Perfezione della nicchia: la testimonianza di Piero Trupia
Dall’analisi svolta in La lunga coda del Topo e la coda lunga di Anderson – Alice annotata 35a emerge la centralità rivestita nella nuova economia online dalla nicchia, luogo amato anche dalla nostra Alice, che spesso si manifesta proprio in luoghi interstiziali della cultura popolare. Rimando su questo ad un eccellente post di Luca Bocchi (che lo stesso autore ha definito “un post di nicchia”) apparso su NOVA100 qualche anno fa: BUON NONCOMPLEANNO A TUTTI, CON ALICE (E MAGILLA GORILLA)!
Vorrei quindi oggi soffermarmi sul fatto che la nicchia, tipicamente trascurata dallo scientific management, è importantissima anche nell’economia offline, così come va ripetendo da molti anni uno dei firmatari del Manifesto dello humanistic management, Piero Trupia. Il concetto è legato a quelli di creatività e di genius loci (cfr. Wonderland e il genius loci della creatività – Alice annotata 26), su cui Piero ha scritto per noi una importante serie di post: Genius loci e sregolatezza.
In uno di questi post, pubblicato il 22 giugno 2009, intitolato La perfezione della nicchia, Trupia commenta un passo del nostro romanzo collettivo Le Aziende InVisibili: “Eppure, e lo avrà pensato di certo anche Bill H. Fordgates in qualche barlume di desiderio o di alcolico delirio, eppure un’azienda che ha in sé il suo essere perfetto sarà esistita, sarà stata pensata […]. Di certo ci sarà in qualche angolo di tempo e nella mente di qualche visionario dirigente […] un luogo da cui guardare nel passato per riprodurre futuro, anzi un luogo armonioso e amoroso, così platonicamente stabile e sferico da essere un’infinita proiezione del futuro, insensibile a scosse telluriche e scioperi, inattaccabile da esaurimenti nervosi e prepensionamenti forzati.[i]
Riprendo la prima parte delle sue riflessioni, che partono dall’idea di humanistic management come caratterizzato da un modo centrifugo, rispetto a quello centripeto dello scientific management, a sua volta connesso alla centralità dell’approccio metadisciplinare[ii]: “Spesso l’innovazione, quella utile, non quella spettacolare e fine a se stessa come il Concorde, nasce da un ripensamento del vecchio invece che da un rinvenimento del nuovo. Nella fisica, nella chimica, nella matematica il nuovo ha un cuore antico. Si tratta di svelarlo, togliere i veli dell’ignoranza, diciamo meglio del saputo, participio passato, per liberare il sapere, infinito presente.
Il sapere apre un orizzonte, schiude un sipario; il saputo si adagia in una scenografia nota e stabile. Si può asserire, nel senso di fortemente postulare, che la cornucopia della natura ha finora riversato solo una piccola parte del proprio contenuto, quel che trabocca dal suo arcuato corno. Il resto, il più, sta nel fondo. Basti pensare all’antimateria e alla materia oscura. Ma anche da quel poco che si sa, si può cavare conoscenza utile e inedita per la soluzione di problemi tecnici e produttivi. Una conoscenza tra le più feconde di applicazioni concrete è la forza, meglio l’accelerazione, centrifuga. In un moto rotatorio la materia rotante si allontana dal centro con un’energia proporzionale alla massa, al quadrato della velocità e al raggio.
Da qui la possibilità di separare in un liquido, in maniera differenziata nel tempo, corpi di massa diversa. Dalla semplice equazione c = m.v al quadrato.r (accelerazione centrifuga = massa per il quadrato della velocità angolare, moltiplicato il raggio del moto circolare) si ricavano innumerevoli congegni, uno dei primi la fionda di David (X secolo a. C.).
Nelle valli dell’Esìno e del Misa sono una trentina le imprese che lavorano sulle applicazioni della forza centrifuga. Una, il Gruppo Pieralisi, ha qualche migliaio di dipendenti, le altre da qualche decina a poche centinaia. Le piccole suppliscono alla limitata forza economica con l’energia con cui si applicano alla conoscenza e alla soluzione dei problemi della clientela. C’è una legge, se così possiamo chiamarla, della dimensione dell’impresa e del settore operativo. Più la dimensione è limitata e più il campo operativo è ristretto, più l’orizzonte geografico e l’interessamento ai problemi operativi della clientela sono maggiori. Allo stesso modo cresce, al diminuire della dimensione organizzativa e dell’applicazione settoriale, la coesione organizzativa interna, il clima e l’appartenenza, la permanenza in azienda dei collaboratori e il loro coinvolgimento. Gennaretti Sistemi Centrifughi SpA rispecchia perfettamente questo modello. È un’azienda monoprodotto, presente nel mercato globale, e che produce al suo interno i componenti e i software operativi. I software Gennaretti assicurano il controllo tecnico e operativo nonché la manutenzione ordinaria e straordinaria delle macchine centrifughe in movimento. La macchina può essere riprogrammata mentre lavora e, via modem, si tiene sottocontrollo la lubrificazione (temperatura, pressione, densità, aderenza), il comportamento operativo e la tenuta delle parti rotanti (cuscinetti, boccole), le vibrazioni. L’intervento correttivo è automatico. Alla Gennaretti si proclamano in grado di rispondere alle richieste della clientela anche le più strane e impensate. Queste indicano soltanto che sono da pensare”.
Perfezione della nicchia: la testimonianza di Riccardo Sarfatti
Un’altra testimonianza dell’importanza del mercato di nicchia, nel contesto di una visione ispirata allo humanistic management, la ha offerta Riccardo Sarfatti, Amministratore Delegato Luceplan, commentando la poesia Possibilità di Wislawa Szymborska: “Grande è la possibilità evolutiva naturale del piccolo. Se il piccolo non diventa grande, o perlomeno più grande, è perché il processo di crescita è stato impedito, quanto meno non favorito. Il nanismo non è mai stata una scelta, ma la logica conseguenza del modello di sviluppo, che, tra quelli possibili, si è voluto coscientemente e volutamente attuare. È così che la possibilità naturale si è trasformata in impossibilità strutturale.
La nicchia, o la ipernicchia, è diventata il paradiso-inferno dell’impresa italiana. Il guscio protettivo che pesa, ma protegge, come quello che grava sul lento incedere della lumaca, ma non impedisce al paguro di andare all’indietro o al piccolo granchio di andare velocissimo, ma di traverso. Possibilità diverse di una medesima condizione “gravata”.
È la nicchia che, al suo interno, impone e determina la scelta delle possibilità, anch’esse sempre mutevoli, perché è essa stessa, la nicchia, continuamente mutata e che si muta nel contesto globale. La scelta definisce l’identità, soprattutto all’inizio, quando il progetto dell’impresa sta per trasformarsi nell’impresa del progetto. All’inizio tra le tante possibilità ne scegli una, quella che rappresenta la sintesi dell’autobiografia sino a quel momento tua e dei tuoi soci: lì il progetto accumula tutta la potenzialità della sua forza. È la possibilità “unica” in cui credi. Scelta interamente ideologica, valoriale, etica, pronta a diventare eroica.
Dopo comincia l’impresa. E l’inferno del caos e quello dell’ordine sono continuamente a confronto, continuamente sovrapponendosi: il caos del crescere impedito, l’ordine razionalizzante della “Direzione”. Non sono due possibilità: sono la condizione. Non puoi preferire l’uno all’altro. Con entrambi ci convivi. Gli zeri alla rinfusa devi costantemente riallinearli in cifre, ma la scure di Basilea resta in agguato.
La ricerca continua delle eccezioni, linfa vitale di un’identità innovativa, trova il suo sbocco nell’impresa di far diventare l’eccezione trovata anticipatrice di bisogni latenti, già diffusi, e, a quel punto, il meno eccezione possibile, tendenzialmente normalità: finalmente insieme qualità e quantità. Cosa bella per i più. Cosa utile per la gente.
Quelle utili per l’umanità sono eccezioni rarissime, perché rarissimi sono i grandi intelletti delle scienze, delle arti, della poesia, del pensiero, i grandi leader della storia e della politica: rarità rare, appunto.
L’identità poi fissa i binari delle scelte. Quando rischia di essere un limite lo intuisci e allora il conflitto tra brand e anonimo diventa ideologicamente dilaniante, ma per fortuna programma e progetto, come sempre forse sarà dopo la fine delle grandi narrazioni del ’900, battono l’ideologia, e si va avanti. La rinuncia è impossibile e la differenziazione una cura palliativa per la malattia dell’incertezza e della precarietà.
Finché le contaminazioni di molti secoli globali non avranno vinto sulle identità, tra identità e non identità le possibilità di scelta sono impossibili. Tra identità storica e nuova identità, nel breve periodo, forse sì. Se è possibile, è comunque già giunto il momento di un’altra e altre generazioni, cioè, senza dubbi, né rimpianti, del passaggio generazionale.
È l’unico modo per considerare la possibilità che l’essere (stato) abbia una sua ragione”.[iii]
Alice annotata 35b. Continua.
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Foto di: GroovyElisa
[i] Dall’Episodio N° 31 de Le Aziende In-Visibili romanzo a colori di Marco Minghetti & The Living Mutants Society con 190 immagini di Luigi Serafini. Libri Scheiwiller 2008
[ii] “Se l’organizzazione tayloristica è caratterizzata da un moto centrifugo, che tende a distinguere e moltiplicare gli specialismi, nell’organizzazione occamista tutte le discipline manageriali sono soggette a un processo centripeto, per il quale esse sono attratte le une verso le altre. Il che non significa che sia un’organizzazione di “dilettanti”, nella quale tutti sanno fare tutto, né che sia dedita al solo culto dell’efficientismo fine a se stesso. E’ bensì importante acquisire abilità metadisciplinari piuttosto che multidisciplinari.” Manifesto dello humanistic management, Tredicesima Variazione Impermanente.
[iii] Nulla due volte, pp. 32-33.