Il manager preistorico

Troglodita!…

Un’offesa o un suggerimento per gestire le imprese? Una provocazione o un back to the past che fa scoprire scenari da futuro aziendale? Con nuove idee per conquistare quote di mercato o per affrontare meglio questioni come collaborazione, cooperazione creativa, competizione, leadership, innovazione, vision. E in effetti, proprio se cercate un libro sulla “vision”, non potete avere dubbi, Il più grande uomo scimmia del Pleistocene, scritto nel 1960 dall’inglese Roy Lewis, è il vostro romanzo.

E lo è proprio perché è un romanzo e non un trattato, perché non ha case history ma storie di vita (presumibilmente) vissuta, perché racconta come la forza di un visionario-rivoluzionario agganci a sé una catena inarrestabile di conseguenze virtuose, che si materializzano nella vita concreta degli uomini e delle organizzazioni. Sociali o aziendali che siano.

E tanto più conviene leggerlo perché il libro di Lewis, che narra la storia di un’orda di trogloditi che vive sotto la guida lungimirante di Edward, è un’opera esilarante. “Mi ha fatto tanto ridere”, ha detto il grande biochimico Jacques Monod, “che sono caduto da un cammello in mezzo al Sahara”. E a volte il riso, il divertimento intelligente, è la via più breve per far arrivare al cervello ciò che è entrato dal cuore.

Edward è un positivista pragmatico e impavido, che affronta il cammino dell’evoluzione con l’impeto di un pioniere. E’ un uomo del “fare”, uno che mentre pensa già intuisce la via per materializzare l’ipotesi. Chi si fa guidare da lui, che è un leader naturale, avrà grandi vantaggi. Chi è troppo scettico rischia di non godere delle conseguenze positive che, comunque, gli si mettono a disposizione.

“Stavolta l’hai fatto grossa, Edward.”, tuonò lo zio Vania, “Avrei dovuto immaginarlo che prima o poi sarebbe successo, ma a quanto pare pensavo ci fosse un limite alla tua follia”. “Lo credi davvero, Vania?”, è la risposta di Edward rimproverato per aver inventato il fuoco. Sì, perché la vision che va oltre l’attuale, il contingente, viene spesso scambiata per follia trasgressiva. Ecco allora che Lewis ci racconta la storia dell’evoluzione umana durante il Pleistocene comprimendola in uno spazio temporale ristretto all’arco di una vita, e ciò perché l’accelerazione degli eventi diventa una metafora dell’accelerazione del progresso agli albori della vita umana. Il tutto in uno scenario fortemente concorrenziale dove il competitor non è solo l’animale fisicamente più forte, ma anche le orde di ominidi non ancora toccate dal progresso, che tolgono spazio vitale senza far acquisire nulla di nuovo alla specie. Una vera e propria lotta, dunque, per conquistare sempre nuove “quote di mercato”, per attestarsi su territori sempre più ampi in una preistorica globalizzazione geografico-economica.

E che dire del problema della sopravvivenza-concorrenza in un ambiente-mercato che non lascia spazio ai più deboli e ai meno inventivi? “Il problema fondamentale da risolvere è uno: cucinare senza essere cucinati e mangiare senza essere mangiati”. Un risultato al quale si può arrivare sia isolandosi dal contesto e, quindi, inevitabilmente alla fine deperendo e consumandosi, sia confrontandosi con gli altri non temendo la competizione.

Una competizione che, tuttavia, può essere anche collaborazione? Con le scoperte tecnologiche rese accessibili a tutti o conservate nel proprio esclusivo repertorio di brevetti? Secondo le più recenti tendenze del management internazionale la cooperazione creativa tra imprese nella ricerca e sviluppo dà molti più vantaggi a tutti che non l’ossessione di coprire ogni cosa con l’esclusiva e il copyrigth. E’ una proposta molto innovativa che riesce a passare solo con fatica tra la mentalità dei gruppi più grandi e globalizzati.

L’inarrestabile creatività di Edward, però, arriva infine a una tappa dirompente e stravolgente, alla più grande invenzione del secolo dopo la sua pietra focaia. “Così dicendo, papà impugnò il primo arco mai costruito al mondo…incoccò un prototipo di freccia, tese e scoccò”. E, ancora una volta, ecco arrivare il sospetto, il terrore dei figli che capiscono che il più grande uomo scimmia del Pleistocene non terrà certo la scoperta solo per sé, solo all’interno della sua orda.

La soluzione? Lewis ci fornisce un finale in cui, per una volta, trionfa lo spirito declinante degli “zio Vania”. Eppure, Edward aveva fatto di tutto per far capire alla sua organizzazione che, l’avventura del nuovo, la via della trasformazione, non solo è la più conveniente, ma anche la più gratificante e divertente. Come quando aveva inventato il ballo: “Ecco, bravi, continuate così! Qualcosa ne viene fuori! Più vivace, Oswald! Tieni la nota, Ernest! Soffia, Alexander! Forza con la batteria, Vania!”. “Trac, bum, trac, tac, ciac! …Qualcuno prese ad agitarsi e a sussultare. Le donne si erano levate in piedi, dimenandosi stranamente avanti e indietro, gomiti e pugni in moto a colpire l’aria”.

(Per saperne di più leggere: Il grande libro della LETTERATURA per manager, Etas, marzo 2008).

Postato dalla personalità mutante di: Enzo Riboni