Immagine di Marcello Minghetti per Ariminum Circus Stagione 1

Prolegomeni al Manifesto del Pop Management 44 – Storytelling Pop. Opinion Piece di Marianna Porcaro

Marianna Porcaro è una professionista con una passione radicata per il cinema, la fotografia, l’alchimia e la cultura giapponese. Oltre a collaborare con diverse testate giornalistiche online, si è distinta come content writer per Netflix, contribuendo alla creazione di contenuti di alta qualità. Attualmente, ricopre il ruolo di Communication Strategy Advisor per HRZ Spa, dove mette in campo la sua vasta esperienza nella comunicazione e nello sviluppo di talenti trasversali.

Quattro sfumature di Storytelling

Marianna Porcaro

La Narrazione dell’Essere: Il Brand come Strumento di Senso nell’Epoca Contemporanea

Il brand ha smesso di essere un semplice marchio commerciale e si è trasformato in un simbolo culturale, capace di riflettere identità, valori e visioni del mondo. Come sottolineava Hannah Arendt (sul cui pensiero vedi anche Prolegomeni 41), “raccontare è il modo in cui, nel tempo e attraverso il tempo, facciamo emergere il senso della nostra esistenza.”

Oggi, i brand partecipano attivamente a questa narrazione dell’Essere, diventando strumenti attraverso cui le persone e le comunità raccontano chi sono e cosa rappresentano. Un brand non è più solo un prodotto, ma un racconto che intreccia credenze e aspirazioni, creando connessioni profonde tra gli individui e la società. Come evidenzia Joseph Sassoon in Prolegomeni 8, la leadership può essere arricchita dagli archetipi che incarnano tratti profondamente umani. Sassoon sottolinea come questi modelli simbolici, simili a quelli usati nel branding, permettano ai leader di adattare il proprio stile ai bisogni dell’organizzazione. Ogni archetipo, dal Caregiver al Regular Guy, rappresenta un comportamento che influenza positivamente il clima aziendale e la dinamica tra leader e team. Anche in situazioni di potenziale conflitto tra archetipi diversi, Sassoon mette in luce come l’integrazione e la flessibilità possano creare sinergie che portano a una leadership più consapevole e capace di affrontare le sfide complesse con strategia, empatia e visione.

Questa evoluzione del brand, tuttavia, si lega anche alla sfida della semplificazione, come evidenziato da Francesco Gori in Prolegomeni 23. Gori parla della semplificazione come una vera “killer skill” della nostra epoca, essenziale per rendere accessibili informazioni complesse in modo che possano essere comprese e utilizzate efficacemente. Non si tratta solo di ridurre, ma di trasformare la complessità in una forma gestibile e significativa. È un processo che rende il brand non solo un portavoce di messaggi complessi, ma anche un facilitatore di connessioni e di comprensione.

La semplificazione è però una lama a doppio taglio. Da un lato, abbiamo la buona semplificazione descritta da Gori, che aiuta a divulgare conoscenze complesse in modo comprensibile e facilita l’adozione di soluzioni sostenibili e intuitive, come l’ergonomia cognitiva di cui parla Alessio Mazzucco. Dall’altro, c’è il rischio della cattiva semplificazione: quella che banalizza, riduce il pensiero critico e genera polarizzazioni. Marco Minghetti esprime chiaramente questa dicotomia: semplificare è POP, ma banalizzare è populismo.

Questo apre una riflessione fondamentale nel campo della formazione e della gestione delle risorse umane. Se continuiamo a valutare le persone solo in base a criteri quantitativi, come ore lavorate o numero di followers, rischiamo di perdere la capacità di premiare la sintesi creativa e la trasformazione. Il vero progresso non si trova nell’analisi continua, ma nella capacità di trasformare la complessità in qualcosa di utile, bello e significativo.

L’intelligenza artificiale gioca un ruolo cruciale in questo processo, ma solo se riusciamo a integrare il potenziale dell’AI con le capacità narrative e sintetiche dell’essere umano. L’AI può potenziare la nostra capacità di semplificare, ma dobbiamo comprendere che mentre l’uomo ha una capacità unica di dare significato e senso alle informazioni, l’AI è orientata principalmente all’efficienza. Questo dialogo tra intelligenza umana e artificiale è essenziale per evitare che la semplificazione diventi un mero esercizio di rapidità, perdendo di vista la profondità e il senso.

Mi distacco dalla visione più tecnica di Milanesi (Prolegomeni 26), proponendo una narrazione dell’essere che valorizza la semplificazione non solo come strumento tecnico, ma come atto esistenziale. La vera semplificazione ci avvicina alla nostra essenza, creando connessioni significative tra le persone e le informazioni, e rendendo possibile una narrazione più profonda e autentica del nostro essere nel mondo.

Brand e Narrazioni Collettive: Lo Storytelling come Connessione tra Identità e Mercato

Lo storytelling è un potere antico, radicato nelle prime espressioni dell’umanità, quando gli uomini, attraverso simboli, miti e narrazioni, cercavano di dare senso alla propria esistenza e di trasmettere conoscenze. Sin dalla preistoria, le storie hanno formato la base della comprensione collettiva, permettendo a intere civiltà di costruire un’identità condivisa. Questa dinamica, che ha attraversato epoche e generazioni, oggi trova un parallelo nell’evoluzione dei brand e del loro ruolo nella società moderna. Ogni individuo è parte di una narrazione più ampia, ma attraverso il proprio racconto personale, può definire sé stesso e trovare il proprio posto nel mondo.

Analogamente, i brand contemporanei non si limitano a vendere prodotti, ma si costruiscono attraverso narrazioni che riflettono i valori e le aspirazioni della comunità che li circonda. Il Cluetrain Manifesto ha anticipato questa realtà, affermando che i mercati sono diventati conversazioni: un’affermazione che va ben oltre la relazione tra azienda e cliente. I brand oggi non parlano più solo di caratteristiche tecniche o funzionalità; sono parte di esperienze emotive che si intrecciano con la vita dei consumatori.

Questo fenomeno crea una connessione profonda: quando scegliamo un brand, stiamo aderendo a una narrazione, a un sistema di valori, e spesso entriamo in una sorta di comunità narrativa. I marchi diventano la mitologia moderna, racconti che plasmano le esperienze quotidiane e che riflettono chi siamo o chi aspiriamo a diventare. Pensiamo a Apple, Nike o Patagonia. Non acquistiamo semplicemente un prodotto, ma una visione. Apple incarna la creatività e l’innovazione, Nike celebra la determinazione e il superamento dei limiti, Patagonia si posiziona come paladina della sostenibilità. Indossare una scarpa Nike non è solo una scelta di comfort, è un’affermazione di sfida e perseveranza. Allo stesso modo, acquistare un capo Patagonia significa impegnarsi per un futuro più sostenibile.

Il vero potere dello storytelling risiede qui: nella capacità di creare comunità attraverso narrazioni condivise, generando conversazioni globali in cui brand e consumatori interagiscono. Come le storie hanno unito le comunità umane nel passato, oggi i brand uniscono persone di tutto il mondo attorno a valori e esperienze comuni. In questo senso, l’identità di un brand è il risultato di una conversazione continua tra l’azienda e il suo pubblico, proprio come l’identità di una persona è il frutto delle storie che vive e racconta.

L’unicità di un brand, come sottolinea Luca Cavallini in Prolegomeni 27, non è più semplicemente legata alle caratteristiche del prodotto. Il vero successo risiede nella capacità di differenziarsi attraverso valori, purpose e una narrazione che risuona profondamente con i consumatori. Un brand che riesce a creare una storia potente e autentica non solo costruisce una relazione di fiducia con il suo pubblico, ma trasforma i suoi consumatori in ambasciatori. È in questa forza narrativa, nella coerenza dei valori e nella capacità di ascoltare le storie del proprio pubblico, che si definisce il successo duraturo di un brand.

Lo storytelling, dunque, non è solo un mezzo per raccontare il presente, ma è una forza che connette il passato con il futuro, permettendo sia agli individui che ai brand di evolversi in modo autentico e significativo. Nell’era digitale e iperconnessa, dove ogni storia può diventare virale in pochi istanti, il ruolo dei brand come narratori contemporanei è più potente che mai, e la loro capacità di creare storie che risuonano con le persone è ciò che li rende parte integrante della loro vita.

Transmedia Storytelling: Architettura di Mondi Simbolici nella Modernità Liquida

Il transmedia storytelling non è solo una strategia di marketing, ma rappresenta un mezzo per creare significato in un’epoca caratterizzata dalla frammentazione e dalla fluidità, concetti centrali nella teoria della modernità liquida di Zygmunt Bauman. Secondo Bauman, il mondo moderno è liquido, in continuo mutamento, privo di punti fermi. Le persone vivono in una realtà dove tutto cambia velocemente: identità, relazioni e comunità sono sempre più instabili e transitorie. In questo contesto di incertezza, l’individuo è alla ricerca di riferimenti, di storie che possano dare un senso e una direzione.

Il transmedia storytelling emerge come una forma di narrazione che va oltre la vendita di un prodotto. Attraverso una narrazione che si sviluppa su molteplici piattaforme – dai film ai libri, dai social media ai videogiochi – i brand non raccontano semplicemente una storia, ma costruiscono mondi simbolici in cui le persone possono immergersi e trovare un senso di appartenenza. Le storie diventano esperienze che permettono agli individui di connettersi emotivamente e simbolicamente a qualcosa di più grande di loro, costruendo identità in un mondo altrimenti frammentato.

Un esempio significativo è quello di Star Wars, che non è solo un franchise di film, ma un universo espanso attraverso giochi, romanzi, serie TV e altri media. Ogni piattaforma offre una prospettiva unica, ma tutte sono interconnesse, permettendo ai fan di esplorare diverse parti di sé attraverso la narrazione e di costruire una relazione emotiva con il mondo narrativo creato.

In questo modo, i brand non sono più solo venditori di prodotti, ma veri e propri creatori di identità simboliche, offrendo alle persone una struttura su cui poggiare, un luogo simbolico dove ritrovare se stessi in mezzo alla complessità e fluidità del mondo moderno.

Il transmedia storytelling consente ai brand di costruire universi narrativi che si espandono su più piattaforme, permettendo alle persone di entrare in queste storie in modi diversi e di diventare parte attiva della narrazione. In un mondo in cui le certezze si fanno sempre più rare, la capacità di un brand di offrire un racconto coerente e multiforme diventa cruciale per rafforzare l’identità e il senso di appartenenza dei consumatori. I brand che sapranno costruire mondi narrativi coinvolgenti diventeranno punti di riferimento, ancore di significato in una società sempre più fluida.

In questo contesto, come afferma Roberta Profeta in Prolegomeni 28, la complessità in cui operano oggi le aziende richiede un’evoluzione altrettanto profonda nelle dinamiche interne. Un’azienda che opera in “silos”, isolata al proprio interno, rischia di perdere rilevanza e di non crescere in modo sano. La chiave del successo non risiede solo nell’offerta di prodotti innovativi o nell’adozione di nuove tecnologie, ma nella capacità di abbattere le barriere interne, favorendo una comunicazione trasparente e una collaborazione attiva tra i diversi team.

I leader, in questo nuovo modello, diventano non solo gestori di risorse, ma ispiratori di persone. Devono saper promuovere una cultura aziendale basata sulla fiducia reciproca, sulla condivisione delle informazioni e sulla valorizzazione delle competenze individuali, creando un ambiente in cui ogni membro del team si senta parte integrante di una visione comune. Questo tipo di leadership è essenziale per costruire un mondo narrativo interno all’azienda, che sia allineato e coerente con la narrazione esterna promossa dal brand.

Il transmedia storytelling e la leadership collaborativa devono viaggiare in parallelo: mentre i brand costruiscono mondi narrativi che soddisfano il bisogno di significato dei consumatori, le aziende devono creare ecosistemi interni dove la comunicazione, l’innovazione e la collaborazione siano i pilastri fondamentali. Solo così potranno rimanere rilevanti e continuare a crescere in un contesto sempre più complesso.

Lo Storytelling come Custode del Tempo: Rallentare e Riflettere nell’Era della Velocità

Nel contesto della modernità, il tempo assume un ruolo centrale sia nel racconto che nel consumo. In una società dominata dalla velocità e dall’immediatezza, lo storytelling diventa un rifugio, un modo per rallentare e creare spazi di riflessione. Walter Benjamin, nel suo saggio L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, mostra come l’industrializzazione e l’avvento dei nuovi media abbiano alterato la nostra percezione del mondo, trasformando il rapporto con l’arte e la fruizione del tempo. La riproducibilità tecnica ha portato a una disponibilità illimitata di opere, ma con essa anche alla perdita del valore dell’attesa e della contemplazione.

In contrapposizione, lo storytelling può rappresentare un antidoto alla frenesia moderna. I brand, attraverso narrazioni immersive come film, podcast ed eventi dal vivo, possono offrire momenti di pausa dal ritmo incessante, invitando le persone a riscoprire il presente e a immergersi nel racconto, piuttosto che nel consumo superficiale. Come osserva Calvino, “il racconto appare come un’operazione sulla durata, un incantesimo che agisce sullo scorrere del tempo contraendolo o dilatandolo”. Questo si vede tanto nelle short stories, quanto nei racconti iterativi o nel ritmo stesso di una barzelletta, dove il tempo gioca un ruolo determinante.

La metafora del cavallo utilizzata da Leopardi, che descriveva il discorso di Galileo come “un cavallo che corre”, sembra riflettere la velocità frenetica della nostra epoca. Tuttavia, la rapidità di cui Calvino parla è una velocità mentale, non misurabile e senza competizione, che si contrappone all’omogeneità della comunicazione odierna. Questa rapidità, secondo Calvino, si fonda su due archetipi: Mercurio e Vulcano. Mercurio, simbolo di leggerezza, adattabilità e agilità, rappresenta l’ispirazione e la mobilità, mentre Vulcano, con la sua abilità manuale e concentrazione, incarna la pazienza e la precisione del lavoro creativo.

Questa dualità si riflette nell’opera “Giove dipinge farfalle” di Dosso Dossi, in cui vediamo il re dell’Olimpo, Giove, abbandonare i suoi strumenti di potere per cimentarsi in un atto creativo: dipingere farfalle. Al suo fianco Mercurio, il dio dai piedi alati, a simboleggiare la rapidità e l’ispirazione. In questa scena, la creazione avviene nell’istante di una pennellata o nel battito d’ali di una farfalla, una rappresentazione della sinergia tra velocità e lentezza, tra ispirazione e realizzazione. Rapidità è quindi certezza di passo e scelta di meta, una guida per trasformare l’ispirazione in forma concreta.

44 – continua

Copertina di Marcello Minghetti (Mosaico per Ariminum Circus Stagione 1)

Puntate precedenti

1 – DALLO HUMANISTIC AL POP MANAGEMENT
2 – MANIFESTI, ATLANTI, MAPPE E TERRITORI
3 – IL MANAGER PORTMANTEAU
4 – WHICH WAY, WHICH WAY?
5 – LEADERSHIP POP (LEZIONI SHAKESPEARIANE)
6 – OPINION PIECE DI RICCARDO MAGGIOLO
7 – LEADERSHIP POP (APERTURA, AUTONOMIA, AGIO, AUTO-ESPRESSIONE)
8 – OPINION PIECE DI JOSEPH SASSOON
9 – OPINION PIECE DI CESARE CATANIA
10 – OPINION PIECE DI VANNI CODELUPPI
11 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO GIAUME
12 – COLLABORAZIONE POP. L’IRRESISTIBILE ASCESA DELLE COMMUNITY INTERNE
13 – COLLABORAZIONE POP. L’EMPATIA SISTEMICA
14 – COLLABORAZIONE POP. LE COMMUNITY AZIENDALI: UNO STATO DELL’ARTE, PARTE PRIMA
15 – COLLABORAZIONE POP. LE COMMUNITY AZIENDALI: UNO STATO DELL’ARTE, PARTE SECONDA
16 – OPINION PIECE DI MATTEO LUSIANI
17 – OPINION PIECE DI MARCO MILONE
18 – OPINION PIECE DI ALESSIO MAZZUCCO
19 – OPINION PIECE DI ALESSANDRA STRANGES
20 – OPINION PIECE DI FRANCESCO VARANINI
21 – ORGANIZZAZIONE  POP. COMANDO, CONTROLLO, PAURA, DISORIENTAMENTO
22 – OPINION PIECE DI ROBERTO VERONESI
23 – OPINION PIECE DI FRANCESCO GORI
24 – OPINION PIECE DI NELLO BARILE
25 – OPINION PIECE DI LUCA MONACO
26 – OPINION PIECE DI RICCARDO MILANESI
27 – OPINION PIECE DI LUCA CAVALLINI
28 – OPINION PIECE DI ROBERTA PROFETA
29 – UN PUNTO NAVE
30 – ORGANIZZAZIONE  POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CURA)
31 – OPINION PIECE DI NICHOLAS NAPOLITANO
32 – LEADERSHIP POP. VERSO L’YPERMEDIA PLATIFIRM (CONTENT CURATION)
33 – OPINION PIECE DI FRANCESCO TONIOLO
34 – ORGANIZZAZIONE  POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CONVIVIALITA’)
35 – OPINION PIECE DI LUANA ZANELLATO
36 – OPINION PIECE DI ANDREA BENEDETTI E ISABELLA PACIFICO
37 – OPINION PIECE DI STEFANO TROILO
38 – OPINION PIECE DI DAVIDE GENTA
39 – OPINION PIECE DI ANNAMARIA GALLO
40 – INNOVAZIONE POP. ARIMINUM CIRCUS: IL READING!
41 – ORGANIZZAZIONE  POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CONVOCAZIONE)
42 – OPINION PIECE DI EDOARDO MORELLI
43 – ORGANIZZAZIONE  POP. VERSO L’HYPERMEDIA PLATFIRM (CO-CREAZIONE DI VALORE)