La canzone del giardiniere (vedi conclusione di Contrazioni/Raddoppiamenti, 1 – Alice annotata 4a) come le avventure di Alice è dunque un gioco di specchi. Ugualmente lo è Amleto, in cui ogni verso, ogni personaggio, ogni particolare della trama si riflettono, raddoppiandosi, incessantemente l’uno nell’altro: nella sua versione cinematografica, K. Branagh fa svolgere gran parte dell’azione nel grande salone centrale della reggia di Elsinore, dalle pareti coperte di specchi, che si infrangeranno solo alla fine, con l’irruzione dei soldati di Fortebraccio (ad indicare appunto il ritorno alla realtà dopo aver “attraversato lo specchio” della finzione scenica…). Tramite l’uso di tutti questi strumenti poetici, la “vision” di Shakespeare ne risulta ampliata, fortificata, potenziata.
Non a caso Raymond Queneau dedica il secondo e il terzo dei suoi Esercizi di Stile (quindi le prime due variazioni al racconto base “Notazioni [i]”) ad esemplificare i due approcci uguali e contrari: quello shakespeariano fondato sul Raddoppiamento (esercizio intitolato genialmente “Partita doppia [ii]”) e quello carrolliano basato sulla Sintesi (“Litoti [iii]”). Se vogliamo, in questo senso possiamo contrapporre/assimilare i due più celebrati lavori di Tom Stoppard: Rosenkrantz e Guilderstern sono morti (raddoppiamento) e 15-Minute Hamlet (sintesi). Stiamo parlando della stessa analogia cui si riferisce Borges quando parla di Melville, noto a tutti per l’epica battaglia fra il Capitano Achab e la Balena Bianca, descritta in quello sterminato romanzo che è Moby Dick. Meno conosciuto è invece un piccolo racconto dello stesso autore, che narra l’enigmatica vicenda dello Scrivano Bartebly. Sono opere all’apparenza diversissime, non solo per dimensioni, ma anche per forma, carattere, contenuti: sia sufficiente ricordare che l’una si svolge fra gli scenari sconfinati dell’Oceano, l’altra fra le mura ristrette di un opprimente ufficetto metropolitano. Eppure, ha notato Borges, “fra le due finzioni esiste un’affinità segreta e centrale”. La stessa appunto che c’è fra i raddoppiamenti di Shakespeare e le contrazioni di Carroll. Se osservato sotto questo profilo, il linguaggio di Alice, ancora una volta, appare straordinariamente contemporaneo e ricco di implicazioni.
Non dimentichiamoci di Baricco (Alice la Barbara – Alice annotata 3): Alice è una barbara ed una postmoderna surfista della “profondità della superficie”. Così spiega la cosa Deleuze [iv]: “L’inizio di Alice (l’intera prima parte) cerca ancora il segreto degli eventi… nella profondità della terra, in pozzi e tane… Nella misura in cui si prosegue nel racconto i movimenti di sprofondamento e sotterramento fanno posto a movimenti laterali. Gli animali delle profondità diventano secondari, fanno posto a figure di carta, senza spessore. Si direbbe che l’antica profondità si sia dispiegata, sia diventata larghezza… Profondo ha cessato di essere un complimento… Gli eventi sono come cristalli, diventano e crescono soltanto per i bordi, sui bordi. In ciò si trova il primo segreto del balbuziente e del mancino (del barbaro, direbbe Baricco): non più sprofondare, ma scivolare in lunghezza (leggi surfare in Baricco), in modo che la profondità antica non sia più nulla, ridotta al senso inverso della superficie… Quindi non le avventure di Alice, bensì un’avventura: la sua ascesa alla superficie, la sua sconfessione della falsa profondità, la sua scoperta che tutto avviene alla frontiera. E’ per questo che Carroll rinuncia al primo titolo previsto: Le avventure sotterranee di Alice. Questo a maggior ragione per Attraverso lo specchio. Qui gli eventi… non sono più cercati nella profondità, ma alla superficie, nel sottile vapore incorporeo che fugge dai corpi, pellicola senza volume che li circonda, specchio che li riflette”. Qui, alla frontiera, dove la superficie è profondità, i raddoppiamenti sono contrazioni, e viceversa.
Dove Steiner vede solo la perdita di identità causata dal passaggio da “una cultura dominante ad una post o sub-cultura”, si potrebbero allora distinguere i tratti dell’acquisizione di una nuova identità, grazie all’apertura verso una dis-organizzazione del reale e che assomiglia alla camera Al di Là dello Specchio, entrata nella quale Alice subito osserva: “Non tengono questa stanza in ordine come l’altra”. Una identità cioè non più monolitica e determinata dagli Esperti del Pensiero Unico della Modernità Solida, ma Liquida, Moltiplice e Mutante, generata anche dalle interazioni dal basso di tutti i partecipanti al discorso sociale (“social networking”). Ma torneremo su questo più avanti.
Alice annotata 4. Continua
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[i] Sulla S. in un’ora di traffico. Un tipo di circa 26 anni, cappello floscio con una cordicella al posto del nastro, collo troppo lungo, come se glielo avessero tirato. La gente scende. Il tizio in questione si arrabbia con un vicino. Gli rimprovera di spingerlo ogni volta che passa qualcuno. Tono lamentoso, con pretese di cattiveria. Non appena vede un posto libero vi si butta. Due ore più tardi lo incontro alla Cour de Rome, davanti alla Gare Saint-Lazare. E’ con un amico che gli dice “dovresti far mettere un bottone in più al soprabito “. Gli fa vedere dove (alla sciancratura) e perchè.
[ii] Nel mezzo della giornata e a mezzodì mi trovavo e salii sulla piattaforma e balconata posteriore di un autobus e di un tram a cavalli autopropulso affollato e pressocché brulicante di umani viventi della linea S che va dalla Contrescarpe a Champerret. Vidi e rimarcai un giovinotto non anziano, assai ridicolo e non poco grottesco, dal collo magro e dalla gola scarnita, cordicella e laccetto intorno al feltro e cappello. Dopo uno spingi-spingi e un schiaccia-schiaccia, quello affermò e asserì con voce e tono lacrimoso e piagnucoloso che il suo vicino e sodale di viaggio s’intenzionava e s’ingegnava volontariamente e a bella posta di spingerlo e importunarlo ogni qual volta si scendesse uscendo o si salisse entrando. Questo detto e dopo aver aperto bocca, ecco che si precipita ed affanna verso uno scranno e sedile vergine e disoccupato. Due ore dopo e centoventi minuti più tardi, lo reincontro e lo ritrovo alla Cour de Rome a cospetto della Gare Saint-Lazare, mentre è e si trova con un amico e contubernale che gli insinua di, e lo incita a, far applicare e assicurare un bottone e bocciolo d’osso al suo mantello e ferraiuolo.
[iii] Non s’era in pochi a spostarci. Un tale, al di qua della maturità, e che non sembrava un mostro d’intelligenza, borbottò per un poco con un signore che a lato si sarebbe comportato in modo improprio. Poi si astenne e rinunciò a restar in piedi. Non fu certo il giorno dopo che mi avvenne di rivederlo: non era solo e si occupava di moda.
[iv] Deleuze, p. 16.