Fisiopatognoscopia II

Con il post della settimana scorsa ho presentato un possibile modello di lettura dell’opera d’arte figurativa, meglio di un suo capitolo, quello relativo alla componente volto-mani-postura della figura umana.

La mia conoscenza dell’argomento fisiopatognomica risale all’elaborazione settecentesca di Lessing, Lichtenberg, Lavater, con qualche incursione di Herder e Goethe e il precedente di della Porta e Browne a partire da Aristotele.

Mi sono chiesto il motivo dell’abbandono di questo approccio, certamente più concreto di quello della maggioranza dei critici, il cui linguaggio è referenziale soltanto se rimangono sul terreno tecnico, storico e filologico, mentre diventa fumoso su quello interpretativo, in tutto somigliante al “sentore di spezie e di frutti di bosco” delle etichette esplicative dei vini, attribuito a qualsiasi contenuto della bottiglia, non perché tutti i vini hanno questo sentore, ma perché nessuno ce l’ha.

 

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Ho postergato pertanto la presentazione della lettura  di una prima opera e ho verificato su Wikipedia la consapevolezza odierna sulla fisiopatognomica. Ho trovato una stroncatura basata però su un errato presupposto. Da qui – e apro una parentesi – la prudenza nell’utilizzo del sapere in rete che, al meglio, rispecchia il sentire diffuso e le sue derive.

Su Wikipedia la fisiognomica è ferma alla formulazione lombrosiana e, giustamente, viene condannata come pseudoscienza che si presta a giudizi razzisti.

L’equivoco sta nell’assunto della fisionomia come specchio del carattere e di una immutabilità di questo. Tutt’altro però è il modello della fisiognomica e della patognomica che illustrano una corrispondenza espressiva e comunicativa, al momento, di moti dell’animo. Nelle rappresentazioni dell’arte figurativa i moti sono stati fermati dall’artista nell’attimo e si offrono come una base reale per la lettura dell’opera. Una fisiopatognomoscopia ermeneutica. 

Postato dalla personalità mutante di: Piero Trupia

  • Piero Trupia |

    Grazie del commento e della preziosa indicazione documentale.
    Attiro la tua attenzione su fisiopatognomoscopia IV che ho appena postato.
    Piero Trupia

  • Massimo Donati |

    Gentile autore, ho letto con attenzione il suo articolo, sia il n° 1 sia questo e ne condivido il contenuto, vorrei esprimere due pensieri:
    Vorrei innanzitutto ricordare che esiste un ramo della filosofia che, spostando il pensiero della ricerca di un significato percepibile nei tratti del volto tenta di ritrovare il significato nei segni del volto della nuova società; di questa corrente sono interpreti Simmel, Kracauer, Stenberger e ancor più Spengler.
    Vorrei poi consigliare la lettura di un sito in cui una fotografa, Anna Cella, che ho avuto l’onore di conoscere ad una conferenza, racconta il suo interesse per il ritratto fotografico (che qualifica come lettura ermeneutica del volto) Trovo mirabile l’osservazione della fotografa che esprime l’importanza di cogliere l’essenza individuale unitariamente alla forma che esprime in apparenza dato che viviamo in un periodo storico in cui l’apparenza impera e la comunicazione tra ciò che si è e ciò che si mostra spesso viene meno. ( http://www.annacella.com. ) Mi sembra che questo possa essere un valido esempio di come la lettura fisiognomica del volto sia, per il momento, ancora attuata.
    Cordiali saluti e complimenti.
    Massimo
    Questo il corretto indirizzo per la lettura del sito di cui sopra:
    http://www.annacella.com/

  • Massimo Donati |

    Gentile autore, ho letto con attenzione il suo articolo, sia il n° 1 sia questo e ne condivido il contenuto, vorrei esprimere due pensieri:
    Vorrei innanzitutto ricordare che esiste un ramo della filosofia che, spostando il pensiero della ricerca di un significato percepibile nei tratti del volto tenta di ritrovare il significato nei segni del volto della nuova società; di questa corrente sono interpreti Simmel, Kracauer, Stenberger e ancor più Spengler.
    Vorrei poi consigliare la lettura di un sito in cui una fotografa, Anna Cella, che ho avuto l’onore di conoscere ad una conferenza, racconta il suo interesse per il ritratto fotografico (che qualifica come lettura ermeneutica del volto) Trovo mirabile l’osservazione della fotografa che esprime l’importanza di cogliere l’essenza individuale unitariamente alla forma che esprime in apparenza dato che viviamo in un periodo storico in cui l’apparenza impera e la comunicazione tra ciò che si è e ciò che si mostra spesso viene meno. ( http://www.annacella.com. ) Mi sembra che questo possa essere un valido esempio di come la lettura fisiognomica del volto sia, per il momento, ancora attuata.
    Cordiali saluti e complimenti.
    Massimo

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