Alice la sensemaker: l’identità mutante – Alice annotata 15b

Riprendiamo il discorso avviato in  Hard Boiled Alice (Alice annotata 15a), esaminando il primo degli elementi costituitivi del processo di sensemaking attraverso lo sguardo di Alice: la costruzione dell’identità individuale, che rappresenta anche il tema più importante di Alice in Wonderland  (vedi su questo anche Alice annotata – 8a, L’Identità Molteplice, Parte prima e Alice annotata – 8b, L’Identità  Molteplice, Parte seconda).

Quella di Alice è una identità molteplice e continuamente mutante, dove la trasformazione del corpo corrisponde a quella della mente.  Esemplare l’incipit del secondo capitolo: “Curiouser and curiouser!’ cried Alice (she was so much surprised, that for the moment she quite forgot how to speak good English); `now I’m opening out like the largest telescope that ever was! Good-bye, feet!’ (for when she looked down at her feet, they seemed to be almost out of sight, they were getting so far off). `Oh, my poor little feet, I wonder who will put on your shoes and stockings for you now, dears? I’m sure _I_ shan’t be able! I shall be a great deal too far off to trouble myself about you: you must manage the best way you can; –but I must be kind to them,’ thought Alice, `or perhaps they won’t walk the way I want to go! Let me see: I’ll give them a new pair of boots every Christmas.’ 

And she went on planning to herself how she would manage it. `They must go by the carrier,’ she thought; `and how funny it’ll seem, sending presents to one’s own feet! And how odd the directions will look!


ALICE’S RIGHT FOOT, ESQ.       

           HEARTHRUG,            

                    NEAR THE FENDER,

                            (WITH ALICE’S LOVE).

 

Oh dear, what nonsense I’m talking!’”. 

Fin dai primi passi in Wonderland, Alice scopre che l’essere sprofondata nella tana del Bianconiglio la sta conducendo in un viaggio giocoso verso la superficie della sua “identità infinita”, che si sviluppa sempre contemporaneamente in due direzioni opposte.

Proprio come accade ai barbari di Baricco che compiono rovesciamenti epocali: “Superficie al posto di profondità, viaggi al posto di immersioni, gioco al posto di sofferenza”[i].  Which way, which way? Forse la direzione e quella che dal basso va verso l’alto (e contemporaneamente viceversa. Come dice il Pippo disneyano, del resto, “E’ strano come una discesa vista dal basso assomigli tanto ad una salita!”). Il pallone aerostatico agganciandosi al quale  Alice effettua la sua risalita verso la superficie è l’umorismo nonsense di Carroll, che Deleuze[ii] non esita a paragonare ai koan dello Zen, contrario “alle profondità brahmaniche e alle altezze buddistiche”, e ad opporre all’ironia socratica come a quella romantica attraverso le quali, nella loro diversità,  è sempre “il Fondo senza volto che sta tuonando”, ovvero ciò che Baricco chiama anima: “un brevetto della borghesia ottocentesca. Furono loro a far diventare di dominio comune la certezza che l´umano avesse, in sé, il respiro di un riverbero spirituale, e custodisse, in sé, la lontananza di un orizzonte più alto e nobile. Dove lo custodiva? Nell´animo”[iii].

In pieno Ottocento l’umorismo di Carroll è invece già un umorismo “barbaro”, in cui “il senso e il non senso la smettono con il loro rapporto di opposizione dinamica, per entrare alla compresenza di una genesi statica, come non senso della superficie e senso che slitta su di essa”. E’ così “distrugge tanto il buon senso, quale affermazione di un unico senso determinabile di ogni cosa, quanto il senso comune quale assegnazione di identità fisse”[iv], ovvero i ruoli solidi cui vuole condannarci lo Spirito Assoluto dello scientific management nelle Istituzioni Totali nelle quali si  manifesta e che, come Matrix, “è ormai ovunque intorno a noi, anche nella stanza in cui siamo”, per  dirla con le parole che Morpheus (Morfeo è il nome che identificava nelle Metamorfosi di Ovidio il Dio del Sonno e dei Sogni… come quello di Alice) rivolge a Thomas Anderson / Neo durante il loro primo incontro. Dialogo  che inizia così: (Morpheus) “Immagino che in questo momento ti sentirai un po’ come Alice che ruzzola dentro la tana del Bianconiglio”. (Neo): “ L’esempio calza”.

Un’altra valenza del nonsense, in relazione alla scoperta della propria personalità mutante, la ha sottolineata Gianni Celati, commentando una delle situazioni tipiche in cui si trova Alice: il tentativo di confermare la solidità del proprio sé recitando una filastrocca imparata a memoria che inevitabilmente fallisce. Così accade nel secondo capitolo: “I’ll try and say “How doth the little–“‘ and she crossed her hands on her lap as if she were saying lessons, and began to repeat it, but her voice sounded hoarse and strange, and the words did not come the same as they used to do:– 

`How doth the little crocodile

improve his shining tail,

And pour the waters of the Nile

On every golden scale!

‘How cheerfully he seems to grin,

How neatly spread his claws,

And welcome little fishes in

With gently smiling jaws!’

`I’m sure those are not the right words,’ said poor Alice, and her eyes filled with tears again”.

Osserva Celati che imparare le poesie a memoria è un tipico meccanismo con cui il Padrone del Linguaggio istilla la convinzione che vi sia un senso fisso, corretto, uniforme (“standard” è il termine preferito da Taylor) delle parole e delle cose, mentre il nonsense è un modo “meno categorico, più fluido (liquido, direbbe Bauman) di pensare le cose. Alice recita le poesie didattiche apprese a scuola (senso fisso, corretto, uniforme), ma le recita senza pensare al senso, come dei puri suoni; così scivola sulla lettera che trascrive il senso e va a parare in un senso tutto diverso, appunto il nonsenso… Non appena il suono fisso è preso per quello che è (come quando i bambini recitano le poesie meccanicamente), si riattiva la mobilità del suono… che diventa simile a quello delle rime senza senso. Il senso e il nonsenso diventano la stessa cosa”. Analogamente Maurizio Ferraris, nel già citato Anima e iPad, scrive: “Mettiamo che uno impari a memoria il Cinque maggio e poi lo reciti: significa che sta pensando? No, potrebbe benissimo pensare a ciò che c’è per cena”. Lo smarrimento che prova Alice quando “sbaglia” la recita a memoria è lo stesso di chi per la prima volta scopre che è libero di pensare, che il senso da sempre ritenuto immutabile può trasformarsi in nonsenso ricchissimo di significato, perché frutto del propria capacità di elaborazione intellettuale.

Martin Gardner dimostra come lo slittamento di senso nel caso ricordato da Celati derivi dal sostituire l’immagine del “coccodrilletto” a quella dell’apina industriosa intorno a cui si sviluppa la filastrocca originale How doth the little busy bee che Alice fuori da Wonderland sapeva a memoria. Una sostituzione che ancora una volta assume il significato del ribaltamento, dell’opposizione, del capovolgimento: “Carroll has chosen the lazy, slow-moving crocodile as a creature far removed from the rapid-fliyng, every-busy bee”.[v] Ma sulla superficie dello specchio non c’è contrasto, solo un riflesso infinito fra due significasti possibili che si rifrangono infinitamente gli uni negli altri. L’ape è un coccodrillo, il coccodrillo è un’ape, all’infinito.   “Il bello è brutto e il brutto e bello”, chioserebbero le streghe di Macbeth con la sensatissima litania senza senso che  apre l’immortale tragedia shakespeariana e che ne contiene la morale  finale.

Alice annotata 15b. Continua.

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[i] Baricco, cit, cap 15, La velocità è generata dalla qualità.

[ii] Deleuze, cit. Sull’umorismo, pp. 122-127.

[iii] cap. 17, Il varco verso una qualche spiritualità.

[iv] Rossi, Katia, L’estetica di Gilles Deleuze, Pendagron, p. 46.

[v] Gardner, p. 24.