“Which way, which way?”: domanda angosciosa che enfatizza la necessità di aprire alla molteplicità dei significati cui il Pensiero Unico (taylor-fordistico) contemporaneo cerca sempre più inutilmente di precludere l’accesso, grazie anche alla rivoluzione di Internet prima del 2.0 poi. Leggiamo cosa dice Humpty Dumpty in proposito:
«Quando io uso una parola» disse Humpty Dumpty con un certo sdegno, «quella significa ciò che io voglio che significhi – né più né meno». «La questione è» disse Alice, « se lei può costringere le parole a significare così tante cose diverse». «La questione è» replicò Humpty Dumpty, « chi è che comanda – ecco tutto».
Aprire alla molteplicità di significati delle parole: questa è la prima risposta alla domanda di Alice e dei “disorientati” di tutto il mondo. Claudia Consolini ci ricordava, in un Commento ad Alice Annotata 3, il saggio di Gianrico Carofiglio La manomissione delle parole, in cui l’autore scrive: “le nostre parole oggi sono spesso prive di significato. Ciò accade perché le abbiamo consumate, estenuate, svuotate con un uso eccessivo e soprattutto inconsapevole. Le abbiamo rese bozzoli vuoti. Per raccontare dobbiamo rigenerare le nostre parole. Dobbiamo restituire loro senso, consistenza, colore, suono, odore. E per fare questo dobbiamo farle a pezzi e poi ricostruirle. Parla appunto di”manomissione” nel senso di questa operazione di rottura e ricostruzione. Solo dopo la manomissione, possiamo usare le nostre parole per raccontare storie. Carofiglio riflette sull’importanza del linguaggio nel nuovo millennio, soffermandosi sul rapporto tra linguaggio e potere ed appunto il “potere” di quest’ultimo di mutare il mondo delle parole: questo provoca effetti profondi sugli individui e sulla società tutta.
Carofiglio cita, inoltre, una ricerca dell’antropologo Bob Levy, svolta negli anni Cinquanta a Tahiti, che ha messo in luce come qui vi fosse un tasso di suicidi più alto che altrove: dallo studio emerse che i tahitiani non possedevano parole per indicare la sofferenza morale, per esprimere ed espellere la sofferenza in modo innocuo per se stessi. “Chi non ha le parole per risolvere i problemi e per dire le cose importanti della vita, come i criminali sprovvisti di termini, e dunque di concetti, che indichino vergogna e sofferenza, reagisce con gli atti a ciò che non si può dire a parole” sottolinea Carofiglio. Dunque ha ragione Humpty Dumpty: “la questione è chi è che comanda”. E per concludere con Steiner: “George Steiner ha osservato, dice ancora Carofiglio, che le ideologie cosiddette competitive, come il nazismo, non producono lingue creative, e solo di rado elaborano nuovi termini: molto più spesso saccheggiano e decompongono la lingua della comunità, manipolandola e usandola come un’arma”. “L’usurpazione, il furto delle parole è un fenomeno lento, progressivo e ricorrente”, sin dall’antichità. È dunque compito di tutti far vivere queste parole nel loro giusto e completo significato, non farsele rubare, difenderle e tramandarle”.”
“Le parole sono importanti!”, per dirla con il Moretti di Palombella Rossa: in base a questo assunto, Alice propone un modello cognitivo e operativo coraggioso e alternativo a quello dominante, un modello umanistico fondato sulla ricerca della propria “verità” (non statica, ma in continua e dinamica evoluzione) individuale, contrapposta alla dittatura omologante dello scientific management applicato ad ogni livello sociale.
Alexander L. Taylor, a proposito di Through the Looking-Glass [i], ricorda che molti scacchisti hanno messo in evidenza come le mosse che Alice fa sulla scacchiera immaginata da Carroll (corrispondenti ai passaggi da un capitolo all’altro) sono incompatibili con le regole degli scacchi. Ma osserva che in primo luogo è piuttosto illogico aspettarsi il rispetto della logica del gioco in un sogno di una bambina di sette anni. Inoltre è ancora più illogico aspettarsi che una pedina “which can see only a small patch of board to understand the meaning of its experiences… This is a pawn’s impressionon of chess, which is like a human being’s impression of life”. Alice non è in grado di vedere cosa accade in tutta la scacchiera, al massimo può controllare cosa accade nelle caselle a lei vicine, ma le sfuggono le mosse delle altre figure, la ratio complessiva di quello che avviene nel mondo al di là dello Specchio.
Come Rosenkrantz e Guildestern nel celebre film di Stoppard, che ci consente di vedere l’universo di Elsinore non più dal punto di vista di Amleto ma da quello di due personaggi minori, che non capiscono nulla di quello che accade, o meglio ricreano un percorso di senso completamente nuovo (anche se nel loro caso alla fine restano vittima del “meccanismo” dello spettacolo, laddove invece Alice sia nel primo che nel secondo libro conclude le proprie avventure facendo saltare -letteralmente- il banco delle regole definite dall’Autore: il mazzo di carte viene sparigliato, i pezzi della scacchiera vanno in frantumi) .
Come accade a tutti noi, quando abbandoniamo la “retta via” dei ruoli prescritti e soprattutto quando ci avventuriamo nella Rete, che ci costringe ogni volta a trovare nuovi itinerari di senso, a riconfigurare i nostri profili, a ripensare in sostanza la nostra identità.
Alice Annotata 14a Continua
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[i] p. 88.