Da Le Città Invisibili… a Le Aziende InVisibili, 24. I protagonisti, parte seconda

Edgar

Vi è una terza ragione che ha portato a scegliere Rick Deckard come riferimento letterario. Per tutto il Medioevo l’esplorazione del mondo e di nuove frontiere della conoscenza era affidata metaforicamente al cavaliere errante, al cercatore del Sacro Graal. All’inizio dell’età moderna, il Don Chisciotte cervatino segna magistralmente l’esaurimento di questa figura che viene sostituita fino a buona parte dell’Ottocento da quella dell’esploratore, il cui modello è appunto Marco Polo. Ma quando ormai il mondo esterno è stato più o meno completamente mappato, non resta che rivolgerci al mondo interno delle relazioni umane e dell’anima individuale. Ecco allora sorgere l’epigono contemporaneo dei cavalieri erranti e degli esploratori: l’investigatore privato, l’ultimo esponente di una serie di “personaggi tanto poco raccomandabili quanto mitizzati in letteratura” (Stefano Tani).

La prima comparsa del detective moderno si deve a Poe, grazie alla creazione di Dupin, benchè l’archetipo di colui che ricerca il responsabile di un crimine si può fare risalire addirittura all’Edipo di Sofocle – e, come in Blade Runner, anche in questo caso l’investigatore alla fine scopre   di   essere    il   criminale. Non sorprende dunque che il detective moderno, avendo nel proprio DNA la doppiezza archetipica di Edipo, sia un  personaggio dalla duplice personalità: “il Dupin che ricrea la scena del delitto attraverso una immedesimazione quasi mediatica e il Dupin che poi freddamente tira le fila di questo scandaglio psichico per arrivare alla soluzione del delitto”.

Partendo da questa doppiezza fondativa, la detective story si svilupperà in due direzioni. Quella scientifica, che ha in Poirot e soprattutto in Sherlock Holmes gli esponenti più noti (vedi su questo anche le osservazioni contenute in Nulla due volte); e quella “umanistica”, che ha in Sam Spade e in Philip Marlowe i suoi campioni.

Il Rick Deckard di Blade Runner non è che una variante “fantascientifica” di questi ultimi, così come l’evidente modello cinematografico cui si ispira Harrison Ford è Humprey Bogart, che è stato indimenticabile sia come  Sam Spade ne Il Falco maltese sia come Marlowe ne Il Grande Sonno. In quest’ultimo film (esattamente come nel libro), fra l’altro, la relazione fra Marlowe e l’imprenditore miliardario Sternwood è molto simile a quella esistente fra Marco Polo e Kublai Kan.

Il Sam Deckard de Le Aziende In-visibili oscilla dunque ambiguamente fra la valenza negativa del cacciatore di androidi e quella positiva dell’investigatore-cavaliere errante, difensore del Bene contro il Male impersonata da Marlowe: “anche quando la sua vittoria sa di sconfitta (cosa che accade quasi sempre) – perché il caso da risolvere ormai non è più una partita a scacchi con un singolo nemico, bensì la lotta contro la corruzione pervasiva e vischiosa che infetta una città intera, se non tutta una nazione – … come lo Chevalier Auguste Dupin, Marlowe – e forse più di lui – resta un cavaliere, un moderno cavaliere senza titolo o blasone”.

In apertura: Edgar! di Luigi  Serafini

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