HR 2.0? Una Social Media Strategy per le risorse umane. Parte seconda: Recruiting

Social recruitment Social Networks in useL’approccio 1.0 al Recruiting

Un capitolo del volume Nulla due volte. Il management attraverso la poesia di Wislawa Szymborska, inizia con la meravigliosa poesia dal titolo Scrivere il curriculum, cui a mio avviso ogni Direttore del Personale dovrebbe dedicare cinque minuti di riflessione prima di iniziare le sue normali attività:

Che cos’è necessario?

E’ necessario scrivere una domanda,

e alla domanda allegare il curriculum.

A prescindere da quanto si è vissuto

è bene che il curriculum sia breve.

E’ d’obbligo concisione e selezione dei fatti.

Cambiare paesaggi in indirizzi

e malcerti ricordi in date fisse.

Di tutti gli amori basta quello coniugale,

e dei bambini solo quelli nati.

Conta di più chi ti conosce di chi conosci tu.

I viaggi solo se all’estero.

L’appartenenza a un che, ma senza perché.

Onorificenze senza motivazione. 

Scrivi come se non parlassi mai con te stesso

e ti evitassi. 

Sorvola su cani, gatti e uccelli,

cianfrusaglie del passato, amici e sogni. 

Meglio il prezzo che il valore

e il titolo che il contenuto.

Meglio il numero di scarpa, che non dove va

colui per cui ti scambiano.

Aggiungi una foto con l’orecchio in vista. 

E’ la sua forma che conta, non ciò che sente.

Cosa si sente?

Il fragore delle macchine che tritano la carta. 

La sferzante ironia con cui la poetessa guarda ai metodi tradizionali di reclutamento e selezione del personale si ritrova anche in altri testi. Ad esempio così Szymborska recensisce un manuale di grafologia: “In Occidente sono sempre più numerose le imprese che ricorrono ai servizi della grafologia per esaminare i candidati ai posti di rilievo. Viene richiesta infatti la stesura manoscritta di un curriculum vitae, da sottoporre successivamente al parere dei grafologi. A nulla serviranno diplomi, referenze, le attestazioni più prestigiose, qualora il grafologo dovesse accertare una «difficoltà a relazionarsi con l’ambiente», «mancanza di capacità organizzative», «superficialità». Mi chiedo soltanto se il grafologo abbia a sua volta dovuto sottostare a una perizia grafologica, visto che la sua scrittura potrebbe rivelare «una tendenza a basarsi sulla prima impressione», un «atteggiamento diffidente nei confronti degli altri» o magari «un approccio dogmatico». Sono scettica, non ci posso fare nulla…Ho sottoposto la mia scrittura a una perizia grafologica. E’ possibile riassumerne l’esito in una sola frase. Ecco, cari Signori, non sono un gran che, ma potrei anche essere peggio. Cosa che, peraltro, sapevo da tempo”:

La critica mi sembra sia più attuale che mai. Scrivi il curriculum come se parlassi di un altro e ti evitassi: questa è la regola d’oro per ottenere il visto di ingresso in una  azienda. Ed “Evita te stesso”, piuttosto che il socratico “Conosci te stesso”, sia il tuo motto, se vuoi avere successo o almeno essere tollerato dall’organizzazione aziendale, una volta ottenuta l’assunzione: questo è il messaggio, neanche tanto subliminale, che arriva  a chi opera, o aspira ad operare, nelle imprese, anche se spesso schizofrenicamente mescolato ad appelli tesi ad esaltare l’intelligenza emotiva, la learning organization, il knowledge management e  via sloganeggiando, triturando cioè concetti di per sé validi nella centrifuga della piattezza intellettuale, del vuoto mentale a perdere, della strumentalizzazione a fini di potere personale o di clan.

Solo incapacità? Solo ipocrisia? No, c’è qualcosa di più. E questo di più è il modello cognitivo iscritto nelle pratiche manageriali “scientifiche”, espressioni di “una cultura impostata sulla definizione del ruolo o del compito da svolgere, non sulle personalità” (Handy). In un tale quadro, le regole descritte da Szymborska per  Scrivere il curriculum assumono un chiaro senso: se l’individuo è considerato alla stregua di un meccanismo meccanico, “che  abbia un nome è irrilevante, anche un numero servirebbe allo scopo; che poi abbia una personalità è decisamente sconveniente, perché sarebbe tentato di esprimerla all’interno del ruolo, alterandolo”.

Ma se, nel contesto statico in cui trova la propria giustificazione il modello tayloristico, questa indicazione può avere un senso, nell’attuale epoca dell’impermanenza eseguire questa istruzione produce risultati deflagranti. Ecco dunque che anche da questo punto di vista la rivisitazione delle prassi  HR nell’ottica dello Humanistic Management 2.0 diventa imprescindibile.

Un approccio multicanale

Forti di questa rinnovata consapevolezza, scorriamo dunque i suggerimenti proposti da Radian6 relativamente ad una Social Media Strategy applicata alle prassi di Recruiting, dopo aver visto la volta scorsa qualche indicazione sul tema dell’Employer Branding che probabilmente avrà lasciato sconcertati i manager 1.0. Scoprire ad esempio che i contenuti dei siti corporate dovrebbero essere curati non solo dai Direttori della Comunicazione ma anche dai Direttori HR, nel quadro dell’affermarsi di un nuovo dominio manageriale fondato sul principio dell’apertura, avrà allarmato molti  dei primi (cosa sono queste ingerenze in silos aziendali altrui?) e schifato molti dei secondi (che nella logica del “benaltrismo” di cui parlavamo in  La sincerità di Alice e il realismo di Robinson – Alice annotata 24 sosterranno di essere occupati in ben altre e più importanti faccende, tipo studi complicatissimi per la riduzione delle fotocopie o il controllo a distanza dell’utilizzo di Facebook da parte dei dipendenti).

Ebbene il Paper di Radian6 riserve altre amare sorprese. La prima è costituita dal fatto che, lungi dal potere affidare la social media strategy ad un qualche stagista (ricordate il sesto “alibi” del top manager ostile all’innovazione 2.0?), occorre la capacità di sviluppare un complesso approccio multimediale, multicanale, cross e transmediale (per sapere di cosa stiamo parlando leggi qui: Multimedialità, crossmedialità, transmedialità – Alice annotata 30). A titolo di esempio vediamo cosa significa usare LinkedIn, Facebook e Twitter per il Recruiting, senza dimenticare che le azioni  su ogni social network devono essere coerenti e sinergiche le une con le altre. E soprattutto fondate su una rinnovata visione dell’etica. Tanto per essere molto chiari: pensare di sviluppare una prassi di Recruiting 2.0 combinata con la diffusa tendenza a sfruttare ignobilmente i giovani con contratti a  progetto che quasi sempre mascherano la richiesta di prestazioni analoghe o addirittura superiori  a quelle offerte dai dipendenti, ma senza alcun tipo di garanzia e con retribuzioni vergognose, non solo è contraddittorio, ma porta a risultati disastrosi. Chi ricorda quanto è successo a Gruopalia in occasione del terremoto in Emilia sa bene di cosa sto parlando (a chi fosse sfuggita questa case history veramente archetipica consiglio di leggere questo ottimo post: #terremoto di Groupalia: sempre colpa del solito stagista? | Tech Economy).

Trovare candidati su LinkedIn

LinkedIn è il più grande network professionale al mondo, con oltre 160 milioni di iscritti (al 31 marzo 2012) e in rapido aumento. 82 aziende “Fortune 100” lo utilizzano per le assunzioni aziendali, poiché consente di gestire il processo di  raccolta e selezione dei cv in  modo molto più efficiente ed economico rispetto alle prassi tradizionali.

Ma come fare, in concreto? Radian6 consiglia di iniziare costruendo una rete di persone di riferimento che potrebbero essere candidati potenziali o in grado di indirizzare il ricercatore verso profili adatti. La rete va poi sviluppata attraverso la creazione di connessioni con clienti, esperti del settore, ma anche dipendenti (attuali ed ex). E’ importante anche partecipare attivamente a Gruppi di discussione  pertinenti, sia  per accreditare l’autorevolezza del manager aziendale che si occupa del processo di selezione, sia per valutare il grado di influenza e competenza dei professionisti qualificati nel  settore di attività in cui la vostra azienda opera.

Naturalmente si può utilizzare lo strumento in maniera anche più istituzionale. Molte aziende hanno una pagina in cui offrono informazioni sui processi di reclutamento e assunzione in corso. Qualche esempio? Ecco le pagine di Google, BP, 3M. Se ci si vuole invece muovere in maniera proattiva, LinkedIn addebita 195 US $ per pubblicare una offerta di lavoro che resterà visibile  30 giorni. È inoltre possibile acquistare  annunci mirati direttamente a professionisti selezionati in base a criteri personalizzati: importante in questo caso impostare la ricerca sulla base dei “tag” con cui più comunemente ciascun individuo ha qualificato il suo profilo (sulla valenza “social” del tagging in senso più ampio si legga il post: Il tagging come produzione collettiva di senso- Alice annotata 21b).

Forse qualcuno ricorderà che fra “i 10 motivi per cui i professionisti HR dovrebbero evitare i Social Media”, era indicato come ultimo ma non meno importante il fatto che le attività di SEO e SEM (Search Engine Optimization SEO, e Search Engine Marketing, SEM, ovvero tutte quelle attività finalizzate ad aumentare il volume di traffico che un sito web riceve dai motori di ricerca. Tali attività comprendono l’ottimizzazione sia del codice sorgente della pagina, sia dei contenuti) non erano di competenza degli HR manager. Questo ultimo servizio offerto da LinkedIn mostra molto concretamente come le competenze 2.0 dei manager HR debbano rapidamente aggiornarsi. Un accurato lavoro di “tagging” può infatti rivelarsi utilissimo. Solo il 21% dei professionisti che operano in tutto il mondo sono alla ricerca di un nuovo lavoro. Gli appartenenti al restante 79% sono considerati candidati passivi. LinkedIn consente alle aziende di raggiungere candidati “passivi” cercando su tutta la rete in base alla posizione, il settore di business, le competenze ricercate e altre parole chiave.

Trovare candidati su Facebook

Facebook ha 900 milioni di utenti attivi (al 31 marzo 2012), che lo  rendono di gran lunga il più grande social network a disposizione di qualsiasi selezionatore. Il 48% di tutti coloro che cercano lavoro utilizzano Facebook a questo scopo. Quindi non solo il vostro candidato ideale è già su Facebook, ma c’è una buona probabilità che stia utilizzando questo social network  per trovare il suo datore di lavoro ideale.

Poiché molti utenti di Internet  passano tantissimo tempo  su Facebook, il primo incontro con potenziali candidati potrebbe avvenire sulla pagina aziendale di Facebook e non attraverso il  sito web corporate, che spesso obbliga fra l’altro a procedure complicatissime e demotivanti per l’invio del cv. Quindi, come dicevamo la volta scorsa, occorre progettare una pagina dedicata alle Opportunità di lavoro non solo per evidenziare posizioni aperte e accettare cv, ma per “mettere in vetrina” il proprio modo di lavorare, le proprie persone, la propria cultura aziendale. Molti aziende importanti e attente al 2.0 ancora non ci sono arrivate: basta guardare andando a caso le pagine Facebook di Vodafone, Telecom, Barilla. Peggio ancora fanno le aziende come Ferrero che utilizzano Facebook per pubblicizzare i propri prodotti (dimostrando di non avere capito nulla in assoluto del social media marketing, mentre magari insistono a buttare soldi in prodotti tipo il fallimentare Grand Soleil) o come ENI, che se la cava con una anonima pagina istituzionale, evidenziando così l’allergia per i valori del mondo 2.0 (collaborazione, apertura, fiducia, trasparenza. ecc.).

Marie Larsen di Recruiter.com riassume alcune best practice per la creazione e gestione della pagina Lavora con noi: “Per invogliare i migliori talenti a visitare e utilizzare una pagina Opportunità di lavoro, è fondamentale fornire una esperienza ricca e visivamente stimolante. I video di YouTube che offrono testimonianze dei dipendenti e un giorno-nella-vita di un lavoratore dovrebbero essere al centro dello storytelling. Clienti e persone in cerca di lavoro dovrebbero essere incoraggiati a partecipare alla discussione sulla Bacheca, utilizzando sondaggi, concorsi e quiz. E i dipendenti devono prontamente rispondere alle domande e ai commenti. Un’altra idea intelligente: presentare il team di acquisizione dei  talenti e renderne disponibili i membri per rispondere alle domande sulle opportunità di lavoro. Più personalizzata è l’esperienza per i candidati, meglio è”. Tutte idee intelligenti in effetti… ma che si scontrano con la (scarsa) intelligenza di chi apre una pagina aziendale su Facebook ma poi erige dei firewall per impedire ai dipendenti di utilizzarla e quindi diventare “fan” della propria azienda con conseguente facilmente immaginabili sulla motivazione. Almeno facilmente immaginabili per persone comuni, non certo per i dinosauri manageriali che purtroppo detengono il potere decisionale nella maggior parte delle organizzazioni nostrane.

Per chiudere con Facebook, va  osservato che questo social network  non offre come LinkedIn la possibilità di setacciare il suo database utente; offre tuttavia la possibilità di realizzare  annunci molto mirati rispetto al bacino socio-demografico che si intende sondare. Infine un consiglio importante: tenete aperti gli occhi su Fan Page relative al brand o al settore create dagli utenti, sono ideali per reperire candidati promettenti.

Trovare candidati con Twitter

Il Report Bullhorn 2012 Social Recruiting in USA ha analizzato l’attività di oltre 77.000 recruiter degli USA per individuare le tendenze attuali  nel social recruitment. Secondo il Report , solo il 21% delle offerte di lavoro non sono presenti su nessuno dei tre principali social network (LinkedIn, Facebook, Twitter). I dati rivelano che la maggioranza (55%) delle opportunità di lavoro sono postate su due o più social network contemporaneamente, mentre il 24% su uno solo (ancora una volta, vince l’approccio cross-transmediale). LinkedIn rimane la rete più ampiamente usata, seguita da Twitter. Facebook è ancora in ritardo, con solo il 25% delle ricerche di lavoro degli Stati Uniti pubblicate.

Ma il dato forse più sorprendente è che un “follower” di Twitter ha quasi 3 volte più probabilità di rispondere ad una offerta di lavoro rispetto a una persona connessa su LinkedIn e 8 volte di più rispetto ad un “amico”di Facebook.

Questo dato piuttosto sorprendente suggerisce che vale assolutamente la pena di coltivare il vostro account Twitter, considerato anche il fatto che  Twitter è il network più economico e semplice da usare.

Costruite quindi  la vostra rete nel tempo trovando e seguendo (diventando “follower”) di persone interessanti nel vostro settore. (in questo caso non sprecate tempo con coloro che seguono la vostra azienda per ragioni di acquisto ma  che non hanno un profilo interessante ai fini della potenziale assunzione). Cosa ancora più importante, incoraggiare i dipendenti a fare lo stesso (il che significa una volta di più avere introiettato il concetto di apertura dei confini organizzativi al mondo dei social network). Se si dispone di una grande comunità, impegnata e influente, se quindi l’azienda è divenuta veramente conviviale, si avranno molte persone in grado di dare visibilità alle offerte di lavoro, di rispondere alle richieste di interesse provenienti dalle loro reti personali ed in definitiva di entrare in contatto (convocare, nel linguaggio dello Humanistic Management 2.0) con un numero rilevante di candidati qualificati. Questo significa  mettere in pratica anche nel contesto del Recruitment un altro dei principi chiave del Management 2.0: la collaborazione e la co-creazione di valore.

In termini pratici, occorre confrontarsi con il limite di 140 caratteri di Twitter. Questo significa che le vostre offerte di lavoro saranno ridotte all’essenziale. Fondamentalmente includeranno  il job title, l’abilità chiave, il luogo in cui si svolge l’attività, un collegamento ipertestuale alla pagina del sito aziendale (o del social network) in cui vengono dati tutti gli altri dettagli e un hashtag (fondamentale per la raccolta ordinata nel tempo di tutte le richieste relative a quella specifica offerta di lavoro).

Ancora, occorre sforzarsi di pensare ai modi più efficaci di rendere la  descrizione del lavoro facilmente rintracciabile in rete dai cercatori di lavoro qualificati (ancora SEO e SEM, sorry!). Usate i termini che anche loro impiegano. Utilizzare hashtags popolari come # salesjob. Legate i vostri tweets ad eventi in cui possono essere presenti potenziali candidati  (cose tipo: “Sviluppatori di applicazioni: trovate il nostro stand at # SXSW JobFair”).

Se la vostra azienda assume regolarmente più di quattro-cinque persone al mese, è consigliabile creare un secondo account Twitter dedicato in modo da non sovraccaricare il canale principale con offerte di lavoro.  Tale account dedicato dà spazio per impegnarsi nel rispondere alle domande, promuovere la cultura aziendale, accogliere suggerimenti anche relativi a materiali da condividere, eccetera.

Infine, ricordate sempre che i vostri dipendenti sono i migliori evangelist. Incoraggiateli a divulgare  le descrizioni delle mansioni che svolgono in azienda attraverso le  loro reti e a condividerle con persone dalle qualifiche analoghe. (Non è molto  sensato che  un Account executive condivida  una posizione di Responsabile di stabilimento, o che  uno Sviluppatore retweetti la descrizione di una posizione di Contabile.) Un bonus generoso o meglio una accurata politica retributiva che premi questo tipo di impegno anche in base ai risultati ottenuti spesso aiuta!

Una social media strategy per le risorse umane 2. continua

Trovi la puntata precedente qui:  HR 2.0? Una social media strategy per le risorse umane. Parte prima: Introduzione ed Employer Branding