Ariminum Circus è un romanzo in progress. Con lo pseudonimo Federico D. Fellini, sto pubblicando gli Episodi che lo compongono sul social network letterario Typee, per testarne il gradimento e ricevere suggerimenti utili a stilare la revisione finale del testo, che propongo poi su Wattpad arricchito da immagini e video. Le molte migliaia di visualizzazioni, ma soprattutto l’ampio consenso che sta registrando presso la community di Typee, mi hanno spinto a dare ulteriore visibilità al progetto. In particolare l’Episodio “Jay e Daisy” è stato inserito nel TypeeBook 2019 (che raccoglie il meglio di quanto pubblicato sul sito). Successivamente gli è stato assegnato il Premio letterario The Good Paper (è uno dei dieci racconti pubblicati sulla rivista The Good Life scelti fra gli oltre undicimila presenti su Typee).
Lo tsunami si scatenò nel pieno della notte: inaspettato, benché inevitabile. Così vuole l’appartenenza alla categoria dei Cigni Neri, quegli eventi rari, spesso catastrofici e mai prevedibili, se non con il famigerato senno di poi.
A causarlo fu un foglio appallottolato, scagliato dietro di sé dallo Scrittore seduto a una scrivania in faggio di Castiglioni – senza voltarsi, con un gesto degno di Stephen Curry o di qualche altro dio della pallacanestro. Il proiettile – apocalittico meteorite – impattò sul cestino Cosmic Egg appoggiato alla parete opposta. L’urna ovoidale già stracolma tracimò, ribaltandosi. Il gran “bang!” del contenitore in alluminio risuonò a lungo nelle buie profondità del loft. Una spuma di carta rotolante si riversò sul parquet, fino a sommergere i piedi del lanciatore.
Come diavolo aveva potuto, un singolo foglio appallottolato, far rovesciare un cestino, per quanto colmo? Solo allora lo Scrittore si rese conto di avere avvolto la carta, prima di lanciarla, soprappensiero, intorno al pezzo di onice nero che fungeva da fermacarte.
Temette di avere prodotto qualche danno più rilevante del mero rovesciamento del bidoncino della spazzatura. Per un attimo pensò di scendere dallo scranno e ispezionare i paraggi. Ma non lo fece. Sapeva cosa sarebbe successo se avesse lasciato quella postazione. Già si vedeva a raccattare le pallottole di carta sotto al tavolo, carponi, in posizione animalesca: a rileggere scampoli di parole e di frasi che lo richiamavano facendo capolino dai globi accartocciati dei fogli, come Sirene fra gli scogli di Scilla e Cariddi; che lo tentavano, spacciandosi per frutti ricchi di piaceri letterari, a macchiarsi del peccato più imperdonabile, dare vita ad aborti di scrittura; che infine lo supplicavano di essere riprese in considerazione, di avere una rinnovata possibilità di trovare una collocazione nel testo – anche in un paragrafo secondario, in una parentesi o in una nota a margine. Le immaginò a umiliarsi senza alcun pudore, rendersi disponibili per qualunque modifica, integrazione o violenza sadica lui ritenesse di infliggere loro, pur di tornare nel Paradiso perduto del romanzo in gestazione.
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