Immagine di Marcello Minghetti per Ariminum Circus Stagione 1

Prolegomeni al Manifesto del Pop Management 37 – Storytelling Pop. Opinion Piece di Stefano Troilo

Stefano Troilo: speaker e libero professionista della comunicazione da oltre 20 anni, ha vissuto la transizione dall’analogico al digitale, dalla carta al web, occupandosi di progetti editoriali e di comunicazione aziendale. Continuando nel frattempo a prestare la voce per programmi radiofonici, podcast e produzioni audiovisive.

 Un approccio Pop per coinvolgere e restare in target

STEFANO TROILO

Pop-factors

La musica e la comunicazione hanno una caratteristica fondamentale in comune: l’essere intrinseche alla natura umana. Fin dai tempi antichi, l’uomo ha utilizzato segni e suoni dapprima rudimentali e via via più raffinati per comunicare e condividere con la propria comunità non solo informazioni, ma anche emozioni e stati d’animo. Dal tamburo di tribale retaggio alle drum machine attuali, la loro funzione di fondo è la stessa. Tralasciando l’evoluzione storica, ci focalizziamo su alcune analogie e correlazioni tra la musica Pop e la comunicazione aziendale.

Tutti ascoltiamo diversi generi musicali, dalla classica al jazz, dal rock alla dance, come anche musica comunemente definita Pop-rock, Pop-dance e così via. Dunque, cosa rende un brano “Pop” nella sua accezione più comune rispetto a uno dei succitati generi allo stato puro? Un aspetto fondamentale è la contemporaneità. Un brano è ascrivibile alla categoria del Pop quando è composto ed eseguito con logiche, metriche e strumenti attuali, ha una durata contenuta (mediamente tre minuti e mezzo) e conduce rapidamente a un ritornello facile da ricordare. L’altro aspetto cruciale è il coinvolgimento emotivo: un brano diventa Pop quando tocca le corde emotive di un vasto pubblico o di un preciso ma altrettanto ampio target d’età, raccontando storie d’amore o di vita vissuta nelle quali identificarsi facilmente.

Cosa c’entra tutto questo con la comunicazione aziendale?

Leggiamo nei Prolegomeni al Manifesto del Pop Management 25 che, con la standardizzazione della produzione e la massificazione dei mercati, le aziende hanno cominciato a indirizzare i loro messaggi a una moltitudine indifferenziata di consumatori che spesso non erano interessati a riceverli. Per riuscire a raggiungere così tanti individui, andando oltre le preferenze del singolo, la chiave di lettura non può essere che quella di una comunicazione “Pop”, come appunto certi brani da hit parade.

Ma quando la comunicazione aziendale è Pop?

Semplificando al massimo, lo è quando ci si rivolge a un pubblico ampio – per promuovere prodotti e servizi, ovviamente – ma attraverso una storia che, come quella delle canzoni, sia connotata di modernità e di coinvolgimento emotivo. Per toccare le corde del target, dovrà collocare il prodotto o il servizio al centro di una narrazione in cui il consumatore possa riconoscersi senza sforzo. Dunque, sarà qualcosa di relativamente breve, dai 5’’ degli spot web al minuto degli “spot kolossal” che fanno fortemente leva sull’emozionalità dello storytelling. In ogni caso, la storia da raccontare sarà contemporanea, oppure riconducibile al vissuto del pubblico-target. Si spiega così anche il successo di alcuni spot di ambientazione vintage, dagli anni ’60 ai ’90: il pubblico associa queste decadi alla propria gioventù e a una vita che appariva più semplice. In questo modo si cattura l’attenzione e si induce all’azione nei confronti del brand (acquistare il prodotto o cercare più informazioni) attivando il sistema limbico prima della neocorteccia.

Un esempio ante-social

Quando tutti questi elementi coincidono, accadono una o più cose. Può nascere un tormentone dallo slogan, che rimane sulla bocca di tutti, anche di chi non compra il prodotto pubblicizzato. Oppure, la colonna sonora di quello spot può diventare virale, spingendo o rivitalizzando le vendite (oggi parliamo di streaming) della stessa canzone, che può essere anche datata, ma grazie allo spot recupera una dimensione “Pop” e resiste al tempo che passa. Per illustrare meglio il concetto, restando volutamente al di fuori dell’epoca dei social, possiamo considerare il successo della campagna Swatch del 1996. Lo spot, abbinato a una colonna sonora azzeccata, ebbe una formidabile cassa di risonanza e determinò una ricaduta positiva anche sulle vendite dell’album di Midge Ure, uscito due anni prima, contenente il brano Breathe e che beneficiò di un massiccio airplay radiofonico.

Le campagne social

Per far giungere la propria voce al mercato e ai propri interlocutori, interni ed esterni, un’azienda deve saper competere con tutto ciò che nel mondo contemporaneo assume le forme e i format della cultura Pop, come podcast, video, reel, storie su Instagram e TikTok.

In continuità con questo concetto, esposto nei Prolegomeni al Manifesto del Pop Management 19, è evidente che nelle attuali campagne social, l’elemento Pop si confermi forte quando include elementi che rispecchiano la vita quotidiana del pubblico target e le sue aspirazioni. Non sono pochi i brand che hanno costruito racconti incentrati su situazioni o desideri comuni, come il tempo trascorso con la famiglia o il raggiungimento di un traguardo personale, mettendoli in stretta relazione con i valori promossi dal brand stesso. La storia della pesca dell’Esselunga, ad esempio, apre uno spaccato sulla quotidianità di molte famiglie e tocca delle corde particolarmente profonde, poiché i protagonisti sono due genitori separati e la loro bambina. Tutto ciò ha determinato un notevole engagement, a causa della possibilità per molti di rispecchiarsi in questo racconto.

Variazioni al tema Pop

Tutta la comunicazione aziendale può essere declinata in chiave strettamente Pop? Non esattamente. Come il panorama musicale è vasto e stratificato, così in questo ambito la dieta comunicativa deve essere equilibrata e variegata. Restando nel perimetro della comunicazione strettamente corporate, dati e fatti devono essere presentati in modo formale, alla stregua di una sinfonia di Beethoven, dove lo stile asciutto prevale sulla ricerca dell’effetto-wow tipico del Pop. Parlare di fatturati e acquisizioni in modo “Pop” sarebbe quantomeno scivoloso. D’altronde, la comunicazione Pop può essere nutrita attraverso una sapiente contaminazione con altri linguaggi assimilabili ad altrettanti generi musicali.

Jazz e real time marketing

Una band che suona jazz, ad esempio, porta l’ascoltatore su strade nuove e inedite attraverso le sue tipiche improvvisazioni. Queste deviazioni dal noto e dal già sentito si basano comunque sull’intesa tra i musicisti, che perseguono un unico scopo e valorizzano l’esecuzione della composizione stessa. Traslando il ragionamento sul piano aziendale, un approccio Pop-jazz è utile per rendere originale la dimensione comunicativa “Pop” di un brand se insorgono segni di stanchezza, così come nella gestione di situazioni inattese o contingenti. Un fatto di cronaca bianca o un evento sportivo clamoroso che guadagna l’attenzione dei media possono ispirare delle campagne di real-time marketing. Emblematica a tal proposito è l’immagine di una panchina vuota che la svedese Ikea lanciò sui propri social a seguito dell’eliminazione della Nazionale dai playoff per la qualificazione ai mondiali 2018, proprio per mano della squadra di Andersson. In casi simili occorrono capacità di improvvisazione, di agire fuori dagli schemi, di cavalcare l’onda riuscendo comunque a riportare il focus nell’alveo dei valori e del tono di voce del brand. Oppure, per dirla con il Conte Mascetti, “con fantasia, intuizione, colpo d’occhio e velocità d’esecuzione”.

 Concludendo

Come ben evidenziato nei Prolegomeni al Manifesto del Pop Management 27 da Luca Cavallini, valorizzare la differenza e l’unicità del brand apre scenari per definire “cosa” la rende distintiva. Allo stesso modo, qualsiasi azienda può adottare uno stile di comunicazione “Pop” sviluppando un approccio proprio, originale e transmediale (vedi ancora i Prolegomeni al Manifesto del Pop Management 25) che includa diversi elementi, nell’ottica di conferire solide basi alla dimensione Pop stessa.

In altri termini, “Pop” non significa seguire pedissequamente le tendenze, bensì saperle riconoscere, gestire e personalizzarle, anche ricorrendo alla contaminazione con linguaggi diversi. Questo pone i presupposti per la costruzione di una relazione duratura e significativa con il pubblico, valorizzando allo stesso tempo l’unicità e i valori del brand.

37 – continua

Copertina di Marcello Minghetti (Mosaico per Ariminum Circus Stagione 1)

 

Puntate precedenti

1 – DALLO HUMANISTIC AL POP MANAGEMENT
2 – MANIFESTI, ATLANTI, MAPPE E TERRITORI
3 – IL MANAGER PORTMANTEAU
4 – WHICH WAY, WHICH WAY?
5 – LEADERSHIP POP (LEZIONI SHAKESPEARIANE)
6 – OPINION PIECE DI RICCARDO MAGGIOLO
7 – LEADERSHIP POP (APERTURA, AUTONOMIA, AGIO, AUTO-ESPRESSIONE)
8 – OPINION PIECE DI JOSEPH SASSOON
9 – OPINION PIECE DI CESARE CATANIA
10 – OPINION PIECE DI VANNI CODELUPPI
11 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO GIAUME
12 – COLLABORAZIONE POP. L’IRRESISTIBILE ASCESA DELLE COMMUNITY INTERNE
13 – COLLABORAZIONE POP. L’EMPATIA SISTEMICA
14 – COLLABORAZIONE POP. LE COMMUNITY AZIENDALI: UNO STATO DELL’ARTE, PARTE PRIMA
15 – COLLABORAZIONE POP. LE COMMUNITY AZIENDALI: UNO STATO DELL’ARTE, PARTE SECONDA
16 – OPINION PIECE DI MATTEO LUSIANI
17 – OPINION PIECE DI MARCO MILONE
18 – OPINION PIECE DI ALESSIO MAZZUCCO
19 – OPINION PIECE DI ALESSANDRA STRANGES
20 – OPINION PIECE DI FRANCESCO VARANINI
21 – ORGANIZZAZIONE  POP. COMANDO, CONTROLLO, PAURA, DISORIENTAMENTO
22 – OPINION PIECE DI ROBERTO VERONESI
23 – OPINION PIECE DI FRANCESCO GORI
24 – OPINION PIECE DI NELLO BARILE
25 – OPINION PIECE DI LUCA MONACO
26 – OPINION PIECE DI RICCARDO MILANESI
27 – OPINION PIECE DI LUCA CAVALLINI
28 – OPINION PIECE DI ROBERTA PROFETA
29 – UN PUNTO NAVE
30 – ORGANIZZAZIONE  POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CURA)
31 – OPINION PIECE DI NICHOLAS NAPOLITANO
32 – LEADERSHIP POP. VERSO L’YPERMEDIA PLATIFIRM (CONTENT CURATION)
33 – OPINION PIECE DI FRANCESCO TONIOLO
34 – ORGANIZZAZIONE  POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CONVIVIALITA’)
35 – OPINION PIECE DI LUANA ZANELLATO
36 – OPINION PIECE DI ANDREA BENEDETTI E ISABELLA PACIFICO