“It’s my own invention”: la creatività, nella prospettiva dello Humanistic Management, è la capacità di realizzare qualcosa di nuovo, di sorprendente, di mai visto prima, destinato ad incidere, in misura maggiore o minore, su quanto avverrà in futuro. Essa nasce fondamentalmente dalla capacità di essere “metadisciplinari”, ovvero di sapere fare riferimento, direttamente o indirettamente, a competenze specialistiche diverse da quelle che si possiedono pienamente. In tale senso, se la multidisciplinarità può essere garantita da un’équipe di specialisti e la interdisciplinarità da un dialogo tra specialisti,la metadisciplinarità sorge da uno sguardo che si apre ad una ampia visione del mondo: delle sue premesse, dei suoi modi di essere, dei suoi fini.
La stessa filosofia del Cavaliere Bianco e di Lewis Carroll. Warren Weaver ha esaminato i circa 200 piccoli pamphlets da lui pubblicati: “nearly 60 were devoted to topics in mathematics and logic; over 30 were concerned with games he invented or were schemes for ciphering. Nearly 50 were related to Christ Church… Over 50 were devoted to miscellaneous subjects – how not to catch cold, how to score tennis tournaments, on secondhand books, proposal for a new dramatic institute and for bowdlerized Shakespeare for young girls, how to play billard on a circular table… how to write and registrer correspondence, common errors in spelling, on the profits of authorship, an advertisement for selling a house, a questionnaire based on the rules for commissions chargeable on overdue postal orders, how to memorize dates, etc. etc….”. Egli inoltre fu un pioniere della fotografia e, come si ricorda in La magia di Lewis Carroll, un mago dilettante. “Non si chiede un eccessivo sforzo d’immaginazione per vedere nella ‘strana scatoletta di legno’ del Cavaliere Bianco l’ubiqua cassetta nera dello stesso Carroll, la misteriosa borsa da viaggio degli arnesi magici cui Carroll… attingeva per le sue illusioni” .[i]
Dunque un degno alfiere di quella creatività umanistica e metadisciplinare, che, se non vuole essere eccezionale ma pervasiva, richiede un ambiente sociale e culturale che possa alimentare le sue varie forme di espressione ponendo in connessione fra loro i depositari di saperi diversi, offrendo loro un ambiente di lavoro adeguato a favorire i processi creativogenici. Come ha dimostrato una volta per tutte Richard Florida nel suo L’ascesa della classe creativa[ii], dall’Atene classica a Roma, dalla Firenze dei Medici alla Londra elisabettiana, dal Greenwich Village alla Bay Area di San Francisco, la creatività ha sempre gravitato su luoghi in grado di offrire stimoli e interscambi culturali, connotati dalla presenza delle “3 T”: talento, tecnologia e tolleranza.
Non casualmente uno dei più noti best seller americani sulla creatività e l’innovazione, scritto nel 2004 da Frans Johansson, per la Harvard University Press (pubblicato in Italia da ETAS, contenente una conversazione con me in cui si evidenziano le analogie fra il suo approccio e quello proposto nel Manifesto dello Humanistic Management), si intitola The Medici effect. Come la Firenze dei Medici fu il fulcro del Rinascimento perché consentì a scultori, filosofi, poeti di incontrarsi ed entrare in relazione, così l’azienda contemporanea può diventare un centro creativo se riesce a pensarsi come una zona in cui si realizzano tutte le “intersezioni” possibili fra culture anche molto lontane fra loro: entrando in contatto, contaminandosi, ibridandosi, abbattendo le barriere interculturali o interdisciplinari, combinando in un ambiente conviviale idee apparentemente senza nulla in comune e sviluppando modi diversi di vedere le “stesse” cose. Si tratta, per dirla in linguaggio carrollinano, di produrre idee-portmanteau, idee cioè che nascono dall’unione di idee diverse, appartenenti a campi professionali, semantici, disciplinari fino a quel momento non collegati, non linkati. Creare allora fa rima con pensare: “che significa operare delle sintesi, mettere insieme delle cose, trovare dei rapporti”, scrive Ferraris in Anima e iPad.[iii] Sul tema delle parole portmanteau vedi anche le Note:
Contrazioni/Raddoppiamenti, 1 (Alice annotata 4a),
Contrazioni/Raddoppiamenti, 2 (Alice annotata 4b),
L’Identità Molteplice, Parte prima (Alice annotata 8a),
Alice la Hacker – Alice annotata 9a),
L’individuo-valigetta – Alice Annotata 9d,
La conversazione in Rete:fra Regole, Netiquette, Policy ed Emoticon (Alice annotata 19a).
Più in generale, va ricordato che Umanesimo e Rinascimento nascono e si diffondono in territori specifici, in condizioni uniche, che lasciano poi circolare la creatività e la conoscenza a partire da alcuni nuclei fondativi: non solo la Firenze dei Medici, ma anche la Milano degli Sforza, la Mantova dei Gonzaga, la Urbino dei Montefeltro. In questi luoghi, nelle botteghe rinascimentali matura l’abbandono delle logiche limitate delle corporazioni, iscritto nella crisi complessiva del modello medievale (focus su gerarchia, Città Celeste, accentramento e difesa della conoscenza da parte degli emanuensi) che origina il nuovo modello economico e cognitivo propriamente umanistico-rinascimentale: con focus su team di lavoro, Città Terrena, diffusione della conoscenza (grazie a Gutenberg). Allo stesso modo oggi la crisi del modello dello scientific management consente a imprenditori e manager di passare dall’hortus clausus delle loro aziende “scientificamente” organizzate ad un’apertura al mondo, al territorio in cui operano: apertura resa ulteriormente necessaria oggi dall’avvento di Internet e del social networking. [iv]
Le imprese che oggi si riconoscono in una visione umanistica definiscono con chiarezza la loro relazione con il territorio perché, come dice Giovanni Bonotto, è il territorio che rende ricca l’impresa e non il contrario. In base a questa convinzione, ha rinunciato ad inseguire il mantra dell’efficienza, necessaria per competere con i concorrenti asiatici, imboccando la strada della differenziazione e producendo tessuti molto particolari, che nessun altro è oggi in grado di realizzare. Bonotto ha infatti recuperato vecchi macchinari tessili e ha aggiunto una crescente quota di artigianalità alla lavorazione industriale. Usando le sue parole, ogni tessuto Bonotto “ha la sua carta d’identità, racconta una storia”. Seguendo questa strategia Bonotto è diventato il riferimento per i tessuti per le principali aziende di moda del mondo (YVS, Prada, Hugo Boss, ecc.). A dimostrazione del fatto che ragionare sulla reciproca fertilizzazione tra attività produttiva e creatività riconosciuta in una rete più ampia (anche artistica e intellettuale), costituisce una sfida permanente per il destino delle imprese che vogliono sostituire lo humanistic allo scientific management. Il tema è stato sviluppato magistralmente da Piero Trupia in una serie di post pubblicati su questo blog.
Sotto questo profilo, Wonderland presenta delle caratteristiche che ne fanno veramente l’archetipo del contesto ideale in cui può albergare e svilupparsi il genius loci della creatività umanistica postmoderna.
Alice annotata 26. Continua.
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[i] P. 14.
[ii] The Rise of the Creative Class. And How It’s Transforming Work, Leisure and Everyday Life, 2002. Basic Books.
[iii] Cit. p. 53.
[iv] Per una disamina più approfondita di questo passaggio storico vedi il saggio di Domenico De Masi Da Esiodo al Duemilaventicinque, ne Le Nuove frontiere della cultura d’impresa, cit.