Immagine di Marcello Minghetti per Ariminum Circus Stagione 1

Prolegomeni al Manifesto del Pop Management 14 – Collaborazione Pop. Le community aziendali: uno stato dell’arte, parte prima

In un mondo in cui dimensione fisica e digitale sono ormai interconnesse, ci si muove verso nuovi paradigmi di lavoro ibridi e flessibili. Di conseguenza, il ripensamento di logiche e modelli organizzativi coinvolge, oltre che nuove tecnologie, anche fattori esperienziali, ambientali e umani. Uno scenario fluido che rende cruciale per le organizzazioni rinnovare le modalità attraverso cui le persone operano e co-operano (collavorano).

Scrivevamo in Prolegomeni 12: «Formative, informative, di pratica o d’innovazione, interamente digitali o ibride, supportate da piattaforme diffuse come quelle M365 (Teams, Yammer) o da CMS custom, ma anche importate direttamente da Facebook, attraverso partnership con Meta, le community sono ormai al cuore dei processi aziendali.

Consentono alle aziende di progettare e accompagnare la propria evoluzione culturale, abilitando logiche partecipative di inclusione, innovazione e scambio mutuate dai social.

Permettono inoltre di costruire e rafforzare relazioni di valore a vari i livelli, superando confini di ruolo o funzione grazie a logiche collaborative peer-to-peer, modellandosi sulle esigenze delle persone, potenziando la comunicazione, diffondendo esperienze e best practices e dando forma a network collaborativi in cui i team sono efficacemente interconnessi.

Dalle osservazioni di Tori Paulman e Matt Cain per Gartner sul 2022, in particolare, risulta che:​

  1. gli employee desiderano una Digital Worker Experience (DEX) che abiliti lo sviluppo di competenze digitali e scambi efficienti;
  2. i tool M365, in particolare con Viva, consentono di strutturare la DEX con nuovi modelli operativi, anche e soprattutto culturali​;
  3. soluzioni come le community di Viva Engage, in grado di abilitare nuovi modelli collaborativi, contribuiscono a un potenziamento del business sia in maniera diretta (ROI – return of investment) che indiretta, agendo sul livello di ingaggio (ROE – return of engagement)[1].

Per questi motivi le grandi aziende stanno puntando sempre più sulla creazione di quelle che possiamo definire “community interne d’ingaggio”, mutuate dai modelli dei social media. E l’aderenza degli strumenti esistenti di community virtuale aziendali a modelli esistenti di social media (Facebook, LinkedIn, X, Instagram, TikTok) diventa rilevante ai fini di adoption.

In questo quadro, io, in qualità di Partner OpenKnowledge (Gruppo Bip), e la Direttrice del Centre for Employee Relations and Communication (CERC) dell’Università IULM di Milano, Alessandra Mazzei, ci siamo posti l’obiettivo di realizzare uno studio sull’evoluzione delle aziende verso il modello della social organization che era già stato descritto nel volume Intelligenza Collaborativa. Verso la social organization, EGEA 2013 (edizione internazionale Cambridge University 2014).

L’obiettivo, nello specifico, è stato quello di realizzare un confronto sullo stato dell’arte e le prospettive evolutive delle community interne fra alcune importanti realtà aziendali: Carrefour, Danone, E.ON, Eni, Snam, Unipol.

In particolare, ci siamo confrontati con

Isabella Pacifico,  Internal Communications Manager di Carrefour;

Marialaura Agosta, HR & Internal Communication Manager Diversity, Equity, Inclusion Champion di Danone Italia;

Valentina Uboldi, Global Head of Internal Communications di Eni;

Giovanna Di Bacco, Corporate Communication Manager di E.ON;

Davide Ciullo, Senior Manager Internal Communication & People Engagement, e Ornella Castellano, Diversity, Equity & Inclusion Expert di Snam;

Alessandra Cappello, Responsabile Internal Communication and Digital Workplace, e Vittorio Verdone, Direttore Communication and Media Relations di Gruppo di Unipol.

Sul modello di altre iniziative analoghe, come ad esempio quella relativa al people caring  o al futuro del libro, riportiamo di seguito la Conversazione che ne è scaturita.

All’interno della vostra realtà organizzativa, avete attivato delle Community interne? Se sì, di che tipo (es: di ingaggio, di pratica, di processo)?

Vittorio Verdone, UNIPOL Come si può facilmente immaginare, la popolazione aziendale del Gruppo Unipol è davvero molto vasta e variegata. Le professionalità che compongono il nostro ecosistema sono sempre di più, così come i progetti e servizi sviluppati dalle diverse Funzioni. In aggiunta a questo, la capillarità della presenza dell’azienda sul territorio, che rappresenta un innegabile vantaggio di business, rende necessario gestire le comunicazioni e gli scambi tra le varie Funzioni e la Direzione di Gruppo in modo efficiente.

Ed è proprio in questo contesto sfidante che, all’interno della direttrice “Tech & People” del piano strategico 2022/2024, i nostri Digital Workplace e Community interne si sviluppano e crescono. Parlando di Community, attualmente nel Gruppo Unipol abbiamo attiva una Community di ingaggio, UniWall, che conta quasi 800 colleghi dislocati in tutta Italia e che ogni giorno consente ai colleghi di restare in contatto e di riunirsi intorno alle loro passioni, rinforzando le connessioni.

Sulla scia di questo progetto promettente, abbiamo attivato altre due Community di pratica (“Assistenza Liquido” e “Costruendo UniDuello”) con obiettivi specifici di miglioramento di alcuni processi interni e di supporto operativo ai colleghi, che hanno avuto un grande successo e molti riscontri positivi. Inoltre, nelle ultime settimane abbiamo avviato la Community InnovUS, un nuovo ambiente digitale gestito direttamente dalla funzione di Digital & Open Innovation con il supporto di Comunicazione Interna, per promuovere il concetto di innovazione all’interno di Unipol.

Giovanna di Bacco, E.ON Anche noi abbiamo attivato negli anni diverse community con finalità diverse anche a seconda dei periodi storici. Ad esempio, dopo il lockdown avevamo esigenza di riattivare l’ingaggio e la partecipazione delle persone alla vita aziendale, per cui abbiamo attivato una community di People Ambassadors che potessero calamitare e favorire scambi e interazioni tra le persone, anche in contesti ludici e di entertainment.

Più recentemente, invece, abbiamo attivato una community di practice, nominando DE&I Ambassadors, ovvero colleghi che, con una candidatura spontanea, si fanno portavoce e mettono in pratica (e in discussione) i temi legati alla diversity & inclusion.

La community DE&I è per noi molto rilevante, perché grazie al lavoro dei community members si decide quali progetti o istanze realizzare in azienda, scegliendo fra le diverse istanze emergenti. Gli scambi tra i partecipanti sono sia fisici (sottoforma di workshop) che digitali (gruppo whatsapp, gruppo sulla intranet, ecc).

Inoltre, raccogliamo spesso dei feedback per migliorare le iniziative esistenti o per agevolare ulteriormente la collaborazione.

Davide Ciullo, Snam Anche la comunità aziendale di Snam, che copre tutta l’Italia, è ampia e composita, sia per tipologie di ruolo sia per distribuzione geografica. I nostri canali di comunicazione interna, primo fra tutti la intranet Easy, sono capillari e ci consentono di raggiungere l’intera popolazione, e al contempo di dare visibilità a questi diversi “volti” del Gruppo, raccontando, anche attraverso l’house organ e con visibilità esterna, progetti, iniziative e protagonisti. Dei validi alleati in questa missione sono gli ERG (Employee Resource Groups, ndr), community di colleghi che si sono aggregate intorno a temi specifici che esulano dal business in senso stretto – le questioni di genere, la genitorialità, le materie STEM, il confronto generazionale e così via – e che oggi coinvolgono ben 450 persone, numero significativo in rapporto a una popolazione aziendale complessiva di circa 3.700. Le finalità sono molteplici: ascoltare e intercettare i bisogni delle persone, promuovere una cultura interna di “alleanza” e partecipazione, rafforzare relazioni e legami anche a fronte della distanza fisica.

Marialaura Agosta, Danone Noi abbiamo attivato community specifiche per diverse categorie di persone. In particolare, abbiamo creato community di genitori e caregiver che forniscono un supporto reciproco e condividono esperienze riguardanti la cura e l’assistenza ai propri cari.

Inoltre, abbiamo anche istituito una community dedicata alle persone affette da patologia oncologica, le quali possono condividere informazioni e supporto reciproco. L’obiettivo principale di queste community è creare un ambiente di sostegno, comprensione e condivisione.

Marco Minghetti Molto interessante. La voce Cura è fra le parole chiave dello Humanistic Management in quanto fattore determinante di successo di una social organization. La vostra esperienza inoltre va in linea di continuità con quanto emerso durante le Conversazioni #PeopleCaring tenute su questo blog nella primavera-estate del 2021 con i manager di aziende come Barilla, Sia, JLL, Microsoft, Mediolanum, Intesa San Paolo, De Longhi, Cisco, Snam, nonché docenti di IULM e Università Cattolica.

Marialaura Agosta, Danone Le community sono nate a partire dalla volontà di creare degli strumenti pratici attraverso l’implementazione di policy dedicate. In tal senso, abbiamo dapprima raggruppato le persone volontarie per ascoltare le loro esigenze in quanto genitori, caregiver o persone affette da patologia oncologica o che si prendono cura di un famigliare con una patologia oncologica e/o grave. Dopo aver ascoltato le esigenze abbiamo poi cercato di fornire un supporto a 360 gradi.

Come azienda, ad esempio, organizziamo dei attività e percorsi ad hoc, webinar e percorsi formativi e condividiamo contenuti informativi che favoriscono l’interazione e lo scambio tra i partecipanti.

Ornella Castellano, Snam Nel nostro caso, le community interne sono elementi vitali dell’impegno di Snam sui temi DE&I (Diversity, Equity and Inclusion, ndr). Ci siamo dotati di un’unità organizzativa che, tra gli altri scopi, ha proprio quello di coordinare un team interfunzionale focalizzato sull’Inclusion e i 6 ERG sulle tematiche verticali. Tra questi, ad esempio, la community sulla genitorialità fornisce spunti sulla conciliazione tra vita privata e impegno lavorativo, oltre che sulle competenze che si acquisiscono nell’esperienza di crescere dei figli; il gruppo STEM supporta lo sviluppo dei talenti nel settore dell’energia; quelli LGBTQ+ e genere lavorano sulle pari opportunità e sul dialogo e confronto aperto tra diverse identità e orientamenti; lo stesso scambio avviene anche all’interno delle community dedicate alla disabilità e al dialogo tra generazioni. Sono vere e proprie fucine di idee.

Pensate che l’aderenza degli strumenti esistenti di community virtuale (esempio, Viva Engage di Microsoft) a modelli esistenti di social media (Facebook, LinkedIn, X, Instagram, TikTok) sia rilevante ai fini di adoption?

Alessandra Cappello, UNIPOL  Sicuramente. Poter usare funzioni specifiche che mutuano le caratteristiche dal mondo dei social network (prima) e dei social media (ora) significa usare strumenti che hanno superato la prova del tempo, dell’adoption e dell’ingaggio di miliardi di persone nell’arco degli ultimi vent’anni.

E’ un tema di ergonomia cognitiva, e quindi di strumenti disegnati e selezionati per essere intuitivamente adattati al nostro modo di agire nel quotidiano: parliamo di hashtag per indicare gli argomenti, o di menzioni (@) per richiamare l’attenzione di un/a collega, parliamo di CTA per ingaggiare e di reaction per comprendere se un tema ha attratto o meno l’attenzione dei nostri lettori (like, commenti, condivisioni).

Isabella Pacifico, Carrefour Noi abbiamo deciso di affrontare la questione delle community interne attraverso una scelta globale, strategica, strutturale che va esattamente in questa direzione. Nel corso del 2022 il Gruppo Carrefour ha deciso di adottare il social network aziendale Workplace from Meta in tutte le country a livello globale, quindi anche in Italia, dove il golive è avvenuto nel mese di novembre.

Valentina Uboldi, Eni Anche noi dal 2022 a livello Global ci siamo dotato di Workplace from Meta – il social media per aziende – per costruire un ambiente di lavoro sempre più aperto al dialogo (libero) e al confronto.

Per perseguire questo obiettivo, come Comunicazione Interna e in accordo con il vertice aziendale, abbiamo studiato un’architettura della piattaforma che fosse adatta  a valorizzare al massimo la nostra voglia e la necessità di dialogo e di vicinanza, in un mondo così vasto e eterogeneo, dal  punto di visto professionale, geografico, culturale, linguistico, com’è quello di Eni: ci sono dunque decide e decine di Gruppi “tematici” di valore trasversale ai quali aderiscono diverse migliaia di colleghi (es: D&I Community, Sustainability Community, Eni per noi il Welfare di Eni, il Gruppo del Training, HSE Community ecc), Gruppi Organizzativi per lavorare sulla comunicazione dei Leader (es: Gruppo del CEO di Eni, Gruppi di Direzione Generale, Gruppi di tutte le nostre consociate estere, la People Manager Community, ecc), un Gruppo “We are Eni” che dialoga con tutti sulle novità dell’azienda, un Gruppo “Our Eni. fit for purpose” che raccoglie 30.000 colleghi in un dialogo con il management sulla strategia aziendale e oltre ovviamente a Gruppi di creazione spontanea aperti da singoli individui. Si tratta quindi di un vero e proprio digital (social) worplace che si alimenta delle #PowerfulConversation di Eni.

Ma questo è solo l’ultimo step di un lungo processo. In Eni la “comunità” è una misura del nostro lavoro di squadra e del nostro senso di appartenenza. Da molti anni ci avvaliamo di un sistema di Knowledge Management formato da Comunità di Pratica professionali allo scopo di riunire il sapere e mettere a disposizione la conoscenza tecnica dei suoi membri al fine di garantire un rapido e condiviso problem solving tecnico in azienda.

Inoltre, per lavorare sempre di più e sempre meglio sulla cultura di comunicazione, da più di due anni abbiamo creato la Internal Comms Global Community, un network di focal point di comunicatori interni nominati in ogni nostra sede estera per  migliorare l’engagement internazionale; attraverso un training mirato, linee guida e progetti concreti affidati ad ogni focal point l’obiettivo è quello di creare una professione, quella del comunicatore interno, sempre più strategica e necessaria in azienda.

Infine, il modo agile di lavorare in Eni si riflette sempre di più nella creazioni di Gruppi di lavoro trasversali e interfunzionali, soprattutto quando si lavora su progetti di trasformazione e di change management.

Marco Minghetti Sono felice di queste evoluzioni, anche perché sulla possibilità di costituire delle community virtuali umanisticamente intese mi sono espresso in tempi non sospetti (Gennaio 2009) nel mio saggio online Il Mondo Vitale di Facebook: «Facebook – scrivevo – può far rivivere il Convivio (o Simposio) platonico, un luogo dominato dall’eros  e dalla cooperazione discorsiva, regolata da un simposiarca. Il modello conviviale comporta l’attualizzazione del potere di parola e d’iniziativa attribuito a tutti i soggetti-persone presenti nel sistema dello “stare insieme per”. In questo quadro, l’”umanesimo digitale” diviene quello in cui l’Uomo si riappropria della tecnologia e la ripone al centro della sua vita sia come singolo “plurale”, sia come collettività».

In termini generali,  ogni community è finalizzata allo scambio e alla costante creazione di sapere e di dialogo. Ma più specificamente, quali sono i principali obiettivi che la vostra azienda si propone di raggiungere attraverso le Community interne?

Isabella Pacifico, Carrefour Le finalità della nostra community interna sono molteplici e vanno nella direzione di aumentare l’engagement e il senso di appartenenza all’azienda. Innanzitutto puntiamo alla condivisione delle principali notizie aziendali per garantire l’allineamento su strategia, valori, cultura, obiettivi e progetti/attività. Inoltre, vogliamo creare comunità di pratica attraverso gruppi specifici per Direzione, per Team e per Mestiere, popolati automaticamente in base al ruolo. Questi gruppi sono ideati per favorire lo scambio di informazioni utili per il lavoro di ciascuno. Offriamo anche la possibilità di partecipare a comunità di ingaggio su temi rilevanti come la Digital Transformation, la Sostenibilità, la Formazione e Sviluppo, e l’E-commerce. Questo consente di conoscere le principali iniziative portate avanti dall’azienda anche al di fuori del proprio diretto ambito di competenza.

Marialaura Agosta, Danone Le community aziendali interne rappresentano senz’altro uno strumento prezioso per promuovere l’engagement e creare un ambiente di collaborazione, condivisione e partecipazione attiva.

Oltre a questi, tuttavia, possiamo elencarne altri, come ad esempio lo sviluppo di una cultura aziendale basata su certi valori, fra cui certamente la Cura, come ricordava Marco prima, attraverso la quale perseguiamo sia lo sviluppo di un forte senso d’appartenenza, sia l’aumento delle conoscenze e competenze – prendersi cura di qualcuno significa anche fare crescere considerevolmente il suo bagaglio professionale.

Ornella Castellano, Snam Dal nostro punto di vista, oltre a supportare l’impegno del Gruppo su Diversity & Inclusion, ci aiutano a creare quella cultura di alleanza citata in precedenza e di arrivare a tutti. Siamo un’azienda distribuita su tutto il territorio nazionale e coinvolgere la maggioranza delle persone ascoltando i loro punti di vista e necessità ci permette di promuovere iniziative diffuse in diverse sedi e di essere più pervasivi.

Giovanna di Bacco, E.ON Il principale obiettivo è sicuramente quello di ingaggio: costruire  una base solida di ambassadors che possano non solo divulgare determinati temi in azienda, ma anche “testare” alcuni progetti o idee prima che vengano diffusi all’intera popolazione aziendale.

Infine, alcuni progetti portati avanti dalle community interne sono anche focalizzati sul miglioramento delle performance aziendali.

Alessandra Cappello, UNIPOL Questo per noi è un punto chiave. Pensiamo che attraverso le Community interne si possa davvero aiutare i colleghi nella quotidianità lavorativa, permettendo di conoscere e gestire i flussi di lavoro in maniera collaborativa, promuovendo cicli di conversazione costanti e uno scambio di conoscenze e buone pratiche apprese “sul campo”.

Il tutto finalizzato a una crescita organica nella produttività di tutti i team coinvolti: quando progettiamo una Community, dobbiamo sempre avere bene in mente gli obiettivi di business e i relativi kpi che ne misurano il successo. Nei mesi scorsi, diverse Divisioni interne del Gruppo hanno manifestato il bisogno di attivare degli spazi di collaborazione e di scambio virtuali di questo tipo: ecco perché nel prossimo futuro la nostra funzione di Comunicazione Interna supporterà i colleghi nella progettazione e nel lancio di altre Community interne.

Valentina Uboldi, Eni Condivido quanto detto sopra. E’ fondamentale che ogni funzione aziendale, nel proprio percorso di creazione di una community, sia affiancata da noi, perché è facile creare, molto più difficile è mantenere vivo l’entusiasmo iniziale e trasferire e far comprendere costantemente il valore dello stare insieme. Porto su questo punto la mia esperienza sulle azioni intraprese nella gestione della nostra  Internal Comms Global Community.

Innanzitutto, per gestire questa comunità internazionale formata da oltre 50 membri di più di 40 sedi estere è stato necessario dedicare una persona del mio team così che ci fosse la giusta concentrazione vista la dimensione internazionale di Eni e del progetto.

Ai membri, che sono focal point di comunicazione interna nelle loro country, dedichiamo ogni anno un programma formativo mirato, che prevede anche testimonianze a cura di manager di altre funzioni (Es: D&I, Com. Esterna ma anche di business) per ampliare la loro visione del mondo Eni, e ospiti esterni come prof. Universitari o manager di comunicazione interna di altre aziende.

Ogni mese i membri partecipano ad una “riunione di redazione Global” (due sessioni per rispettare i fusi orari) per attivare un processo interno definito e stabile di scambio reciproco sui progetti chiave e per discutere dei progetti di comunicazione e engagement di ogni sede estera.

Ogni anno organizziamo un Annual Meeting in presenza (quando possibile) per vedersi di persona e godere dello scambio culturale, che arricchisce ognuno di noi grazie alla comune passione per la comunicazione e alla varietà di culture.

Secondo la vostra esperienza, quali sono le principali sfide o ostacoli che si incontrano nel promuovere e mantenere attive le vostre Community interne?

Giovanna di Bacco, E.ON L’ostacolo principale non è tanto quello di creare la community interna (spinti dall’entusiasmo i colleghi partecipano in una prima fase molto volentieri), quanto più quella di tenerla attiva facendo in modo che i membri siano costantemente partecipativi e attivi. Questo vuol dire tenere attive le comunicazioni e favorire le occasioni di scambio e incontro, sia online che fisico.

Vittorio Verdone, UNIPOL Sono d’accordo con Giovanna. Le principali sfide che incontriamo quando progettiamo, promuoviamo e “facciamo vivere” le Community interne sono principalmente legate alla loro gestione nel day by day e alla percezione del loro valore aggiunto all’interno del contesto aziendale.

Date le nostre attività sempre in evoluzione e l’ampia portata dei progetti di business che ogni giorno vengono sviluppati, trovare il tempo per gestire questi ambienti virtuali viene spesso percepita come una vera e propria impresa! Sappiamo bene che le Community non si auto-sostentano ma, per crescere, hanno bisogno di essere continuamente nutrite: in questo senso, il Community Management è una attività che, se ben presidiata, risulta vitale per il successo dell’iniziativa.

Inoltre, uno dei principali ostacoli è certamente quello di cambiare la percezione dei colleghi, per evitare che le persone non vedano le Community interne come semplici spazi di svago, ma come risorse preziose che favoriscono la collaborazione e il lavoro efficace. Ci siamo impegnati molto per comunicare e dimostrare il valore tangibile che queste Community portano, mostrando come possano facilitare la condivisione di conoscenze, favorire la collaborazione tra dipartimenti e migliorare l’efficienza complessiva del lavoro.

Ornella Castellano, Snam  La sfida principale è quella di individuare la tematica giusta che crea curiosità nelle persone e risponde a bisogni specifici; più si va avanti e più è importante fare in modo che le persone restino ingaggiate rispetto alla community, valorizzando ogni singolo contributo come fondamentale.

Isabella Pacifico, Carrefour Considerata la natura dell’area di business in cui opera Carrefour, gli obiettivi che ci siamo posti sono diversi e articolati. In primo luogo vogliamo raggiungere il maggior numero di colleghi e colleghe nei punti vendita, che non dispongono di device aziendali e che, per la natura stessa del loro lavoro, non hanno una postazione fissa. Per farlo è indispensabile superare il pregiudizio che Workplace sia solo un social network, e non uno strumento di lavoro.
Un altro obiettivo è aumentare l’engagement dei post, che al momento presentano ancora pochi commenti costruttivi e raggiungere un uso più maturo della Community, che non si limiti alla sola pubblicazione di foto e video, ma che porti a un vero scambio di valore, innescando conversazioni e dibattiti.
Questo sarà utile anche a colmare il divario, percepito da alcune persone, tra la realtà mostrata nella Community e la realtà percepita, ovvero tra la celebrazione dei successi e la fatica della quotidianità lavorativa.
Infine è nostro obiettivo estendere la community di Workplace al canale Franchising, altamente strategico per Carrefour Italia.

Marialaura Agosta, Danone Aggiungo su questo punto solo che il mantenere attive le community richiede costanza e dedizione, nonché risorse, non c’è dubbio. Questo si traduce in un compito da portare avanti con continuità. Tuttavia, il riuscire a farlo per noi è un’opportunità, non un ostacolo.

Valentina Uboldi, Eni Gestire una community e far si che sia un’operazione di successo non è cosa semplice: è necessario darsi obiettivi semplici, chiari, costanti nel tempo e misurabili. Se il sistema e soprattutto i membri della community non riconoscono un valore per loro nell’appartenere a quella community, li perdi, e il rischio di effetto domino è altissimo. Quindi, la sfida più grande è mantenere alta l’attenzione; l’ostacolo potrebbe essere il sistema stesso (ad esempio i capi dei membri …) se non riesce a dare valore a quello che si sta facendo.

14 – continua

[1] FONTI:​ What Employees Really Want: Top Take-Aways From the 2023 Gartner Digital Worker Survey, Tori Paulman​; Optimizing the Digital Employee Experience with Microsoft 365, Viva and Power Platform, Matt Cain​; Create a Digital Employee Experience Narrative to Boost Digital Workplace Influence and Impact, Matt Cain.

Copertina di Marcello Minghetti (Mosaico per Ariminum Circus Stagione 1)

Puntate precedenti:

1 – DALLO HUMANISTIC AL POP MANAGEMENT
2 – MANIFESTI, ATLANTI, MAPPE E TERRITORI
3 – IL MANAGER PORTMANTEAU
4 – WHICH WAY, WHICH WAY?
5 – LEADERSHIP POP (LEZIONI SHAKESPEARIANE)
6 – OPINION PIECE DI RICCARDO MAGGIOLO
7 – LEADERSHIP POP (APERTURA, AUTONOMIA, AGIO, AUTO-ESPRESSIONE)
8 – OPINION PIECE DI JOSEPH SASSOON
9 – OPINION PIECE DI CESARE CATANIA
10 – OPINION PIECE DI VANNI CODELUPPI
11 – OPINION PIECE DI ALESSANDRO GIAUME
12 – COLLABORAZIONE POP. L’IRRESISTIBILE ASCESA DELLE COMMUNITY INTERNE
13 – COLLABORAZIONE POP. L’EMPATIA SISTEMICA