I manager giurassici e la frontiera crossmediale

I risultati del Rapporto sulla Multicanalità della School of Management del Politecnico di Milano

Da molto tempo vado sostenendo la necessità che le aziende si adeguino ai processi di cambiamento in atto,  modificando radicalmente  l’atteggiamento giurassico da loro tenuto nei confronti di Internet e del Web 2.0: un mix di paura, chiusura e rifiuto, condito con l’ipocrisia di una pomposa retorica manageriale infarcita di slogan tipo “guerra dei talenti” o “centralità della risorsa umana”. Il tutto nel quadro di una ferrea adesione culturale e operativa al modello fordista del “Comando e Controllo”.
Ancora oggi, nel quadro di una indagine dedicata alla comunicazione aziendale pubblicata sul numero di NOVA  in edicola, ribadisco l’importanza di mettere a punto strategie di comunicazione integrata (interna, esterna e customer) che valorizzino le piattaforme online, a partire da Facebook e Second Life, utilizzandole in maniera sinergica. Non solo cioè è dannoso, come accade quasi ovunque, sia nel pubblico sia nel privato, impedire che i dipendenti accedano a Internet (dove ormai viaggiano una gran parte delle informazioni e dei dati indispensabili al lavoro di ognuno di noi), ma neppure è utile creare un Gruppo di Fan del prodotto tale in FB o creare un’isola in SL ispirata al brand talatro, se a monte non c’è una chiara idea di quale contenuto  veicolare e come farlo, ma soprattutto se non c’è una profonda comprensione di come utilizzare tutti questi mezzi in un’ottica multicanale, su piattaforme online (blog, social network, ecc.) che non si prestano a manipolazioni autoritarie, ma solo allo sviluppo di relazioni improntate a fiducia e garantite dall’autorevolezza, dalla credibilità, dell’emittente.

Una puntuale conferma di questa tesi la ho avuta questa mattina nel corso della presentazione della ricerca annuale realizzata dall’Osservatorio sulla Multicanalità della School of Management del Politecnico di Milano.La ricerca sottolinea che in uno scenario di crescita di consapevolezza e di utilizzo dei canali di accesso come Internet ed il Mobile, il consumatore italiano è sempre più multicanale nei processi di interazione con le aziende, tanto che:
· Internet costituisce la principale fonte di ricerca informazioni per il 21% della
popolazione italiana;
· aumenta rispetto al 2007 (dal 18% al 23%) il numero di consumatori che si recano in punto vendita per avere evidenza fisica di un prodotto e per chiedere consigli e suggerimenti nella scelta, ma poi effettuano l’acquisto su Internet;
· i blog ed i social network aumentano la loro rilevanza nel processo d’acquisto:
. il 27% dei consumatori legge opinioni di altri consumatori su forum e blog ed   il 10% partecipa attivamente a tali discussioni;
. inoltre il 15% dei consumatori dichiara di non comprare un prodotto dopo aver letto un giudizio negativo su Internet.
Ma se il consumatore (che coincide anche con il dipendente cui si rivolge la comunicazione interna delle aziende) dimostra sempre maggior maturità nell’approccio alla multicanalità, “lo stesso – sostiene il rapporto – non si può dire del sistema dell’offerta, in quanto le imprese italiane rivelano una tendenziale inerzia a cogliere le opportunità offerte dalla multicanalità e rimangono prevalentemente legate a logiche tradizionali”, ovvero giurassiche,  di interazione con i consumatori.

Il rapporto distingue infatti le aziende in 4 cluster:

quelle “miopi” (25% del totale) che proprio non conoscono i nuovi strumenti di comunicazione on line o peggio li conoscono superficialmente, solo per sentito dire (e in questo blog abbiamo spesso sottolineato come i media tradizionali, giurassici quanto queste aziende, tendano a demonizzarli o a banalizzarli);

quelle “Vorrei ma non posso” (altro 25%), in cui qualche manager illuminato cerca di fare dei tentativi di innovazione rimamenendo però isolato se non osteggiato dai colleghi;

quelle “Vorrei ma non riesco”, che costituiscono quasi il 50% del totale, in cui c’è la consapevolezza che qualcosa bisogna fare sul fronte della comunicazione integrata crossmediale, ma non hanno la più pallida idea di cosa fare in concreto;

infine un ridottissimo manipolo di aziende “Yes We Can”, che conoscono i benefici della crossmedialità e sanno come utilizzarla.

Più  in particolare, nella fase di ingaggio del cliente, le imprese italiane ricorrono prevalentemente ai canali tradizionali (in particolar modo dalla TV). In questo contesto, Internet e i nuovi media rappresentano una quota residuale dell’investimento media, nonostante una crescita a due cifre rispetto al 2007 dell’advertising online e del Mobile Advertising.

Allo stesso tempo a gran parte delle imprese italiane manca una visione completa
circa una strategia di integrazione multicanale lungo tutte le fasi del processo di
gestione della relazione con il cliente, secondo un approccio organico improntato
sull’ascolto attivo ed il coinvolgimento del consumatore nei processi di creazione del valore dell’impresa.
“Le motivazioni di tale mancanza di visione – si legge nel Rapport- sono legate a barriere di natura culturale, organizzativa, strategica e tecnologica che con intensità diversa in ciascuna azienda frenano un approccio strategico alla multicanalità.” In sintesi: Jurassic Management.

  • Alex Badalic |

    Posso ricordare le parole di Josef Göbbels verissime nella loro malvagità: “Quando sento pronunciare la parola intellettuale prendo la pistola”.
    La teoria e la pratica sono due cose molto diverse.
    Alex

  • axlwar |

    …e io che pensavo che il marketing avesse superato la barriera del valutare un ritorno a tutti i costi…
    Il Vaticano va su Youtube, Obama è ovunque, le notizie viaggiano su twitter…e le aziende stanno a guardare.
    Il problema di chi vive in azienda però è diverso: il budget. Non ti approvano il budget per fare quello che dovresti fare, figurati per un progetto sulla comunicazione online…tanto è meglio se il cliente va nel punto vendita così gli vendo qualcosa…
    e le figure professionali competenti, anche se interne all’azienda stessa, è meglio utilizarle per cose più tangibili che farle gironzolare tutto il giorno su internet a fare poi cosa…mah…scusate lo sfogo…

  • Marco Minghetti |

    Segnalo che un’ampia discussione si sta svolgendo su Facebook, qui:
    http://www.facebook.com/note.php?note_id=122097560076

  • Alex Badalic |

    Io invece vado sostenendo già da diversi anni che non è una questione di tecnologia, ma di consumerismo. Quando le aziende avranno accettato il fatto che comportarsi con i loro acquirenti come faceva il droghiere dell’angolo sotto casa e quindi dialogare con loro, offrire servizi a valore aggiunto e non solo prodotti e creare un rapporto di fiducia, anche se eventualmente il prezzo dei prodotti è di poco superiore a quelli di mercato è il mix giusto, la tecnologia 2.0 diventa un passaggio automatico.
    Ma farglielo capire è la parte più dura….
    Alex

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