Il settore farmaceutico può vincere la sfida della #DigitalTransformation? La ricetta di Sanofi

Un esempio di Social Leadership

I processi di Digital Disruption stanno ormai profondamente modificando interi settori di business, le aziende stanno aumentando sempre più significativamente i budget dedicati a programmi di Digital Transformation e non passa giorno che i giornali non dedichino intere pagine alle conseguenze che la Sharing Economy sta provocando sul concetto stesso di lavoro, dividendo i commentatori fra Neoluddisti e Tecnoentusiasti

Eppure, secondo l’ultimo rapporto Altimeter sullo stato del Social Business, solo il 27% dei dirigenti e dei Presidenti delle aziende private e pubbliche sono attivi sui social media. Sarà per questo che, come consulente, mi vengono sempre più frequentemente richiesti programmi per lo sviluppo della Social Leadership dedicati alle prime linee manageriali, che ormai non possono più nascondere la scarsa volontà di impegnarsi in prima persona nel cambiamento strategico dei modelli di business, dei sistemi organizzativi, dei processi di gestione delle risorse umane, attraverso l’utilizzo dei social media interni ed esterni, pena la loro sostituzione con manager maggiormente connessi con la contemporaneità.

Ora, se c’è un manager in Italia che non corre questo rischio (e che, sotto questo profilo,  non necessita, ahimè, del mio supporto consulenziale) è certamente Alexander Zehnder, Presidente e Amministratore Delegato di Sanofi dal 2014, forse uno dei più social (ma la sfida è aperta) fra i top manager operanti in Italia.

Medico, con oltre 17 anni di esperienza nel settore farmaceutico, Alexander arriva in Sanofi da Roche, dove è stato Presidente e Direttore Generale per la Grecia e Cipro dal febbraio 2013, mentre precedentemente ha avuto esperienze in tutto il mondo, in particolare a San Francisco,  dove è stato Responsabile Globale di un importante farmaco anti-tumorale biotecnologico in Roche/Genentech.

Io tuttavia non lo ho incontrato offline, ma, online, su Twitter, alcuni mesi fa. Abbiamo cominciato a scambiarci opinioni e commenti su come la Digital Disrupution sta impattando il settore farmaceutico, fino a quando i 140 caratteri di Twitter non sono stati più sufficienti. Di qui l’idea di incontrarci fisicamente presso la sede di Sanofi a Milano per fare una sorta di check up digitale dell’azienda, che può a buon diritto proporsi come benchmark per tutte le realtà che hanno accettato, volendo usare lo slogan del Social Business Forum 2015, di “abbracciare la Digital Disruption”.

 

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Pharma Digital Disruption

M.M.: I processi di Digital Disruption stanno pesantemente investendo il settore del Pharma, come dimostra il fatto che i big brand del Digitale stanno investendo molto  nel settore sanitario e medicale.  Leggiamo su LaRepubblica di qualche giorno fa: ” con un miliardo di dollari di investimenti l’anno, il nuovo marchio varato da Google a ottobre – Google Life Sciences – si propone di risolvere il problema delle malattie dell’uomo con lo stesso spirito aggressivo ed efficientista con cui affronterebbe il baco di un sistema operativo. L’ultimo esempio sono i 50 milioni di dollari in 5 anni puntati insieme all’American Heart Association (Aha) per “trovare finalmente una cura alle malattie di cuore”, come recita l’intestazione dell’ambizioso progetto. «I problemi cardiovascolari sono la prima causa di morte al mondo. Finora sono stati fatti passi in avanti solo graduali. È tempo di fare ricerca in modo diverso, di scuotere un po’ l’ambiente con idee rivoluzionarie. Un budget così grande dovrebbe poter rimuovere ogni ostacolo» ha spiegato sicuro di sé Andrew Conrad, numero uno di Google Life Sciences.

Nei mesi scorsi “Big G” aveva deciso di affrontare con piglio manageriale anche altri problemi della “macchina uomo”, come diabete, cancro e invecchiamento. Ha messo a punto una lente a contatto in grado di monitorare il glucosio una volta al secondo (sviluppata con Novartis) ed elaborato un software per mantenere l’insulina a livelli sempre ottimali. Ha fondato una compagnia (Calico) che ha come obiettivo l’allungamento della vita, messo insieme un team per combattere le malattie mentali, acquistato un’industria che produce cucchiai anti-tremore per i malati di Parkinson e progettato nanoparticelle che scorrono nel sangue per scovare malattie come il cancro quando sono al primo stadio. Con la sua idea forse più ambiziosa, ha lanciato infine un piano per raccogliere i dati di fisiologia, genetica e metabolismo delle persone sane (il Baseline Study), definendo così in maniera scientifica il concetto di perfetta salute”.

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(Immagine tratta da: Big Data In The Healthcare Sector – The 21st Century Revolution)

E non sono questioni che riguardano solo le società più avanzate come gli Stati Uniti. Al contrario, sul Corriere si osserva che “se c’è un settore dove la rivoluzione digitale promette effetti dirompenti sulla vita quotidiana di ognuno di noi, quello è la sanità. Gli analisti internazionali vedono nella cosiddetta e-Health una miniera d’oro per l’economia, con un mercato globale stimato tra i 90 e i 160 miliardi di euro.

La sanità elettronica è considerata un’evoluzione quasi naturale delle cure nell’era digitale, destinata a spostare sempre di più terapie e monitoraggio dei pazienti fuori dall’ospedale, spinta anche per la sempre maggiore disponibilità di sensori e app dedicati.

L’Unione Europea stima che un telemonitoraggio a casa dei malati di cuore potrebbe migliorare i tassi di sopravvivenza del 15%, mentre si potrebbe ridurre il numero di giorni passati in ospedale del 26% e di conseguenza risparmiare il 10% dei costi sanitari. Con l’arrivo delle ricette elettroniche, si potrebbero ridurre gli errori di aderenza terapeutica del 15%. Si prevede inoltre che l’e-Health sarà fondamentale per mantenere la sanità accessibile e alla portata di tutti nelle società europee che invecchiano”.

Ora, dati dell’Organizzazione mondiale della sanità alla mano, “l’Italia è il Paese «più vecchio» d’Europa con il 21,4% dei cittadini over 65 e il 6,4% over 80, ed è secondo al mondo preceduto solo dal Giappone. Deve perciò fare i conti, più degli altri, con l’aumento delle malattie croniche e la diminuzione delle risorse disponibili, alla ricerca di una formula che permetta di salvare un sistema sanitario riconosciuto tra i migliori esistenti. Non a caso il governo ha inserito la sanità digitale tra i pilastri della riforma della pubblica amministrazione, uno dei capisaldi dell’Agenda digitale nazionale: Centri unici di prenotazione (Cup) telematici; Fascicolo sanitario elettronico (Fse); ricette elettroniche; certificati telematici e telemedicina sono alcuni degli ambiti in cui si stanno promuovendo iniziative di sanità in Rete”. 

In questo quadro, Alexander, qual è la tua visione complessiva della Digital Transformation nel Pharma?

A.Z.: Non c’è dubbio che il quadro da te tracciato è il riferimento obbligatorio per una società come Sanofi, che si colloca al secondo posto per fatturato tra le aziende farmaceutiche in Italia, dove è fortemente radicata.

La filiale italiana produce e commercializza farmaci in aree quali Cardiovascolare, Diabete, Oncologia e tumori del sangue, Nefrologia, Farmaci equivalenti, con Zentiva, Malattie rare e sclerosi multipla, con Genzyme, Salute Animale, con Merial, Vaccini, attraverso Sanofi Pasteur MSD Italia, joint venture al 50% tra Merck Sharp & Dome e Sanofi Pasteur.

In Italia, ad oggi, ci sono i seguenti stabilimenti industriali che producono farmaci esportati in tutto il mondo:

  • Origgio (VA),è un sito biotecnologico dedicato alla produzione di Enterogermina® per tutto il Gruppo;
  • Anagni (FR),produce prevalentemente farmaci sterili in forma liquida e liofilizzata, anche per altre aziende e alcuni vaccini per Sanofi Pasteur MSD;
  • Scoppito (AQ),specializzato nella produzione di forme solide, principalmente per farmaci antidiabetici, antibiotici, antiacido e antipertensivi.
  • Brindisi, stabilimento chimico specializzato nella produzione di principi attivi e intermedi di farmaci antibiotici, ospita laboratori di ricerca biotecnologica su nuovi ceppi antibiotici;
  • Garessio (CN), stabilimento chimico, produce principi attivi e intermedi di farmaci antimalarici, antiallergici, antipertensivi e antinfiammatori[1];
  • Noventa Padovana (PD),stabilimento Merial specializzato in vaccini aviari.

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M.M.: Siete anche molto attivi nella ricerca.

A.Z.: Si, nella Ricerca Clinica e in quella  Biotecnologica.

Nella sede Sanofi a Milano opera infatti un’unità di ricerca clinica (CSU – Clinical Study Unit) con circa 40 addetti, dedicata alla conduzione degli studi (o trial) clinici. La CSU Italiana coordina le attività di sviluppo nei Paesi del cosiddetto Cluster Adriatico: Romania, Bulgaria, Grecia, Slovenia, Croazia, Serbia, Albania, Bosnia Erzegovina. Nel 2014 sono stati condotti 69 studi clinici nelle principali aree terapeutiche su 34 molecole, con il coinvolgimento di più di 2.285 pazienti e 541 Centri di Sperimentazione clinica italiani.

Presso lo stabilimento di Brindisi è presente un centro specializzato nella ricerca biotecnologica, impegnato nello studio e sviluppo di processi per il passaggio su scala industriale della produzione di nuovi principi attivi antibiotici. Il centro è parte integrante del Distretto Biotecnologico della Regione Puglia.

Venendo alla tua domanda iniziale, da questo osservatorio privilegiato io vedo incrociarsi due tendenze. Da una parte, come hai giustamente ricordato, i big del web investono sempre più pesantemente sul tema health. Dall’altra, Sanofi e gli altri grandi gruppi farmaceutici internazionali investono nel digitale.

Difficile dire con certezza come evolverà lo scenario: la contaminazione reciproca è una probabile strada, della quale entrambi i settori possono beneficiare. Al momento attuale credo sia evidente la necessità di collaborare attraverso partnership. Qualche mese fa Sanofi ha annunciato una collaborazione Google Life Sciences nel diabete per sviluppare dispositivi in grado di migliorare il monitoraggio e la gestione dei livelli di glucosio dei pazienti.

La collaborazione unirà le competenze di Sanofi nel trattamento e nei dispositivi per la malattia con l’esperienza di Google nell’analisi dei dati, nella miniaturizzazione dei dispositivi e nel design di chip a basso consumo. L’idea di fondo è semplificare il monitoraggio della glicemia da parte del medico grazie alle nuove tecnologie, per capire quando il glucosio nel sangue del paziente è alto per diversi giorni in fila, o offrire al paziente stesso nuovi metodi per ottenere informazioni in tempo reale e regolare la dieta o il dosaggio dell’insulina.

Una nuova visione del digital business

M.M.: Secondo molti osservatori, la Digital Disruption in atto produrrà anche nel Pharma cambiamenti radicali del business model. Tu che ne pensi?

A.Z.: Io penso che sia più corretto parlare di innovazione incrementale, anche se  molto significativa.

Guardiamo al modello commerciale: in Italia è molto tradizionale, con il medico e il farmacista al centro. Un’evoluzione poterebbe essere quella di esplorare nuove forme di interazione grazie alle nuove tecnologie, per arrivare al cliente, oggi più smart e sempre più 2.0.

In Italia il settore farmaceutico è molto regolato e quindi occorre tenere presente i vincoli che impediscono di entrare in diretto contatto con il cliente (privacy, dati sensibili). Si può raggiungere l’obiettivo con collaborazioni e partnership istituzionali e attraverso l’importante ruolo svolto dalle associazioni di pazienti, per fornire servizi informativi e di supporto ai malati. Resta il fatto che in Italia il dialogo diretto sul farmaco etico tra azienda e paziente non è possibile. Il settore è mediato dalla figura del medico, l’unico titolato a prescrivere farmaci e a consigliare la terapia più appropriata per lo specifico paziente.

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M.M.: In altri Paesi la situazione è diversa?

A.Z.: Anche in altri Paesi ci sono temi di data privacy, ma per le interazioni dirette con i pazienti ci sono più spazi.

Tornando al modello di business, stiamo approntando degli strumenti che ci consentano di superare l’idea di digitale oggi prevalente, vale a dire la semplice dematerializzazione del cartaceo, la “copia digitale” di quanto già esiste o l’aggiunta di un canale accanto a quelli tradizionali. Occorre superare il concetto di “entrare nel digitale” solo perché è “giusto farlo” e perché “tutti stanno andando in questa direzione”.

Vogliamo sfruttare l’opportunità offerta dal digitale per sviluppare e migliorare le interazioni con i nostri stakeholder di business (medici, farmacisti, operatori sanitari, ecc.), attraverso la creazione di un’innovazione che sia veramente condivisa e creata insieme. Come avviene ad esempio con il clouding: l’abbattimento delle barriere fisiche per costruire insieme un percorso, delle soluzioni, degli strumenti che facilitino il rapporto, l’interazione, la fruizione reciproca. Ad ogni azione corrisponde un passo avanti nello sviluppo di soluzioni e processi; l’interazione attraverso i canali digitali come chiave per migliorare e creare insieme innovazione.

M.M.: Che ruolo svolge il rapporto con le startup nel vostro approccio alla Digital Transformation? Lo sviluppo di app a fini medici e sanitari sta prendendo sempre più piede. Penso ad esempio a quella disponibile gratuitamente per controllare l’ipertensione.

A.Z: In Italia i nostri programmi si articolano sul piano culturale e quello esplorativo in merito alle possibilità fattive di collaborazione.

A livello culturale, abbiamo avviato un percorso di contaminazione con il mondo degli startupper per cercare di assorbire il loro approccio imprenditoriale. Il Leadership Team di Sanofi Italia ha recentemente visitato un incubatore ed è entrato in contatto con stimoli nuovi e interessanti per ripensare la salute in chiave tecnologica, più “patient-friendly”, più vicina al paziente.

Abbiamo visto anche esempi molto concreti che sono praticamente realtà, come weareble health systems per misurare il livello di glucosio nel sangue.

Sul piano del supporto concreto abbiamo in mente per il 2016 un progetto per favorire le startup: questo avrà come leva portante il concetto di centralità del paziente, con una declinazione legata all’innovazione. L’idea si potrebbe sviluppare in un hackathon con un premio per individuare e mettere in incubazione una startup italiana.

Nel frattempo, lo scorso ottobre, nell’ambito del premio letterario “Leggi in Salute – Angelo Zanibelli”  abbiamo assegnato, per il secondo anno consecutivo, un riconoscimento dedicato a progetti digitali per migliorare la comunicazione tra l’azienda e i suoi principali interlocutori esterni – pazienti, medici e istituzioni. Il progetto “Un network per la trasparenza” è risultato il più innovativo e l’ideatrice ha vinto un contratto di lavoro in Sanofi della durata di un anno per poter verificare la fattibilità e rendere concreto il suo progetto.

Sanofi come Platfirm

M.M.: In uno dei post che abbiamo discusso nelle nostre conversazioni online, identificavo 5 parole chiave intorno a cui innovare i modelli organizzativi delle aziende impegnate in processi di Digital Transformation. La prima è Platfirm, neologismo che  nasce dalla fusione tra le parole platform e firm per indicare la prospettiva che vede le organizzazioni come piattaforme. Sanofi si sta attrezzando per diventare una Platfirm?

A.Z.: Si, sotto molteplici punti di vista. Un esempio è il rifacimento di Younique, il portale di Sanofi dedicato ai farmacisti: stiamo ricostruendo il portale b2b sul canale delle farmacie ridefinendone il ruolo per farlo diventare l’hub digitale delle relazioni e interazioni di business di Sanofi. Semplificheremo le attività dei farmacisti offrendo un customer service più veloce ed efficace; li aiuteremo ad affrontare le proprie sfide lavorando con loro sui temi dell’innovazione in farmacia, per il paziente/consumatore; offriremo una piattaforma digitale di training interattivo; supporteremo il farmacista nel migliorare il proprio business attraverso l’offerta di servizi dedicati.

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Un altro è il “Patient support program”. A livello di gruppo, Sanofi sta sempre più offrendo approcci alle patologie oltre alla fornitura di farmaci, con supporti a 360 gradi per i pazienti. Servizi informativi e personalizzati, consigli utili per minimizzare effetti collaterali delle terapie oppure su corretti stili di vita da adottare, come coadiuvante della terapia. Un esempio: la nuova insulina glargine di Sanofi, già in commercio negli Stati Uniti, approvata in Europa e disponibile nel 2016 in Italia, prevede un patient support program. Il Gruppo lo ha lanciato negli Stati Uniti; in Italia sarà adattato per essere compliant con le normative in vigore che vedono nel medico l’unico interlocutore del paziente per quanto riguarda patologia e terapia.

Ancora, possiamo ricordare il Progetto MyStar Connect, un programma di supporto quotidiano e personalizzato per le persone con diabete promosso da Sanofi in Piemonte con il coinvolgimento di 203 farmacie della cooperativa Farmauniti. Grazie alla collaborazione tra farmacie e Centri di Cura del Diabete e innovativi servizi di telemedicina, la persona con diabete, in accordo con il proprio diabetologo, può trovare nelle farmacie aderenti il supporto esperto dei farmacisti per scaricare i dati del proprio glucometro e inviarli al diabetologo.

M.M.: Benissimo, ma una azienda non può ambire ad essere una Platfirm se innanzitutto non sviluppa un Digital Workplace in cui i manager collaborano con i propri colleghi.

A.Z.: Da questo punto di vista, ogni mese posto personalmente sul mio blog nella Intranet aziendale delle riflessioni su temi strategici per il cambiamento della società su cui tutti sono invitati ad esprimere il loro parere.

Vi sono poi molti atri strumenti di comunicazione digitale tra cui la Sanofitv e gli appuntamenti di #MeetSanofi, incontri dedicati a temi di innovazione con spiccata attenzione al mondo digitale. Al centro dei talk le nuove strategie di comunicazione di impresa, sempre più legate allo storytelling e al brand journalism. Qui parliamo con opinion leader della rete, esperti digitali e docenti universitari delle nuove modalità di comunicare la salute in azienda.

Il confronto con l’esterno viene poi integrato da quello interno con le Townhall, momenti di incontro con i dipendenti supportati da piattaforme digitali: abbiamo avuto due occasioni nel 2015, una per la sede di Milano (450 persone circa), una per le persone che lavorano sul territorio (circa 800). Le riunioni si sono focalizzate sulla vision e gli obiettivi dell’azienda, con momenti di workshop basati sull’applicazione concreta, nella nostra azienda, delle pratiche di collective intelligence e design thinking e con testimonianze esterne, anche di pazienti. Sono stati anche utilizzati dei video-wall per domande, risposte e feedback a due vie in diretta. Per la Townhall della rete esterna, è stata creata un’app ad hoc che ha consentito lo scambio di commenti, informazioni, osservazioni, best practice  prima e dopo il meeting.

L’idea per il prossimo futuro è sviluppare un sistema di comunicazione di questo tipo che sia permanente; data la complessità della nostra azienda si potrebbe pensare di renderlo trasversale all’area geografica, al ruolo o alla funzione. L’obiettivo è rendere continuativa l’interazione tra colleghi per mettere a fattor comune le diverse esperienze, nell’ottica di un miglioramento continuo e condiviso e di una maggiore efficienza grazie alla collaborazione di tutti.

In generale, siamo sempre più incentivati ad utilizzare sistemi di conference call o video-conference, anche nell’ottica di ridurre gli spostamenti che impattano su budget ed efficienza in termini di tempo, incentivando anche un maggior rispetto per l’ambiente.

L’attenzione allo Humanware

M.M.: La seconda parola chiave del modello che abbiamo discusso è Humaware. Le organizzazioni viste come piattaforme esponenziali devono essere in grado di abilitare e mobilitare attori diversi (individuali quanto collettivi) per ottenere benefici e vantaggi quali: accelerare la creazione di opportunità e crescita, ridurre il rischio e i costi operativi, ottimizzare l’investimento in capitali e risorse, scalare rapidamente processi di learning. 

A.Z.: Lo “Humanware” di Sanofi Italia è caratterizzato anagraficamente da una media alta, intorno ai 50 anni. Una prima risposta è l’inserimento dei giovani: il 60% delle nuove assunzioni fatte nel 2015 è sotto i 30 anni,

Numerose attività di welfare aziendale dedicate all’aging sono iniziate nel 2013 con una survey dedicata agli over-50 che ha fatto emergere alcuni spunti chiave per avviare un percorso di riduzione del gap generazionale. Un esempio, esami di medicina preventiva specifici per gli over-50.

Sono stati sviluppati progetti di Smart Working pensati per andare incontro alle esigenze della popolazione aziendale. Lavorare da casa permette di recuperare alcuni momenti perduti della propria quotidianità. Sono circa 160 i colleghi che in Sanofi Italia beneficiano dello “smart working”, attraverso una iniziativa che consente di lavorare un giorno alla settimana dalla propria abitazione, o da un luogo diverso dall’ufficio, grazie al supporto tecnologico fornito dall’ azienda.

Sul Generational Gap si è anche incentrato il terzo appuntamento del 2015 di Attenzione alla Persona – incontri periodici per i dipendenti, dedicati al benessere personale e lavorativo dei collaboratori – che oggi assume grande rilevanza all’interno della nostra azienda.  La convivenza di più generazioni sul posto di lavoro impatta in maniera assai diversa i processi aziendali ed è necessario considerare la diversità come una risorsa che ci permette di mettere in atto strategie per migliorare positivamente l’interazione e il dialogo costruttivo fra le diverse generazioni.

M.M.: Altre iniziative?

A.Z.: Almeno due:

  • Reverse mentoring: le nuove generazioni supportano la popolazione “senior” in alcuni progetti che riguardano l’uso delle nuove tecnologie digitali, quale le nuova piattaforma digitale di gestione delle attività delle Risorse Umane chiamata “Workday”;
  • Social Academy: sessioni formative per i dipendenti sull’utilizzo dei social network. Dove e come essere presenti online, con supporto pratico all’apertura di profili Facebook e Twitter. Una sessione specifica in plenaria è stata dedicata all’utilizzo di LinkedIn come strumento di lavoro: su questo social si basa anche “Workday”, in quanto i profili professionali vengono importati da Linkedin.

Algorhytm e Markething

M.M.: Terza parola chiave: Algorhytm, che richiama l’attenzione sul ruolo di dati e algoritmi nel ritmare le attività di produzione di senso e di presa di decisioni di organizzazioni, mercati e individui. In altre parole, sul fatto che i dati sono la nostra ultima, definitiva interfaccia col mondo. In Sanofi cosa state facendo per valorizzare l’avvento dei Big Data ?

A.Z.: La Real World Evidence (RWE) sta diventando uno dei temi più dibattuti nell’ambito del mondo farmaceutico. Ci si riferisce alla capacità di accedere e analizzare i dati che derivano dall’utilizzo dei farmaci nella pratica clinica quotidiana da parte dei medici. Questi dati provenienti dal “mondo reale” possono scaturire da una miriade di fonti e se collegati insieme forniscono una visione completa del percorso di assistenza e cura di un paziente che può essere seguito con modalità sempre più adeguate.

Più in generale, molta dell’innovazione recente parte da intuizioni destrutturate che però sfruttano al massimo tutte le conoscenze disponibili di un settore e soprattutto la costante e diffusa connettività, attraverso tablet e smartphone. Proprio la rivoluzione digitale, e in particolare la sanità digitale, sono diventati vere fucine di dati  su prestazioni sanitarie e farmaceutiche. Dati ed informazioni sulla salute arrivano spesso da protocolli amministrativi o di cura molto strutturati, quali i registri AIFA, il Fascicolo Sanitario elettronico, le SDO ed i DRG. Altri dati arrivano da progetti meno strutturati ma che tendono ad interconnettere, in tempo reale, tutti gli operatori sanitari e soprattutto il paziente.

M.M.: Il vostro Marketing sta diventando quello che nel mio post definivo Markething?

A.Z.: La nostra Social Media Strategy si sviluppa su tre canali: sito, Facebook e Twitter, che si aggiungono alla già menzionata Sanofi TV.

Tu stesso hai poi ricordato in recente articolo la app Inonni, un progetto che ci sta dando moltissime soddisfazioni.

M.M.: Certo, iNonni si pone nella linea del “social” inteso nel duplice senso di “connettività” e “impegno sociale” (lo dicevamo già diversi anni fa)  di iniziative come ad esempio “DoLine”, l’applicazione di Banco Farmaceutico e Telecom Italia che permette di donare farmaci a chi ne ha bisogno attraverso il proprio smartphone. 

La leadership nel Pharma

M.M.: Ultimo, ma fondamentale, neologismo utile per questo check up digitale di Sanofi è Leadershift, con cui si intende  evidenziare come la disruption “tecnontologica” non riguardi solo il fronte dell’innovazione di business, ma anche e sempre più in futuro, i modelli tradizionali di guida, d’azione e d’influenza (oltre che di decision-making). Indica quindi uno slittamento (shift) della leadership verso modelli sempre più digitali e collaborativi (Social Leadership).Ora, che tu sia un social leader non c’è dubbio, visto anche il tuo impegno su Twitter e il blog interno. Ma a livello diffuso?

A.Z.: Oggi la sfida della leadership nel Pharma si vince potenziando la ricerca e sviluppo con piattaforme digitali adeguate. E su questo in Sanofi ci sentiamo veramente forti. Basta ricordare i nuovi farmaci sviluppati con la metodologia real world evidence  utilizzata per le insuline o le attività del nostro Hub di ricerca internazionale.

L’Italia dà il suo contributo in primo luogo con la  ricerca clinica  attraverso cui Sanofi partecipa ai principali trial clinici internazionali e ai maggiori studi finalizzati alla registrazione e all’immissione in commercio dei nuovi farmaci, fin dalle prime fasi della ricerca clinica: dalla Fase I nell’oncologia e dalla Fase II nelle altre aree terapeutiche.

M.M: Sono numerose anche le collaborazioni con le Università e le Istituzioni.

A.Z.: Certo, le più importanti sono con:

  • Università di Milano: Sanofi è una delle sedi di tirocinio formativo degli specializzandi in Farmacologia Medica;
  • Università di Firenze: da alcuni anni Sanofi sostiene il Master di I livello in Associato di ricerca clinicaed è sede di tirocinio per gli studenti. Questa formazione specialistica garantisce tempi rapidi di accesso al mercato del lavoro nel settore;
  • Università di Pisa: dal 2014 Sanofi sostiene anche il Master in Sperimentazione Clinica dei Farmaci promosso dall’Università di Pisa ed è, anche in questo caso, sede di tirocinio formativo per gli studenti;
  • Società Italiana di Farmacologia: è giunta alla 3° edizione la Summer School in Clinical Pharmacologyrealizzata in collaborazione con la società scientifica. Destinata agli specializzandi in Farmacologia Medica e in Tossicologia, l’iniziativa ha lo scopo di sviluppare ulteriormente le loro competenze scientifiche nelle aree della ricerca clinica e della farmacologia clinica. Lezioni accademiche sono affiancate da prove pratiche per imparare la scrittura di protocolli di ricerca e la valutazione statistica degli studi clinici.

Vorrei infine ricordare due iniziative. La prima è la collaborazione tra Sanofi e Alphega Farmacia per migliorare l’esperienza di assistenza alle persone con diabete e i loro familiari, attraverso il progetto “Diabete a 365°”: assistenza completa, 365 giorni all’anno. L’iniziativa prevede un percorso educazionale, con il coinvolgimento di 170 farmacie su tutto il territorio nazionale, per far crescere il ruolo del farmacista territoriale nella gestione integrata della patologia.

La seconda, nel settore chiave per la Digital Transformation dell’Open innovation: una partnership con Astra Zeneca recentemente annunciata su 200 mila molecole.

M.M.: In conclusione, dovendo in una frase sintetizzare qual’è il cuore della Digital Transformation nel settore farmaceutico, su cosa ti focalizzeresti?

A.Z.: Sul fatto che  l’innovazione non è tanto sul farmaco ma sul servizio al paziente e a tutto il sistema degli stakeholder esterni per utilizzare al meglio i dati disponibili. Per sostenerla nel nostro caso occorre abilitare un processo di change management interno che coinvolga ciascuno dei 2.600 dipendenti in Italia affinché anche Sanofi Italia possa diventare una “impresa dei millenials” (titolo dell’articolo da cui è nata la nostra conversazione su Twitter).

[1] A novembre 2015, Sanofi ha ceduto lo stabilimento di Garessio a Huvepharma S.p.A. con una soluzione che ne salvaguardia il futuro industriale e i livelli occupazionali. Huvepharma è una multinazionale farmaceutica presente nei principali mercati del mondo. Sviluppa, produce e commercializza prodotti farmaceutici e nutrizionali per l’uomo e per la salute animale.