Healthcare as a Platform: il Digital Marketing secondo Philips

La Digital Disruption nel settore Healthcare

In un mondo sempre più digitalizzato, dove ogni industria compie il suo cammino verso la Digital Transformation, sia pure con tempi e modi specifici, anche il settore Healthcare accetta la sfida, dedicandosi alla continua ricerca di nuove tecnologie sempre più innovative, reinventando il tradizionale concetto di assistenza sanitaria, immaginando nuovi modelli di business. A testimonianza di questo inarrestabile processo, in questo blog abbiamo presentato, attraverso interviste con i rispettivi Amministratori Delegati, i casi di Sanofi, di Merck, di Philips.

Ma alle nuove strategie di business deve corrispondere anche un nuovo modo di guardare al marketing e alla Customer Experience (che in questo ambito diventa Patient Experience). Abbiamo parlato di questo con Blake Cahill, Global Head of Digital Marketing & Media di Royal Philips, riprendendo il filo della conversazione avuta qualche tempo fa con l’AD di Philips Italia Stefano Folli. Senior executive con oltre 25 anni di esperienza nel marketing, digital, product management, media e customer service, Blake sta guidando la Digital and Media Transformation della società olandese a livello mondiale in 12 diverse unità di business in oltre 100 paesi. Con un forte background nell’esecuzione di strategie estremamente complesse e orientate ai risultati, Blake ha guidato una serie di innovazioni di marketing, di prodotto e digitali. Inoltre, ha ricoperto ruoli di leadership sia nelle aziende di Fortune 500 che in diverse start-up digitali. Da sempre dimostra grande capacità di acquisire e mantenere i clienti attraverso tecniche innovative di engagement e programmi digitali di sviluppo del prodotto.

M.M.: Qual è la tua visione della Digital Transformation? Sei d’accordo che siamo ormai entrati nell’era delle PlatFirm? Ad esempio Carlo Capè, presidente di Assoconsult e Amministratore Delegato  di Bip, la più importante società di consulenza strategica italiana, sostiene che per valutare il grado di Digital Transformation di una azienda (che sempre di più è legato alla capacità di applicare il paradigma dell’Industry 4.0) occorre valutare otto distinti processi. Dalla progettazione alla manutenzione, dal controllo qualità alla logistica. Dalle risorse umane al marketing, alle vendita e all’assistenza alla clientela. Le capacità vengono misurate in cinque livelli di maturità digitale crescente. Il primo livello è caratterizzato da processi poco controllati e gestiti reattivamente, mentre il quinto denota un alto grado di preparazione al cambiamento in chiave digitale (vedere qui per mettersi alla prova).

B.C.: In Philips la Digital Transformation è frutto del lavoro di tutti i nostri dipendenti che sono attivamente coinvolti in questo processo. Non è solo il lavoro del nostro team digital, noi siamo il catalizzatore: i creatori del movimento e il centro di competenza che guida la trasformazione in Philips. Il nostro punto di riferimento è il cliente e dobbiamo essere ovunque esso desideri visualizzare contenuti, interagire con i prodotti o i servizi offerti da Philips e acquistarli. Si tratta di un progetto, di una missione senza fine perché lo scenario digitale è e sarà sempre in continua evoluzione.

Vorrei essere ancora più chiaro su questo punto. Quando abbiamo cominciato a lavorare sulla transformation, strumenti quali chat, instant messaging, realtà virtuale e intelligenza artificiale (per fare esempi ovviamente molto diversi fra di loro per importanza ed impatto) non erano ancora diffusi come lo sono ora. Ci è stato chiaro fin dall’inizio, comunque, che il l’orientamento al digital è prima di tutto un mindset, non una o una serie di tecnologie: orientamento che deve essere nel DNA di tutte le persone Philips affinchè possano essere in grado di rispondere ai cambiamenti delle piattaforme, dei comportamenti, ecc. a tutti i livelli, in qualsiasi fase del processo di conversazione fra azienda e cliente. Se non si assume questo punto di vista si rischia di perdere il cliente che preferirà un competitor più veloce nel comprendere e rispondere alle sue necessità nel modo cui ormai è stato abituato da Google, da Amazon, da Booking o Trip Advisor:  piattaforme che vendono un servizio ma soprattutto garantiscono un’esperienza.

Il Digital Mindset

M.M.: Su questo in particolare sono d’accordissimo, tanto che ho seguito personalmente, come Partner di OpenKnowledge, il progetto di creazione di un test per la misurazione del Digital Mindset che stiamo applicando con grande successo presso molti nostri clienti in diversi settori di business. Lo strumento è stato realizzato in collaborazione con Giunti OS, azienda leader di mercato per la realizzazione di test psicometrici basati su un approccio semplice, chiaro, accessibile e allo stesso tempo forte, grazie a modelli e metodologie scientificamente fondati e internazionalmente riconosciuti. 

In particolare il test M4DAQ –Mindset for Digital Agility Quotient misura le competenze digitali, intese non come abilità necessarie per l’utilizzo delle nuove tecnologie, ma come soft-skill indispensabili per lavorare efficacemente all’interno di contesti digitali. Lo strumento, in altre parole, misura il mindset (assetto mentale) e i comportamenti che, nel contesto della digital transformation, consentono a un individuo di:
  • attivare modalità di pensiero agili e fluide per approcciare in maniera evolutiva problemi e situazioni e avere successo nell’ambiente digitale;
  • operare, collaborare e apprendere in contesti dinamici e in continuo cambiamento (più info le trovi qui , ndr). 

Ma come, più speficamente, la Digital Transformation sta ri-definendo il mondo dell’Healthcare?

B.C.: Penso che quello dell’Healthcare sia il settore più coinvolto dalla trasformazione digitale e che ne subisca maggiormente gli effetti. Basta pensare che il 46% degli italiani possiede almeno un dispositivo di monitoraggio della salute e l’adozione di questo tipo di sistemi aumenterà con il crescere dei “nativi digitali” (fonte Philips Future Health Study 2016). Abbiamo già visto la “disruption” nelle vendite, nella pubblicità, negli hotel, nei trasporti e persino nel mondo dell’agricoltura. L’Healthcare è un business di 300 miliardi di euro con numerose pressioni esterne che richiedono l’innovazione e l’evoluzione in complessi sistemi governativi e privati a livello globale. Le popolazioni che invecchiano, la gestione del personal health, le pressioni dei costi sui sistemi ospedalieri in aggiunta alle nuove tecnologie richiedono un nuovo modo di effettuare e amministrare le cure, di calcolare i costi e di adottare nuovi modelli di business.

A questo si aggiunge il fatto che dopo la rivoluzione di internet negli anni 90, la seconda rivoluzione è arrivata con quella che tu hai efficacemente chiamato la “piattaformazione del mondo” e che ha portato al cambiamento dei modelli di business in moltissime industry, con conseguente disruption nel marketing e nell’advertising. Personalmente credo che il prossimo settore ad essere travolto sarà proprio la sanità. Sono recentemente tornato da un viaggio di lavoro nella costa ovest degli Stati Uniti  dove ho avuto modo di constatare come  grandi piattaforme quali Apple, Google e addirittura Salesforce abbiano una figura dedicata ai servizi medici: il Chief Medical Officer. Sono questi i nuovi competitor che dobbiamo fronteggiare. Philips, tuttavia,  è in una posizione davvero unica per essere disrupter nell’Healthcare; con la nostra innovazione vogliamo infatti contribuire al processo di cambiamento del mondo dell’healthcare per potenziare l’assistenza sanitaria, ridurre i costi e trasformare i prodotti in piattaforme attraverso l’analisi dei dati.

I nuovi modelli di business

M.M.: Philips come affronta queste nuove sfide? Avete dei progetti stretegici strutturati come ad esempio in Barilla o Comau?

B.C.: Philips risponde guidando la trasformazione con la digitalizzazione dei prodotti e servizi, lavorando con i governi e gli ospedali di tutto il mondo per offrire soluzioni che aiutino a concentrarsi sui risultati, sull’ efficienza del sistema nel suo complesso.

Più specificamente, Philips utilizza diverse strategie per la costruzione di piattaforme digitali, sempre guidata dalla consapevolezza che il passaggio da prodotti e servizi analogici in prodotti e soluzioni connessi ci dà la possibilità di costruire piattaforme specializzate. Un esempio è la piattaforma “Philips Health Suite Digital Platform”, grazie alla quale possiamo raccogliere dati sanitari dai nostri consumatori e combinarli riuscendo a migliorare i nostri servizi e i nostri risultati. Questa piattaforma offre anche la possibilità a terze parti di accedervi, visionare i dati ed elaborare previsioni relativamente alle cure necessarie. In questo momento stiamo connettendo tutti i dati derivati dalle scansioni e il monitoraggio ad ultrasuoni per creare dei modelli.

Per capire come i dati della piattaforma vengono utilizzati, combinati e analizzati dal nostro Team di Ricerca, un esempio concreto è quanto è emerso da uno studio relativo allo sviluppo del feto. È incredibile constatare come le bambine si sviluppino in modo diverso dai maschi oppure come i bambini africani, prima del termine, sono molto più sviluppati rispetto ai bambini nel resto del mondo. In questo modo è possibile, attraverso l’analisi dei dati condivisi sulla piattaforma, proporre i trattamenti necessari prima del termine della gravidanza.

Un altro esempio concreto è la piattaforma digitale parentale di Philips Avent uGrow, creata per aiutare i genitori ad agevolare una sana partenza e un sano futuro per i loro bambini.

La tecnologia e i dati possono essere un valido supporto per i genitori; è per questo che, diversamente da tutte le altre applicazioni, uGrow dà la possibilità di tracciare le statistiche vitali del bambino, dalla temperatura al sonno, attraverso prodotti ad essa connessi, che includono lo Smart Baby Monitor uGrow e il nuovo Termometro Auricolare Intelligente. Il nuovo termometro permette di rilevare la temperatura in soli due secondi. Inoltre, è dotato di un anello a led che si illumina quando la temperatura supera i 38 gradi. Il termometro si connette all’applicazione via Bluetooth per memorizzare e tenere traccia delle rilevazioni fatte.

I dati rilevati combinati ad esempio con le informazioni quali l’alimentazione e le ore di sonno forniscono feedback personalizzati, consigli su cosa aspettarsi e un riscontro sullo stato di crescita del bambino.

I dati sono presentati in modo utile sia per i genitori che per i professionisti della salute che possono quindi garantire ai genitori suggerimenti e guide personalizzate

Pensando invece al mondo B2B un esempio è offerto dalla piattaforma di ultima generazione per interventistica Azurion dotata di guida live che permette di eseguire in modo semplice ed accurato anche procedure complesse migliorando l’esperienza di utilizzo dell’operatore, aiutando ad ottimizzare le performance della suite interventistica e garantendo uno standard di cura superiore.

Azurion è stata progettata specificamente per risparmiare tempo abilitando i membri del team interventistico ad effettuare due task contemporaneamente in sala d’esame e in sala controllo. E’, inoltre, dotata di un’interfaccia user-friendly, il modulo touch screen Pro2, che offre controlli simili ad un tablet (selezione, zoom e spostamento) utilizzando semplicemente un dito e la visualizzazione delle immagini a raggi X sullo schermo.

M.M.: Proprio questi esempi mettono in evidenza che esistono problemi di Privacy per il settore sanitario più che in altri settori. Come li affrontate?

B.C.: Nel settore sanitario si utilizza la tecnologia Blockchain: si tratta di un archivio sicuro, anonimo, condiviso da tutte le parti che operano all’interno di una rete. La tecnologia può dunque risolvere una parte di questi problemi di Privacy. In questo momento del resto credo che il valore di un brand sia sempre più collegato al concetto di privacy e dati. Ovviamente per noi la privacy è una criticità e si lavora man mano con i team dedicati per cercare soluzioni. Credo tuttavia anche che ultimamente l’attenzione del pubblico si sia allontanata dal concetto privacy e sia più vicino a problemi quali quelli della sicurezza, dell’ottimizzazione e della robotica.

M.M.: Il tema è complesso, dal momento che l’avvento delle piattaforme costituisce una svolta epocale e sta influenzando il modo in cui le società avanzate costruiscono il valore, nonché quello con cui tutti noi comunichiamo, consumiamo e viviamo. In una frase presa da Platform Revolution, testo cruciale di riferimento ad opera Choudary, Parker e Van Alstyne, l’azienda-piattaforma viene definita come: “un nuovo modello di business che usa la tecnologia per connettere persone, organizzazioni e risorse in un ecosistema interattivo in cui possono essere create e scambiate incredibili quantità di valore”.

L’aspetto più rilevante è che la piattaforma abilita interazioni fra produttori e consumatori di valore esterni all’impresa – come i casi eclatanti di Airbnb e Uber fanno capire al volo. Questo rappresenta una netta discontinuità rispetto ai modelli economici tradizionali, attivando percorsi non lineari di valorizzazione di cui possono beneficiare in forme diverse sia coloro che entrano nella piattaforma con fini co-produttivi, sia coloro che vi entrano per utilizzarne i servizi. In questo quadro, quali sono i nuovi modelli di business di Philips?

B.C: Nel mondo della medicina e della sanità, assistiamo ogni giorno ad una trasformazione sempre più tangibile: da una parte i medici sono sempre più connessi e digitali, utilizzano la telemedicina, possiedono tutti un I-pad con cui condividono dati e informazioni, dall’altra la tecnologia migliora i risultati per i pazienti. In Philips desideriamo contribuire a questa grande trasformazione attraverso l’utilizzo di piattaforme che raccolgono i dati inseriti e li processano con lo scopo ultimo di migliorare la salute dei pazienti. La combinazione dei dati può infatti servire anche a trovare cure simili per pazienti con gli stessi disturbi.

Customer, Patient ed Employee centricity

M.M.: Parlavamo prima di Digital Mindset e di soft skills collaborativi come prerequisto per affrontare qualsiasi processo di Digital Transformation. A tuo avviso, quali sono le 3 competenze fondamentali necessarie per sostenere questi nuovi modelli di business?

B.C.:Ovviamente, muovendoci in un campo digitale le competenze tecniche nella gestione dei software sono necessarie. Philips, occupandosi di tecnologia da sempre, più di altre aziende che cominciano la trasformazione digitale da zero possiede queste abilità. Per stare al passo con le richieste dei clienti di oggi e di domani, il mondo si sta rapidamente trasformando in un mondo digitale e così deve essere anche per le persone Philips “Sales and Marketing” per vendere e offrire soluzioni in maniera efficace e una gestione efficiente della supply chain. Stiamo infatti vivendo una rivoluzione di così vasta importanza per il business che ci ha portati inevitabilmente a rivedere su scala globale il nostro modo di fare Marketing.

Questa trasformazione in Philips è guidata dal programma Digital@Scale, concepito con l’obiettivo di rendere sempre più consistente e riconoscibile la nostra presenza digitale attraverso l’armonizzazione delle competenze digitali. Digital@Scale consente infatti a tutti i colleghi delle funzioni Marketing e Vendite, in tutti i mercati, o Business Group di tutto il mondo, di raggiungere un livello base di marketing digitale utilizzando una piattaforma comune. Grazie alla standardizzazione globale, supportata da un’unica strategia e metodologia, saremo pronti ad affrontare il futuro sempre più digitale. Digital@Scale non significa solo utilizzare tool innovativi ma un cambiamento radicale nel nostro modo di fare marketing. Un nuovo modo di lavorare, pensare, interagire con i nostri clienti ed i nostri partner commerciali. Il mondo digitale è molto ampio e le opportunità sono moltissime. Ci siamo dati delle priorità concentrando la nostra attenzione sulle sei seguenti aree tematiche sulle quali abbiamo migliorato ed armonizzato il livello delle nostre competenze attraverso training dedicati: Social Media, Search, Content Management, Campaign Management, Digital Sales e Analytics.

Inoltre, mi sento di dire che, ove necessario, avere una partnership è fondamentale. Penso alla nostra partneship con Amazon, il leader nella gestione della supply chain, per riuscire a penetrare mercati sempre più eterogenei.

M.M.: Oggi si parla molto di “Customer-centricy” e di “Customer experience“. Quali sono le caratteristiche del nuovo consumatore e del nuovo Customer journey?

B.C.: Essere dove è il consumatore e dargli ciò di cui ha bisogno è per Philips la missione più importante. Molte sono le caratteristiche che impattano sul customer journey nel digital, ma la prima e più importante è quella che “se è mobile, devi essere mobile per primo!”

Nella maggior parte dei nostri mercati il percorso di acquisto “online” inizia attraverso strumenti mobile e quindi è necessario avere una mentalità prima di tutto mobile per le campagne e le interazioni. Inoltre, il cliente ha bisogno di fruire del servizio con facilità, al contrario rinuncia e si rivolge altrove. Avere un focus senza tregua sui clienti e sull’esperienza è la chiave di tutto. Inoltre, nel mondo B2B non bisogna sottovalutare quanto le piattaforme dei consumatori influenzino l’acquisto degli stessi clienti B2B.

Il consumatore ha bisogno di sperimentare, non vuole più acquistare solo un prodotto ma vuole vivere un’esperienza a 360 gradi. Se diamo uno sguardo alle compagnie più profittevoli in tutto il mondo –  Amazon, Facebook, Google, Uber, ecc. – ci rendiamo conto che queste possiedono prodotti, servizi, piattaforme, soluzioni, dati e analisi. Stanno offrendo ai propri clienti un’esperienza. Una strategia omnichannel è fondamentale per coinvolgere il consumatore dall’inizio alla fine e non lasciarlo mai. L’ascolto è il primo step e analizzare i trend è fondamentale per riuscire a cavalcarli. La nostra strategia di comunicazione è fondata sulla creazione di una storia e sul coinvolgimento del consumatore in questo percorso. Abbiamo sicuramente un margine di miglioramento nel numero di persone che potremmo coinvolgere nelle nostre conversazioni. In Philips abbiamo una storia incredibile e dobbiamo riuscire a comunicarla in maniera innovativa attraverso programmi sempre nuovi.

M.M.: Esiste un link tra comunicazione interna ed esterna. Ad esempio, in questi ultimi due anni buona parte della mia attività consulenziale si è focalizzata sullo sviluppo di strategie e strumenti per l’aumento del People Engagement attraverso l’individuazione e lo sviluppo di Brand Advocates aziendali a tutti i livelli, ovvero scelti fra i dipendenti, oltre che fra i clienti.  Voi avete programmi di Brand Advocacy anche per i dipendenti?

B.C.: Ovviamente si, è una parte fondamentale della nostra strategia soprattutto per il lancio di nuovi prodotti. Un esempio è il recente lancio di OneBlade in Italia e nel mondo; abbiamo invitato il cliente a testare il prodotto e condividere la propria esperienza su una piattaforma digitale. Sulla base delle indicazioni raccolte abbiamo poi ideato le campagne marketing utilizzando i testimonial e i Brand Ambassador che hanno partecipato all’iniziativa, aggiungendo così valore all’esperienza del consumatore. Campagne di Brand Advocacy, attraverso piattaforme di Test&Review, sono attive quotidianamente anche per sostenere e accrescere il rapporto tra il cliente e l’azienda. Le persone Philips sono coinvolte in tutte le iniziative aziendali e sono invitate a condividere le proprie esperienze con prodotti e servizi Philips utilizzando la piattaforma di Social Community, diventando così esse stesse Brand Ambassador.