Come stanno evolvendo le organizzazioni e il mercato del lavoro a livello internazionale? Qual’è l’impatto dell’ingresso dei “Millenials” nelle aziende sui processi di Selezione, Formazione e Sviluppo? E soprattutto, il modello della social organization è una risposta concreta alle esigenze determinate da queste evoluzioni?
A margine della due giorni londinese Cornerstone Convergence, ho avuto l’opportunità di confrontarmi con Adam Miller, fondatore e CEO di un’azienda che sta conoscendo una crescita velocissima, come risulta anche da una recente ricerca Deloitte.
Si tratta di Cornerstone OnDemand, Società con sede a Santa Monica, in California. Nata nel 1999, fornisce soluzioni cloud per la gestione dei talenti che aiutano le organizzazioni in tutto il mondo a reclutare, formare, gestire e connettere i dipendenti, aumentandone la produttività. Oggi, le soluzioni dell’azienda sono utilizzate da oltre 14,5 milioni di utenti in oltre 1.700 organizzazioni in 191 Paesi e 41 lingue diverse. Starwood Hotels & Resorts, The Neiman Marcus Group, Save the Children, Turner Broadcasting System, Virgin Media, Pandora Jewellery sono solo alcuni dei principali clienti nel mondo.
Grazie a questi risultati, Miller è stato Ernst & Young Entrepreneur of the Year nel 2011. Inoltre è stato nominato amministratore delegato della Southern California Technology Association nel 2009.
MM: Adam, dal tuo privilegiato punto di osservazione, quali pensi siano i trend fondamentali che attraversano il mercato del lavoro oggi?
AM: Partirei dal fatto che oggi ci sono quattro generazioni che coabitano nei luoghi di lavoro: dai figli del baby boomers alla Generation X, fino alla Y e ai Millennials. Il mix varia da Nazione a Nazione e da settore a settore; per esempio, la produzione a livello mondo sta vivendo un’ondata di pensionamenti. In ogni caso, ben presto, il 50% della forza lavoro sarà costituita da Millennials, che si aspettano mediamente di intraprendere 5-7 percorsi professionali diversi nel corso della loro vita. Le aziende oggi non sono semplicemente preparate per far fronte a tutto questo; continuano a pensare che le persone vogliano spostarsi solo verso l’alto piuttosto che in orizzontale.
Inoltre si aggiunge la sfida della mobilità: il 70% della forza lavoro è disponibile a lavorare da qualche altra parte del mondo, ma la gestione della mobilità internazionale è molto difficile.
MM: In questo quadro, non credi che stia cambiando la natura stessa del lavoro?
AM: Le organizzazioni hanno sempre più spesso un gran numero di lavoratori a domicilio e di lavoratori remoti, con profonde implicazioni per onboarding e formazione – per non parlare della ridefinizione delle strutture sociali all’interno degli uffici.
In una parola, oggi il lavoro “dalle 9 alle 17” è anacronistico. Ma mentre le organizzazioni si aspettano molta flessibilità dai lavoratori, spesso non si sono in grado di “flessibilizzare” le proprie strutture e procedure. Il che porta ad una mancata corrispondenza tra le reciproche aspettative, ma tutto questo cambierà molto rapidamente.
MM: Anche in termini di modalità e strumenti di lavoro, immagino.
AM: Il come lavoriamo è in evoluzione. Oggi abbiamo la stessa persona che si trova ad utilizzare sul posto di lavoro contemporaneamente vetuste tecnologie IT e applicazioni ibride personali e professionali come LinkedIn e Twitter. Le organizzazioni stanno ormai rendendosi conto di quanto il BYOD (Bring Your Own Device) può determinare ingentissimi risparmi smettendo di preoccuparsi delle implicazioni di sicurezza. Anche perchè i Millennials all’atto dell’assunzione pensano in genere che l’IT aziendale sia molto meglio delle tecnologie di cui dispongono a casa , ma spesso non è così e per loro è un vero e proprio shock.
MM: Tutte queste tendenze si stanno imponendo per ottenere maggiore produttività, engagement delle persone e ottimizzazione della forza lavoro. Tuttavia, sollevano interrogativi sulle nuove frontiere del Talent Management.
AM: Certo. Domande quali ‘come faccio a gestire le persone in un ciclo continuo?’, ‘Come posso identificare le persone con alte performance … e mantenerle in azienda?’ sono sempre più pressanti e richiedono risposte nuove. Ad esempio, le modalità di recruiting online e social determinano una rivisitazione radicale di processi che sembravano immodificabili (si veda a questo proposito il bel video di Heineken, nota mia).
MM: Andiamo ancora più a monte nella catena del valore. “La gente parla di tutto, di marchi e prodotti. Se quelli che fanno i prodotti vogliono prendere parte alla conversazione sono i benvenuti, altrimenti sappiano che la conversazione si svolgerà in ogni caso”(Cluetrain Manifesto). In altre parole, ormai è diffusa la consapevolezza che “i mercati oggi sono conversazioni”. Di conseguenza, per le imprese la prima condizione per sopravvivere e trarre beneficio da questa realtà è: ascolto e interazione. Questo dovrebbe avvenire usando la Rete non come un mero strumento di comunicazione – erroneamente supponendo che sia possibile adattare i messaggi vecchi ai nuovi strumenti 2.0 – ma per rovesciare il paradigma della struttura verticale di gestione e di controllo.
Pertanto, io credo che le aziende devono rivedere radicalmente le politiche e le pratiche in materia di comunicazione, formazione, gestione dei talenti e relazioni con tutti gli stakeholder. Sei d’accordo con queste affermazioni? Se sì, qual è l’effettivo impatto sulle organizzazioni e la funzione HR in particolare?
AM: I cambiamenti radicali in atto sul posto di lavoro – di tipo generazionale, tecnologico, culturale – sono ulteriormente complicati da una forza lavoro che richiede non solo una reale flessibilità organizzativa, ma anche la formazione continua e lo sviluppo, una progressione di carriera più veloce e costante, basata su feedback e riconoscimenti autentici del merito. Il giusto approccio alla gestione dei talenti diventa così un fattore strategico critico e consiste nel creare un ambiente di lavoro in cui ai dipendenti è dato un facile accesso alle risorse di cui hanno bisogno per sviluppare la conoscenza, collaborare, migliorare ed essere pienamente coinvolti nel proprio lavoro, al fine di svolgerlo al meglio.
MM: Come indicato nel mio libro Intelligenza Collaborativa, il modello organizzativo di cui le Aziende hanno bisogno oggi è il risultato dell’interazione tra tre fattori: community, social media e uno scopo, la proposta di valore. Diamo uno sguardo più da vicino a questi tre elementi:
- Community. Le community sono dei gruppi di persone che si riuniscono per ottenere un obiettivo comune. Radicata nell’obiettivo comune, una community può raccogliere persone provenienti dall’interno e dall’esterno dell’azienda che sono spinte da una stessa visione a lavorare collettivamente in maniera efficiente. Senza community non ci può essere collaborazione di massa.
- Social media. Un social media è un ambiente online (online environment) creato con l’obiettivo di sviluppare collaborazione di massa. La differenza portata dalle tecnologie dei social media rispetto alle modalità tradizionali di collaborazione è la scala su cui operano e che consente a centinaia, migliaia, persino milioni di persone di creare contenuti, condividere esperienze, costruire relazioni simultaneamente.
- Proposta di valore. È ciò che determina la spinta interiore, la motivazione, la volontà di lavorare insieme ad altri mettendo a disposizione la propria conoscenza, le proprie esperienze e le proprie idee. È la proposta di valore, il fine comune, la pietra di paragone in base al quale si misura l’efficacia di una community, l’adeguatezza della tecnologia sociale da utilizzare, la coerenza con gli obiettivi di business, l’efficienza della leadership.
In sintesi:
• La comunità definisce chi collabora;
• I Social media definiscono dove le persone collaborano;
• La proposta di valore definisce il motivo per cui le persone collaborano.
Sei d’accordo? Come Cornerstone aiuta le aziende a implementare questo modello?
AM: Noi offriamo alle organizzazioni l’opportunità di elevare il potenziale delle loro strategie di Talent Management mettendo i loro dipendenti al centro dell’attenzione. Questo non solo influenza il nostro modo di pensare l’esperienza dell’utente, ma ci spinge ad andare oltre alle funzionalità standard, come la revisione annuale delle prestazioni o la realizzazione di un corso di formazione, per consentire alle persone di essere più produttive e di lavorare al loro meglio. La social collaboration è il fulcro di tutto questo. Consentire ai dipendenti di avere tutto il necessario per fare il proprio lavoro in uno spazio sempre disponibile con connettività in tempo reale, non solo li aiuta a lavorare meglio, ma aiuta anche le organizzazioni a massimizzare le prestazioni di lavoro e a migliorare l’impegno dei dipendenti.
MM: Il cambiamento organizzativo richiede anche la trasformazione dei processi HR tradizionali in processi di social HR . Dal tuo osservatorio, quali vedi essere i processi HR specifici più colpiti e in che modo (reclutamento, formazione, gestione dei talenti …)?
AM: Questi cambiamenti richiedono la trasformazione di tutti i processi HR tradizionali. Si richiede inoltre un’ulteriore scomposizione dei silos verticali e l’unificazione dei vari processi per il reclutamento, l’apprendimento, il performance management, la pianificazione delle successioni e in generale tutti quelli finalizzati ad aumentare ulteriormente il valore strategico delle risorse umane per le organizzazioni.
MM: E’ quello che io da tempo definisco il nuovo dominio manageriale. Puoi dirci alcuni casi di successo in cui Cornerstone ha sostenuto i propri clienti nella trasformazione delle loro aziende in social organizzazion?
AM: Un esempio di trasformazione in social organization è Virgin Media. È possibile accedere al caso di studio qui.