#PeopleCaring: costruire il nuovo spazio digitale. Una Conversazione con Silvia Candiani (Microsoft Italia), Demetrio Migliorati (Mediolanum), Aurelio Mora (DHL) e Giangaddo Prati (Barilla).

Nel febbraio 2020 il mondo è stato catapultato in una realtà  fantascientifica: la diffusione repentina e ampia del virus Covid-19 si è riversata con effetti dirompenti sul tessuto economico e sociale, mettendo le organizzazioni di fronte a una serie impressionante di nuove sfide.  

Se da un lato la contingenza ha sicuramente accelerato processi di innovazione già in atto nel mondo del lavoro e ha forzato alcune convinzioni consolidate, dall’altro il cambiamento innescato ad alcuni è parso “momentaneo e precario”, alimentando l’illusione di una inversione di tendenza che possa condurre alla “normalità” pre-pandemica. 

Ma, anche se sembra che il percorso verso la sconfitta del virus stia procedendo a passi abbastanza rapidi, un ritorno ai precedenti modelli non è ipotizzabile: occorre  inquadrare le azioni che le aziende intraprenderanno nei prossimi mesi come parte di un processo a lungo termine, che difficilmente approderà ad un “new normal” quanto piuttosto ad alternarsi di “next normal” a cui adeguarsi rapidamente. 

Questo assunto fa da guida alle conversazioni #PeopleCaring, che si pongono l’obiettivo di identificare gli ambiti prioritari di intervento affinché l’evoluzione diventi sistemica, trasformandosi in un turning point strategico.   

Marco Minghetti

Marco Minghetti

La pandemia ha dato un enorme impulso all’introduzione di strumenti e piattaforme per collaborare in modo più intelligente, tuttavia la situazione in cui versano le organizzazioni in rapporto alla tecnologia non deve essere idealizzata. Il paradosso che è emerso con il lavoro a distanza è il seguente: di fronte a nuove dinamiche di coinvolgimento e collaborazione, le persone sono connesse ma allo stesso tempo isolate. E la pletora di soluzioni tecnologiche disponibili non manca di creare perplessità e dubbi… Quali linee guida d’azione adottare in queste circostanze?

È tempo di superare la logica dei silos una volta per tutte: occorre puntare sulla qualità degli strumenti tecnologici, avendo cura di integrarli in uno spazio digitale che tenga insieme le persone, creando un’esperienza in grado di avvicinare nonostante le distanze. Per garantire una digitalizzazione trasversale serve una strategia di alfabetizzazione digitale che accompagni l’introduzione delle tecnologie coinvolgendo tutti i dipendenti. Di fronte al trasferimento di un numero crescente di attività dal mondo fisico a quello digitale si è anche inevitabilmente più vulnerabili e per questo, accanto alla formazione, occorre sviluppare anche una nuova sensibilità e un approccio consolidato alla cybersecurity in grado di garantire la privacy, la continuità operativa, la compliance e la resilienza di tutti i processi aziendali.

Fonte OpenKnowledge - “Il nuovo spazio digitale delle organizzazioni” Il moderno ambiente di lavoro digitale rappresenta un nuovo paradigma culturale e tecnologico che – partendo dalla progettazione della desiderata Employee Experience e supportato da strumenti, dati e sicurezza informatica – porta alla realizzazione di uno spazio digitale unico accessibile in modalità multi-device, che mette insieme i principali servizi per i dipendenti: in specifico, da un lato i Servizi per l’utente finale(EUS), dall’altro i Servizi per il Digital Workplace.
Il moderno ambiente di lavoro digitale rappresenta un nuovo paradigma culturale e tecnologico che – partendo dalla progettazione della desiderata Employee Experience e supportato da strumenti, dati e sicurezza informatica –
porta alla realizzazione di uno spazio digitale unico accessibile in modalità multi-device. (Fonte OpenKnowledge)

Approfondiamo meglio queste importanti tematiche con il contributo di Silvia Candiani, Country General Manager Microsoft Italia; Demetrio Migliorati, Head of Innovation di Banca Mediolanum; Aurelio Mora, CIO & Head of Security presso DHL e Giangaddo Prati, Chief Financial Officer and Chief Information Officer di Barilla. 

Cominciamo dunque chiedendo loro: Quali sfide ci attendono in un contesto di lavoro sempre più digitalizzato e dipendente dai dati? Su quali aspetti dovrebbe concentrarsi l’alfabetizzazione digitale delle aziende?

Demetrio Migliorati

Demetrio Migliorati

In un’epoca già dominata dalla spinta alla trasformazione digitale, Covid-19 ha provocato un’accelerazione dei processi organizzativi mai vista prima. Le organizzazioni hanno apportato con grande celerità cambiamenti che, in circostanze normali, avrebbero introdotto a passi lenti. Le aziende che hanno reagito con successo alla crisi pandemica sono quelle che erano già preparate all’utilizzo e all’impiego degli strumenti digitali.

Banca Mediolanum può essere annoverata tra queste:  ciò che ha consentito alla nostra banca di rimanere saldamente ancorata al proprio modello e di attraversare indenne la repentina digitalizzazione dei processi ha le proprie fondamenta nei  progetti di trasformazione digitale avviati anni fa con il supporto dei principali partner ed attori del mondo delle tecnologie e processi digitali. Questi progetti, sviluppati in epoca non sospetta, ci hanno consento di garantire ai nostri dipendenti e ai nostri Clienti una vera e propria eccellenza operativa. La trasformazione digitale ci aveva educato all’utilizzo di strumenti e di processi digitali oggi indispensabile.

Insomma, in breve, la pandemia ha fatto quello che il Chief Digital Officer o l’Entreprise Digital Organization non sono riusciti a fare allora, ovvero ha imposto a tutti una specie di “completo system test” dei propri processi digitali: nel dramma collettivo che abbiamo vissuto, un piccolo aspetto positivo è proprio l’essere stati obbligati a affidarci alle nostre attitudini digitali, affrontando sul campo un test su qualcosa che avevamo disegnato molto tempo prima e che per una forma di “pigrizia organizzativa” forse (almeno in parte) avevamo lasciato nel cassetto. Ora tutti i livelli di management aziendale sono consapevole che i processi digitali in atto sono più efficaci dei precedenti e che indietro, almeno sul piano digitale, non si può tornare.

Questa repentina trasformazione ha messo in luce che quest’anno abbiamo migliorato una serie di metriche che riguardano l’efficacia e l’efficienza rispetto al nostro modo di lavorare.

In questo periodo sono nate una molteplicità di iniziative plasmate sul New Way Of Working. Un esempio su tutti è Flowe, il conto di pagamento lanciato a giugno 2020 dall’omonima società controllata al 100% da Banca Mediolanum: una start up totalmente digitalizzata le cui performance vantano alcuni record (onboarding uno su tutti) rispetto ai competitor.

Una caratteristica che accomuna le aziende nate in questo periodo è la mancanza di una cultura gerarchica tradizionale e di tecnologie univoche: sono infatti le persone che possono scegliere la tecnologia più in linea con le proprie esigenze, tecnologie che comunque sono tutte in cloud. L’utilizzo costante delle metodologie di lavoro agili ed una struttura talmente diversa e nuova da essere esaminata con interesse dall’organizzazione bancaria tradizionale. Questa è la modalità di lavoro del futuro, moderna, vicina ai giovani e a quel tipo di Clienti che si muovo in modo autonomo chiedono costante innovazione, attenzione al pianeta, velocità ed efficienza. Flowe in soli sei mesi di attività ha raccolto oltre 700 mila clienti, un risultato formidabile. Ma Banca Mediolanum non si è limitata a questa iniziativa, ma ha integrato la propria offerta con Selfie, un modo tutto “mobile” ed “autonomo di fruire dei prodotti di Mediolanum. Tutto ciò creato e realizzato proprio durante l’anno della pandemia cogliendo il potenziale delle trasformazioni avvenute nel 2020.

Aurelio Mora

Aurelio Mora

Mi collego alle parole di Demetrio per mettere in luce come effettivamente il COVID-19 abbia posto le organizzazioni di fronte a una serie di sfide che hanno richiesto un ripensamento dell’intera struttura organizzativa. Quello che dice è vero: tutti abbiamo affrontato un system test nell’ultimo periodo.

In DHL, in risposta alla crisi e alla conseguente digitalizzazione dei processi, abbiamo introdotto una serie di iniziative che avevano come obiettivo principale quello di rispondere alle esigenze di tutte le nostre funzioni e di portare delle soluzioni per le nostre persone e per il business.

La pandemia ci ha insegnato che tutto può essere velocizzato: basti pensare che in meno di 15 giorni l’adozione diffusa del Mobile Working ha permesso a circa 900 persone della nostra azienda di lavorare da remoto in aggiunta a quanti già abilitati; non solo, in tempi molto ristretti siamo stati in grado di apportare tutte le migliorie necessarie per svolgere bene le varie mansioni e soprattutto in piena sicurezza.

Il contesto che si è venuto a creare ha dunque spinto la nostra azienda a porre le basi per diventare una vera e propria digital factory, ovvero un’azienda che adotta una strategia digitale finalizzata all’interconnessione degli asset.

Con l’intento di mettere in comune le strategie di miglioramento a garanzia del benessere dei nostri dipendenti, abbiamo creato una task-force globale e sviluppato una piattaforma in cui ogni country (che ha a sua volta una specifica task-force) ha la possibilità di caricare le proprie iniziative cosi da condividere, in una situazione di crisi ed emergenze, le best practice e strategie. Fra le 700 iniziative proposte, 20 sono italiane, tutte incentrate su soluzioni ad hoc per rispondere alle esigenze di tutte le nostre funzioni: corrieri, persone che lavorano ai terminal, marketing, sales, customer service. Fra le soluzioni proposte abbiamo lavorato alla digitalizzazione della documentazione doganale, all’automatizzazione dei percorsi stradali dei colleghi corrieri attraverso l’impiego di navigatori digitali e ora stiamo lavorando per offrire ai nostri colleghi all’uscita dei terminal la possibilità di avere i documenti in formato digitale.

Quest’operazione ha richiesto un impegno trasversale da parte di tutti i componenti dell’organizzazione e le persone si sono dimostrate collaborative garantendo il successo di ogni soluzione proposta: uno degli aspetti su cui questo modello fa leva è proprio l’identificazione di personale dedicato alle specifiche iniziative e ciò ci ha consentito di velocizzare i processi e la ricerca delle soluzioni più veloci da introdurre nei nostri asset aziendali.

Il modello è certamente ancora da affinare, ma sta cominciando a dare i suoi primi risultati. Se dovessi indicare alcuni fattori di successo della digital factory direi che l’impegno e la velocità di esecuzione sono fondamentali. Vanno gestiti in sintonia coinvolgendo tutti gli stakeholder, tenendo a mente la necessità di re-Skilling delle persone e la trasformazione delle conoscenze.

Giangaddo Prati

Giangaddo Prati

La trasformazione digitale non è una novità. Molte aziende, chi più chi meno, hanno incrementato l’uso del digitale. Tuttavia, la pandemia che ha colpito il mondo nel 2020 ha portato a una rapida accelerazione del digitale.

Fra le tante sfide a cui abbiamo risposto, la principale riguarda proprio le modalità di gestione del lavoro: siamo passati nel giro di pochi giorni all’impiego totale del remote working per tutta la popolazione aziendale (con esclusione del personale di stabilimento) durante i mesi della pandemia.

In Barilla già da molti anni avevamo introdotto la possibilità per i dipendenti di avvalersi del remote working – fino a 2 giorni alla settimana. Tuttavia, l’accelerazione che abbiamo avuto con il Covid-19 è stata esponenziale. Il lavoro da remoto significa fiducia, maggiore autonomia del dipendente, ma non solo: il remote working richiede anche un’evoluzione degli strumenti di performance management.

La seconda sfida che abbiamo affrontato è stata la maggiore liquidità del lavoro, dove con liquidità si intende l’assenza di un orario definito e un flusso di lavoro ininterrotto da gestire. All’inizio della pandemia questa situazione passava inosservata, ma ora che il tema della “fatigue” digitale è sempre più diffuso, è fondamentale insegnare alle persone come lavorare nel nuovo digital workplace. Subentra per le organizzazioni la necessità di incrementare la loro formazione con l’obiettivo di aiutarle a lavorare meglio considerando che, così come è cambiato il modo di vivere, è cambiato anche il modo di lavorare.

La formazione deve essere continua. E’ importante che il mindset aziendale accolga il concetto del continuos learning, ovvero l’idea che nel futuro una parte significativa del nostro tempo lavorativo sarà dedicata alla formazione. Tra i vari temi su cui ci stiamo focalizzando in ambito digitale ne segnalo tre che stanno ricoprendo un ruolo significativo:

1) Advanced analytics, Machine Learning e Artificial Intelligence;

2) RPA/IPA;

3) Adoption delle nuove tecnologie.

In particolare gli Advanced Analytics sono sempre più strategici e sempre maggiore diventa il valore generato da un mindset data driven nella gestione dei processi.

Silvia Candiani

Silvia Candiani

Negli ultimi anni e, in particolare, negli ultimi mesi abbiamo assistito a un’accelerazione esponenziale nella digitalizzazione del Paese, a cui stiamo contribuendo attivamente grazie al piano Ambizione Italia #DigitalRestart volto a favorire la transizione digitale di imprese e istituzioni.

Nel percorso di adozione di nuovi modelli di business digitali, i dati giocano un ruolo chiave. Oggi, con un utilizzo massiccio di tecnologie da parte delle organizzazioni, ci troviamo davanti a una mole enorme di dati, fondamentali per portare crescita e prosperità al business. La nostra sfida consiste quindi nel dare alle aziende gli strumenti per sfruttare al meglio tutte le potenzialità dei dati, favorendone la raccolta, l’analisi e la trasformazione in insight utili per il business. Questo su tutti i fronti, anche sulla creazione di luoghi di lavoro sostenibili e innovativi, capaci di avere un impatto positivo sull’esperienza dei lavoratori. In questo, ci vengono incontro soluzioni come l’Intelligenza Artificiale, il cloud computing, l’analisi dei Big Data, ma anche strumenti che permettono una visualizzazione immediata e intuitiva degli insight.

Passa quindi proprio dal dato la chiave per migliorare non solo processi e servizi, ma più in generale l’intera employee experience. Analizzando le centinaia di migliaia di dati aggregati e anonimizzati che ogni giorno le organizzazioni, è possibile aiutare i collaboratori aziendali a gestire al meglio il loro tempo, migliorando il work-life balance e incrementando il coinvolgimento e la soddisfazione di ogni dipendente. È inoltre possibile comprendere quali sono le difficoltà che i diversi team stanno riscontrando, supportandoli nella risoluzione e nella realizzazione del proprio potenziale, ma esiste anche la possibilità di contribuire alla diffusione di una nuova modalità di lavoro flessibile che porti i benefici di produttività e inclusione che abbiamo registrato in questi mesi.

Marco Minghetti

Marco Minghetti

Nel contesto attuale, caratterizzato dall’impiego delle tecnologie digitali in ogni ambito del lavoro, un buon grado di alfabetizzazione digitale in azienda rappresenta un prerequisito necessario per mantenere alta la competitività e non subire un’esclusione dal mercato. Le competenze IT non sono più sufficienti: ciò che serve è un ripensamento e potenziamento generalizzato delle skills che la digitalizzazione dei processi ha portato con sé. Queste nuove capabilities sono diventate un insieme di capacità richieste per la piena partecipazione a una società digitale e in continuo sviluppo. Realizzato dunque questo upgrade di competenza diffusa, su quali tecnologie oggi puntare per valorizzare la nostra esperienza di persone all’interno delle organizzazioni? Come immaginare l’esperienza relazionale e “creativa” nel nuovo assetto?

Demetrio Migliorati

Demetrio Migliorati

Sono convinto che non tutti gli aspetti conseguenti al new way of working siano positivi: con il lavoro da remoto rischiano di venire meno alcune di quelle situazioni che si fondano su l’esperienza relazionale indispensabile a noi “umani”. Per definizione, siamo animali sociali e abbiamo necessita di vivere alcune dinamiche legate alle relazioni, alla comunicazione e al vivere insieme. Forse per questo in Mediolanum la forzata adozione del lavoro da remoto non ci ha impedito i momenti di socialità; abbiamo solo mutato la loro forma e realizzazione.

Il vero tema su cui riflettere rispetto alla valorizzazione dell’esperienza relazionale e creativa dei collaboratori riguarda i luoghi in cui la costruzione del team e i momenti di socialità potevano avvenire: gli uffici. Prima della pandemia da Covid-19 gli uffici erano concepiti come un luogo in cui recarsi per produrre e generare valore per la propria azienda, non solo, erano concepiti con l’intento di rappresentare gerarchicamente l’azienda stessa. Oggi il luogo di lavoro cambia la sua connotazione: non è più un luogo verso cui io mi muovo, ma diventa un luogo dinamico e indefinito in cui avviare delle trasformazioni e generare valore. L’approccio del “moto a luogo” (recarsi in ufficio) oggi non ha più motivo di esistere: i gruppi di lavoro si fondono, si lavora sulla base di progetti da costruire e da realizzare e i progetti sono spesso trasversali rispetto lll’organizzazione aziendale.

Se prima gli uffici erano luoghi statici in cui si talvolta vi era una mera rappresentazione (aggregazione) della struttura organizzativa, gli uffici del futuro saranno caratterizzati e costruiti con lo scopo di ottimizzare e massimizzare l’efficienza e l’efficacia delle attività per le quali quello spazio è stato “pensato e realizzato”. Valorizzare la creatività in questa particolare epoca storica significa incoraggiare la sua manifestazione attraverso la realizzazione di un luogo ad essa dedicato in cui si possa essere incoraggiati e stimolati.

Inoltre, per valorizzare la nostra esperienza come persone all’interno delle organizzazioni, come sostiene Rosario Sica nel suo libro, le organizzazioni devono lasciare le persone libere di organizzarsi e renderle responsabili dei risultati fissando degli obiettivi sfidanti, ma realistici. Si tratta di un primo passo che implica un sostanziale empowerment degli employee di cui hanno parlato anche Silvia e Giangaddo: i new workers devono avere la possibilità di scegliere come e da dove contribuire alla creazione di valore della propria organizzazione. Grazie alla pandemia è stata riconquistata la capacità e la possibilità di scelta da parte del singolo, con la conseguente instaurazione di un rapporto di fiducia e condivisione con il proprio team e con i propri responsabili.

Queste sono le sfide che il management deve affrontare per garantire una buona employee experience: possibilità di scelta, fiducia nel proprio collaboratore, nuova responsabilità. Le identifico tra le sfide da dover affrontare poiché sono molti i manager che auspicano un ritorno al vecchio modello di lavoro: molti preferirebbero il rientro dell’intera popolazione aziendale nelle sedi d’ufficio. Questo ovviamente è un retaggio dell’idea secondo cui in ufficio si lavora di più e si possano monitorare le persone e le loro performance. Ragionare in questi termini, a mio avviso, significa vivere nel peggiore dei modi il processo di trasformazione che sta coinvolgendo il mondo del lavoro.

Il tema della formazione del personale è già stato affrontato in precedenza, ora è opportuno approfondire la tematica facendo riferimento alle attività di formazione rivolte al management, ai quali bisogna insegnare che l’agile è la metodologia più rigorosa da adottare, poiché obbliga alla flessibilità. Dovranno essere forniti loro anche gli strumenti, le tecniche ed i metodi che aiutino a ragionare per obiettivi. Il lavoro in digitale richiede fiducia nei confronti delle persone e la certezza che operino sulla base non dell’autorità, ma dell’autorevolezza.  Noi di Mediolanum abbiamo lanciato un programma di formazione rivolto a tutti i livelli dell’impresa con il fine di migliorare la percezione di quel che si prospetta per il futuro e abbiamo predisposto dei programmi di formazione interamente dedicati al management: crediamo infatti che i leader aziendali debbano essere in grado di evolvere tanto quanto il resto dell’organizzazione.

Tutta questa riflessione ci riconduce al tema del new work life balance che consiste nel fare scegliere alle persone dove vogliono lavorare e come: consentire ad un lavoratore di svolgere in maniera eccelsa ed ottimale la propria mansione dal luogo che più preferisce genera un’ottimizzazione dei tempi, una maggiore produttività e, cosa non poco irrilevante, una qualità della vita migliore. Basti pensare al South working, fenomeno per cui moltissimi lavoratori italiani hanno fatto ritorno al Sud continuando a lavorare per la propria azienda. A una migliore qualità della vita dei dipendenti corrisponde una maggiore felicità, positività, creatività ed energia che verranno convogliate nella creazione di valore per la propria azienda.

Grazie a questa flessibilità geografica diventa possibile attrarre a sé dei talenti che nelle condizioni precedenti non si sarebbero potuti ottenere. Addirittura, ci saranno dei talenti che non accetteranno più un lavoro che li obblighi a stare in un luogo fisso e statico: sia perché non è più necessario, sia perché l’alternativa può migliorare in maniera sensibile la qualità della vita.

Aurelio Mora

Aurelio Mora

Sul tema dati in DHL stiamo gradualmente adottando due piattaforme (tools) a livello globale e stiamo migliorando la disponibilità dei dati al fine di fornirli in formati leggibili.

Grazie all’utilizzo di piattaforme come Tableau (Salesforce) e Power BI (Microsoft), abbiamo potuto osservare quanto esporta una regione, una provincia, quanto i singoli clienti e quale tipo di sforzo noi stiamo facendo in quella particolare zona in termini di vendite, presenza, service points. Le analisi ci hanno consentito di mappare le regioni in cui eravamo poco presenti e di conseguenza abbiamo investito per rafforzare la nostra presenza ottenendo una crescita di business. Questo sarebbe stato possibile senza questo tipo di analisi? Magari sì, magari no, ma sicuramente i dati di mercato, dei clienti e delle esportazioni ci sono stati utili.

In parallelo all’analisi dei dati stiamo lavorando anche sull’introduzione degli RPA (Robot Process Automation) per tutte quelle attività manuali che possono essere robotizzate: stiamo partendo dalla parte finance (fatturazione, dati clienti) per poi passare ad altri settori che stiamo ancora analizzando; persino il mondo HR sta inserendo all’interno delle sue funzionalità i processi di automazione.

Per quanto riguarda i chat box e le mail abbiamo una nuova piattaforma “omni-channel” di cui doteremo tutto il team del Customer Service (600 persone) al fine di automatizzare tutti quei processi che ora sono gestiti manualmente come lo smistamento delle mail in base ai contenuti oppure una chat potenziata e strutturata con contenuti automatici. A mio avviso, piattaforme di questa portata sono in grado di valorizzare la nostra esperienza di persone all’interno delle organizzazioni.

Gli strumenti digitali che abbiamo a disposizione ci hanno aiutato a capire come migliorare la nostra operatività, ma la chiave di lettura che voglio sottolineare è che tutto quello che è stato fatto ha fatto leva sul concetto di People Caring introdotto nel libro di Rosario. Come è stato detto prima, è fondamentale lasciare libertà alle persone per bilanciare al meglio le loro esigenze, ma è altrettanto fondamentale dare loro gli strumenti per rinforzare le relazioni tra i colleghi e le diverse componente aziendali. Noi, ad esempio, abbiamo sempre riconosciuto l’impegno di chi è stato attivo sul campo nel periodo più critico e sempre nell’ottica di aiutare le nostre persone, abbiamo coinvolto le famiglie di alcuni dipendenti chiedendo loro di mettere a disposizione dell’azienda la propria manodopera o il materiale necessario (come i device) per essere in grado di mettere la popolazione aziendale nelle giuste condizioni di lavoro. Tutto sommato mi sento di dire che in termini di rapporti umani sta uscendo una DHL più forte e ora non ci resta che regolarizzare questo nuovo modo di lavorare, tenendo sempre in considerazione l’importanza di mettere al centro le nostre persone.

Silvia Candiani

Silvia Candiani

Credo che la valorizzazione delle persone e la promozione di un ambiente di lavoro positivo richieda necessariamente l’investimento in soluzioni capaci di favorire la comunicazione e la collaborazione all’interno dei team e la diffusione di una cultura aziendale forte e capillare, che contribuisca a creare un ambiente aperto alla sperimentazione e all’empowerment delle persone.

Nell’ultimo anno siamo passati da una modalità di lavoro fisica a una completamente digitale, ma oggi abbiamo capito quali sono i limiti di entrambe e dobbiamo cominciare a sviluppare luoghi di lavoro ibridi, dove la presenza in ufficio si fonda con il digitale. Dobbiamo uscire dal paradigma del remote working, e cioè svolgere le stesse mansioni che si sarebbero svolte in ufficio collegati da casa, e adottare il vero smart working, cioè un’organizzazione diversa basata non più sull’orario, ma sugli obiettivi e sulla flessibilità. Applicato correttamente, lo smart working può avere enormi benefici sui dipendenti, portando a una gestione migliore del proprio tempo e a una maggiore armonia con la vita privata. Questo obiettivo lo possiamo raggiungere favorendo lo scambio di idee e conoscenze, la condivisione delle esperienze e la collaborazione in tempo reale, che possono avere un ruolo davvero fondamentale per far evolvere l’employee experience.

Come Microsoft stiamo operando in questo senso, continuando a innovare le nostre soluzioni a supporto della produttività e della collaborazione. Basti pensare a come la piattaforma Microsoft 365 e, in particolare, Teams abbiano rivoluzionato il modo di lavorare di tutti noi nel giro di pochissimi mesi, facendoci sentire vicini nonostante le distanze. Inoltre, abbiamo recentemente presentato la nuova piattaforma di employee experience Microsoft Viva, con la quale vogliamo dare un’accelerazione ancora più forte a questo processo di evoluzione necessaria degli ambienti di lavoro, per fornire a tutti facile accesso agli strumenti per il coinvolgimento, il benessere, l’apprendimento e la condivisione di know-how tra le persone.

Giangaddo Prati

Giangaddo Prati

A seguito della crisi pandemica è innegabile che le nuove tecnologie abbiano registrato un incremento di adoption – maggiore utilizzo e maggiore conoscenza ed impiego delle potenzialità offerte -.

In Barilla stiamo investendo in varie tecnologie per migliorare l’esperienza delle nostre persone: stiamo lavorando per dare ai nostri colleghi gli strumenti per migliorare la produttività individuale e l’efficacia dei processi aziendali attraverso l’adozione di nuove tecnologie in ambito Advanced analytics, machine learning e AI e nuovi applicativi per valorizzare collaborazione e sharing. Non solo, abbiamo anche introdotto durante la pandemia alcuni tools con il fine di garantire la sicurezza dei dipendenti. Per esempio, abbiamo introdotto un app che utilizziamo per regolare le entrate in ufficio a seguito della pandemia: non solo rappresenta una preziosa fonte di dati, ma stiamo lavorando affinché diventi anche un valido strumento per trasmettere informazioni o comunicazioni alle nostre persone.

Negli ultimi anni abbiamo incrementato significativamente i nostri investimenti in tecnologia e pianifichiamo per i prossimi anni un ulteriore incremento. La vera sfida, tuttavia, non è solo introdurre in azienda nuove tecnologie, ma soprattutto investire nell’adoption: questo significa che occorre estendere le tecnologie esistenti su una popolazione più ampia, anche grazie alla condivisione dei benefici correlati, e accrescere e approfondire l’expertise e la conoscenza delle potenzialità offerte. La pandemia ci ha offerto un’incredibile occasione per ulteriormente evolvere l’utilizzo delle nostre tecnologie e per poter ottenere il massimo dei benefici.

Abbiamo imparato negli ultimi mesi, come la tecnologia si ponga a supporto della relazione, fornendo un ulteriore strumento e possibilità di interazione tra le persone. Questo è stato di fondamentale importanza durante questa fase pandemica. Porto un semplice esempio: grazie all’utilizzo di Microsoft Teams siamo riusciti a fissare molteplici momenti di condivisione in plenaria (con più di 300 persone) aventi l’obiettivo primario di connettere le persone e diminuirne il senso di isolamento: rimanendo distanti ma uniti! Un’esperienza di successo anche in termini di ingaggio e coinvolgimento dei nostri dipendenti. Il cambiamento culturale prodotto dalla digitalizzazione dei processi ha investito necessariamente anche l’ambito delle relazioni interpersonali tra manager e dipendenti e tra i dipendenti stessi. L’adozione del lavoro da remoto non ha impedito i momenti di socialità, ne ha solo mutato la forma e realizzazione. Pertanto, è necessaria una visione multidisciplinare che promuova i valori di collaborazione, responsabilità e fiducia, ingaggio e motivazione. L’obiettivo è operare con il fine di valorizzare le persone, favorire la comunicazione e la collaborazione tra di loro e garantire e sostenere il loro empowerment.

Marco Minghetti

Marco Minghetti

Il cambiamento culturale prodotto dalla digitalizzazione dei processi ha investito necessariamente anche l’ambito delle relazioni interpersonali tra manager e dipendenti e tra i dipendenti stessi. L’adozione del lavoro da remoto non ha impedito i momenti di socialità, ne ha solo mutato la forma e realizzazione. Pertanto, è necessaria una visione multidisciplinare che promuova i valori di collaborazione, responsabilità e fiducia, ingaggio e motivazione. L’obiettivo è operare con il fine di valorizzare le persone, favorire la comunicazione e la collaborazione tra di loro e garantire e sostenere il loro empowerment. In questo quadro, l’attenzione alla cybersecurity e la consapevolezza di tutti gli attori coinvolti rispetto alla necessità di garantire la privacy, è aumentata proporzionalmente alla digitalizzazione portata dalla pandemia? Come gestire la necessità di garantire l’operatività senza aumentare esponenzialmente i rischi? 

Demetrio Migliorati

Demetrio Migliorati

Il next normal, come definito da Rosario Sica nel suo libro, sarà caratterizzato dal trasferimento di un numero crescente di attività dal mondo fisico a quello digitale. Intensificando l’attività di lavoro da remoto sarà di conseguenza necessario intensificare e rafforzare anche l’attività di cybersecurity. La digitalizzazione di ogni processo comporta dei rischi più elevati e richiederà un approccio consolidato alla cybersecurity in grado di garantire la privacy, la continuità operativa, la compliance e la resilienza di tutti i processi aziendali.

Il rischio che si corre oggi è più elevato e come Mediolanum abbiamo iniziato a lavorare per incrementare la componente di sicurezza della nostra rete di comunicazione. Per ora tutto è andato bene, può essere che con il tempo si incapperà in rischi a cui non abbiamo pensato, però sono dell’opinione che a fronte di un ipotetico rischio, non si possa fermare un cambiamento così forte, così importante e così benefico per la qualità della vita e del lavoro dei dipendenti. Quello che si può fare è informare e rendere consapevoli le proprie persone del rischio, insegnando loro come eludere tali rischi e come riconoscerli.

Aurelio Mora

Aurelio Mora

Tra i nostri dipendenti 300 sono venditori e dunque in un certo senso lavoravano da remoto già da prima dello scoppio della crisi. Li definisco “lavoratori da remoto” poiché maneggiano e dispongono dati sensibili attraverso i devices a loro disposizione e così, come i new workers sorti a marzo del 2020, sono soggetti a maggiori rischi legati ai cyber-attacchi. Per noi la sicurezza è da sempre fondamentale, ma, a seguito dell’incremento della digitalizzazione del lavoro, ci siamo dotati di una piattaforma molto robusta che consente e garantisce un costante controllo dei siti web considerati pericolosi e un aggiornamento quotidiano delle blacklist.

Tutta la nostra popolazione aziendale sarà dotata del materiale necessario per svolgere le proprie mansioni e con esso saranno anche supportati nel riconoscimento e nella gestione del rischio informatico. Tutti i nostri dispositivi saranno tutelati e coperti da protezioni apposite, ma la cosa fondamentale è la consapevolezza dei nostri dipendenti nell’impiego protetto e sicuro dei propri dispositivi. Faccio alcuni esempi molto concreti: l’account Facebook è abilitato solo per coloro che per ragioni di business hanno bisogno di gestire i nostri social; la regola vuole poi che con il proprio smartphone si possa utilizzare solamente solo l’account privato e non aziendale e viceversa

Silvia Candiani

Silvia Candiani

L’attenzione alla cybersecurity è sicuramente incrementata nel corso dell’ultimo anno, come sono cresciuti anche i rischi informatici e la sofisticatezza delle campagne nocive. Le aziende devono quindi darsi come obiettivo prioritario l’adozione di soluzioni avanzate che possano incrementare la protezione e bloccare gli attacchi, attraverso nuovi approcci che siano in grado di rispondere rapidamente e in modo efficace alla complessità degli ambienti moderni e alla costante evoluzione delle minacce.

In questo momento l’unico modo per poter garantire l’operatività è la modernizzazione, o in alcuni casi addirittura la creazione, di efficaci sistemi di sicurezza, senza i quali le aziende corrono enormi rischi che mettono a repentaglio anche la continuità del business. Sono numerosi gli strumenti che ci vengono incontro, partendo dall’analisi e la gestione dei rischi, fino all’adozione dei servizi in cloud, che offrono elevate garanzie di sicurezza e privacy, nonché le soluzioni per la protezione delle identità, per prevenire accessi non autorizzati alle risorse, e di threat intelligence, che rilevano le minacce in tempo reale. In questo risulta però centrale anche il ruolo della formazione dei dipendenti, perché molto spesso gli attacchi più importanti sono causati dall’ingenuità delle persone che, ad esempio, incuriosite aprono un link malevolo, provocando enormi danni all’azienda in tempi rapidissimi. Può sembrare uno scenario ormai superato ma non lo è: secondo i dati dell’ultimo rapporto Clusit, il Phishing e il Social Engineering rappresentano ancora la causa di buona parte degli attacchi (15%).

In Microsoft siamo profondamente impegnati nello sviluppo di soluzioni con elevati livelli di sicurezza e nell’offerta di strumenti utili per la protezione dei nostri utenti. Ogni anno investiamo oltre un miliardo di dollari in questo settore, ma credo che, oggi più che mai, sia necessario uno sforzo congiunto di istituzioni, business community e individui stessi per fare la differenza. Solo la condivisione di informazioni e la collaborazione potranno aiutarci a favorire la creazione di una cultura digitale improntata alla sicurezza.

Giangaddo Prati

Giangaddo Prati

La cybersecurity è annoverato tra i top risk che ogni anno noi comprendiamo tra i rischi strategici più rilevanti della nostra azienda. Da più di tre anni, abbiamo scelto di intraprendere il percorso della certificazione ISO 27001, con l’obiettivo di avere un programma di sicurezza a 360 gradi (non solo tecnologie ma anche comportamenti e gestione reattiva delle eventuali crisi). Utilizziamo diverse tecnologie che garantiscono il livello di controllo e impenetrabilità richiesto dalla certificazione facendo un costante scanning di quel che accade in azienda e sulle reti aziendali.

Tra le maggiori sfide che stiamo affrontando vi è sicuramente l’estensione delle attività in ambito cyber security nei nostri stabilimenti produttivi. È fondamentale investire sulla formazione interna: i dipendenti devono conoscere quali sono i rischi, adottare i comportamenti corretti ed essere in grado di riconoscere potenziali minacce. In questa direzione abbiamo predisposto e attuato intensi piani di formazione delle nostre persone. Abbiamo esteso su tutti i nostri applicativi il concetto di security by design: i nuovi applicativi software devono essere progettati per garantire il massimo livello d sicurezza in ambito cyber fin dal momento della progettazione.

Nonostante tutte le pratiche di controllo e di prevenzione, non si avrà mai la certezza assoluta di non subire un possibile attacco o violazione. Per questo abbiamo deciso di predisporre un comitato ad hoc in ambito cyber crisis: è importantissimo impostare dei protocolli di comportamento e dei percorsi definiti con l’obiettivo di creare un cuscinetto per risolvere il più velocemente possibile un’eventuale crisi.

Marco Minghetti

Marco Minghetti

In conclusione, l’aumento cospicuo delle minacce alla sicurezza informatica è stato attribuito alla rapida espansione delle tecnologie online, dovuta alla pandemia di COVID-19. Con la diffusione del COVID-19, la sicurezza informatica ha assunto importanza dal momento che interi processi e modelli di business sono stati spostati online. Le aziende hanno dunque risposto schierando le migliori strategie di difesa e di tutela dei propri dati sensibili: in questo assume un ruolo di estrema importanza la formazione dei dipendenti, che in prima persona devono essere in grado di cogliere e riconoscere eventuali rischi.

Immagine in copertina di Valeria Esposti.

Coordinamento editoriale a cura di Chiara Cravedi.