Società, relazioni e nuove tecnologie: Facebook e il social networking

Libro romeoNon c’è nulla di più pratico di una buona teoria, diceva Kant, intendendo con ciò che, per poter agire con efficacia nella concretezza della quotidianità, occorre avere le idee chiare sui presupposti, sui fini e sui mezzi di tale agire.

Il libro di Angelo Romeo, Società, relazioni e nuove tecnologie, in questo senso appare estremamente “pratico”. Si propone infatti come una rassegna delle più importanti teorie sociologiche, sia classiche che contemporanee, finalizzata all’individuazione di alcuni concetti chiave utili per comprendere la natura del fenomeno del Social Networking, con particolare riferimento a Facebook. Al più popolare dei social network è infatti specificamente dedicato il terzo e ultimo capitolo del volume, che propone i risultati di una ricerca etnografica svolta in rete su un campione significativo di utilizzatori. Abbiamo parlato di tutto questo con l’autore*, che ha accettato di rispondere ad alcune domande.

MM: Il primo concetto sociologico da cui parti nel tuo libro è quello di “complessità”, nella enunciazione classica di Edgar Morin e quindi di altri autori. E’ un punto di vista che condivido. In un mio piccolo saggio di qualche anno fa intitolato “Il mondo vitale di Facebook” scrivevo: “Se la differenza fra razionalizzazione e razionalità, come insegna Edgar Morin, è che la prima è chiusura al mondo mentre la seconda è apertura al mondo, non c’è dubbio che Facebook possiede una potenziale razionalità non riduzionistica, relazionale, eticamente fondata, decisamente superiore agli altri social network”. Alla luce della tua ricerca puoi confermare questa affermazione?

AR: Confermo questa posizione ed il successo di Facebook rispetto agli altri social network è sicuramente considerevole, per una motivazione che io ho sempre legato alla semplicità di accesso e di interazione che nasce al suo interno. Facebook scavalca qualsiasi livello di scolarizzazione e consente di creare un legame con le esperienze della vita collettiva, evitando una chiusura dell’individuo, che allarma spesso l’opinione pubblica. Può succedere che si verifichi questo, ma non leggerei l’utilizzo di Facebook in questi termini, anzi contribuisce a rendere “vitali” molte attività che rischierebbero di rimanere latenti.

MM: Ed infatti uno dei concetti collegati a quello di complessità dei Social Network, centrale anche nella tua analisi, è quello di “Mondo Vitale”. A me interessa in particolare l’alternativa che si pone fra Istituzione Totale – “sistema organizzativo chiuso e formalmente amministrato” (Goffman) – e Mondo Vitale – “sistema aperto e regolato da empatia sistemica tra i suoi membri” (Ardigò). La questione centrale è proprio questa empatia, questa necessità di condivisione che crea i legami e, dunque, consente di procedere nell'analisi di sé e della società che ci circonda. Puoi spiegarci se si può affermare, dal tuo punto di vista, che Facebook è un Mondo Vitale, pur avendo per certi versi in sé la possibilità di trasformarsi in una Istituzione Totale (vedi ad esempio il tema della censura operata da Facebook e quello del controllo sulla privacy, che con il recente inserimento della funzione Timeline è divenuto ancora più scottante?)

AR: Il confronto Goffman/Ardigò, dal mio punto di vista è molto calzante per spiegare cosa è divenuto oggi Facebook. Paragono spesso questo SN ad un “condominio sociale”, dove tutti sanno tutto di tutti, ovvero quello che si vuol far conoscere a chi fa parte della nostra lista di contatti e gruppi di appartenenza, reti, ecc. Secondo me è un Mondo Vitale, in cui si decide di entrare a far parte, consapevoli dei rischi che gli spazi della rete possono comportare. Leggo quotidianamente su Facebook di tutto, dalle questioni sociali/politiche che ci toccano da vicino alle semplici esperienze della vita di ognuno, che spesso possono risultare del tutto banali. Anche il concetto di “condivisione” ha assunto un significato del tutto diverso: il mettere in comune qualcosa da condividere con chi entra in comunicazione con noi nel SN ha assunto più il significato di “posso dire una cosa?”, in una società che ha necessità di comunicare e che l’accesso ai SN consente con maggiore dinamicità e tempismo di altri media. Su questa vitalità, irrompe la necessità di “una vigilanza”, ed ecco che si inserisce un controllo sulla privacy sempre più rigido e che manifesta come anche il SN non sia uno spazio vitale estraneo al controllo, anzi diviene una scatola sotto osservazione quotidiana.

MM: Il concetto di Mondo Vitale applicato al Social Networking conduce a quello di Intelligenza Collettiva. Tanto che, nella mia esperienza come Direttore Responsabile del disegno e dell' avvio del social media ideaTRE6O, avevo scelto come payoff originale: "Intelligenza collettiva per un mondo vitale".  E' in contesti come questi che l'Intelligenza Collettiva diviene "Intelligenza Connettiva". Nell’ultimo romanzo della Living Mutans Society, La Mente InVisibile, così viene descritta dal “profeta” Petrus l’Intelligenza Collettiva/Connettiva, di cui discuti anche nel tuo libro: “Siamo tutti parte di una mente o meta-rete olistica, una Supermente di cui il singolo soggetto, detentore di una frazione dell’intelletto materiale, è un’appendice, un terminale. La nascita come singolo individuo è il vero peccato capitale: è per questo che, per decreto immutabile dall’inizio del Tempo, le singolarità subiscono l’una dall’altra punizione e vendetta. L’ingiustizia radicale da cui sorgiamo come individui si redime solo tornando alla originale sostanza divina, eterna, alla meta-rete che resta perennemente operativa, pronta a servire tutte le ulteriori possibili connessioni individuali. E’ questo l’ombelico del mondo, la cui esistenza già i sapienti dell’antichità avevano intuito: non sta né in cielo né in terra, dicevano, è manifesto agli dei ma invisibile agli uomini. Avevano capito, cioè, che la scienza e il sapere umano si costituiscono in una loro continuità universale ed eterna cui gli individui possono partecipare solo nella caduca esistenza, ma che resta immutabile al di là di ogni esperienza e capacità personale. L’Intelligenza Connettiva pensa ovunque e sempre stimolando il pensiero dei propri membri di cui riunisce i percorsi, i contatti e le azioni effettive mentre sono implicati nella creazione continua del loro mondo mentale comune. L’Intelligenza Connettiva muove, in quanto causa finale, il singolo intelletto umano. Attraverso la congiunzione, la copulazione elettronica, che ognuno può realizzare con l’Intelligenza Connettiva, con la Supermente invisibile, gli uomini acquisiscono l’immortalità e la massima felicità possibile.” Ovviamente si tratta di una enfatizzazione grottesca, quale è lo stato delle cose oggi su Internet?

AR: Questa domanda mi fa molto piacere perché mi consente di riprendere la discussione  in merito al contributo dato da Internet alla conoscenza oltre che alla comunicazione. Il dibattito tra Collettivo/Connettivo richiama a mio avviso una importante riflessione, che ho sviluppato nel testo, sulla gestione della conoscenza nell’era di internet, ad opera di Elonir Ostromm. Dal suo punto di vista, che io condivido pienamente, la rete è uno spazio, un contenitore di informazione notevole, informazione che l’individuo deve selezionare non essendo in grado di gestirla per intero, ma al tempo stesso, questa enorme disponibilità di informazioni a cui ognuno può accedere, rischia di fornire un tipo di sapere che talvolta non arricchisce chi lo ricerca, anzi gli crea maggiori difficoltà se non è in grado di selezionare il sapere disponibile e  scinderlo dal sapere “errato”che spesso viene messo in rete da un utente poco esperto su determinate questioni. Da un lato Internet diviene una fonte preziosa di un bene che diventa comune, dall’altro, è necessaria una selezione ed una verifica più attenta delle fonti.

MM: Nella nostra indagine Delphi 2.0 La rivoluzione social e le aziende sosteniamo che “nel quadro economico attuale, segnato dalla rivoluzione social ma anche da una profonda crisi a livello mondiale e dall’emergere di nuove modalità contrattuali, l’empowerment coniugato a forme flessibili di retribuzione, di orario, di organizzazione si ottiene solo se la persona trova consistenti ragioni di adesione psicologica alla mission della società di appartenenza. La rivoluzione social richiede un profondo ripensamento di comportamenti manageriali che mai come oggi devono essere ispirati da una forte visione etica. Come già molti anni fa ha osservato Peter Drucker, sotto questo profilo, il modello di riferimento per le aziende profit dovrebbero essere le associazioni non-profit, che possono contare sulla risorsa più importante di tutte: l’entusiasmo. L’entusiamo è derivante dalla consapevolezza o, almeno, dalla fiducia nel fatto che l’organizzazione persegue un fine giusto, per cui è importante battersi. La condivisione di valori che si traduce in progetti concreti a beneficio della società diventa cruciale per rafforzare la coesione aziendale e in ultima analisi la sua stessa forza produttiva”. Parliamo qui in sintesi dell'impresa conviviale, un luogo dominato dall’eros e dalla cooperazione discorsiva, tema cui dedico un intero capitolo in Nulla due volte (L'erotismo aziendale, pp. 98 e sgg). Sotto questo profilo, come si colloca il concetto di ”amicizia”, che in Facebook svolge un ruolo cruciale (come ricordava ancora ieri Fabio Gambaro su Repubblica, "con amicizie e nuove legami Internet aumenta il capitale sociale") ?

AR: L’amicizia è uno dei temi rilevanti all’interno di un SN come Facebook. Fermo restando che quanto emerge dalla  indagine Delphi 2.0 è sicuramente la base per costruire in termini aziendali e non solo un progetto comune che possa coinvolgere i suoi membri, come ho evidenziato all’interno del mio testo,  il termine Amicizia in Facebook credo vada preso con le dovute “misure”. Sono favorevole alla creazione di rapporti di amicizia attraverso un SN, mi è capitato, quindi non sono contrario all’amicizia in Facebook laddove ti consente di entrare in comunicazione, creare un confronto con persone che hanno i tuoi stessi interessi. Si può davvero costruire un rapporto di amicizia quando però c’è un seguito nella vita quotidiana, che non si esaurisce nell’add friend e poi non si scrive né un messaggio privato né si interagisce fosse solo per manifestare una propria opinione. Ci sono casi in cui l’amicizia in Facebook,  che nella vita è la base per costruire legami, diventi un elenco di numeri. Mi stupisce vedere su Facebook utenti che non controllano spesso chi stanno aggiungendo. Questa credo non sia amicizia, credo anche che non sia un contatto se non trova un riscontro, un feedback. Può però verificarsi che nel SN una persona si trovi a suo agio nel parlare con chi non ha mai incontrato e porre le basi di una amicizia vera che può avere risvolti amicali o professionali.

MM: Nel tuo libro dedichi un intero paragrafo al tema del gioco: "quando si affronta un discorso legato all'interazione sociale nella vita quotidiana – scrivi – non si può non far riferimento a quei momenti dedicati allo svago e al gioco, che coinvolgono la collettività". E quindi sintetizzi opportunamente le tesi classiche di Huizinga e di Callois, confrontandole con quelle della rappresentazione di Goffman, che possono essere utilissime a comprendere la natura profonda dei "giochi in maschera" che si svolgono sui Social network ed in rete in generale. A me interessa molto questa tua puntualizzazione, tanto che, nella indagine Delphi dedicata alla rivoluzione social, un item è dedicato alla Formazione 2.0, in cui riveste un ruolo centrale il concetto di “gamification”. Non a caso Alice Postmoderna, che si presenta appunto come un progetto di Education 2.0 multipiattaforma, trova uno dei suoi sviluppi nel contest del MashRome Film Fest, quindi nella partecipazione ad un gioco. Più in generale, ci spieghi cosa è la gamification e perché è così importante?

AR: Anche se non me ne sono occupato all’interno del volume, la gamification è ormai forte in quei contesti in cui si lavora alla costruzione di un brand e di una campagna di comunicazione, una sorta di metodo che stimola gli utenti impegnati in un determinato progetto a lavorarci seriamente, a fare ciascuno qualcosa, che sia concentrato sul messaggio che si vuole trasmettere, mettendo in gioco le proprie competenze. Nell’ambito della formazione, credo che stimoli ciascun membro di un gruppo a non rimanere come pubblico spettatore, ma interlocutore attivo, penso ai forum che nascono dentro i corsi a distanza, ai gruppi on line in cui la partecipazione, i compiti e il rispetto delle consegne sono la base per il raggiungimento degli obiettivi di un progetto, sia quando si è on line, che in maniera off line. Io lo interpreto come una sorta di gioco per fini formativi, che può modificare le abitudini di un gruppo o di un utente. Molti corsi misurano il livello di partecipazione alle attività proposte. 

MM: C’è un ultimo tema, fra i tantissimi da te toccati, che mi interessa particolarmente, ovvero quello dell’identità molteplice sviluppata sui SN, evocata anche nel Manifesto dello Humanistic Management. Quale è il tuo parere in proposito?

AR: L’identità è una questione molto spinosa che chiama in causa sociologi, psicologi ma anche antropologi. Bauman dal canto suo utilizza la metafora cara a Levi Strauss del puzzle, che è in continuo movimento e definizione. Nell’epoca del SN in cui spesso si parla di identità per indicare quelle persone che si nascondono dietro un profilo fittizio, credo che il problema sia di altra natura, ossia l’identità non è una maschera come spesso si definisce, ritengo che attraverso il SN l’individuo riesca a mettere a nudo quello che ha dentro più di quanto non faccia nella realtà. Anche se ci sono casi in cui molte persone si nascondono dietro un’identità lontana dalla loro, non mi pare sia il caso di generalizzare.

 

*Angelo Romeo è PhD. in Scienze della comunicazione e organizzazioni complesse, svolge attività di ricerca e insegna Sociologia e Teorie e tecniche della comunicazione e dei nuovi media in vari atenei tra cui Ied e Università Gregoriana di Roma. Si occupa di problemi legati al mutamento sociale con particolare attenzione al rapporto uomo- media digitali. Ha pubblicato volumi sul tema e articoli su riviste scientifiche internazionali.