Which way, which way? E’ l’altra fondamentale domanda (dopo quella relativa ai libri senza immagini e conversazioni) che si pone la nostra Alice sensemaker, barbara, nativa digitale, postmoderna, dicevamo. La seconda caratteristica del processo di sensemaking che ritroviamo in Alice è il suo essere retrospettivo: l’atto di dare significato è riferito a qualcosa già avvenuto, la cui “verità” viene reinterpretata continuamente a posteriori. Paradossalmente è il futuro che determina il passato e non viceversa. Su questo basterebbe ricordare, di nuovo con Pietro Citati, come nel mondo di Alice “tutto viene rovesciato. Per raggiungere un luogo, dobbiamo voltargli le spalle: per restare fermi, dobbiamo correre: per arrivare in un punto, dobbiamo averlo già superato; e il tempo corre all’indietro, – prima il futuro, quindi il presente, infine il passato”[i]).
Come nella scena in cui la Regina Bianca prima urla e poi si punge un dito o quella famosa del processo in cui prima viene giudicato il colpevole e poi viene commesso il delitto (qualcuno nota qualche analogia con il racconto Minority Report scritto dal grande P.K. Dick, trasformato poi in un film di successo da Spilberg e intorno al quale, per inciso, ho scritto l’ultimo editoriale di Hamlet illustrato da Milo Manara?…. Martin Gardner nota: “Since Carroll used it, backward living has been the basis of many fantasy and science-fiction tales. The best known is F. Scott Fitzgerald’s story The Strange Case of Benjam Button”[ii]. Da cui è stato tratto un altro film di successo).
Sotto il profilo della teoria letteraria l’idea, espressa dalla Regina Bianca, che “è un ben povera memoria, quella che lavora solo dal passato al futuro”, è stata fatta propria genialmente da Borges nel saggio del 1951 dedicato a Kafka e i suoi precursori. In tre pagine, con il gusto inconfondibile del paradosso che lo contraddistingue, Borges ribalta il rapporto tra uno scrittore e i suoi precursori. Così inizia: “Premeditai talora un esame dei precursori di Kafka. Da questo esame, il primo precursore che emerge è il filosofo Zenone; il secondo precursore è Han Yu, prosatore cinese del IX secolo; il terzo precursore è Kierkegaard; il quarto precursore è Robert Browning; il quinto precursore è Leon Bloy; il sesto precursore è Lord Dunsany”.“Se non erro”, commenta Borges, “gli eterogenei testi che ho enumerato somigliano a Kafka; se non erro, non tutti si somigliano tra loro. Quest’ultimo fatto è il più significativo. In ciascuno di questi testi vi è la idiosincrasia di Kafka […], ma se Kafka non avesse scritto, non la avvertiremmo; vale a dire, essa non esisterebbe”.
La scrittura di Kafka non si limita ad avvicinarsi a posteriori a temi, stili, atmosfere, soggetti di Zenone, Han Yu, Kierkegaard, Browning, Bloy, Dunsany, ma letteralmente li produce come somiglianti, come elementi di un sistema, come punti analoghi di una costellazione: il che significa che la scrittura di Kafka crea non solo, come è ovvio, la tradizione che la seguirà, bensì anche e forse soprattutto la tradizione che la precede. Nel crearla, istituisce e fonda un sistema, una costellazione di punti che stanno in un rapporto di azione reciproca[iii]. Che è quanto stiamo facendo anche noi con Alice, che ci aiuta a leggere la nostra contemporaneità ma al tempo stesso viene letta alla luce della nostra esperienza attuale. Il futuro crea il passato, il nonsenso carrolliano si rivela improvvisamente sensatissimo. Una volta di più.
Alice annotata 16a. Continua.
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[i] La repubblica, Peter Pan il bambino magico figlio di Alice, 6 marzo 2009
[ii] Gardner, cit., p. 196.