Il Premio Calvino valuta Ariminum Circus: “c’è del genio in questa follia”.

Avevo partecipato alla Trentatreesima Edizione del Premio Calvino con una prima versione di Ariminum Circus, il “romanzo in progress” anche al centro di #Librare  (le Dieci Conversazioni sul futuro del libro animate da figure di primo piano del panorama editoriale e culturale: manager come il Presidente di Il Saggiatore Luca Formenton e l’Amministratore Delegato di Rai Cinema Paolo Del Brocco, scrittori come Cristina Marconi e Martino Ferro, i Direttori Editoriali di Einaudi, Fazi, Mondadori e tanti altri filosofi, sociologi, artisti).

Esito piuttosto demoralizzante. La scheda di valutazione dell’opera firmata dalla Giuria si chiudeva consigliando caldamente all’autore di “mettere l’opera da parte”, dopo aver liquidato Ariminum Circus come “letteratura per androidi”. 

Definizione per certi versi positiva considerando che, secondo le tesi del filosofo Cosimo Accoto, oggi le vendite dei libri derivano in buona misura dall’azione di algoritmi, robot e Intelligenze Artificiali. Assistiamo allo sviluppo di siti web attrattivi non solo per consumatori in carne e ossa, ma anche per i bot che vengono a classificare le pagine per i motori di ricerca. Ogni sito web ha due audience: una umana e una inumana. Nel secondo caso si sta, cioè, catturando l’attenzione degli algoritmi di indicizzazione, e non degli umani” viene spiegato in Dal libro analogico agli ecosistemi digitali  (Dicembre 2020, ebook gratuito scaricabile dal sito dell’Associazione Italiana Editori). In questo quadro, l’editore accorto, che mira alla qualità ma anche alle vendite, dovrebbe guardare con interesse all’esempio, forse il primo nel suo genere, di “letteratura per androidi”…

Dunque, non mi sono scoraggiato. Ho aggiornato il romanzo e mi sono iscritto alla Trentaquattresima edizione del Premio. Bene, il giudizio del Comitato di Lettura  quest’anno è decisamente diverso. Si apprezzano le “centinaia di giochi semantici e le immagini divertenti “,  “le discussioni tra i personaggi che spesso sono argute e mettono a fuoco concetti raffinati”, nonché la scrittura “perfetta, lessicalmente ricca, semanticamente e sintatticamente articolata e sorvegliata”. 

Certo, la Scheda di lettura firmata dalla Giuria della XXXIV Edizione del Premio Calvino, che riporto integralmente di seguito, non manca di sottolineare come le “oltre 400 pagine” di Ariminum Circus siano “faticose”. Curiosa la motivazione: “perché gli stimoli intellettuali sono troppi”. Chissà come avrebbe reagito la Commissione di fronte al manoscritto di Ti con zero o delle Cosmicomiche, viene da chiedersi.  Ma le critiche più puntuali sono quelle contenute nel romanzo stesso, riportate nel giudizio  fra virgolette: implicita ma ulteriore conferma dalla solidità complessiva dell’opera. Tanto che  i giurati  (Mario Baudino, Isabella Camera d’Afflitto, Valeria Della Valle, Giorgio Falco, Alessio Torino, che colgo l’occasione per ringraziare) concludono: “c’è del genio in questa follia”.

Mi sembra un buon progresso. Peraltro, già da diversi mesi sono al lavoro per rinforzare la trama e rendere il testo ancora più fruibile, anche pensandolo come un’opera da pubblicare nei cinque volumi, corrispondenti alle cinque Stagioni/Capitoli di Ariminum Circus, di una serie: chi mi sta seguendo sul Gruppo dedicato di Facebook e su Wattpad (dove sto mettendo a punto la Prima Stagione anche in formato multimediale, nonché in una traduzione inglese) sembra apprezzare questa versione del romanzo.

Chissà che qualche Editore coraggioso non si incuriosisca e vada ad approfondire la lettura per farsi un’opinione… io di sicuro procedo per la mia strada e non mancherò di proporre la nuova versione meno “faticosa” ai giurati della XXXV Edizione!

Ma ecco a voi la valutazione integrale del Comitato di Lettura del Premio Calvino:

Ariminum Circus è il titolo di una esposizione che ospiterà le creazioni del Maestro (una specie di guru che riunisce intorno a sé personaggi bizzarri) ma è anche il circo felliniano di una Rimini fantastica, lisergica, che ha ben otto milioni di abitanti, tra cui robot, ologrammi, avatar, il cui santo protettore è Quentin Tarantino, e dove le tracce di Fellini sono dovunque: una sua gigantesca statua di sabbia, animata da due diverse intelligenze artificiali, troneggia al centro di un presepe, anch’esso di sabbia, vestito come uno dei re magi, che offre a Gesù il dono del cinema.

Dopo aver superato il test iniziale che misura se si è in grado di leggere il libro, ci immergiamo in un’atmosfera visionaria.

I seguaci del Maestro sono: due uccelli con testa umana, Roc (che soffre di emicrania) e JubJub (poeta), il piccolo Ed, genio dell‟informatica, della cibernetica e della fisica quantistica, il Pescivendolo, il Custode, il Capitano con la sua Ciurma, che si allena al nordic walking indossando “tute a losanghe gialle, verdi, rosse, bianche, con un design che stava tra il folklore russo e il teorema di Pitagora”, poi il romantico Jay e due bellissime gemelle di cui scopriremo che una è Vampira, in combutta con i Mostri dello Spazio Profondo che vogliono scatenare l’Armageddon su Ariminum.

Bevono vodka aromatizzata con tutti i gusti possibili, mangiano peyote, ingoiano psicofarmaci e parlano. Dottamente dissertano su tutto, dissacrando tutto, decostruendo tutto. L’autore ha una cultura sconfinata e ci gioca mescolando informazione vera a invenzioni strampalate. A ogni riga c’è un‟allusione o una citazione o un riferimento che stimolano il lettore, lo sfidano, lo provocano. Senza sosta, per oltre 400 pagine. Ci sono anche le note a piè di pagina scritte in microcaratteri (non è il solo riferimento a Foster Wallace e a Infinite Jest).

Le discussioni tra i personaggi spesso sono argute e mettono a fuoco concetti raffinati, che vengono puntualmente smontati dagli altri interlocutori. Fedele a quanto premesso al libro, l’autore mescola i generi, filosofia, saggistica, critica letteraria, poesia… e pesca a piene mani nella memoria pop collettiva, ma anche nei classici. Molto frequentata è Alice nel Paese delle Meraviglie, anche nella versione disneyana, con lo Stregatto, il Brucaliffo, i fenicotteri rosa usati come mazze da golf. E poi c’è tutto lo scibile umano, dai filosofi greci ai computer quantistici, ci sono annotazioni sul funzionamento del sistema nervoso centrale, c’è un’Apocalisse rivisitata (bella), e gli empiristi inglesi, c’è tanto Philip K. Dick, Heidegger, Cambridge Analytica.

Ci sono moltissimi riferimenti all’arte moderna e contemporanea: su una spiaggia di Ariminum che si chiama Iperurania, vagano gli spiriti degli Artisti Dannati, che sproloquiano anch’essi (Mirò dice a Mondrian: “penso che solo Chuck Jones sia andato oltre il cubismo” e Chuck Jones è il disegnatore di Wile E. Coyote e di Bip Bip). Tanti sono gli scherzi, puro divertimento dell’autore, che inserisce paffuti cherubini nei quadri di Vermeer, storpia le citazioni: “Foemina homini lupus”, “la banalità è il male”, “Omnia gym divisa est in partes tres”; ci sono sentieri che si biforcano e sentieri che conducono ai nidi di ragno; due strade che portano in direzione opposta si chiamano Erfahrung Road e Iter Erlebnis, cioè sempre “esperienza” (ad Ariminum si parla un dialetto che comprende oltre al romagnolo anche il francese l’inglese e il tedesco).

C’è il famoso “gioco del rocchetto” che suscitò in Freud l’intuizione di come il bambino impara a tollerare l’angoscia di separazione dalla madre (ovviamente non citato, ma noi abbiamo superato il test per il Lettore Ideale premesso al libro…): il Custode ci gioca utilizzando, invece del rocchetto, un uccello meccanico che ha battezzato Donald Suck, che è la precisa descrizione del carillon che nel film su Casanova di Fellini si anima durante le prestazioni sessuali del protagonista, che è Donald Sutherland… Ma è impossibile elencare tutti i giochini intellettuali e/o mnemonici, sono centinaia.

Alcune immagini sono molto divertenti, per esempio “i canneti melmosi del Rubicone dove Cesare giocava a dadi” o “le bottigliette di acido urico senza glutine Duchamp Secrets („Direttamente dalla fonte!‟ era lo slogan della campagna pubblicitaria che le reclamizzava)” o “Proust ha inventato i materassi memory foam” e “i castigati delitti” di Dostoevskij. I dibattiti filosofici spesso (non sempre) hanno solide basi culturali e sono interessanti. Forse all’autore piacerebbe scrivere un saggio di filosofia, ma dovrebbe optare per un’unica teoria, mentre – come Carneade, il famoso filosofo cinico – si diverte a sviluppare un concetto o un punto di vista teorico per poi contestarlo e negarlo.

La scrittura è perfetta, lessicalmente ricca, semanticamente e sintatticamente articolata e sorvegliata. Ma il libro è indubbiamente faticoso, perché gli stimoli intellettuali sono troppi e non c’è una trama. Un evidente autocompiacimento pervade tutto il testo, l’autore arriva a nominare se stesso o il suo pseudonimo più volte, tra Bobby Fischer, Mozart, l’astronomo Tycho Brahe e A. B. Normal, la creatura di Frankenstein Junior (p. 48), o tra Picasso e Einstein, ma anche John Belushi e Bertie Wooster (l’eroe di Wodehouse) a p. 83, e ancora in una lista di mariti maltrattati, e poi come diciannovesimo Conte di Forlimpopoli.

Ma egli è troppo abile per esporsi alle critiche e quindi si critica da solo, per bocca della sua Ombra: “nello sforzo di essere originali, accumulando senza criterio riferimenti e citazioni, si finisce per essere ridicoli. Ogni pezzo può essere immesso nella trama se, e solo se, risponde ad una finalità architettonica ben precisa” (p. 105); “In Ariminum Circus l’unica cosa che non si riesce a distinguere è quale ruolo abbiano le vicende/scenette impersonate da individui privi di qualsiasi spessore che si susseguono nei diversi episodi, al solo scopo di introdurre questa o quella teoria astrusa, questo o quel rimando saccente. Manca in generale al tuo lavoro la qualità fondamentale della scrittura narrativa: un romanziere sa condividere i suoi pensieri senza mai fare la predica o mettersi in cattedra” e ancora: “manca la trama, ma senza la trama non c’è racconto, si perde il filo. Soprattutto nel tentativo di proporre una riflessione sull’arte partendo dalla sua destrutturazione” (p. 109).

Ma non basta: “è un lavoro troppo lisergico … troppo scarno dal punto di vista narrativo … troppo indecifrabile nella trama … troppo frammentario e dispersivo … troppo variegato a causa della raccolta di stili che si inseguono nel testo, passando dal poema epico al saggio scientifico, dall’ambientazione fantasy a quella noir, dalla digressione filosofica alla poesia moderna, dagli aforismi ai giochi metatestuali … troppo denso nelle citazioni e nei rimandi che esprimono solo uno stucchevole autocompiacimento … troppo presuntuoso, dispatico, respingente … lo Scrittore dialoga con la sua Ombra al solo scopo di mettere le mani avanti per difendere il suo indifendibile lavoro … Ne risulta un patetico tentativo di conciliare ordini estetici distanti anni luce tra loro, cinema, pittura, astrofisica, moda, neuroscienze … attraverso una cifra stilistica tanto autoreferenziale da essere al limite del solipsismo, dell’autismo, anzi. Autismo che tocca i suoi abissi più aberranti negli autoriferimenti a Federico D. Fellini e al suo avatar nella vita reale” (p. 404 e sgg.). Si è già detto tutto da solo, sbarrando così la strada ai censori. L’autore cita anche le critiche riportate sulla scheda del Comitato di Lettura nell’edizione XXXIII del Calvino. Non aggiungeremo quindi niente su questo argomento.

Per parafrasare una frase di Amleto spesso citata nel testo, concludiamo così: c‟è del genio in questa follia”.

PREMIO CALVINO, XXXIV EDIZIONE, Il Comitato di Lettura

 

 

Disegno di copertina: Marcello Minghetti