Il Social Learning, questo sconosciuto. Ovvero questo oggetto ancora tutto sommato misterioso, nonostante se ne parli ormai da molto tempo, anche se quasi sempre per ridurlo, fra l’altro in maniera generalmente banalizzante, alla questione della famigerata “gamification”, che ha un suo perchè, ma non esaurisce certamente la questione. Questione che non va neppure confusa con quella relativa a come creare un piano aziendale di educazione all’uso dei Social Media, per il quale rimando al post specificamente dedicato.
In questo quadro ho accettato quindi volentieri l’invito dell’amico Raul Nacamulli a dare un mio contributo al dibattito che sul blog della Bicocca è stato avviato per approfondire l’argomento.
Invito dunque i lettori a partecipare a quella interessante discussione. Per introdurre il tema penso però che possa essere utile qui provare a delimitare il campo. Cercherò allora di indicare in prima battuta cosa il Social Learning non è, anche prendendo spunto dal capitolo introduttivo del bel libro The New Social Learning di Tony Bingham e Marcia Conner (nel corpo di questo post vi propongo qualche insight ritagliato dal libro).
Il Social Learning:
NON è una forma di apprendimento dedicata ai soli “knowledge workers”, ai lavoratori della conoscenza (a meno di non sostenere che oggi TUTTI i lavoratori non possono che essere lavoratori della conoscenza: tesi alla Richard Florida su cui mi troverei tutto sommato d’accordo). Può ad esempio aiutare le persone che lavorano nel backoffice, al servizio clienti, dietro ai banconi di vendita al dettaglio;
NON coincide con la intranet aziendale, anche se questa può essere l’ambiente abilitante le nuove forme di apprendimento (se si è trasformata in Social Portal). Analogamente, plugin per la gestione dei documenti, calendario, blog e directory online possono contribuire a sostenere il Social Learning, ma spesso sono strumenti utilizzati per compiti specifici, piuttosto che per sostenere finalità formative – vedi su questo il post Condivisione, collaborazione, social networking;
NON è una attività in contrasto con la formazione formale. Gli studenti spesso utilizzano Twitter come canale di feedback e per la comunicazione tra di loro o con i docenti. Gli insegnanti possono anche usare i social media prima e dopo le lezioni per catturare e condividere le idee di tutti;
NON è un sostituto della formazione tradizionale in aula o online (e-learning classico) dei dipendenti, anzi il Social Learning in genere integra la formazione in aula e quella online;
NON è sinonimo di apprendimento informale. La vasta categoria dell’ apprendimento informale può includere il Social learning, ma alcuni casi di apprendimento informale non sono necessariamente social, ad esempio la ricerca e la lettura individuali;
NON è una nuova interfaccia per la ricerca on-line, che potrebbe essere considerata “social”, perché altre persone hanno sviluppato il contenuto da scoprire. Ricercare un contenuto con un motore di ricerca non comporta l’impegno interpersonale, che è il marchio di fabbrica del Social Learning;
NON coincide con l’e-learning, il termine usato per descrivere qualsiasi uso della tecnologia per insegnare qualcosa intenzionalmente. Questa ampia categoria può includere strumenti sociali e solo se è organizzato in una comunità di apprendimento online come ad esempio Moodle può avvicinarsi molto alle pratiche di Social Learning;
NON coincide con la mera riproposizione di “pillole formative” modello anni ’80, anche se contrabbandate sotto forma di APP più o meno mirabolanti (sarebbe come sostenere che il Kindle è un semplice PDF un po’ taroccato, come quei giovinastri che truccano i motori dei loro scooterini, ottenendo solo un potenziamento del rumore e non certo un aumento della velocità).
In sintesi: il Social Learnng non è necessariamente un sostituto tout court della formazione e dei processi di Talent Management canonici. Ma certamente può ottenere ciò che è al di là della portata degli approcci tradizionali, grazie alla trasformazione del luogo di lavoro in un Digital Workplace, a sua volta reso possibile dalla revisione dei processi tradizionali sulla base del nuovo modello della social organization – su questo punto sì è incentrata la discussione svoltasi qualche giorno fa fra un gruppo dii Direttori HR in occasione dell’evento IBM Social Organizations for a Smarter Workforce.
Per esempio, con il Social Learning si può integrare la formazione top-down, monodirezionale, con la collaborazione e la co-creazione e, così facendo, abbattere il confine docente-discente (apertura) e migliorare l’esperienza di tutti (questo è quanto è avvenuto nel corso del progetto Alice Postmoderna).
Si può lasciare una traccia audio o video che testimonia il percorso di un viaggio di apprendimento e permette ad altri di ripercorrerlo: per questo ad esempio ho aperto un canale su YouTube dove è possibile rivedere alcune delle mie conferenze, anche quelle svolte in mondi digitali alternativi come Second Life.
Si possono ri-energizzare conferenze e workshop, fornendo un back-channel di commenti e domande (ho potuto apprezzare la potenza di questo strumento in occasione di workshop dedicati all’alta dirigenza sul tema della Social Organization in realtà come il Gruppo Reale Mutua Assicurazioni e Banca Sella).
Si possono portare i dipendenti ovunque siano localizzati in comunità dove possono non solo imparare gli uni dagli altri, ma creare nuove offerte per i clienti (vedi nel mio caso l’esperienza svolta con la piattaforma di Fondazione Italiana Accenture ideatre60).
Si possono coinvolgere i dipendenti su temi stategici relativi al posizionamento stesso dell’azienda usando in maniera creativa social network come Pinterest.
In breve, nell’ambito di una strategia volta ad utilizzare al meglio i social media interni alle aziende per facilitare la comunicazione, il Talent Management ed in generale le Social HR (vedi lo specifico post), queste stesse tecnologie sociali possono potenziare il modo in cui l’azienda crea e diffonde conoscenze ed esperienze al suo interno sviluppando forme di intelligenza collaborativa. Social Learning, appunto.