#IoT e le opportunità per un mondo più intelligente: la visione di STMicroelectronics

Quando parliamo di innovazione oggi non possiamo prescindere dalla Digital Disruption e da tutti i fenomeni ad essa connessi. Non meraviglia quindi che al centro delle conversazioni svolte nell’ambito della community di Biennale Innovazione vi sia l’Internet of things. Su questo tema abbiamo sentito nei giorni scorsi l’opinione di Roberto Siagri. Oggi con Alessandro Cremonesi, Direttore di Central Lab, approfondiamo la visione di StMicroelectronics, azienda leader globale nel mercato dei semiconduttori attraverso un amplissimo spettro di tecnologie che coprono gli ambiti più diversi: dalla gestione e risparmio d’energia alla protezione e sicurezza dei dati, dalle applicazioni per la sanità e benessere della persona agli smart gadget per la casa, l’automobile, il lavoro e il tempo libero.

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Piu di 50 miliardi di oggetti connessi grazie a Internet of Things: oggi nel mondo dell’elettronica non si parla d’altro. Ma cosa è questa Internet delle cose? Cosa la rende possibile ?

Partiamo da cosa è IoT. IoT è costituita dagli oggetti che ci circondano che grazie alla connessione ad internet diventano più intelligenti e ci possono rendere più facile la vita quotidiana o fornire servizi migliori. Una semplice presa elettrica, se connessa ad internet ci consente di accendere e spegnere da remoto gli elettrodomestici o ci può dire quanto stiamo consumando o può coordinarsi con altre prese di casa per decidere che cosa staccare dalla rete in caso di sovraccarico. Se la presa alimenta un utensile ci può dire quale è lo stato di utilizzo e programmarne la manutenzione. Sensori connessi ad internet distribuiti sul territorio ci possono avvertire di un’esondazione imminente, sensori indossati possono controllare in tempo reale il nostro stato di salute….

Tutte queste cose oggi sono rese possibili grazie all’evoluzione tecnologica della microelettronica che, trainata dalla crescita impetuosa della telefonia cellulare, ci permette di avere apparati di elettronica sempre più potente, sempre più piccola e sempre più efficiente dal punto di vista dei consumi di energia. L’internet of things è quindi fatta da oggetti che si connettono ad Internet e le tecnologie per rendere questi oggetti intelligenti oggi sono disponibili al giusto prezzo ed al giusto livello di ottimizzazione per un uso su larga scala.

 

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E tuttavia il concetto di IoT non è nuovo. Sono anni che l’industria dell’elettronica ne parla. Ma sembra che la realizzazione di questo mondo connesso non parta mai.

Sì, può darsi che IoT sia poco visibile. Ma se ci fermiamo un attimo scopriamo che in realtà sta già succedendo. Pensiamo a tutti gli oggetti indossabili (i cosidetti “wearable”) per il fitness. Raccolgono dati ma ci inseriscono anche in una comunità in relazioni con i nostri amici o con chi condivde i nostri interessi. E poi pensiamo a tutti quegli oggetti a casa o in strada che sono collegati, eseguono ordini, raccolgono statistiche. Penso alle caldaie, ma anche alle automobili delle compagnie di car sharing.

La raccolta dei dati personali così capillare sta facendo sorgere dubbi sulla possibilità di proteggere la privacy…

Sì certo, già oggi ogni nostro contatto via Internet permettere ai nostri fornitori di profilarci e in maniera sempre più sofisticata. E già oggi questa enorme mole di dati sta facendo evolvere le tecnologie cognitive. Già oggi i servizi basati su queste basi di dati sono i business più in crescita e promettenti non solo del mondo IoT ma di tutto il mondo dell’high-tech. Ma pensiamo anche ai benefici che potrebbero nascere da una profilazione così sofisticata. Noi non abbiamo una conoscenza approfondita dei “nuovi “ anziani (vedi su questo l’intervento di Lucio Gomiero di Ferrero, ndr) e più il mondo invecchia, più una base dati costruita su milioni di anziani potrebbero aiutarci a individuare e tenere sotto controllo i fattori di rischio. Lo stesso vale per un raccolto agricolo o un corso d’acqua.

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L’evoluzione verso IoT associata all’evoluzione del Cloud daranno vita a nuovi mercati come Smart Home, Smart City, Smart, Smart Car, Fitness & Wellness, Remote HealthCare creando servizi che ci porteranno verso un mondo sempre più automatizzato ed intelligente.

Nel Cloud accumuleremo informazioni che ci permetteranno di capire e controllare megli tutti I fenomeni che ci circondano. Sensor fusion, analytics e cognitive computing trasformeranno Internet dal luogo dei dati al luogo dove accumuleremo sempre più velocemente l’esperienza del singolo e della umanità intera.

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Quindi IoT come una rete di sensori che permette di costruire una rete di dati e informazioni che da una parte profilano il singolo e permettono di anticiparne il comportamento e le scelte e dall’altra distillano dalla massa enorme warning e alert per rischi naturali, fasce d’età, o città.

Flessibilità è la prima caratteristica degli oggetti connessi. Quindi penso che IoT sia molto di più dei dati che i sensori raccolgono e gli analytics elaborano. La smart Industry è uno dei settori che nascerà dalla possibilità di controllare processi produttivi in remoto. Gli impianti si attiveranno sulla base degli ordini, ma anche sulla base del gradimento dei clienti di un prodotto a catalogo invece di un altro. Questa flessibilità sarà importante per avviare la produzione localmente in piccoli lotti invece che soltanto in grandi impianti lontani dalla metropoli e quindi dai consumatori. Se pensiamo alle capacità di prototipazione veloce offerte dalle stampanti 3D già oggi e le proiettiamo nel mondo IoT, possiamo facilmente immaginare quanto smart le attività di manufacturing possano diventare in un futuro prossimo.

Questo lo scenario IoT per i Paesi più sviluppati. L’Italia ne fa parte da questo punto di vista o è rimasta indietro?

L’Italia deve farne parte, anzi, a mio parere, non deve assolutamente perdere questo treno. Abbiamo perso la grande ondata precedente dell’evoluzione tecnologica. Sostanzialmente l’Italia sugli smartphone non c’era. Ma adesso, se pensiamo al knowhow italiano sulle macchine utensili, non possiamo pensare di non cavalcare IoT. Ancora di più è importante per le aziende italiane del made in Italy, che hanno coltivato negli anni la cultura dell’oggetto bello esteticamente, funzionale, ergonomico, quasi artigianale. Se non aggiungono funzionalità elettroniche che per brevità definerei IoT, rischiano di restare ai margini dei mercati internazionali. Mauro Piloni citava Gartner sulle trasformazioni della ziende verso il digital business. Per l’Italia il rischio è quello che è successo nel settore nautico. Le grandi navi da crociera non sono più costruite in Italia, che ha mantenuto la leadership degli yacht di lusso. Bellissimi, ma una nicchia. Qui si tratta di fare oggetti bellissimi ma anche intelligentissimi. Chi non li vorrebbe a casa?

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Ma se non ce l’abbiamo fatta sugli smarthpone perché dovremmo farcela su IoT, allora?

Intanto perché partiamo bene, come dicevo, siamo grandi esportatori e leader mondiali nelle macchine utensili, nella meccatronica, nel design, arredo, elettrodomestici, illuminazione. Conosciamo i nostri mercati. E poi perché non servono grandi competenze elettroniche per connettere gli oggetti. Come azienda siamo molto attivi sia per abbassare la soglia che permetta la rapida creazione di prototipi a chiunque abbia competenze elettroniche di base senza avere un intero reparto di Ricerca e sviluppo alle spalle, sia per trasmettere alle aziende leader del made in Italy l’urgenza della conversione al mondo IoT. Dobbiamo cogliere il momento, o come dicevamo prima, l’onda al momento giusto. E non ci possiamo fermare: c’è la salute e il medicale, l’agricoltura, l’ambiente stesso….