#SOCIALHR: I TRENDS PIU’ INNOVATIVI DEL 2015. 1. SOCIAL LEADERS E BRAND AMBASSADORS

Siamo tutti Millenials

Da tempi non sospetti non mi stanco di sottolineare che l’allineamento fra conversazioni interne ed esterne è uno dei fattori fondamentali di successo nella trasformazione delle aziende tradizionali in Social Organization. I fenomeni cui stiamo assistendo in questa prima metà del 2015 rafforzano ulteriormente questa convinzione. Come ha scritto Jeanne Meister su Forbes, “i dipendenti si aspettano sempre di più che il datore di lavoro faccia vivere loro la stessa esperienza utente di quando si riservano un taxi Uber o Lyft, pagano le bollette in Bank of America attraverso un’applicazione mobile, o ordinano la cena online su GrubHub”.

Nelle aziende più avanzate è quello che possiamo chiamare un Digital Mobile Workplace a veicolare l’attività professionale delle persone attraverso una miriade di applicazioni personali e di business; tutto questo, conclude Meister, “costringe la Direzione HR ad adottare un numero sempre maggiore di applicazioni mobili per il reclutamento, la partecipazione, l’apprendimento, la definizione e la gestione degli obiettivi”.

“Come un recente rapporto di ricerca del MIT ha dimostrato”, afferma ancora la studiosa, “il 57% dei lavoratori considera il grado di sviluppo di una organizzazione in termini di social business come un fattore importante nella scelta di un datore di lavoro. Ancora più degno di nota: il gruppo di dipendenti su cui è stato costruito il rapporto era costituito da persone fra i 22 e i 52 anni! La social collaboration sul posto di lavoro non è più una richiesta da “Millenials”, ma è diffusa attraverso tutta la popolazione aziendale.

Oggi, infatti, siamo tutti adottando una mentalità sempre più ‘Millenaria’ (i Millennials sono i nati nel periodo 1977-1997). Secondo un recente rapporto di Facebook, la fascia di utilizzatori in più rapida crescita sia su YouTube sia su Google + è quella compresa fra i 45 e i 54 anni. In sintesi, la vecchia distinzione fra immigrati e nativi ha sempre meno senso: piuttosto è vero che siamo ormai tutti i cittadini digitali”.

HR Trend n. 1: Social Leaders…

Fino a qualche tempo fa, uno degli obiettivi centrali della funzione HR era quello di sviluppare il più alto livello di engagement possibile fra i dipendenti. In questi ultimi mesi questo obiettivo ha assunto due nuove specifiche declinazioni.

In primo luogo, come abbiamo scritto ne L’Alba dei Social CEO, appare sempre più evidente che non ci può essere ingaggio diffuso se innanzitutto non sono le prime linee manageriali ad impegnarsi nell’utilizzo dei nuovi strumenti collaborativi. Il titolo dell’ultimo libro di Charlene Li è significativo: “The Engaged Leader”. I primi ad essere “ingaggiati” devono essere CEO e top manager: la logica tradizionale dell’”armiamoci e partite” (perché noi top manager abbiamo cose più importanti da fare) non funziona più (ammesso che abbia mai funzionato).
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Per questo “Openess in Leadership” è uno dei temi chiave del prossimo Social Business Forum organizzato da noi di OpenKnowledge, mentre “Social Leadership” è uno dei programmi che in questi mesi ci è maggiormente richiesto dalle aziende. Il percorso proposto da OpenKnowledge ai suoi clienti è stato disegnato rielaborando il modello Ascolto Mirato – Condivisione Collaborativa – Ingaggio Trasformazionale di Charlene Li, secondo il quale le attività di comunicazione del social manager vengono articolate in diverse fasi concettuali:

–          ascolto mirato: identificazione delle persone/community con cui sviluppare la conversazione e ascolto selettivo di esse

–          condivisione collaborativa: pubblicazione di contenuti identificati per attivare la conversazione

–          ingaggio trasformativo: individuazione di azioni concrete da sviluppare come conseguenza della conversazione.

Lo sviluppo del percorso proposto rende i manager testimoni e protagonisti in prima persona dei processi di Social&Digital Trasformation. In particolare, le attività previste dal programma di Social Leadership permettono ai singoli manager coinvolti di:

–          individuare gli obiettivi di comunicazione rilevanti nei confronti dei propri stakeholder e perseguibili attraverso attività sui Digital Workplace interni e/o sui Social Media esterni;

–          definire le modalità comunicative più appropriate per raggiungere gli obiettivi individuati (linea editoriale, palinsesto di comunicazione);

–          creare le competenze digitali necessarie a sfruttare in piena autonomia tutte le opportunità offerte dai sistemi di social networking;

–          mettere a punto in sistema che consenta di monitorare il ritorno delle attività svolte e valutarne i ritorni in termini di valore aggiunto su un numero significativo di dimensioni diverse.

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… e Brand Ambassadors

In questo quadro è allora possibile chiedere a tutti i dipendenti di diventare veri e propri “ambasciatori” aziendali. Se si vuole perseguire una reale trasformazione aziendale in chiave digitale, la presenza sui canali social non soltanto non deve essere “scoraggiata”, ma deve anzi essere favorita e può diventare una modalità potente di diffondere e amplificare le iniziative di marketing e di comunicazione.


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L’attivazione di un progetto di content curation e employee ambassadorship consente di raggiungere molteplici obiettivi:

– Ingaggiare gli employee rispetto alle iniziative aziendali;

– Moltiplicare la portata dei contenuti prodotti dall’azienda, garantendo al contempo coerenza della comunicazione;

– Stimolare il senso di appartenenza.

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In questo senso pionieristico è stato il caso di Pepsi. Oggi uno dei tool utilizzabili in azienda per generare employee engagement è GaggleAMP. Attraverso una dashboard di monitoraggio e un sistema di aletring, GaggleAMP permette di suggerire ai dipendenti e collaboratori contenuti da poter condividere attraverso i propri canali social, stimolando conversazioni che possano raggiungere sia altre persone presenti all’interno dell’organizzazione che stakeholder esterni. Viene così svolta un’attività di comunicazione “parallela” alle azioni di social media marketing istituzionali. Inoltre, la piattaforma non stimola solo un processo di condivisione, ma anche di co-creazione dei contenuti che possono essere suggeriti dagli stessi membri della community, determinando un loro coinvolgimento proattivo nell’attività di comunicazione aziendale.

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I vantaggi legati all’utilizzo della piattaforma, inoltre, sono raggruppabili in due principali categorie:

  • non devono essere sostenuti costi di advertising online, in quanto si tratta di campagne “organiche” dove i contenuti sono condivisi da utenti ingaggiati in prima persona all’interno della community;
  • queste attività “user-generated” sono percepite dal pubblico esterno più spontanee e maggiormente credibili, in comparazione con le campagne aziendali citate in precedenza.

1 – continua