It’s my own invention: oggi questa frase del Cavaliere Bianco suona piuttosto strana. E’ impensabile immaginare una “invenzione personale” nell’epoca del mushup, del social networking, dei sincretismo, dell’intelligenza connettiva e delle aggregazioni.
Lo dice bene Jeff DeGraff nel post The Seven Deadly Sins of Innovation Leaders: “L’innovazione è una delle poche forme di valore che attraversa orizzontalmente la vostra organizzazione. Tocca ogni funzione e disciplina. Per complicare le cose, la competizione non è più fra singole aziende ma fra federazioni di imprese nate dall’abbattimento dei confini tradizionali (vedi alla voce apertura, ndr)”. Nell'”economia Facebook”, la sincronizzazione di reti di innovazione senza centri predefiniti richiede di andare molto oltre la concezione gerarchica dell’azienda. Anche se questa è stata a lungo una strategia per le piccole imprese, ora sta divenendo la norma anche nelle organizzazioni più grandi e più complesse.
Boeing sta costruendo Dreamliner su misura attraverso una rete di centinaia di aziende e migliaia di fornitori sparsi in decine di paesi. Il velivolo ha avuto diversi ritardi, che sono costati a Boeing contratti lucrosi, ma la capacità della società di sincronizzare tutti questi elementi per creare prodotti personalizzati e complessi pone la basi di un significativo e duraturo vantaggio competitivo” (l’esempio è citato anche in Wikinomics di Dan Tapscott).
Torniamo allora al concetto di “coda lunga” proposto da Chris Anderson, che ci aiuta a comprendere meglio la natura contemporanea di creatività e innovazione. Dopo avere ripreso l’analisi proposta da Seth Godin in La lunga coda del Topo e la coda lunga di Anderson – Alice annotata 35a, rivolgiamo la nostra attenzione a Kevin Kelly che, nel post Wagging The Long Tail of Love [i] pubblicato nel suo The Technium, ha, a sua volta, recensito il post di Seth Godin sulla Long Tail.
Kevin Kelly concorda con Seth Godin sulla suddivisione dei tre segmenti della Coda Lunga e sulla relativa appartenenza rispettivamente dei Creatori al primo e al secondo e degli Aggregatori al terzo. Anche Kevin Kelly afferma che il terzo segmento della Long Tail, abitato dagli Aggregatori, rappresenta un landa desolata per i profitti dei Creatori – in quanto gli Aggregatori, per definizione, non sono Creatori – e individua il segmento più profittevole di guadagni in quello centrale in quanto può portare grandi margini di profitto con un consistentemente minore dispendio di energie (mezzi, risorse e investimenti economici) rispetto alla Testa della Coda ovvero al mercato di massa delle hit e dei best seller. Tuttavia, Kevin Kelly – a differenza di Seth Godin – opera una distinzione nell’analisi dei tre segmenti o meglio nel punto di vista da adottare in tale analisi.
A detta di Kevin Kelly è innaturale analizzare tutta la Coda Lunga dallo stesso punto di vista ovvero quello del profitto economico, in quanto tutti e tre i segmenti che la compongono possono generare e riportare profitti ai Creatori di opere, beni, prodotti e servizi, ma in maniera differente. La dimensione dei primi due segmenti, quello del mercato di massa e quello delle nicchie di mercato, porta profitto in termini di denaro. La dimensione del terzo segmento è quella dell’Amore per la connessione, del dono, dell’apprendimento, della collaborazione e della condivisione. In una parola, è la dimensione della cura in un senso molto vicino a quello hiedeggeriano, anche se oggi in azienda preferiamo magari usare il termine Engagement.
Come ha scritto Eugenio Scalfari in un articolo pubblicato su Repubblica il 10 agosto (per inciso, in garbata polemica con il “nuovo realismo” proclamato da Maurizio Ferraris e dunque in linea con quanto dicevamo nella serie di post conclusasi con La sincerità di Alice e il realismo di Robinson – Alice annotata 24): “L’essere ha una curvatura erotica perché l’istinto di sopravvivere non è altro che amore per sé, amore per gli altri e amore per l’altro”. Una dimensione, dunque, del tutto in sintonia con i principi dello humanistic management (come ho in particolare illustrato nel capitoletto di Nulla due volte intitolato L’erotismo aziendale[ii]).
Innanzitutto, bisogna precisare che gli Aggregatori lavorano sempre – e generano ritorno – per gli stessi Creatori in quanto aprono loro un mercato altrimenti inesistente. Essere presenti anche per soli cento utenti all’interno del terzo segmento vuol dire riportare al Creatore una piccolissima nicchia che prima di allora (ovvero di quei cento utenti) non esisteva per nulla.
Dal punto di vista economico è vero che nutrire un mercato composto di sole cento persone non è profittevole né conveniente per nessun Creatore. Più la Coda si espande e diventa Lunga, più è difficile guadagnare a fronte di un innumerevole numero di nicchie e concorrenti presenti, per il semplice fatto che è più difficile guadagnarsi e tener desta l’attenzione degli utenti. D’altra parte rimane sempre vero il fatto che una forte dose di creatività e competenza in termini di comunicazione e aggregazione (di utenti) può potenzialmente portare qualsiasi opera, bene, prodotto e servizio a risalire la Coda Lunga verso il segmento centrale (e cominciare a generare profitto in termini di denaro).
Allo stesso tempo, però, se si valuta questa piccola nicchia di cento persone con altri valori, che non siano quello del profitto in termini di denaro, ci si accorgerà che anche le piccole nicchie del terzo segmento riportano valore al Creatore. La questione fondamentale è, dunque, scrive Kelly, “intendere la Coda Lunga degli Aggregatori non in termini di denaro ma di Amore per la Creazione, per la produzione, per la connessione sociale, per la passione irrazionale, per il distinguersi facendo la differenza, per il piacere di dare l’esempio anziché seguirlo, per il fare qualcosa che ci faccia stare bene e ci renda felici”[iii]. Per il desiderio di compiere una azione che ci conduce dunque al cuore etico dello humanistic management: realizzare un modello economico in cui il profitto sia importante almeno quanto il benessere degli individui e delle comunità che partecipano alla sua creazione.
Troppo spesso invece il mercato del consumo propone e indirettamente obbliga all’acquisto di prodotti inutili come le invenzioni del Cavaliere Bianco, che secondo alcuni rappresenta proprio la critica carrolliana all’idea moderna di invenzione tecnologica priva di vero valore per gli esseri umani e per l’ambiente in cui vivono: “Alice denuncia l’inutilità delle invenzioni del Cavaliere Bianco, quando si accorge della trappola per topi sul destriero del Cavaliere e commenta: “Non è molto probabile che ci possa essere un topo sul dorso di un cavallo.” Si potrebbe dire che le avventure di Alice si svolgono in un mondo fantastico, dove potrebbe essere normale trovare topi a passeggio sul dorso dei cavalli. Tuttavia, l’accordo del Cavaliere con Alice, “Non è molto probabile, in effetti”, indica al lettore che invece di facilitare la vita, le invenzioni del Cavaliere creano problemi. Anche il fatto che tutte le cose possedute dal Cavaliere cadano fuori dal box da lui stesso inventato, è un’altra dimostrazione del fatto che le sue invenzioni producono problemi, invece che soluzioni ai problemi”[iv].
Va tuttavia “spezzata una lancia” (è proprio il caso di dirlo) a favore del Cavaliere Bianco. Va cioè sempre tenuto bene a mente che l’innovazione richiede la capacità di pensare in maniera diversa, laterale, deviante. Per citare ancora Jeff DeGraff: “Le virtù dei buoni manager sono ben note. Essi rendono la nostra vita più facile mantenendo le cose in pista e sotto controllo. Sanno spremere il massimo del minimo, eliminando ogni variazione. Il problema è che tutte le forme di crescita richiedono devianza per la produzione di novità utili e preziose. Il problema emerge quando leader focalizzati unicamente sull’efficienza sono messi a capo di progetti di innovazione e di iniziative volte a modificare il modo in cui l’impresa opera. Per quanto possano essere ben intenzionati, inevitabilmente agiscono in conformità alle pratiche che hanno portato ai loro successi precedenti e finiscono per essere accusati di soffocare la crescita della società. C’è un unica soluzione al problema: la Devianza richiede Devianti”.
E’ l’eterno ritorno dello Scientific Management: l’esigenza del controllo porta alla reificazione degli standard e alla eliminazione di qualsiasi forma di eccezione alla regola (o alla best practice), ovvero di devianza, di mutazione. Ma un unico mutante produrrà sempre più innovazione di un esercito di cloni. E il Cavaliere Bianco, non c’è dubbio, è tutto tranne che un clone. Non solo: il suo erratico e apparentemente sconclusionato andare (sia in senso fisico che mentale) è una condizione essenziale per innescare quella serendipity che gli esperti di Management 2.0 pongono come principio fondamentale per il buon funzionamento di una social organization. Ecco allora che, vista in questa luce, la sua “inutile” creatività, come quella del suo “”doppio” Lewis Carroll, ci appare, lo dicevamo anche in La creatività del Cavaliere Bianco – Alice annotata 25, assolutamente impagabile.
Alice annotata 35c. Continua.
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[ii] Cit, pp. 98 e sgg.
[iii] We’ve misidentified the intangible being it belongs to. It is not the long tail of the Beast of Commercial Profits. Rather it is the long tail of the Dragon of Love. The love of creating, of making, of connecting, of unreasonable passion, or making a difference, or doing something that matters to ourselves, the love of connecting, giving, learning, producing, and sharing.