Immagine di Marcello Minghetti per Ariminum Circus Stagione 1

Prolegomeni al Manifesto del Pop Management 30 – Organizzazione Pop. Verso l’Hypermedia Platfirm (Cura)

Come sail away!

Riprendiamo la nostra navigazione verso le colonne d’Ercole del Pop Management assumendo di nuovo la “liquidità” già postmoderna del punto di vista sul mondo di Alice (cfr. Prolegomeni 21). Una caratteristica colta fin dagli anni Trenta da Walter de La Mare, che, rileggendo il capitolo 5 di Attraverso lo Specchio «porta come esempio la fluidità delle ripetute transizioni nell’Episodio Lana e acqua, in una “serena e seducente discontinuità”»[i]. Il poeta britannico sottolinea inoltre come quella in cui si muove Alice è la stessa liquidità eraclitea delle nuvole di Amleto (su cui ironizza Flaubert in un passaggio di Bouvard e Pécuchet[ii], i due sconclusionati rappresentanti dell’umana bêtise accumunati in Ariminum Circus Stagione 1 al Roc e al JubJub: «Il JubJub era il compagno di bevute del Roc fin da quando i due uccelli dalla testa umana avevano imparato a volare. Erano inseparabili: come Bouvard e Pécuchet, Stanlio e Ollio, Vladimiro ed Estragone, Jagger e Richards, Wile E. Coyote e Beep Beep. Gli ariminensi li chiamavano Muninn e Huginn – due modi fra i tanti per indicare la Memoria e il Pensiero nel gergo di Ariminum: Mnemosùne e Logos, Clio e Verbum, Storage e Thinking, Ricùrd e Pinsìr…»[iii]).

E, possiamo aggiungere, del Deckard de La Mente InVisibile[iv] in un passaggio che fa il verso a una celebre pagina di Citati: «Davanti al firmamento del cielo oscurato dalla potenza del sole si alzano in volo, ad intervalli irregolari, multicolori nugoli d’uccelli, pensieri lussuriosi della femminea atmosfera.  Ciascuno di questi, prima di gettarsi in picchiata nelle profondità della trasparenza talassica, a seminare il panico fra le ordinate schiere di pesci argentei, spirituali riflessi del maschio mare, ondeggia per qualche attimo in aria: compatta unità parmenidea. Poi quelle filosofiche creature proclamano la sostanziale duplicità di tutte le cose, l’essenziale mutabilità di tutte le figure: nella sua angelica caduta, ogni nugolo è un piatto di manna, King Kong, le Torri Gemelle, le macerie del Muro di Berlino, la tana del Coniglio Bianco nascosta in un Giardino segreto dove riposa un cammello, che ha il dorso di una donnola, e quella donnola è Moby Dick: che s’immerge, infine, con enormi spruzzi, negli oceanici silenzi della liquida informità primordiale. La molteplice unità della vita, sembrano voler dire, non è solo vigile realtà: è anche possibilità, attualità e virtualità: in un passaggio continuo, eracliteo, fra questi stati, che sono diversi l’uno dall’altro, eppure di una stessa onirica materia. Come a dar ragione a quel Sigismondo, prima principe di un’immaginaria Polonia che sogna di  aver vissuto prigioniero in una torre, ma dopo prigioniero che sogna di essere stato principe, e che, in un monologo, conclude: “Siamo in un mondo tanto strano che vivere è solo sognare; l’esperienza mi insegna: un uomo che vive sogna di essere quello che è, finché non si risveglia”»[v].

La Social Organization, fra Cultura Pop e populismo

Soprattutto dopo l’incubo pandemico anche i manager più resistenti al cambiamento si sono risvegliati in organizzazioni ormai diventate, consapevolmente o meno,  Social Organization – seguendo le vicende legate al caso Durov si evince che persino l’esercito russo lo è, almeno in certa misura, se è vero che il quotidiano russo Moskovsky Komsomolets si è chiesto: «Se Telegram chiude, come faremo a combattere?».

Per inciso, il crescente uso (lecito e illecito) dei social media a fini politici (poiché purtroppo resta sempre attuale il famoso adagio di Carl von Clausewitz secondo cui “la guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi”) ha una lunga storia. Se nel 2011 Facebook e Twitter hanno svolto un ruolo di primo piano nelle rivolte arabe, l’istituzionalizzazione dei social media data almeno dalla famosa campagna presidenziale di Obama del 2008, in cui  per la prima volta i media tradizionali come la televisione, la radio e la carta stampata sono stati eclissati dalle nuove tecnologie mediatiche e dal web. Peraltro, occorre  precisare che quella non era stata la prima campagna elettorale in cui si è fatto uso del web e delle tecnologie legate a Internet, ma la prima in cui i candidati li hanno utilizzati in modo attivo ed estensivo.

Una storia che giunge ai giorni nostri: mentre in queste ore emerge quanto piattaforme social come Telegram veicolano contenuti “politici” e criminali di vario genere e tipo, le recenti testimonianze del fondatore di Meta (Facebook) aiutano a capire come i governi esercitino abnormi pressioni sulle piattaforme. Mark Zuckerberg ha inviato una lettera a Jim Jordan, capo della commissione giudiziaria della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, dichiarando quanto segue: “Nel 2021, alti funzionari dell’amministrazione Biden, compresa la Casa Bianca, hanno ripetutamente sollecitato i nostri team per mesi affinché censurassero alcuni contenuti sul Covid-19, tra cui l’umorismo e la satira, e hanno espresso molta frustrazione nei confronti dei nostri team quando non eravamo d’accordo”. “Credo che le pressioni del governo fossero sbagliate e mi rammarico che non siamo stati più espliciti al riguardo. Penso anche che abbiamo fatto delle scelte che, con il senno di poi e con le nuove informazioni, oggi non faremmo” (cfr.: Caso Durov, perché quello che sta accadendo va oltre Telegram (vedi Facebook e il governo USA), di Luca La Mesa, Economy Up, 29 agosto 2024). Dunque, non solo il management è diventato Pop: lo sono diventate la politica, l’economia, la società. Tutti settori nei quali il lato oscuro del Pop, il populismo, con tutte sue le possibili derive omogeneizzati e totalitaristiche, tende ad avere la meglio sul potenziale solare della Pop Culture.

Ovvero, come ricordavo ancora in Prolegomeni 21, “quella Banalità del Bene già denunciata in Ariminum Circus Stagione 1: con ciò intendendo il cocktail abietto e fanatico di cancel culture, neopuritanesimi e militanze cieche che in nome dell’iperpolitically correct produce eco-vandalismi, abbattimenti di statue e monumenti, distruzione terroristica di grattacieli, neoluddismi di ogni tipo, processi a Walt Disney per questioni ridicole tipo «il bacio non consensuale di Biancaneve» e per il quale gli obesi, i bianchi, gli eterosessuali sono diventati i nuovi eretici da combattere. Come ho scritto, questo «cancro, che sta infiltrandosi  come una metastasi in tutti i gangli della società e quindi nell’organismo delle imprese, è il punto più basso e letale toccato da un nazional-populismo spacciato per Pop Culture». La denuncia senza paura di intimidazioni e minacce del clima di caccia alle streghe e agli stregoni che, strumentalizzando la giusta battaglia a favore dell’inclusione e della diversità (che sono l’esatto opposto dell’uguaglianza massificante che vorrebbero gli Scientific Manager), sta divenendo il manganello ideologico per eliminare qualsiasi sacca di pensiero critico nelle aziende e in generale nella società è a mio avviso oggi impellentemente necessaria – e mi sembrano ben pochi i coraggiosi disposti a sostenerla a viso aperto”. Questione caldissima: proprio oggi La Repubblica titola Editori contro la Florida: “Basta con i libri censurati”, riportando il caso del “gruppo di editori americani, guidato dai giganti Penguin, Hachette, HarperCollins e Simon & Schuster, che ha fatto causa al governo della Florida per aver messo al bando dalle biblioteche delle scuole pubbliche una serie di libri, e che libri: tra i titoli citati nella causa figurano Per chi suona la campana, del premio Nobel Ernest Hemingway; Io so perché canta l’uccello in gabbia, di Maya Angelou; il classico di Lev Tolstoj Anna Karenina; Mattatoio n. 5, romanzo di Kurt Vonnegut; e L’amore ai tempi del colera, del Nobel Gabriel García Márquez. Sono tra i libri che, secondo l’House Bill 1069, approvato l’anno scorso dai Repubblicani, vanno messi al “rogo” per i contenuti «non ritenuti adatti» a un pubblico di giovani lettori. Tra i temi scabrosi «descrizioni di contenuti sessuali» o «pornografici»”.

Ma torniamo a noi. Governi, partiti politici, organizzazioni criminali, Casa Bianca ed esercito russo a parte, le aziende in linea con la contemporaneità, ovvero quelle genuinamente Pop, oggi sono basate sull’Intelligenza Collaborativa diffusa. E Intelligenza Collaborativa. Verso la Social Organization è il titolo del saggio che già nel 2013 intendeva contribuire al superamento/integrazione di concetti ormai abusati come intelligenza collettiva intelligenza connettiva (con cui de Kerckhove ha adattato la definizione di Levy al contesto tecnologico delle reti, mirando alla connessione delle intelligenze quale approccio e incontro sinergico dei singoli soggetti per il raggiungimento di un obiettivo).

«L’Intelligenza Collaborativa evocata da Minghetti» ha detto Gino Roncaglia «abilita l’interazione consapevole nella produzione di  informazioni assai più ricche, articolate e strutturate, e dunque assai più complesse. Un esempio è quello della programmazione collaborativa resa possibile dall’uso di linguaggi e standard aperti; un altro è la costruzione di quello straordinario edificio enciclopedico e collaborativo che è Wikipedia. Anche in questo caso, la sua sempre maggiore complessità  e ricchezza potrà derivare dal lavoro di una collaborazione consapevole fra agenti umani, ma potrà anche molto probabilmente essere il risultato di un lavoro compiuto in tutto o in parte da Intelligenze Artificiali»[vi].

Il libro si articola in tre sezioni, anticipate da un’Introduzione ai concetti chiave del management 2.0 (successivamente ribattezzato x.0, a indicare che le desinenze 2.0, 3.0, 4.0, 5.0… non sono più sufficienti a definire un processo evolutivo in costante e rapidissima modificazione). Nella Prima vengono descritte le cinque fasi necessarie per realizzare la trasformazione organizzativa a livello strategico. Nella Seconda viene indicato come deve cambiare la funzione Risorse Umane per adeguare politiche e processi di gestione e sviluppo alle logiche del lavoro collaborativo. Nella Terza sono presentati i principi e valori chiave attorno ai quali edificare i nuovi comportamenti diffusi, le nuove competenze, i nuovi stili di leadership. Ogni capitolo è accompagnato dalla testimonianza di un manager. Fra questi meritano una citazione particolare David Bevilacqua, fra i primi a credere nel modello proposto come emerge sia dal suo contributo interno al volume, sia da una bella video-intervista disponibile su YouTube[vii], e Alessandro Camilleri, attuale Direttore HR Hera, anche lui da me video intervistato in occasione della presentazione del libro[viii].

Dall’insieme dei contributi emerge che, in opposizione al tradizionale flusso top-down della catena del valore, i principi fondanti della nuova economia social, che oggi rileggiamo in chiave di Economia Pop, sono cura, convivialità, convocazione e co-creazione di valore nate dalla collaborazione orizzontale, da attuare all’interno dell’azienda e al suo esterno, con e fra tutti gli stakeholder.

I valori della Pop Economy – Cura

La strada che consente di produrre creatività e innovazione è indicata da Platone nel Convivio: inizia con l’amore per la conoscenza  e conduce alla comprensione che nel prendersi cura risiede la primaria responsabilità manageriale. Il contesto drammatico del dialogo platonico in cui questo amore viene tematizzato è noto. Alcuni amici, durante il convito che dà il titolo all’opera, danno vita a una gara di eloquenza: vincerà chi saprà tessere l’elogio più bello di Eros. Fedro lo esalta come agente di aggregazione sociale: «i sentimenti che devono guidare per tutta la vita gli uomini destinati a vivere nel bene devono ispirarsi a Eros…. Se esistesse un mezzo per mettere insieme una città o un esercito fatti solo da amanti, essi si darebbero certamente il miglior governo che ci sia». In termini aziendali, questo significa individuare in relazioni interpersonali “erotiche” (Engagement[ix]) un fattore di integrazione molto più forte di qualsiasi sistema gerarchico di pianificazione e controllo, perché fondato non solo sulla fiducia, ma ancor più sull’attenzione verso e per l’amato: sulla relazione radicale e ineludibile con l’altro, che Aristofane evoca con il famoso mito dell’Ermafrodito[x].

Platone non si sarebbe quindi sorpreso del principale risultato di una ricerca Oracle svolta, ancora in periodo pre-pandemico (2015), su 1.511 dipendenti di grandi aziende: il 42% degli intervistati attribuisce ai colleghi il maggiore impatto positivo sul proprio livello di coinvolgimento; una percentuale ben più elevata di quanti lo attribuiscono ai propri manager diretti (21%) o ai manager della business unit di appartenenza (7%). Solo il 3% del campione afferma che è la funzione Risorse Umane a creare l’impatto più positivo per loro.[xi] Con gli attuali tassi di disengagement, messi in risalto da Riccardo Maggiolo nel suo Opinion Piece e più diffusamente in numerose altre occasioni (by the way, avete prenotato Lavorare è da boomer, il suo ultimo libro?) questi numeri appaiono ancora più significativi.

Duemilacinquecento anni dopo il Convivio, Martin Heidegger parte dalla rilettura di Platone. Per Heidegger l’uomo (l’esser-ci) ha come sua determinazione l’essere-nel-mondo, ovvero  la relazione con gli altri enti, quelli che in termini aziendalistici classici chiameremmo risorse tecniche, economiche e umane. E questa relazione costitutiva, in cui consiste propriamente la nostra umanità, si qualifica come un prendersi cura degli altri enti: uomini, ma anche animali, piante, oggetti e persino Intelligenze Artificiali[xii]. È questo il fondamento di un umanesimo Pop non antropocentrico, egocentrico e autoreferenziale, bensì noicentrico, in quanto ci qualifica come esseri umani a) dotati dell’empatia che «ci pone costantemente nella relazione, in un processo di riflessione dell’altro nel sé e del sé nell’altro, senza che questo cancelli la distinzione tra sé e altro; b) sensemakers (pensiamo all’umano che decora un utensile, non per uno scopo strumentale, ma per comunicare un significato»); c) capaci di assumerci consapevolmente la responsabilità del mondo in cui siamo immersi, avendone cura [xiii].

In particolare, possiamo prenderci cura degli altri esseri umani, dice Heidegger, in due modi: ponendoci al loro posto, sottraendo loro il proprio prendersi cura, quindi dominandoli e rendendoli dipendenti da noi; oppure aiutandoli nel loro prendersi cura, affinché divengano trasparenti a se stessi e liberi nella propria cura. Nel primo caso si avrà una coesistenza inautentica, nel secondo caso una autentica. Nella coesistenza inautentica, tutto si livella in un mondo impersonale, dove il chi si trasforma nel si: si dice, si fa, si giudica il comportamento degli altri per essere certi che nessuno si  distingua nella mediocrità generale. È il mondo del taylorismo, del management scientifico, del  mobbing, in cui la cura di chi detiene il potere pre-scrive la Verità, accumulando «principi infrangibili» (Wislawa Szymborska, Un amore felice, in Nulla due volte).

Siamo ben oltre il tanto esaltato “management della gentilezza” che appare all’osservatore disincantato quale mera deriva populista di un approccio genuinamente Pop. A meno che, non si traduca nella pratica concreta rivendicata da Stefano Canali in occasione del suo novantesimo compleanno: «Quando arriva la pandemia che chiude i negozi che abbiamo nel mondo, e nessuno si compra una bella giacca per stare in lockdown? Ecco, allora succede che noi manteniamo il 100% delle retribuzioni di tutti i nostri collaboratori, non solo per quanto riguarda la produzione qui in Italia ma anche nei negozi in giro per il mondo, e anche nei Paesi nei quali francamente sarebbe bastata una mail di una riga per operare tagli drastici. No, quello che facciamo noi ha un senso preciso. Si parla tanto di valori: noi, in famiglia, siamo cresciuti con il valore della gentilezza. Il nostro pubblico lo percepisce perché è una realtà»[xiv].

30 – continua

Copertina di Marcello Minghetti (Mosaico per Ariminum Circus Stagione 1)

 

[i] Fischer, cit. p. 13.

[ii] «Per indovinare il tempo, studiarono le nuvole in base alla classificazione Luke-Howard. Contemplavano quelle che s’allungano come una criniera, quelle che assomigliano ad isole, quelle che si scambierebbero per montagne di neve, tentando di distinguere i nembi dai cirri, gli strati dai cumuli; le forme cambiavano prima che avessero trovato i nomi. Il barometro li ingannò, il termometro non diceva nulla; e allora ricorsero all’espediente immaginato all’epoca di Luigi XV da un prete della Turenna. Una sanguisuga in un bicchiere doveva salire con la pioggia, tenersi in fondo col bello stabile, agitarsi alle minacce di temporale. Ma l’atmosfera, quasi sempre, smentì la sanguisuga. Ne misero altre tre insieme con la prima. Ciascuna delle quattro si comportò in modo diverso» Gustave Flaubert, Bouvard e Pécuchet in Tutti i romanzi, Newton Compton editore.

[iii] Ariminum Circus Stagione 1, cit., p. 20.

[iv] Di Marco Minghetti  & The Living Mutants Society (Limited Edition) ilmiolibro, 2011.

[v]  Ivi. p. 197.

[vi] Marco Minghetti, Se il libro è condiviso. NOVA100-Il Sole 24 Ore, 16 novembre 2020:  Roncaglia riprenderà e svilupperà queste riflessione in L’architetto e l’oracolo (Laterza, 2023), dove concentra la sua attenzione sull’organizzazione di alcuni prodotti più recenti dell’intelligenza umana e cioè le enciclopedie digitali, il web semantico, l’Intelligenza Artificiale Generativa, la conservazione digitale delle memorie individuali e collettive.

[vii] Cfr.: youtu.be/pJjRalwvbvI?si=lEBgv6t5wb_PDqUP.

[viii] https://youtu.be/HZW8Q-WqJ6Q?si=ixibF3eC0j6LgBCX.

[ix] Marco Minghetti, 10 insights che ogni AD deve conoscere sull’engagement dei collaboratori, più 1, NOVA100-Il Sole 24  Giugno 2018.

[x] Marco Minghetti, L’erotismo aziendale, Persone & Conoscenze n. 4 (settembre 2004).

[xi] Marco Minghetti, L’#engagement? Merito dei colleghi, NOVA100,  23 Settembre 2015.

[xii] «Se l’umano è soglia e il varco è linea, tornare a interrogarsi sulla nostra liminalità, sul nostro essere soglia di conoscenza, esperienza e intelligenza del mondo è uno dei compiti esistenziali della filosofia. The Line è il titolo del libro di James Boyle che ha come sottotitolo “AI and the Future of Personhood”. Dentro una tradizione di pensiero giuridico in crescita su questi temi sui nostri orizzonti, il libro riflette e discute dell’impatto di tecnologie e ingegnerie sulla categoria di <persona giuridica> e sulle sue trasformazioni in corso oltre l’umano (dalle corporation finanziarie alle creature bioingegnerizzate alle macchine a capacità computazionali crescenti)». Accoto: https://www.linkedin.com/posts/activity-7210211378924572674-aA8K

[xiii] Marco Rovelli, Che cosa significa essere umani? Doppiozero, 30 Maggio 2024.

[xiv] 90 anni, tre generazioni «Il nostro valore è la gentilezza», Corriere della Sera, 1° giugno 2024.

[xv] Il personigramma è stato proposto nel 1996 da Piero Trupia, come alternativa “umanistica” all’organigramma, con un cambiamento di paradigma dall’impresa come insieme di organi all’impresa come insieme di persone, fino ad insiemi di persone che possono perfino andare oltre le organizzazioni stesse.

[xvi] Mondo vitale: Cfr: http://www.marcominghetti.com/humanistic-management/le-parole-chiave-dello-humanistic-management/mondo-vitale/.

[xvii] Cfr.: https://www.brunellocucinelli.com/it/humanistic-capitalism-and-human-sustainability.html.

[xviii] Cfr.: Marco Minghetti, Magis: innovazione etica e poetica, 3 agosto 2015, NOVA100 .

[xix] Cfr.: Marco Minghetti, Foscarini: l’innovazione come serendipity creativa, 16 Ottobre 2015, NOVA100

[xx] Cfr: https://marcominghetti.nova100.ilsole24ore.com/category/genius-loci-e-sregolatezza/.

 

Puntate precedenti

1 – DALLO HUMANISTIC AL POP MANAGEMENT
2 – MANIFESTI, ATLANTI, MAPPE E TERRITORI
3 – IL MANAGER PORTMANTEAU
4 – WHICH WAY, WHICH WAY?
5 – LEADERSHIP POP (LEZIONI SHAKESPEARIANE)
6 – OPINION PIECE DI RICCARDO MAGGIOLO
7 – LEADERSHIP POP (APERTURA, AUTONOMIA, AGIO, AUTO-ESPRESSIONE)
8 – OPINION PIECE DI JOSEPH SASSOON
9 – OPINION PIECE DI CESARE CATANIA
10 – OPINION PIECE DI VANNI CODELUPPI
11 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO GIAUME
12 – COLLABORAZIONE POP. L’IRRESISTIBILE ASCESA DELLE COMMUNITY INTERNE
13 – COLLABORAZIONE POP. L’EMPATIA SISTEMICA
14 – COLLABORAZIONE POP. LE COMMUNITY AZIENDALI: UNO STATO DELL’ARTE, PARTE PRIMA
15 – COLLABORAZIONE POP. LE COMMUNITY AZIENDALI: UNO STATO DELL’ARTE, PARTE SECONDA
16 – OPINION PIECE DI MATTEO LUSIANI
17 – OPINION PIECE DI MARCO MILONE
18 – OPINION PIECE DI ALESSIO MAZZUCCO
19 – OPINION PIECE DI ALESSANDRA STRANGES
20 – OPINION PIECE DI FRANCESCO VARANINI
21 – ORGANIZZAZIONE  POP. COMANDO, CONTROLLO, PAURA, DISORIENTAMENTO
22 – OPINION PIECE DI ROBERTO VERONESI
23 – OPINION PIECE DI FRANCESCO GORI
24 – OPINION PIECE DI NELLO BARILE
25 – OPINION PIECE DI LUCA MONACO
26 – OPINION PIECE DI RICCARDO MILANESI
27 – OPINION PIECE DI LUCA CAVALLINI
28 – OPINION PIECE DI ROBERTA PROFETA
29 – UN PUNTO NAVE