La Pop Opinionist di oggi è Melania Testi, che così si definisce: «Sono un’umanista digitale. Da parecchio tempo mi occupo di comunicazione, progetti di innovazione organizzativa e trasformazione digitale, a “scavalco” tra IT e HR. Progetto contenuti e contenitori digitali assieme alle persone, con un’attenzione particolare al linguaggio».
Organizzazioni e persone secondo il Pop Management
Melania Testi
Organizzazioni come sistemi aperti e interconnessi
La sensazione di volatilità e di cambiamento continuo accompagna la nostra percezione della realtà da parecchio tempo; negli ultimi anni ha assunto una forza particolare, nella quotidianità fuori e dentro il lavoro. Dal 2020 una nuova normalità, entrata con forza e a pieno titolo all’interno delle nostre organizzazioni, ci fa vivere in contesti “beta-permanente”: l’introduzione di ogni innovazione la rende già obsoleta, ancora prima di iniziare a conoscerla e farla nostra. Tutto scorre veloce, molto veloce! Come ci ricorda Don Normann[1], la tecnologia è un potente motore di cambiamento: a volte soddisfa bisogni importanti, alle altre rende possibile il cambiamento che al tempo stesso è rapido (e, talvolta così tanto anticipatorio da fallire) e lento, perché è la cultura a cambiare lentamente. In un divenire di esperienze molteplici la velocità introdotta dal cambiamento ha superato di gran lunga la nostra capacità di tenere il passo e (forse) di comprenderlo[2]. E mentre una nuova tecnologia estremamente pervasiva (AI) arriva come una nuova rivoluzione, cerchiamo un modo per decodificare il contesto ed essere più pronti ad affrontarlo all’interno di organizzazioni nate nel secolo scorso e pensate per massimizzarne la loro efficacia, senza però essere progettate per le persone che le vivono[3].
Nei modelli organizzativi, così come in quelli sociali, politici e pedagogici, stiamo compiendo un graduale passaggio da labirinti gerarchici a labirinti diffusi, da strutture rigidamente canoniche a strutture decentrate […] dove ognuno si affanna a orientarsi e scegliere il percorso giusto per recuperare la misura della propria posizione nel mondo (Prolegomeni 4).
Il Pop Management e la Popsophia proposte da Marco Minghetti interpretano le organizzazioni come sistemi aperti e interconnessi dove creatività, empatia e innovazione sono gli elementi fondanti di un approccio che supera il tradizionale modello gerarchico per adottare una prospettiva collaborativa e adattabile.
Connettere e contestualizzare (L’esperienza delle persone)
Employee experience, digital employee experience, customer experience …Forse total experience? Il confine tra interno esterno è sempre più sottile. Il focus è sulle persone come punto di contatto tra l’interno e l’esterno dell’organizzazione, come parte del processo di generazione dei significati e come primi comunicatori e ambassador dell’organizzazione al di fuori del suo perimetro. Motivazione, orgoglio, senso di appartenenza: l’audience interna è sempre più coinvolta nel comprendere, dare senso e connettere le tante variabili di un sistema complesso che interconnette tra loro piano informativo, culturale e relazionale. È sempre più difficile stabilire chi sta dentro o fuori l’organizzazione […]. L’esperienza concreta, personale e condivisa è il cuore pulsante del Pop Management, che parte dal vissuto dei singoli per costruire organizzazioni autentiche e resilienti. Secondo lo Storytelling Pop[5], l’esperienza non solo crea significato per le persone, ma diventa anche una leva per trasformare il cambiamento in narrazione: dare significato è motivare le persone, lavorare sul senso di appartenenza, responsabilità, fiducia e sul benessere dell’organizzazione.
All’interno delle organizzazioni le persone cercano un posto dove appartenere, una storia a cui contribuire, non solo una busta paga a fine mese. Vogliono sentirsi parte di qualcosa di più ampio, qualcosa che dia valore al loro impegno quotidiano e che li spinga a dare il meglio di sé. Chi non comprende questa trasformazione rischia di rimanere indietro, superato dai tempi e incapace di attrarre talenti (Prolegomeni 67)[6]. Per questo, ogni organizzazione dovrebbe puntare sull’employer branding: la percezione positiva di un’organizzazione passa dal racconto che le sue persone fanno di essa.
Afferrare l’essenziale (La comunicazione)
Siamo immersi in una trasformazione costante e, così, dobbiamo interpretare il ruolo della comunicazione. La comunicazione aziendale è sempre più spesso rappresentata da prodotti ad alto livello di intrattenimento del pubblico, come film, documentari, cortometraggi, video per i social, web series, eventi in streaming e podcast – come indicato da Luca Monaco in Prolegomeni 25.
Non c’è un modello o uno strumento univoco, abbiamo tanti format che ci aiutano a dare la forma più adatta al messaggio in base al contesto comunicativo e ai suoi attori. Perché, se non siamo capaci di comprendere il nostro pubblico e di adattare ad esso il nostro modo di comunicare risulteremo autoreferenziali, poco autentici, ancor meno affidabili. E, soprattutto, per quanto attiene la sfera della comunicazione interna, avere informazioni sulla propria organizzazione da media esterni, prima che da quelli interni, comporta una mancanza di fiducia e un allontanamento da essa. È sulla fiducia[8] e sulla nostra capacità di spostare l’attenzione sulla competenza, la visione del futuro, l’impegno etico, la solidarietà, la tutela dell’ambiente, la sostenibilità e il valore che la nostra organizzazione produce, che la comunicazione, interna ed esterna, si gioca una partita importante: dobbiamo avere la consapevolezza e la capacità di pensare alla comunicazione in termini di iperoggetto, un oggetto enorme che travalica i confini dello spazio e del tempo, estendendosi all’infinito[9] (Prolegomeni 65).
Mettersi in ascolto, prima di comunicare, è un modo per diminuire la distanza tra interno ed esterno e per essere ascoltati. Questo semplice concetto mi pare ancora più significativo per le organizzazioni che, con l’introduzione dell’hybrid work, sono sempre più reti, nodi e relazioni tra persone. Abbiamo visto i mercati diventare conversazioni[10], abbiamo ripensato i nostri processi comunicativi (interni ed esterni) come dialogo attivo con le persone e costruito delle vere e proprie esperienze integrate: se l’azienda vuole ascoltare ed essere ascoltata dai propri stakeholders interni ed esterni, deve essere in grado di competere con tutto ciò che nel mondo contemporaneo assume le forme (i format) della Cultura Pop: un podcast, un videogioco, una serie tv, un reel. Ogni contenuto, strumento o processo aziendale che richieda un’attenzione diversa giunge da un’altra epoca e lo condanna definitivamente[11].
Veri e propri progetti editoriali utilizzano le forme ibride del giornalismo tradizionale, del marketing e delle pubbliche relazioni per raccontare storie, diffondere contenuti informativi che sottolineano il valore dell’organizzazione, per coinvolgere.
Chi l’ha detto che un documento lungo e noioso non possa avere una rappresentazione più semplice, diversa e accattivante? Che i contenuti di una procedura non possano avere una forma più pop, senza perdere la sostanza? Che la relazione sulla performance di un ente pubblico debba essere pubblicata solo come disposto dalla norma in una sezione del sito dedicata alla trasparenza amministrativa, senza una rappresentazione pop che renda semplice leggere i risultati raggiunti a tutte le persone che hanno contribuito? O ancora, che l’introduzione di una nuova tecnologia all’interno di un’organizzazione non possa passare attraverso una sfida interna – un hackathon – per mettersi alla prova e vedere in anteprima gli effetti del cambiamento in cui le persone sono le protagoniste della sfida e anche i pop-prosumer dei contenuti diffusi tra tutti?
La nostra capacità di rendere interessante, facile e piacevole un contenuto aiuta a rafforzare la fiducia delle persone nell’organizzazione e contribuisce all’allineamento allo scopo e ai valori. Abbracciare il Pop Management significa rompere gli schemi tradizionali, ascoltare le persone e perseverare nella ricerca di una comunicazione autentica e identitaria[12] (Prolegomeni 51).
Esperimenti pop, anche nella pubblica amministrazione
In questo pezzo ho scelto di parlare di organizzazioni e di persone. Ho utilizzato volutamente la parola organizzazioni perché penso che i principi del Pop management possano valere sia per un’azienda privata che per un ente pubblico. Mi domando, infatti, se oggi abbia davvero senso dividere tra interno ed esterno, online e offline, pubblico e privato. Se tutto gira intorno alla persona e alla sua esperienza, come possiamo pensare di frammentarla per tipologia di esperienza o di comunicazione? O che esistano comunicazioni diverse per organizzazioni diverse?
L’impatto è sempre su quelle persone che oggi vivono il digitale come estensione del fisico, e viceversa. Di queste persone, dati alla mano, sappiamo che un terzo degli adulti è in condizione di analfabetismo funzionale e che quasi la metà ha grosse difficoltà sul problem solving: questo, per il mondo complesso in cui viviamo, significa non riuscire a fronteggiare la rapidità del cambiamento e le sfide che caratterizzano il nostro tempo (transizione digitale ed energetica, invecchiamento demografico)[13]. Ridotte competenze per interagire e comprendere informazioni complesse in ambiti digitali portano all’esclusione dai processi politici, mettendo di fatto a rischio le moderne democrazie.[14]
Trovo che il Pop management possa fornire spunti e punti di vista diversi per continuare a garantire la partecipazione attiva delle persone, interne ed esterne ad un’organizzazione pubblica, a supporto dei principi della nostra Carta costituzionale e ricordando ad ogni civil servant il proprio scopo.
C’è un altro tema di riflessione che lascio aperto. Il Pop Management fonda la sua forza sull’esperienza, intesa come motore di motivazione intrinseca e collettiva. Analogamente, la Public Service Motivation si radica nell’impatto reale e tangibile che l’esperienza lavorativa all’interno di un’organizzazione pubblica può avere sulla sua comunità. Unendo questi approcci, si può costruire un modello organizzativo capace di generare valore condiviso e scopi significativi valido e adattabile ad ogni organizzazione
[1] D.Normann, La caffettiera del masochista
[2] U.Galimberti, Etica del viandante
[3] Scientific management vs Humanistic management, http://www.marcominghetti.com/humanistic-management/
[4] M. Minghetti, Le Aziende InVisibili | Prolegomeni al Manifesto del Pop Management 4 – Which way, which way?
[5] https://marcominghetti.nova100.ilsole24ore.com/category/storytelling-pop/
[6] Le Aziende InVisibili | Prolegomeni al Manifesto del Pop Management 67 – Engagement Pop. Opinion Piece di Valerio Flavio Ghizzoni
[7] Le Aziende InVisibili | Prolegomeni al Manifesto del Pop Management 25 – Storytelling Pop. Opinion Piece di Luca Monaco
[8] Edelman Trust Barometer
[9] Le Aziende InVisibili | Prolegomeni al Manifesto del Pop Management 65 – Storytelling Pop. Opinion Piece di Simone Farinelli
[10] Clutrain Manifesto, tesi 2 e Le Aziende InVisibili | Prolegomeni al Manifesto del Pop Management 43 – Organizzazione Pop. Verso l’Hypermedia Platfirm (Co-creazione di valore);
[11] Le Aziende InVisibili | Prolegomeni al Manifesto del Pop Management 1 – Dallo Humanistic al Pop Management
[12] Le Aziende InVisibili | Prolegomeni al Manifesto del Pop Management 51 – Storytelling Pop. Opinion Piece di Alberto Chiapponi
[13] https://www.ilsole24ore.com/art/in-italia-adulto-tre-ha-competenze-inadeguate-e-non-miglioriamo-rispetto-10-anni-fa-AG5hu8fB
[14] Alleyweek 12 dicembre 2024
73 – continua
Copertina di Marcello Minghetti (Mosaico per Ariminum Circus Stagione 1)
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