Dalle Città Invisibili…… a Le Aziende In-Visibili – 16, Cielo (Parte terza).

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Anche gli abitanti di Tecla nutrono la profonda convinzione che la città (e loro con essa) vive e sopravvive solo nella misura in cui si adegua alla dimensione perennemente cangiante dello sviluppo temporale; per questo essi proseguono indefessamente la loro opera di edificazione.

Chi arriva a Tecla, poco vede della città, dietro gli steccati di tavole, i ripari di tela di sacco, le impalcature, le armature metalliche, i ponti di legno sospesi a funi o sostenuti da cavalletti, le scale a pioli, i tralicci. Alla domanda: ─ Perché la costruzione di Tecla continua così a lungo? ─ gli abitanti senza smettere d’issare secchi, di calare fili a piombo, di muovere in su e in giù lunghi pennelli, ─ Perché non cominci la distruzione, rispondono. E richiesti se temono che appena tolte le impalcature la città cominci a sgretolarsi e a andare in pezzi, soggiungono in fretta, sottovoce: ─ Non soltanto la città.

Nel nostro romanzo collettivo Le Aziende InVisibili, il deejay Alessio Bertallot così riscrive Tecla:

Chi arriva come visitatore, ormai può entrare solo di notte, perché il giorno è riservato all’immenso cantiere che è la Portercole. Beat beat beat, tick tick, tick: gli operai innalzano edifici, i capi cantiere dirigono i lavori, gli ingegneri studiano progetti, le macchine spostano carichi e rifornimenti, gli architetti tracciano geometrie nel cielo.

Solo la sera la Portercole si ferma. Drip drip drip: allora sui marciapiedi, come erbacce cresciute nel cemento sotto una improvvisa pioggia estiva, negli angoli fra gli edifici, musicisti suonano, poeti declamano al vuoto, artisti sognano ad occhi aperti. Tu, tu, tu, ripetono le loro voci: ma a quell’ora regna l’indifferenza e nessuno presta attenzione a coloro che vivono negli interstizi della grande impresa che è la Portercole.

Alla domanda: perché suonate, dipingete, sognate, se nessuno vi paga per quello che fate? Quegli strani dipendenti rispondono: – Perché i grattacieli non tocchino mai il cielo- o un altro : – Perché le strade non raggiungano mai l’orizzonte- e un altro ancora: – Perché le geometrie siano infinite. E se gli chiedete se non sia invece perché hanno paura che la loro poesia e musica muoiano, rispondono con gravità: – Non soltanto la poesia e la musica.

Se poi, riuscendo a distoglierne uno dal suo sognare, gli si pone la domanda: – Che senso ha il vostro suonare, quando tutti intorno a voi dormono e si riposano per la cosa più importante: la costruzione della Portercole?

– Lo capirai quando termina la notte – rispondono. E subito ricominciano. La notte della Portercole riprende i suoi colori. L’eco della musica giunge fino alla cima degli scuri, silenziosi grattacieli in costruzione, come risacca di un misterioso oceano ancestrale. Beat, beat, beat, tick, tick, tick, drip, drip, drip, tu, tu, tu….

È l’aurora, e la musica cessa. Svaniscono le stelle. Svaniscono i sogni. Si alza il sole sull’immenso cantiere che è la Portercole. Gli operai innalzano nuovi edifici, i capi cantieri dirigono nuovi lavori, gli ingegneri studiano nuovi progetti, le macchine spostano nuovi carichi e rifornimenti, gli architetti tracciano nuove geometrie nel cielo…”

Non sempre, tuttavia, il divenire della città appare nella forma così evidente e macroscopica dei ‘lavori in corso’: talvolta questo procede in modo quasi impercettibile, tanto che l’arco di una vita non basta per accorgersi dei mutamenti che esso porta con sé.

Così a Melania, città dove la popolazione si rinnova, nonostante il tentativo di ingabbiarne il mondo vivente in una serie di ruoli statici (vedi alla voce Morte): i dialoganti muoiono a uno a uno e intanto nascono quelli che prenderanno posto a loro volta nel dialogo, chi in una parte chi nell’altra.

Così nelle aziende il giovane neoassunto prende il posto dell’anziano pensionato o licenziato. Quando qualcuno cambia di parte o abbandona la scena (urbana o aziendale) per sempre o vi fa il suo primo ingresso, si producono cambiamenti a catena, finché tutte le parti non sono distribuite di nuovo; ma intanto al vecchio irato continua a rispondere la servetta spiritosa, come il responsabile delle risorse umane all’Amministratore Delegato; l’usuraio non smette d’inseguire il giovane diseredato (così come gli amministrativi tengono dietro ai mancati pagamenti dei creditori) e la nutrice  di consolare la figliastra (mentre il tutor aziendale incoraggia e sostiene il giovane laureato appena inserito: a meno che non lo utilizzi solo per fare fotocopie e tenere in ordine l’archivio), anche se nessuno di loro conserva gli occhi e la voce che aveva nella scena precedente.

Col passare del tempo, anche le parti non sono più esattamente le stesse di prima; certamente l’azione che esse mandano avanti attraverso intrighi e colpi di scena porta verso un qualche scioglimento finale, cui continua ad avvicinarsi anche quando la matassa pare ingarbugliarsi di più e gli ostacoli aumentare. Chi s’affaccia alla piazza in momenti successivi sente che d’atto in atto il dialogo cambia, anche se le vite degli abitanti di Melania sono troppo brevi per accorgersene.

Nulla due volte accade/né accadrà…Ma anche a Melania il tempo passa, e la città, a poco a poco ne mostra i segni.