 2015 nel giro di sei mesi) e il Vasa, il vascello andato a picco pochi minuti dopo essere stato varato» (Fallimenti da museo, Il Post, 2021).
Devo poi a Nilo Misuraca la seguente ulteriore osservazione critica: «Honneth solleva una questione intrigante: può esistere un’autenticità su richiesta? Penso sia una domanda centrale nel nostro dibattito, soprattutto se consideriamo come agli influencer venga spesso chiesto di essere autentici. Secondo il filosofo tedesco, è un paradosso: non possiamo essere autentici davanti all’imposizione di essere autentici.
D’altra parte, le macchine non possono rispondere a questa esigenza. Anzi, più cerchiamo di far loro simulare un’autenticità simile a quella umana, più il risultato risulta straniante e insoddisfacente. Forse ci troviamo di fronte a un vero e proprio nodo gordiano: dato che l’essere umano non può essere autentico su comando, potrebbe essere più efficace una comunicazione che rinunci a questa pretesa».
Game over? Una riflessione del Pop Opinionist Vanni Codeluppi a commento del volume sopra citato di Davide Sisto Virtual influencer. Il tempo delle vite digitali potrebbe essere utile a riaprire i giochi: «Gli influencer possono essere vittime del “paradosso dell’autenticità online”. L’autenticità, infatti, è considerata importante dagli individui nelle relazioni che si sviluppano all’interno del mondo digitale, ma raggiungerla per gli influencer comporta di solito delle difficoltà. A differenza degli influencer tradizionali, i virtual influencer hanno la capacità di evitare questo problema, in quanto sono in grado di dichiarare esplicitamente la loro inautenticità e ciò paradossalmente li “autenticizza”. Esibendo la loro natura di robot “artificiali” si rendono maggiormente umani agli occhi dei loro seguaci».
Si può forse trovare un antecedente a questo fenomeno negli anni Novanta, cui «risale l’inedita apprensione maturata dall’umanità nei confronti del Tamagotchi, quella specie di pulcino virtuale prossimo alla morte se non curato o nutrito con la dovuta attenzione. Maurizio Balistreri, nel libro Sex Robot, racconta di uomini d’affari, in Giappone, che arrivavano a posporre o, addirittura, a cancellare gli incontri di lavoro per nutrire il loro Tamagotchi; e di persone comuni che scendevano dall’aereo prima della partenza, perché l’hostess insisteva nel chiedergli di spegnere il Tamagotchi, cosa che sarebbe equivalsa alla sua uccisione. Il pulcino virtuale era, in altre parole, percepito come un essere vivente a tutti gli effetti».
Un crash test: il Brand Activism
Quanto regge il paradosso «dell’autenticità online»? Proviamo a metterlo alla prova di un altro concetto che emerge dalla Conversazione Collaborativa sul Pop Branding: il ruolo che ha il cosiddetto Brand Activism nella costruzione di brand community. È un tema al centro delle proposte di uno dei padri storici del marketing in Italia, Paolo Iabichino, avanzate nel suo ultimo libro Scrivere Civile. Pubblicità e brand al servizio della società.
Scrive Paolo Iabichino: «Oggi è arrivato il momento di trovare nuovi paradigmi attorno a cui sviluppare la nostra società, modelli che vadano oltre il solo profitto economico, altrimenti non avremo scampo… Perché un mondo sempre più globalizzato significa anche più responsabilità (su questo, cfr. Prolegomeni 76 – SENSEMAKING POP. LODE DELLA CATTIVA COSCIENZA DI SE’)… E non basta ammantarsi dietro un nobile purpose: oggi ciò che conta è come un brand agisce nel mondo reale, in che modo si fa portatore del cambiamento».
In questo quadro, Iabichino vede il Brand Activism come un’opportunità per le aziende di assumere un ruolo più attivo e responsabile nella società. Egli sostiene che i brand dovrebbero abbracciare cause sociali e culturali importanti, diventando attivisti e promotori di cambiamenti positivi. Iabichino incoraggia le aziende a sviluppare una relazione civica con le comunità e il mercato, utilizzando il web e i social media per sostenere cause fondamentali e promuovere il benessere delle persone e del pianeta.
Il Brand Activism, secondo Iabichino, si basa quindi su alcuni principi chiave:
- Impegno Civico: I brand devono impegnarsi in modo reale e continuo, andando oltre le semplici dichiarazioni di intenti o le campagne pubblicitarie superficiali. Questo significa prendere posizione su temi sociali rilevanti e agire concretamente per il bene comune.
- Autenticità e Trasparenza: È fondamentale che i brand siano autentici e trasparenti nelle loro azioni, evitando il “socialwashing”, ovvero l’uso di cause sociali solo per fini di marketing senza un vero impegno.
- Relazione con le Comunità: I brand devono costruire relazioni civiche con le comunità, ascoltando e rispondendo alle loro esigenze e preoccupazioni. Questo approccio mira a creare un legame profondo e duraturo tra il brand e i suoi stakeholder.
Per capire di cosa stiamo parlando, facciamo un paio di esempi.
- Patagonia: Conosciuta per il suo impegno verso le cause ambientali, Patagonia dona una parte dei suoi profitti a organizzazioni ambientaliste e fa campagne attive contro il cambiamento climatico. La loro campagna “Don’t Buy This Jacket” ha incoraggiato i consumatori a riflettere sull’impatto ambientale dei loro acquisti.
- Ben & Jerry’s: L’azienda di gelati è nota per il suo impegno su temi di giustizia sociale, inclusi il cambiamento climatico, i diritti LGBTQ+ e l’uguaglianza razziale. Utilizzano la loro piattaforma per sensibilizzare e promuovere cambiamenti politici.
Parallelamente, Davide Sisto, come abbiamo accennato, esplora il fenomeno dei virtual influencer, entità digitali create per interagire con il pubblico e promuovere prodotti e cause. Un esempio emblematico è Lil Miquela (che per inciso appare anche fra i protagonisti di un episodio di Ariminum Circus Stagione 1, per le ragioni che ho spiegato durante il recente Digital Festival parmense), un’influencer virtuale che fattura oltre diecimila dollari per ogni post su Instagram e appare costantemente sulle riviste di moda. Lil Miquela è stata scelta da brand come Prada e Samsung per promuovere le loro campagne, dimostrando l’efficacia dei virtual influencer nel marketing moderno.
Mentre il Brand Activism di Iabichino si concentra sull’autenticità e l’impegno reale, i virtual influencer offrono efficienza e scalabilità, ma sotto questo profilo possono essere percepiti come meno genuini, meri burattini virtuali manovrati per fini commerciali. I virtual influencer, inoltre, sono progettati per imitare gli influencer umani, ma spesso senza che il pubblico percepisca la differenza, sollevando questioni che ancora una volta attengono alle sfere dell’autenticità e della trasparenza.
La claritas dei virtual influencer
Come a suo tempo feci parlando di cloni e mutanti applicando una intuizione del mio Maestro Piero Trupia (al centro del volume Perché è bello ciò che è bello, che discuterò il 19 giugno nel corso di una sessione di studio voluta da AIF), credo sia interessante, per approfondire la questione dell’autenticità virtuale, valutare Lil Miquela secondo le tre caratteristiche del bello definite da San Tommaso d’Aquino e riprese da James Joyce: integritas, concordantia e claritas.
San Tommaso d’Aquino
Integritas (Integrità): Per San Tommaso, l’integrità si riferisce alla completezza e alla perfezione di un oggetto. Un oggetto è bello se è completo e non manca di nessuna parte essenziale. Lil Miquela, come creazione digitale, è progettata per essere visivamente completa e perfetta, senza difetti visibili, il che potrebbe soddisfare questo criterio.
Concordantia (Armonia): L’armonia riguarda la proporzione e l’ordine delle parti di un oggetto. Un oggetto è bello se le sue parti sono ben proporzionate e armoniosamente disposte. Lil Miquela è creata con un’attenzione meticolosa ai dettagli estetici, con proporzioni e caratteristiche che rispecchiano gli ideali di bellezza contemporanei, rispettando così il concetto di concordantia.
Claritas (Chiarezza): La chiarezza si riferisce alla luminosità e alla capacità di un oggetto di rivelare la sua essenza. Per San Tommaso, un oggetto è bello se la sua forma risplende chiaramente e rivela la sua natura. Lil Miquela, con la sua presenza digitale e la sua capacità di interagire con il pubblico, potrebbe essere vista come un’entità che esprime chiaramente la sua identità virtuale.
James Joyce
James Joyce riprende questi concetti e li adatta alla sua estetica:
Integritas: Per Joyce l’integrità è la percezione di un oggetto come un tutto completo. Lil Miquela, come personaggio virtuale, è percepita come un’entità completa e coerente, il che potrebbe soddisfare questo criterio.
Concordantia: Secondo Joyce, l’armonia è la relazione tra le parti di un oggetto che crea un senso di ordine e proporzione. Lil Miquela, con il suo design accurato e la sua presentazione visiva, potrebbe essere vista come armoniosa.
Claritas: Joyce interpreta la chiarezza come la capacità di un oggetto di rivelare la sua essenza. Uno splendore che ne rivela l’intima unicità, la quidditas, riflesso particolare della Verità assoluta. Lil Miquela, attraverso le sue interazioni e la sua presenza sui social media, rivela la sua natura essenziale di influencer virtuale.
In sintesi, Lil Miquela potrebbe essere considerata bella, dunque “vera”, secondo le caratteristiche definite da San Tommaso e James Joyce, poiché è progettata per essere visivamente completa, armoniosa e capace di esprimere chiaramente la sua identità virtuale.
Verità e realtà: una prospettiva platonica
Ma essere “veri” significa anche “essere reali”? La girl band Eternity, formata da undici musiciste k-pop virtuali, che, ci ricorda Davide Sisto, «gode di milioni di visualizzazioni online e rappresenta la base per altre attività legate alla pubblicità e alla moda» ne sembra convinta, dato che il loro primo singolo, uscito nel 2021, si intitola emblematicamente I’m Real.
Su questo punto probabilmente Platone e Aristotele la vedrebbero in modo diverso.
Proviamo a metterci nei panni di Platone:
- Mondo delle Idee vs. Mondo delle Apparenze: Platone potrebbe vedere Lil Miquela come un esempio estremo del mondo delle apparenze. Lil Miquela, essendo un’influencer virtuale, rappresenta una simulazione che non ha una corrispondenza diretta nel mondo delle idee. Per Platone, ciò che è reale è ciò che partecipa delle idee eterne e immutabili, mentre Lil Miquela è una creazione artificiale che esiste solo nel mondo sensibile e digitale.
- Mimesi e Simulacri: Platone critica l’arte e la mimesi (imitazione) perché allontanano dalla verità. Lil Miquela, come simulacro, è un’imitazione di un essere umano, ma senza una vera essenza. Questo potrebbe essere visto da Platone come un ulteriore passo verso l’illusione e l’inganno, allontanando le persone dalla ricerca della verità e della conoscenza. Una tesi che P.K. Dick ha messo in scena in molti suoi romanzi e racconti.
- Influenza e Verità: L’inclusione di Lil Miquela tra le persone più influenti su internet potrebbe essere vista da Platone come un segno della decadenza della società, dove l’apparenza e l’illusione hanno più peso della verità e della realtà. La capacità di un’entità virtuale di influenzare le masse potrebbe essere interpretata come un pericolo per la formazione di opinioni basate sulla conoscenza e sulla ragione.
- Libertà e Autenticità: La campagna pubblicitaria che invita a “essere se stessi” utilizzando un’influencer virtuale potrebbe sembrare paradossale a Platone. Egli potrebbe vedere questo come un esempio di come la società moderna confonda l’autenticità con l’apparenza, promuovendo un’idea di libertà che è in realtà una forma di controllo e manipolazione.
Insomma: Platone probabilmente vedrebbe la figura di Lil Miquela e il fenomeno dei virtual influencer come ulteriori manifestazioni della distanza tra il mondo delle apparenze e il mondo delle idee, sintomatiche di una società che privilegia l’illusione rispetto alla verità.
Una radicalizzazione di questa concezione può essere considerata quella operata da Jean Baudrillard, che introduce il concetto di iperrealtà. Il filosofo sostiene che nella società contemporanea i segni e le simulazioni hanno sostituito la realtà, creando una condizione in cui non c’è più una chiara distinzione tra il reale e il simulato. La sua teoria dei simulacri descrive come le rappresentazioni (simulacri) non siano più copie di qualcosa di reale, ma diventino realtà a sé stanti, senza un originale. In ultima analisi, l’iperrealtà è conduce a una perdita di autenticità e significato.
Verità e realtà: una prospettiva neoaristotelica
Amicus Plato, sed magis amica veritas: se ci rivolgiamo ai pensatori contemporanei di estrazione aristotelica, la prospettiva cambia. Penso in particolare a Pierre Lévy. Lui e Aristotele offrono due prospettive diverse ma complementari sulla natura della realtà.
Aristotele distingue tra potenzialità e attualità per spiegare il cambiamento e l’essenza delle cose. Secondo lui, ogni entità ha una potenzialità (ciò che può diventare) e un’attualità (ciò che è in un dato momento). Inoltre, Aristotele introduce le quattro cause per spiegare l’esistenza di un oggetto:
- Causa materiale: la materia di cui è fatto l’oggetto.
- Causa formale: la forma o l’essenza dell’oggetto.
- Causa efficiente: l’agente che causa il cambiamento.
- Causa finale: lo scopo o il fine dell’oggetto.
Lévy, nel suo libro “Il virtuale”, descrive quattro forme di realtà:
- Reale: ciò che esiste concretamente.
- Attuale: ciò che è realizzato in un dato momento.
- Virtuale: il potenziale non ancora realizzato.
- Possibile: ciò che potrebbe esistere in futuro.
Mettendo a confronto i due sistemi, possiamo fare le seguenti sintetiche affermazioni:
- Potenzialità e Virtuale: Entrambi i concetti si riferiscono a ciò che può essere ma non è ancora realizzato. Per Aristotele, la potenzialità è una qualità intrinseca delle cose, mentre per Lévy, il virtuale rappresenta possibilità che possono essere attualizzate.
- Attualità e Attuale: Entrambi descrivono ciò che è realizzato in un dato momento. Aristotele vede l’attualità come la realizzazione della potenzialità, mentre Lévy la considera una delle forme di realtà.
- Reale e Reale: Entrambi concordano sul fatto che il reale è ciò che esiste concretamente.
- Possibile: Lévy introduce il concetto di possibile come una dimensione di ipotesi future, che non ha un equivalente diretto nelle categorie aristoteliche.
In sintesi, mentre Aristotele si concentra sulle cause e sul processo di realizzazione delle potenzialità, Lévy amplia la discussione includendo il virtuale e il possibile come dimensioni della realtà.
La Realtà Virtuale dei mondi online
Ma il “virtuale” di Pierre Lévy coincide con la realtà dei mondi online, dei videogiochi e dei virtual influencer?
Lévy, abbiamo detto, descrive il virtuale come una dimensione di potenzialità che può essere attualizzata attraverso l’azione e l’interazione. Per Lévy, il virtuale non è opposto al reale, ma è una delle quattro forme di realtà (reale, attuale, virtuale, possibile). Il virtuale rappresenta ciò che potrebbe essere, ma non è ancora realizzato.
La realtà virtuale nei mondi online e nei videogiochi si riferisce invece a esperienze immersive create attraverso tecnologie digitali. Questi mondi permettono agli utenti di interagire con ambienti digitali e altri utenti tramite avatar. Da qui discendono alcune conseguenze, quali:
- Potenzialità vs. Immersione: Mentre Lévy vede il virtuale come una dimensione di potenzialità, la realtà virtuale nei mondi online e nei videogiochi è più focalizzata sull’immersione e sull’interazione immediata.
- Interazione Umana: Entrambi i concetti enfatizzano l’interazione umana, ma Lévy si concentra sulla trasformazione delle potenzialità in realtà, mentre i mondi virtuali e i videogiochi offrono esperienze interattive e sociali immediate.
- Tecnologia: La realtà virtuale nei videogiochi e nei mondi online utilizza tecnologie avanzate come visori VR per creare esperienze immersive, mentre il concetto di virtuale di Lévy è più filosofico e meno legato a specifiche tecnologie.
In sintesi, mentre Lévy offre una visione filosofica e concettuale del virtuale, la realtà virtuale nei mondi online e nei videogiochi rappresenta un’applicazione pratica e tecnologica di queste idee. We are such stuff the dreams are made on…
Hypermedia Platfirm e Pop Branding
Tornando a noi, è dunque possibile, anche se non semplice, mettere in connessione autenticità e nuove tecnologie.
Allargando il ragionamento, possiamo affermare che l’Hypermedia Platfirm descritta in questi Prolegomeni al Pop Management è lo spazio ideale per il Pop Branding, che persegue la creazione di un senso condiviso basato su fiducia e trasparenza. L’Hypermedia Platfirm, infatti, è un modello organizzativo che enfatizza la creazione di esperienze collaborative multicanali integrate. Questo approccio si basa su alcuni principi chiave:
- Co-creazione di Valore: Le aziende coinvolgono attivamente i loro stakeholder nella creazione di valore, utilizzando piattaforme digitali per facilitare la collaborazione e l’innovazione.
- Interazione Multicanale: Le organizzazioni utilizzano vari canali digitali per interagire con i loro stakeholder, creando un’esperienza integrata e coerente (transmediale).
- Cura: L’importanza della cura in una Hypermedia Platfirm risiede nella capacità di creare un’organizzazione che valorizzi le relazioni umane, promuova il benessere di tutti gli stakeholder, favorisca l’innovazione e la creatività.
In un contesto di questo tipo, si può applicare una filosofia di Pop Branding concentrandosi sulla creazione di identità di marca che siano distintive, coinvolgenti e rilevanti per il pubblico. Questo approccio include:
- Narrazione Coinvolgente: Creare storie di marca che risuonino con il pubblico e che siano facilmente condivisibili attraverso vari canali digitali.
- Interazione con il Pubblico: Utilizzare i social media e altre piattaforme digitali per interagire direttamente con i consumatori, costruendo relazioni autentiche e durature.
- Adattabilità e Innovazione: Essere pronti a innovare e adattarsi rapidamente ai cambiamenti del mercato e alle nuove tendenze digitali.
Anche in questo caso, facciamo qualche esempio:
- LEGO: La piattaforma di LEGO permette ai fan di inviare i propri design per nuovi set LEGO. La comunità vota i loro preferiti e i design vincenti diventano prodotti ufficiali. Questo è un esempio perfetto di co-creazione di valore.
- Nike: L’ecosistema digitale di Nike include app, dispositivi indossabili e comunità online che permettono agli utenti di monitorare i loro progressi nel fitness, condividere risultati e partecipare a sfide. Questa interazione multicanale migliora il coinvolgimento e la fedeltà dei clienti.
- Coca-Cola: La campagna “Share a Coke” ha personalizzato le bottiglie con i nomi delle persone, creando una sensazione virale. Questa campagna ha sfruttato la narrazione e la condivisione sociale per creare una forte connessione emotiva con i consumatori.
- Red Bull: Conosciuta per le sue sponsorizzazioni di sport estremi e contenuti, Red Bull ha costruito un marchio che incarna avventura ed energia. La loro media house produce contenuti di alta qualità che risuonano con il loro pubblico di riferimento.
Pop Branding e Intelligenza Artificiale
La conversazione collaborativa sul Pop Branding ha confermato l’uso sempre più esteso di sistemi automatizzati e guidati dall’Intelligenza Artificiale anche in ambito Marketing. Non si è toccato esplicitamente il “nudging” tradotto letteralmente come “spinta gentile” o “spintarella”, un approccio che permette di indirizzare le scelte delle persone. «I teorici di questo approccio sostengono che è possibile modificare il comportamento umano in modo prevedibile, senza proibire alcunché e senza forzare le scelte da compiere, ma solo attraverso il modo in cui sono presentate le possibili azioni tra cui scegliere» troviamo scritto sul sito dal nome simpatico, Geopop. Ma cosa succede quando sono le macchine o i robot sociali a suggerirci delle cose? Dovrebbero esserci dei limiti? E chi li stabilisce? si chiede Valeria Martino in un post dal titolo Il robot che suggeriva troppo.
Conferma Paolo Iabichino: «La pubblicità è automatizzata. Proprio per questo è necessaria una dose sempre maggiore di responsabilità… La scrittura di un prodotto, di un brand, non può collassare in uno storytelling vuoto e superficiale, in una favoletta della buona notte».
Non solo: secondo l’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano (vedi il post Intelligenza artificiale, aziende italiane in ritardo in Europa per adozione dell’AI) tra le diverse soluzioni di Intelligenza Artificiale utilizzate in Italia al terzo posto vi sono le soluzioni di Recomendation Systems (17%) in cui la GenAI sta dando un contributo, catturando tramite i Large Language Models la semantica dell’interazione con i beni e servizi fruiti e ricavando suggerimenti pertinenti. La rilevanza di quell’AI Ethics al centro di Prolegomeni 74 – OPINION PIECE DI GIANMARCO GOVONI, risulta ulteriormente potenziata da questo dato.
Inoltre, Nello Barile ci ha ricordato che c’è qualcosa in più: «Qualche anno fa ho coniato il termine ontobranding per indicare il modo in cui i brand, tramite le piattaforme, si estendevano sempre più sulla sfera emozionale, esistenziale ed ontologica dei consumatori/utenti, per produrre innovazione.
La collaborazione assume un valore sempre più strategico quando è mediata dalle piattaforme e più recentemente dall’AI generativa. Il paradosso della nostra epoca è dato dal fatto che l’incredibile sviluppo della tecnica non sacrifica la sfera emotiva, anzi la sollecita, la amplifica, la rende onnipresente…
Jean Baudrillard sosteneva che il problema dell’Intelligenza Artificiale è che è senza artificio, quindi senza intelligenza. Oggi forse il quadro sta cambiando profondamente, verso un’Intelligenza Artificiale sempre più empatica e un sistema dei brand che è sempre più interessato alle potenzialità offerte da questa nuova tecnologia.
Per questo l’AI generativa, anche a detta della Gartner, rappresenta il nuovo Hype, dopo quello del metaverso che ha raggiunto il picco nel 2022. Il concetto di ontobranding riguarda il modo in cui il branding utilizza le frontiere più avanzate dell’automazione (l’Intelligenza Artificiale) per esaltare e nutrire sempre ciò che c’è di più vivo, profondo e autentico nell’essere umano: le emozioni.
In un futuro molto prossimo, anche i processi di innovazione sociale saranno integrati, se non guidati, dall’Intelligenza artificiale, raccogliendo e gestendo dati estratti dal profilo personale degli utenti, durante le loro interazioni collettive e l’esperienza geolocalizzata di prodotti e marchi nella cosiddetta Quarta Rivoluzione Industriale, ormai diventata Quinta».
Digital Twins nel Marketing e Branding
In chiusura, vale la pena di accennare alla tecnologia Pop oggi forse più innovativa: i digital twins, che stanno rivoluzionando il marketing e il branding grazie alla loro capacità di creare rappresentazioni digitali dettagliate e in tempo reale di entità fisiche, come prodotti, processi o persone. Fra le aziende che stanno battendo questa strada potremmo citare:
- Unilever: Utilizza i digital twins per modellare il comportamento dei consumatori e ottimizzare le formulazioni dei prodotti. Simulando diversi scenari, possono prevedere come i cambiamenti negli ingredienti influenzeranno le preferenze dei consumatori.
- BMW: Impiega i digital twins per creare repliche virtuali dei loro veicoli. Questo permette loro di testare e perfezionare i design prima della produzione fisica, migliorando l’efficienza e riducendo i costi.
Più in generale, ecco alcuni modi in cui vengono utilizzati:
- Personalizzazione in Tempo Reale: I digital twins permettono ai marketer di offrire esperienze personalizzate in tempo reale. Ad esempio, possono modellare il comportamento dei clienti per prevedere le loro interazioni con i brand e i prodotti. Questo consente di offrire contenuti, raccomandazioni e sconti altamente personalizzati, aumentando la probabilità di conversione.
- Miglioramento delle Analisi Predittive: Grazie ai digital twins, le aziende possono modellare il comportamento futuro dei clienti basandosi sulle azioni passate. Questo aiuta a prevedere le esigenze, le preferenze e il rischio di abbandono dei clienti, permettendo di intervenire tempestivamente con campagne di retention.
- Interazione in Tempo Reale: I digital twins sono utilizzati da brand come Nike, Coca Cola o Procter & Gamble per creare interazioni immediate e su misura con i clienti. Ad esempio, se un cliente rimane a lungo su una pagina prodotto, il suo digital twin può attivare un messaggio in tempo reale con informazioni aggiuntive o uno sconto, incentivando una decisione d’acquisto più rapida.
- Creazione di “Brand Twin”: Alcune aziende stanno sviluppando “brand twin”, avatar digitali intelligenti che non solo replicano i dati, ma apprendono dalle interazioni dirette con i consumatori. Questi brand twin raccolgono dati attraverso conversazioni significative, creando un ciclo continuo di coinvolgimento e approfondimento per i brand.
Conclusione
Il Brand activism, i virtual influencer, l’Hypermedia Platfirm e i digital twins rappresentano diverse sfaccettature dell’evoluzione del marketing e del branding nell’era digitale. Mentre il Brand Activism di Paolo Iabichino si concentra sull’autenticità e l’impegno reale, i virtual influencer raccontati da Davide Sisto offrono efficienza e scalabilità.
L’Hypermedia Platfirm consente l’applicazione di una filosofia di Pop Branding centrata sull’interazione multicanale, la co-creazione di valore, l’innovazione e la narrazione coinvolgente (empatia sistemica, nel linguaggio del Pop Management).
Infine, Intelligenza Artificiale e digital twins offrono nuove opportunità per personalizzare e migliorare l’esperienza del cliente in tempo reale.
Questi modelli, strumenti e concetti si integrano e si completano a vicenda, offrendo una visione completa e innovativa del marketing: il Pop Branding.
82 – continua
Copertina di Marcello Minghetti (Mosaico per Ariminum Circus Stagione 1)
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