Immagine di Marcello Minghetti per Ariminum Circus Stagione 1

Prolegomeni al Manifesto del Pop Management 39 – Engagement Pop. Opinion Piece di Annamaria Gallo

La Pop Opinionist di turno è Annamaria Gallo: appassionata di legal banking e specializzata soprattutto in antiriciclaggio, settore in cui opera da diversi anni. Si definisce “viaggiatrice inesausta e curiosa del mondo e del linguaggio”: in questa sede propone alcune riflessioni  appunto sul linguaggio, un tema al cuore del Pop Management, che la celebre scena di Palombella Rossa, nota come “Le parole sono importanti”, rappresenta perfettamente.

 

Credo inoltre possa costituire un utile viatico alle proposte di Annamaria la ripresa di alcune dichiarazioni rilasciate a Repubblica qualche giorno fa dallo psicoanalista Vittorio Lingiardi.

Professore, iniziamo allora da una domanda forse banale: è giusto che tutto sia “politicamente corretto”, dai gusti letterari al modo di parlare o vestirsi o scrivere?

«”Politicamente corretto” è una formula. Molti la detestano: i conservatori la vivono come un obbligo a sposare vite e idee che disapprovano, molti progressisti la considerano una limitazione ipocrita alle libertà del linguaggio. Chi la ama sono di solito le persone che da questa formula si sentono tutelate. Già questo fa riflettere. Affrontare il tema da una logica “pro o contro” è riduttivo, corriamo il rischio di vedere il dito e non la luna, che del “politicamente corretto” è invece la parte che mi interessa: cercare e promuovere espressioni e atteggiamenti capaci di riconoscere e rispettare le anime diverse di una comunità complessa«.

Quindi come riformulerebbe il dibattito?

«I temi più discussi sono due: linguaggio inclusivo e cancel culture.

Nel primo caso, se posso parlare senza svalutare altre soggettività, non vedo cosa ci sia da sbuffare. Quanto alla cancel culture, censurare opere del passato è pura ignoranza. Censurare Don Giovanni per misoginia o il Maometto dantesco per islamofobia è una stupidità. Occorre immaginazione narrativa, dialogo con la memoria e contestualizzazione. Un esempio: amo Via col vento e proprio da lì posso partire per conoscere il percorso culturale e politico che in America ha consentito di passare dal termine “negro” a quello di “persona afroamericana”. Questo è guardare la luna».

La destra vede nella mentalità woke un simbolo di decadenza dell’Occidente, una battaglia culturale radical chic, salottiera.

«Ci andrei piano. Per alcuni anche i temi del clima e dell’ecologia sono salottieri. Penso invece che genere, etnie, diritti, ecologia (e ogni intersezionalità) siano temi fondamentali della sinistra. Ma possono esserlo anche di una destra illuminata. Non si può fare politica ignorando la complessità e le soggettività. Non dovrebbero essere battaglie solo intellettuali, ma anche “concrete”: non sono soprattutto le popolazioni più povere a patire il climate change? Forse la politica non ha trovato il modo di rendere “reale” la complessità, anche perché il suo dialogo storico con figure intellettuali e del mondo accademico si è allentato».

 

QUALE LINGUAGGIO INCLUSIVO PER I MANAGER POP?

ANNAMARIA GALLO

  1. Introduzione al linguaggio inclusivo

Il linguaggio inclusivo rappresenta una delle evoluzioni più significative nella comunicazione moderna, riflettendo un crescente impegno verso l’uguaglianza e il rispetto di tutte le persone, indipendentemente dal genere, dall’etnia, dall’orientamento sessuale o da altre caratteristiche personali. Il termine si riferisce all’uso di parole e strutture linguistiche che non escludono, discriminano o denigrano alcun gruppo sociale.

Negli ultimi decenni, l’importanza del linguaggio inclusivo è emersa in risposta a una società sempre più consapevole delle disuguaglianze esistenti e della necessità di promuovere un dialogo rispettoso e rappresentativo. Le parole hanno un potere enorme: possono plasmare il pensiero, influenzare comportamenti e perpetuare stereotipi. Utilizzando termini e frasi che riconoscono e valorizzano la diversità, si può contribuire a creare una cultura aziendale più aperta e accogliente per tutti. Per questo motivo, il linguaggio inclusivo non è solo una questione di correttezza politica, ma un elemento cruciale per la costruzione di una società equa.

Gli obiettivi principali del linguaggio inclusivo sono molteplici: promuovere l’uguaglianza di genere, riconoscere e rispettare la diversità culturale e assicurare che ogni individuo sia rappresentato in modo equo e rispettoso. Questo approccio si riflette in una serie di pratiche che mirano a evitare l’uso di termini discriminatori e a includere espressioni che riconoscano l’identità e l’esperienza di tutte le persone.

Nel contesto lavorativo, l’adozione di un linguaggio inclusivo è diventata sempre più importante per creare ambienti di lavoro equi e rispettosi.

  1. Aspetti teorici e pratici

Il linguaggio inclusivo si basa su alcuni principi fondamentali. Tra questi, la neutralità di genere è uno dei più discussi. L’italiano, come molte altre lingue, ha un sistema binario di genere che spesso esclude o rende invisibili coloro che non si identificano in modo netto come maschi o femmine. Utilizzare forme linguistiche neutre o alternative che non escludano nessuno è una delle principali strategie del linguaggio inclusivo.

Un altro aspetto cruciale è la diversità culturale. Il linguaggio inclusivo deve tener conto delle varie culture e tradizioni, evitando di imporre norme linguistiche che possano risultare oppressive o etnocentriche. Questo significa, ad esempio, rispettare le forme di espressione proprie di determinate comunità e promuovere un dialogo interculturale.

L’inclusione, inoltre, delle persone con disabilità è un altro pilastro del linguaggio inclusivo. Questo si traduce nell’evitare termini che riducono l’individuo alla sua condizione e nel privilegiare un linguaggio che metta in primo piano la persona, anziché la disabilità.

  1. Linguaggio inclusivo nei media, nell’istruzione, nell’ambito lavorativo

I media hanno un ruolo centrale nella diffusione del linguaggio inclusivo. Come rappresentato in Sensemaking Pop. Opinion Piece di Vanni Codeluppi, hanno la capacità di modificare profondamente la struttura e l’identità della società. Attraverso film, serie televisive, giornalismo e social media, viene plasmata l’opinione pubblica e vengono stabiliti standard di comunicazione che possono o meno promuovere l’inclusività. Un linguaggio che rispetti e rifletta la diversità della società è essenziale per combattere gli stereotipi e promuovere una visione più equa e rispettosa di tutti i gruppi sociali. La narrazione è uno strumento potente per costruire senso e significato.

Ulteriore elemento da non sottovalutare nell’ambito dei media è l’impatto significativo che l’IA ha nell’influenzare e modellare il “pensiero comune”; l’IA non è neutra per cui è auspicabile un utilizzo eticamente Pop dell’IA.

L’istruzione è un altro ambito fondamentale per la promozione del linguaggio inclusivo. Introdurre nelle scuole e nelle università un’educazione al rispetto delle differenze e all’uso di un linguaggio che non escluda nessuno è un passo cruciale verso la formazione di cittadini consapevoli e responsabili. Educare le nuove generazioni all’inclusività linguistica significa non solo promuovere il rispetto reciproco, ma anche prepararle a vivere e lavorare in una società sempre più diversificata.

L’adozione di un linguaggio inclusivo nel mondo del lavoro è fondamentale per diversi motivi:

  1. a) Promuove il rispetto e la dignità: utilizzare un linguaggio che riconosce e rispetta tutte le identità e background contribuisce a creare un ambiente di lavoro in cui ogni individuo si sente valorizzato.
  2. b) Migliora la comunicazione: un linguaggio inclusivo può ridurre i malintesi e migliorare la chiarezza nella comunicazione tra il personale interno. Le aziende che adottano un linguaggio inclusivo sono, inoltre, percepite positivamente da clienti e partner commerciali
  3. c) Aumenta la produttività: quando il personale si sente rispettato e incluso, è più propenso ad essere motivato e produttivo. Un ambiente di lavoro inclusivo può, inoltre, stimolare la creatività e l’innovazione, portando a nuove idee e soluzioni.
  4. d) Attrae e trattiene i talenti: le aziende che adottano un linguaggio inclusivo sono più attraenti per i potenziali candidati e hanno maggiori probabilità di trattenere il personale di talento.
  5. e) Riflette i valori aziendali: l’uso di un linguaggio inclusivo dimostra l’impegno di un’azienda verso la diversità e l’inclusione.

In ambito lavorativo ciò deve tradursi non solo in e-mail e documenti che rispecchino il linguaggio inclusivo, ma soprattutto in comportamenti agiti da tutti.

L’uso del linguaggio inclusivo può influenzare positivamente la percezione sociale delle diversità. Ad esempio, un linguaggio che rispetti le identità di genere e le diversità culturali può contribuire a creare ambienti più inclusivi, dove ogni persona si senta valorizzata e rispettata. È fondamentale valorizzare qualità, risposte, competenze uniche ed irripetibili di ciascuno che sappia promuovere il senso di appartenenza.

Sia ben chiaro, l’adozione del linguaggio inclusivo non deve essere un’operazione di maquillage. Il linguaggio – al pari dell’intelligenza collaborativa – «valorizza l’esperienza e la specificità individuale», accogliere realmente e non discriminare le eterogeneità. Il linguaggio inclusivo non è censura ma ascolto, dialogo. Non basta il mero rispetto del “politicamente corretto” per essere inclusivi così come non basta l’ostracismo mediale di un termine o di un personaggio; serve un linguaggio collettivo, dinamico, agile, ampio con una grammatica e una sintassi che riconoscano e abbraccino la complessità identitaria dell’essere umano diventando il veicolo per la costruzione di una cultura solidale e rispettosa dell’eterogeneità; serve una concreta “convivenza delle differenze”, servono soluzioni linguistiche che tengano conto delle tante sensibilità diverse. L’inclusione passa per la valorizzazione di tutte le eterogeneità, non per la cancellazione, così come non si può avere un solo leader di riferimento, ma oggi è necessario «una leadership diffusa a vari livelli in grado di navigare in acque agitate senza dover sempre attendere le decisioni del “capo

Non basta, quindi, solo un asterisco per essere inclusivi. Soprattutto in ambito lavorativo, non basta emanare linee guida aziendali piene di “interdizioni linguistiche” se poi ad un tavolo di lavoro gli uomini sono chiamati dottori e le donne signora o signorina, sebbene preceduto dall’aggettivo gentilissima. Regole di questo tipo sono del tutto inefficaci e controproducenti oltre che avvilenti e sminuenti.

  1. Sfide e critiche

Nonostante i progressi, l’adozione del linguaggio inclusivo non è priva di sfide. Esistono resistenze, spesso basate su motivazioni culturali, politiche o persino linguistiche. Alcuni ritengono che l’adozione di nuove forme linguistiche possa risultare forzata o artificiosa, e che le regole grammaticali tradizionali debbano essere preservate. Inoltre, c’è chi vede nel linguaggio inclusivo una forma di imposizione politica, percependo il cambiamento come una minaccia alle tradizioni linguistiche.

Tuttavia, è importante affrontare queste critiche con argomentazioni solide. Il linguaggio evolve costantemente e l’introduzione di termini e forme inclusivi è parte di questo processo naturale. Le parole riflettono e influenzano il pensiero e, di conseguenza, modificare il linguaggio è un passo necessario per promuovere una società più giusta.

Il futuro del linguaggio inclusivo appare in continua evoluzione. Con l’aumento della consapevolezza sociale e della sensibilità verso le diversità, è probabile che vedremo un’ulteriore diffusione e accettazione di queste pratiche linguistiche. I dibattiti continueranno, ma l’inclusività rimarrà un tema centrale nella costruzione di una società equa.

Per implementare efficacemente un linguaggio inclusivo nel contesto lavorativo, si possono adottare diverse strategie:

  1. a) Formazione del personale: organizzare workshop e corsi di formazione per sensibilizzare il personale sull’importanza del linguaggio inclusivo e fornire strumenti pratici per adottarlo.
  2. b) Revisione dei documenti aziendali: esaminare e aggiornare tutti i documenti ufficiali, come politiche aziendali, descrizioni delle posizioni lavorative e materiali di marketing, per assicurarsi che utilizzino un linguaggio inclusivo e accertarsi soprattutto che la nuova visione venga concretamente vissuta nei comportamenti dal topo management a scendere.
  3. c) Promozione di pronomi neutri: incoraggiare l’uso di pronomi neutri o chiedere alle persone quali pronomi preferiscono, rispettando le loro scelte.
  4. d) Evitare stereotipi e generalizzazioni: essere consapevoli e evitare l’uso di stereotipi di genere, etnici o culturali nel linguaggio quotidiano e nelle comunicazioni aziendali.
  5. e) Utilizzare un linguaggio accessibile: assicurarsi che le comunicazioni siano comprensibili a tutti, evitando gergo non necessario o termini potenzialmente escludenti.

Conclusione

Il linguaggio inclusivo non è una moda passeggera, ma una necessità sociale. Attraverso l’adozione di un ecosistema linguistico che rispetti e valorizzi diversi background e competenze, possiamo contribuire a costruire una società più giusta e inclusiva. Le parole hanno il potere di unire o dividere e scegliere consapevolmente di utilizzare un linguaggio inclusivo significa optare per un mondo in cui ogni persona si senta riconosciuta e rispettata.

In conclusione, l’adozione di un linguaggio inclusivo nel mondo del lavoro è un passo fondamentale verso la creazione di ambienti lavorativi più equi, rispettosi e produttivi. Nonostante le sfide iniziali, i benefici a lungo termine per il personale, l’azienda e la società nel suo complesso rendono questo impegno non solo eticamente corretto, ma anche strategicamente vantaggioso.

39 – continua

Copertina di Marcello Minghetti (Mosaico per Ariminum Circus Stagione 1)

 

Puntate precedenti

1 – DALLO HUMANISTIC AL POP MANAGEMENT
2 – MANIFESTI, ATLANTI, MAPPE E TERRITORI
3 – IL MANAGER PORTMANTEAU
4 – WHICH WAY, WHICH WAY?
5 – LEADERSHIP POP (LEZIONI SHAKESPEARIANE)
6 – OPINION PIECE DI RICCARDO MAGGIOLO
7 – LEADERSHIP POP (APERTURA, AUTONOMIA, AGIO, AUTO-ESPRESSIONE)
8 – OPINION PIECE DI JOSEPH SASSOON
9 – OPINION PIECE DI CESARE CATANIA
10 – OPINION PIECE DI VANNI CODELUPPI
11 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO GIAUME
12 – COLLABORAZIONE POP. L’IRRESISTIBILE ASCESA DELLE COMMUNITY INTERNE
13 – COLLABORAZIONE POP. L’EMPATIA SISTEMICA
14 – COLLABORAZIONE POP. LE COMMUNITY AZIENDALI: UNO STATO DELL’ARTE, PARTE PRIMA
15 – COLLABORAZIONE POP. LE COMMUNITY AZIENDALI: UNO STATO DELL’ARTE, PARTE SECONDA
16 – OPINION PIECE DI MATTEO LUSIANI
17 – OPINION PIECE DI MARCO MILONE
18 – OPINION PIECE DI ALESSIO MAZZUCCO
19 – OPINION PIECE DI ALESSANDRA STRANGES
20 – OPINION PIECE DI FRANCESCO VARANINI
21 – ORGANIZZAZIONE  POP. COMANDO, CONTROLLO, PAURA, DISORIENTAMENTO
22 – OPINION PIECE DI ROBERTO VERONESI
23 – OPINION PIECE DI FRANCESCO GORI
24 – OPINION PIECE DI NELLO BARILE
25 – OPINION PIECE DI LUCA MONACO
26 – OPINION PIECE DI RICCARDO MILANESI
27 – OPINION PIECE DI LUCA CAVALLINI
28 – OPINION PIECE DI ROBERTA PROFETA
29 – UN PUNTO NAVE
30 – ORGANIZZAZIONE  POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CURA)
31 – OPINION PIECE DI NICHOLAS NAPOLITANO
32 – LEADERSHIP POP. VERSO L’YPERMEDIA PLATIFIRM (CONTENT CURATION)
33 – OPINION PIECE DI FRANCESCO TONIOLO
34 – ORGANIZZAZIONE  POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CONVIVIALITA’)
35 – OPINION PIECE DI LUANA ZANELLATO
36 – OPINION PIECE DI ANDREA BENEDETTI E ISABELLA PACIFICO
37 – OPINION PIECE DI STEFANO TROILO
38 – OPINION PIECE DI DAVIDE GENTA