L’Opinion Piece di oggi si propone come un dialogo fra Alessandra Mazzei, Direttrice del CERC (Centre for Employee Relations and Communication) dell’Università IULM, e Alessandra Cappello, Responsabile Digital Workplace e People Engagement di Unipol, in cui fanno il punto sul significato di engagement oggi e propongono uno nuovo strumento per formare professionisti con competenze avanzate nel rilevare e gestire le sfide comunicative interne, integrando approcci teorici con applicazioni pratiche: il Master in Comunicazione Interna e People Engagement.
Work engagement: un concetto poliedrico
Alessandra Mazzei*
Ingaggio e disingaggio
Quando pensiamo all’engagement lavorativo ovvero al work engagement, pensiamo a una caratteristica del lavoro che vorremmo per noi e per gli altri, soprattutto nel caso noi avessimo responsabilità manageriali. Purtroppo, però possiamo dire che si tratta di un concetto aspirazionale, dato che nella realtà ciò che prevale è il disengagement, il distacco dal proprio lavoro, l’insoddisfazione, addirittura il cinismo. Basti citare che, secondo il report di Gallup dello scorso anno, a livello globale solo il 23% dei collaboratori è engaged (Gallup, 2024).
Eppure, un contesto di lavoro dove le persone sono ingaggiate è essenziale. Significherebbe che le persone sono presenti a se stesse, sono consapevoli del significato e del valore del proprio lavoro, ne intravedono l’utilità: richiamando il Prolegomeni #56 di Lorenzo Tedeschi, la ricerca di sfide e obiettivi ricchi di significato sono stimoli che danno senso al lavoro e la cui assenza può generare frustrazione. Sarebbe una parte del significato della vita e della felicità personale.
Allora, da studiosa in un mondo Pop, mi interrogo sul significato dell’engagement sul lavoro, sui suoi effetti avversi, sulla sua sostenibilità e soprattutto su come favorirlo.
Innanzitutto, iniziamo a dire che il work engagement è un concetto poliedrico: a seconda da dove lo guardi assume un significato specifico. Vediamo alcuni di questi significati e preciso subito che il milieu della cultura Pop ci porterà a usare molti termini in inglese: la lingua della cultura manageriale Pop a livello globale.
Di quali concetti di engagement stiamo parlando? Eccoli: il behavioral engagement, il co-workers’ communicative engagement, il co-creational employee engagement approach, affective e social engagement.
Le diverse declinazioni dell’engagement
Il behavioral engagement è quella propensione dei collaboratori di un’azienda a infondere energia e vigore nel loro lavoro, con l’intenzione di contribuire a conseguire gli obiettivi strategici della stessa azienda (Macey & Schneider, 2008; Mazzei, 2018). È uno stato psicologico basato su dedizione emotiva e gratificazione da un lato e assorbimento mentre si svolge il lavoro dall’altro. I primi due step, dedizione e assorbimento, rendono i lavoratori soddisfatti ma non ingaggiati. Questa è una prospettiva basata su studi di psicologia che ha molto successo tra gli studiosi di management della comunicazione d’impresa: possiamo dire che un collaboratore è engaged solo quando questo stato psicologico sfocia in una intenzione di comportarsi a vantaggio dell’azienda. E questo approccio si concentra in modo particolare sugli antecedenti e sui risultati in termini di impatto sulla performance.
Il co-workers’ communicative engagement dà una definizione secondo una prospettiva di comunicazione e non solo psicologica (Andersson et al., 2025). Dalla prospettiva degli studi di organizational communication emerge la consapevolezza che l’engagement può essere sia costruttivo sia distruttivo. L’engagement è costituito in modo comunicazionale nell’organizzazione poiché i collaboratori si impegnano in eventi di comunicazione positivi e negativi, formali e informali. Emerge con chiarezza il concetto di comportamenti di comunicazione, che sono il milieu nel quale l’organizzazione emerge. Il focus si sposta sulle modalità attraverso le quali i collaboratori si impegnano nella comunicazione.
Il co-creational employee engagement approach sottolinea che tutti i soggetti che appartengono e operano in una organizzazione sono artefici di un continuo processo di co-creazione di significati, che è basato sulle esperienze che vivono. L’engagement dei componenti dell’organizzazione è un processo strategico e interattivo che è radicato in interazioni simboliche e significative (Lemon, 2025). Come fanno gli attori organizzativi ad attribuire e co-creare significati? Questo processo strategico e interattivo si svolge in “zones of engagement”: l’engagement che si verifica da esperienze non legate al lavoro vissute mentre si lavora; o come libertà sul posto di lavoro; e che va oltre i ruoli e le responsabilità; che si verifica quando il lavoro è una vocazione professionale; come creazione di valore; e le connessioni come costruzione di esperienze di coinvolgimento (Lemon & Palenchar, 2018).
La dimensione emozionale e la dimensione sociale dell’engagement mettono in evidenza quelle componenti che possono essere particolarmente influenzate in situazioni come la gestione delle crisi e il lavoro da remoto (Soane et al., 2012; Dhanesh & Duthler, 2025). La dimensione sociale in particolare, non presente nelle altre definizioni considerate fin qui, è rilevante perché indica la misura in cui la persona sente le connessioni sociali con l’ambiente di lavoro e con i valori condivisi con i colleghi da remoto (Soane et al., 2012; Dhanesh & Duthler, 2025).
Appare quindi fin qui che la poliedricità del concetto impone di guardare all’engagement da diverse angolazioni e che il solo tentare di comprenderlo richiama a una responsabilità da parte di tutti coloro che operano attorno all’engagement come professionisti di comunicazione interna e di gestione delle risorse umane.
Work engagement sostenibile
Ma c’è un altro aspetto sul quale è utile riflettere: gli aspetti imprevisti e indesiderati del work engagement. Innanzitutto, è importante sottolineare che il work engagement è impegnativo e costoso per i lavoratori. A differenza della soddisfazione per il lavoro, per esempio, l’engagement comporta uno sforzo prolungato e sempre confrontato con il risultato conseguito. È necessario quindi riflettere sulla sostenibilità del work engagement (Heide & Simonsson, 2018): perché l’engagement sia sostenibile, per esempio il lavoro deve essere interrotto per brevi periodi attraverso il riposo e deve preservare la disponibilità di tempo per altre attività di tipo culturale o sportivo o sociale o altro. Come richiamato da Dennis Tonon in Prolegomeni #46, per i giovani della Generazione Z e i Millennials in particolar modo mantenere un equilibrio tra lavoro e vita privata è fondamentale. Per occuparsi di work engagement è cruciale tenere presente che il collaboratore è una persona dalle aspirazioni variegate. E in questo senso, è opportuno riprendere l’osservazione di Marco Minghetti in Prolegomeni #7, secondo cui uno stile di leadership Pop improntato all’apertura dovrebbe dare a ogni persona la possibilità di realizzare la massima auto-espressione.
Infine vorrei attirare l’attenzione anche sulla possibilità che attorno al work engagement si generino dei paradossi, attingendo a una letteratura che seppure datata è di grande attualità (Redding, 1972; Salancik, 1977; Stohl & Cheney, 2001). Questi testi sono stati ripresi poco e, pur riferendosi a concetti quali commitment e partecipazione, sono pertinenti poiché scritti in un’epoca nella quale non veniva usato il termine di engagement, introdotto negli anni Novanta da Khan.
Quando vengono adottate nelle aziende della modalità di engagement/partecipazione con un minimo di strutturazione, si possono generare effetti paradossali, non negativi di per sé bensì utili a far riflettere. Per esempio, la stessa istituzionalizzazione di opportunità di engagement dei collaboratori può creare una perdita di spontaneità. Si pensi agli Employee Resource Group, attivati e favoriti dall’azienda per la gestione da parte dei collaboratori, che devono evidentemente tenere conto dei valori e degli obiettivi aziendali. Un altro esempio è l’engagement dei collaboratori in iniziative di corporate social responsibility: i collaboratori aderiscono di solito in modo volontario, ma è inevitabile che il loro effort sia convogliato e limitato in spazi predefiniti dall’azienda. Infine, può crearsi una situazione paradossale quando per favorire l’engagement delle persone in un’ottica di efficacia ed efficienza gli scambi vengono convogliati su canali di comunicazione precostituiti, come per esempio il canale dei supervisori.
L’excursus sulle diverse concezioni di work engagement, sui suoi rischi di non sostenibilità e sugli effetti paradossali, sottolinea che siamo di fronte a un concetto (un desiderio) estremamente complesso, e a noi che ci interessiamo alle sue dinamiche, leve, effetti, controeffetti è richiesto di avere altissime competenze.
A tal fine è cruciale la formazione di alto livello, come quella del Master in Comunicazione interna e people engagement.
Il nuovo Master in Comunicazione Interna e people Engagement
Alessandra Cappello**
Un approccio olistico e stratificato all’engagement
C’è tempo fino al 14 febbraio 2025 per iscriversi al Primo Master in Comunicazione Interna e People Engagement promosso dall’Università IULM in collaborazione con Ascai, l’Associazione per lo Sviluppo della Comunicazione aziendale in Italia, e in connessione con il CERC (Centre for Employee Relations and Communication), il centro di ricerca dell’Università IULM focalizzato sui temi della comunicazione e della gestione delle relazioni con i collaboratori.
Il Master si avvale di un approccio olistico e stratificato all’engagement, fornendo il know-how necessario per evitare i paradossi precedentemente menzionati.
Il suo valore risiede nella capacità di fungere da ponte tra teoria e pratica, preparando i partecipanti a diventare vere e proprie “sentinelle”, evocando così la loro funzione di guardiani attenti, pronti a intercettare segnali deboli e capaci di interpretare i dinamismi interni delle organizzazioni.
Aperto sia a chi si avvicina per la prima volta alla comunicazione interna sia a professionisti esperti desiderosi di perfezionare il proprio approccio, il Master equipaggia i partecipanti con competenze avanzate nel rilevare e gestire le sfide comunicative interne, integrando approcci teorici con applicazioni pratiche. Il programma è strutturato per fornire una comprensione profonda delle strategie di comunicazione più efficaci e delle tecniche di engagement, equipaggiando i professionisti con gli strumenti necessari per costruire un ambiente lavorativo coeso e motivante. In particolare, il Master incoraggia una nuova prospettiva nell’analisi del contesto organizzativo, basandosi non solo su dati numerici, ma anche sui dati informali che spesso si presentano sotto forma di conversazioni casuali, espressioni di preferenze personali, o anche come feedback non strutturato che i collaboratori disperdono, talvolta in modo inconsapevole. Il Master promuove un superamento della segmentazione tradizionale dei collaboratori in target, favorendo un approccio basato sulle personas a 360°, riconoscendo e rispondendo non solo ai loro bisogni lavorativi, ma anche a quelli personali.
La piramide dei bisogni
A proposito di bisogni, chi come me si occupa di Comunicazione Interna da anni, conosce bene la piramide di Maslow che ha rappresentato una colonna portante in questo ambito. Il Master aiuta anche a mettere in discussione teorie e strumenti obsoleti, non tanto per abbatterli, ma per formare il comunicatore di domani a conoscere meglio i collaboratori che vuole coinvolgere.
Vediamo come, riesumando la piramide dei bisogni. Secondo Maslow ogni persona presenta bisogni e aspirazioni da soddisfare, ordinati secondo una gerarchia piramidale (dal basso verso l’altro della piramide): la base è costituita dai bisogni fisiologici, per poi proseguire con quelli relativi alla sicurezza, di appartenenza fino ad arrivare alla cima dove si trovano i bisogni di autorealizzazione. Ora posso dire che questa piramide è ormai superata: l’autorealizzazione, relegata alla cima della piramide come se fosse un bisogno di serie B, è oggi alla base dell’engagement odierno. I lavoratori di oggi e in particolare le nuove generazioni non si muovono in verticale, ma vogliono poter navigare in un percorso di life-long learning journey.
Inoltre, è fondamentale riconoscere l’importanza dell’emozione aziendale nel creare engagement. Le emozioni positive vissute dai collaboratori, come la soddisfazione, l’orgoglio e il senso di appartenenza, sono elementi chiave che contribuiscono a un ambiente di lavoro coinvolgente e motivante. Queste emozioni non solo migliorano il benessere individuale, ma rafforzano anche i legami tra i membri del team, favorendo una cultura aziendale coesa e orientata al successo.
L’auto-espressione
In Prolegomeni 44, Marianna Porcaro, rifacendosi a Hannah Arendt, ci ricorda che “raccontare è il modo in cui diamo senso alla nostra esistenza”. Questa riflessione si estende anche al mondo del lavoro che, come sottolinea Marco Minghetti in Prolegomeni#7, chiede maggiore auto-espressione. D’altronde:
«Tutti raggiriamo tra le mani un vecchio copertone vuoto mediante il quale vorremmo raggiungere il senso ultimo a cui le parole non giungono.» (Calvino, 1983, p. 107)
Il “vecchio copertone vuoto” diventa metafora degli strumenti limitati e imperfetti che abbiamo a disposizione per avvicinarci a una comprensione più profonda della nostra esistenza, sia personale che professionale. Questo richiama il concetto di auto-espressione, evidenziando come la narrazione e il lavoro siano spazi in cui proviamo a riconoscere e comunicare chi siamo.
Inoltre, va riconosciuto che ogni collaboratore è una persona dotata di mente narrante (Gottschall, 2012). Questa mente narrante non solo racconta, immagina e plasma ricordi, ma funge anche da bussola interna che aiuta le persone a navigare attraverso le loro carriere.
È quello che si osserva nel Job Crafting (vedi Prolegomeni 34) fenomeno che trasforma radicalmente il modo in cui i collaboratori interagiscono con il proprio ruolo professionale, permettendo loro di rimodellarlo in base alle proprie aspirazioni (Cort W. Rudolph, Ian M. Katz, Kristi N. Lavigne, Hannes Zacher, 2017). Questo processo non solo consente ai dipendenti di vedere il proprio lavoro sotto una nuova luce, ma porta anche a un più profondo coinvolgimento personale. Gli effetti di tale trasformazione sono inequivocabilmente positivi: per il collaboratore, si traduce in un maggiore senso di appartenenza per il proprio lavoro, mentre per l’azienda, coloro che praticano il Job Crafting tendono a mostrare livelli superiori di motivazione e produttività, con una minore propensione al turnover.
Multi-Uniqueness
Questo fenomeno di auto-espressione mi porta a fare un’ulteriore considerazione constatata negli anni di esperienza: creare engagement significa riconoscere che non tutti rispondono agli stessi stimoli. Come evidenziato in “Prolegomeni 67” da Valerio Flavio Ghizzoni, “quello che conta davvero non è l’inclusività, ma l’apertura alla diversità”.
Ogni individuo è unico, e ciò che motiva una persona potrebbe non essere efficace per un’altra.
Con questa consapevolezza, il Master è progettato per infondere negli strumenti didattici un approccio che valorizza ogni persona nella sua unicità, superando i concetti abbastanza inflazionati di DE&I. Si può parlare oggi di Multi-Uniqueness, che descrive un ambiente dove diverse generazioni e culture si arricchiscono reciprocamente, preservando la propria unicità (cfr. Bombelli, M. C., & Serrelli, E. (2021)).
E la comunicazione interna ha già fatto un passo avanti poiché ragiona sulla personalizzazione, cogliendo da un lato gli elementi unici dei collaboratori e costruendo, dall’altro, contenuti sempre più personalizzati. Una personalizzazione che non deve avvenire solo a livello di contenuto, ma anche nel modo in cui lo spazio di lavoro (sia fisico che digitale) è strutturato.
Dal punto di vista fisico, il design degli spazi lavorativi si concentra sull’adattabilità e la modularità. Arredi regolabili, spazi destinati a diverse funzioni (lavoro concentrato, collaborazione, relax) e l’uso di materiali che possono influenzare positivamente l’umore e la produttività.
Nel contesto digitale, vanno studiate le interazioni tra le persone e i dispositivi, poiché ognuno è unico, anche nel modo in cui fruisce della tecnologia. E ritornando al concetto di auto-espressione, si parla sempre più di “Activity-Based Working” (ABW), un approccio al design degli spazi che consente ai lavoratori di scegliere l’ambiente lavorativo basato sull’attività che stanno svolgendo. Ciò promuove un utilizzo più dinamico e funzionale degli spazi, permettendo ai dipendenti di muoversi liberamente tra aree designate per la collaborazione, la concentrazione o il relax, a seconda delle loro esigenze.
Il Master in Comunicazione Interna e People Engagement accoglie tutte queste osservazioni per plasmare un pensiero critico insiemi ai partecipanti che ne faranno parte, affinché essi possano attualizzare strumenti e concetti tradizionali in contesti sempre più malleabili. È l’inizio del life-long learning journey in cui tutti siamo immersi.
Bibliografia
- Gallup (2024), State of the Global Workplace: 2024 Report, Gallup.
- Macey, W. H., & Schneider, B. (2008). The meaning of employee engagement. Industrial and Organizational Psychology, 1(1), 3-30.
- Mazzei, A. (2018). Engagement e disengagement dei collaboratori. Comunicazione interna e valorizzazione delle risorse umane per un contesto di voce. FrancoAngeli.
- Andersson, R., Heide, M., & Simonsson, C. (2025, in printing). Coworkership and Engagement: Towards a Communication-Centred Perspective. In S. Kim, P. M. Buzzanell, A. Mazzei, & J.-N. Kim, (Eds.), Routledge Handbook of Employee Communication and Organizational Processes. Routledge.
- Lemon, L. L. (2025, in printing). Employees’ Lived Experiences and the Co-Creational Employee Engagement Approach. In S. Kim, P. M. Buzzanell, A. Mazzei, & J.-N. Kim (Eds.), Routledge Handbook of Employee Communication and Organizational Processes. Routledge.
- Lemon, L. L., & Palenchar, M. J. (2018). Public relations and zones of engagement: Employees’ lived experiences and the fundamental nature of employee engagement. Public Relations Review, 44(1), 142-155.
- Soane, E., Truss, C., Alfes, K., Shantz, A., Rees, C., & Gatenby, M. (2012). Development and application of a new measure of employee engagement: The ISA engagement scale. Human Resource Development International, 15(5), 529–547.
- Dhanesh, G. & Duthler, G. P. (2025, in printing). The Role of Internal Communication in Predicting Remote Employee Engagement in a Crisis: An Expanded Framework of Remote Internal Crisis Communication (RICC). In S. Kim, P. M. Buzzanell, A. Mazzei, & J.-N. Kim (Eds.), Routledge Handbook of Employee Communication and Organizational Processes. Routledge.
- Heide, M., & Simonsson C. (2018). Coworkership and engaged communicators: A critical reflection on employee engagement. In K. Johnston & M. Taylor (Eds.), Handbook of Communication Engagement. John Wiley & Sons.
- Redding, W.C. (1972). Communication within the organization: An interpretive view of theory and research. Industrial Communication Council.
- Salancik, G.R. (1977). Commitment is too easy!. Organizational Dynamics, 6(1), 62-80.
- Stohl, C., & Cheney, G. (2001). Participatory processes/paradoxical practices: Communication and the dilemmas of organizational democracy. Management Communication Quarterly, 14(3), 349-407.
- Calvino, I. (1983). Palomar. Torino: Einaudi.
- Bombelli, M. C., & Serrelli, E. (2021).
*Alessandra Mazzei è Professoressa di Comunicazione d’impresa presso l’Università IULM, dove è anche membro del Board delegato alla Terza Missione in qualità di Referente Imprese e ricerca. È Direttrice del Centre for Employee Relations and Communication (CERC) dell’Università IULM. I suoi principali interessi di ricerca includono la comunicazione d’impresa; la comunicazione interna e l’engagement dei collaboratori; la voce e il silenzio nelle organizzazioni; il whistleblowing; la gestione di diversità, equità e inclusione nelle organizzazioni; la comunicazione interna di crisi.
77 – continua
Copertina di Marcello Minghetti (Mosaico per Ariminum Circus Stagione 1)
Puntate precedenti
1 – DALLO HUMANISTIC AL POP MANAGEMENT
2 – MANIFESTI, ATLANTI, MAPPE E TERRITORI
3 – IL MANAGER PORTMANTEAU
4 – WHICH WAY, WHICH WAY?
5 – LEADERSHIP POP (LEZIONI SHAKESPEARIANE)
6 – OPINION PIECE DI RICCARDO MAGGIOLO
7 – LEADERSHIP POP (APERTURA, AUTONOMIA, AGIO, AUTO-ESPRESSIONE)
8 – OPINION PIECE DI JOSEPH SASSOON
9 – OPINION PIECE DI CESARE CATANIA
10 – OPINION PIECE DI VANNI CODELUPPI
11 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO GIAUME
12 – COLLABORAZIONE POP. L’IRRESISTIBILE ASCESA DELLE COMMUNITY INTERNE
13 – COLLABORAZIONE POP. L’EMPATIA SISTEMICA
14 – COLLABORAZIONE POP. LE COMMUNITY AZIENDALI: UNO STATO DELL’ARTE, PARTE PRIMA
15 – COLLABORAZIONE POP. LE COMMUNITY AZIENDALI: UNO STATO DELL’ARTE, PARTE SECONDA
16 – OPINION PIECE DI MATTEO LUSIANI
17 – OPINION PIECE DI MARCO MILONE
18 – OPINION PIECE DI ALESSIO MAZZUCCO
19 – OPINION PIECE DI ALESSANDRA STRANGES
20 – OPINION PIECE DI FRANCESCO VARANINI
21 – ORGANIZZAZIONE POP. COMANDO, CONTROLLO, PAURA, DISORIENTAMENTO
22 – OPINION PIECE DI ROBERTO VERONESI
23 – OPINION PIECE DI FRANCESCO GORI
24 – OPINION PIECE DI NELLO BARILE
25 – OPINION PIECE DI LUCA MONACO
26 – OPINION PIECE DI RICCARDO MILANESI
27 – OPINION PIECE DI LUCA CAVALLINI
28 – OPINION PIECE DI ROBERTA PROFETA
29 – UN PUNTO NAVE
30 – ORGANIZZAZIONE POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CURA)
31 – OPINION PIECE DI NICHOLAS NAPOLITANO
32 – LEADERSHIP POP. VERSO L’YPERMEDIA PLATIFIRM (CONTENT CURATION)
33 – OPINION PIECE DI FRANCESCO TONIOLO
34 – ORGANIZZAZIONE POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CONVIVIALITA’)
35 – OPINION PIECE DI LUANA ZANELLATO
36 – OPINION PIECE DI ANDREA BENEDETTI E ISABELLA PACIFICO
37 – OPINION PIECE DI STEFANO TROILO
38 – OPINION PIECE DI DAVIDE GENTA
39 – OPINION PIECE DI ANNAMARIA GALLO
40 – INNOVAZIONE POP. ARIMINUM CIRCUS: IL READING!
41 – ORGANIZZAZIONE POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CONVOCAZIONE)
42 – OPINION PIECE DI EDOARDO MORELLI
43 – ORGANIZZAZIONE POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CO-CREAZIONE DI VALORE)
44 – OPINION PIECE DI MARIANNA PORCARO
45 – OPINION PIECE DI DONATO IACOVONE
46 – OPINION PIECE DI DENNIS TONON
47 – OPINION PIECE DI LAURA FACCHIN
48 – OPINION PIECE DI CARLO CUOMO
49 – OPINION PIECE DI CARLO MARIA PICOGNA
50 – OPINION PIECE DI ROBERTO RAZETO
51 – OPINION PIECE DI ALBERTO CHIAPPONI
52 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO ANTONINI
53 – OPINION PIECE DI ALESSANDRA PILIA
54 – OPINION PIECE DI CLEMENTE PERRONE
55 – OPINION PIECE DI FABRIZIO RAUSO
56 – OPINION PIECE DI LORENZO TEDESCHI
57 – OPINION PIECE DI EUGENIO LANZETTA
58 – OPINION PIECE DI GIOLE GAMBARO
59 – OPINION PIECE DI DANTE LAUDISA
60 – OPINION PIECE DI GIAMPIERO MOIOLI
61 – OPINION PIECE DI GIOVANNI AMODEO
62 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO LOTTO
63 – OPINION PIECE DI GIANLUCA BOTTINI
65– OPINION PIECE DI SIMONE FARINELLI
66– OPINION PIECE DI FRANCESCA ANNALISA PETRELLA
67– OPINION PIECE DI VALERIO FLAVIO GHIZZONI
68– OPINION PIECE DI STEFANO MAGNI
69– OPINION PIECE DI LUCA LA BARBERA
70 – INNOVAZIONE POP. ARIMINUM CIRCUS: LA GRAPHIC NOVEL!
71 – LEADERSHIP POP. APOFATICA E CATAFATICA DELLA COMUNICAZIONE
72– OPINION PIECE DI FEDERICA CRUDELI
73– OPINION PIECE DI MELANIA TESTI
74– OPINION PIECE DI GIANMARCO GOVONI
75– OPINION PIECE DI MARIACHIARA TIRINZONI
76 – SENSEMAKING POP. LODE DELLA CATTIVA COSCIENZA DI SE’