Social Business = #SocialHR: due eventi IBM per fare il punto sulla Social Organization

Modelli di successo_Social BusinessModelli di Business e Social HR

Il 13 marzo presso l’IBM Client Center di Milano, Circonvallazione Idroscalo, Segrate e il 18 marzo 2014, presso l’Executive Briefing Center IBM di Roma, Via Sciangai 53, sarò Chairmain di due eventi in cui si farà il punto sui tre pilastri del lavoro collaborativo: il Social Business, le Social HR e la Social Organization.

Gli eventi ruoteranno intorno ai risultati derivanti dalla ricchissima esperienza di IBM sul versante tecnologco (leader di mercato sia per quanto riguarda le piattaforme collaborative con IBM Connections, sia per quanto riguarda il Talent Management con Kenexa) e di Hitrea, per quanto riguarda la consulenza organizzativa a supporto dell’introduzione e dello sviluppo delle nuove modalità di lavoro collaborativo descritte nel volume L’intelligenza collaborativa. Verso la Social Organization.

Una buona introduzione ai due eventi è offerta dalla lettura dal paper IBM Modelli di successo per aprire la tua azienda al mondo del Social Business: casi reali, dove vengono analizzati i 6 modelli di Social Business indicati in Tabella. Dal nostro punto di vista, l’elemento essenziale è che tutti e sei richiedono un ripensamento completo dei modelli organizzativi, dei metodi di lavoro e soprattutto delle funzioni HR nell’ottica social ad esempio indicata nel post La primavera delle Social HR. In alcuni casi l’intreccio Social Business-Social HR è evidente fin dal titolo (vedi “rendere più efficaci il Recruiting e l’On-Boarding” e “Gestire fusioni e acquisizioni”); in altri, l’impatto risulta evidente non appena si approfondisce la lettura.

Ricercare le competenze

Consideriamo ad esempio il primo modello di Social Business, Ricercare le competenze, tema peraltro anche questo tipicamente HR: “Per la maggior parte delle persone – troviamo scritto nel paper – risulta difficile individuare le migliori competenze necessarie per rispondere rapidamente a determinate esigenze o per gestire al meglio un’opportunità di business, indipendentemente dal fatto che la competenza risieda in un’altra persona o in un contenuto pubblicato. Il coinvolgimento, l’efficacia e la produttività dei dipendenti ne soffrono di conseguenza. All’esterno, questa mancanza di competenze prontamente disponibili porta a fallimenti nella conclusione di opportunità di vendita, così come ad una minore soddisfazione tra i clienti esistenti, che necessitano di assistenza e supporto. Questo Modello di Social Business mostra come le competenze necessarie possano essere acquisite e condivise a supporto di processi di business rivolti sia all’interno che all’esterno.

Sfide di business

Tra le sfide più comuni che si trovano ad affrontare le organizzazioni che potrebbero beneficiare dell’applicazione di questo Modello di Social Business, troviamo:

I dipendenti non condividono competenze o conoscenze tra loro in modo proattivo;

I dipendenti e i partner commerciali non riescono ad individuare le competenze necessarie per aiutarli a dare assistenza ai clienti e a rispondere a esigenze legate ai processi interni;

La redditività diminuisce perchè la stessa soluzione viene ripetutamente “reinventata” da dipendenti e partner commerciali diversi;

Le attività di vendita non danno risultati, o si trascinano senza esito, perchè l’organizzazione non convince i potenziali clienti per mancanza di informazioni e competenze in materia;

Le attività di Ricerca e Sviluppo non allettano i clienti né permettono la realizzazione dei prodotti desiderati in modo rapido;

Le competenze dei dipendenti ormai vicini al pensionamento non sono state adeguatamente acquisite prima del loro ritiro dal lavoro.

Azioni consigliate

Questo modello di Social Business è caratterizzato dalle seguenti azioni distintive:

Utilizzare analisi su interazioni, file e altre risorse per scoprire competenze presenti in tutta l’azienda anche se non note;

Suggerire fonti umane e digitali di competenze per i dipendenti e i partner commerciali nel contesto della loro attività;

Fornire social tool che consentano agli stakeholder interni ed esterni di comunicare e collaborare con gli esperti;

Documentare e condividere con gli altri le soluzioni innovative a esigenze interne e dei clienti;

Dare un riconoscimento ai dipendenti che condividono le proprie competenze proattivamente, in modo che possano essere utilizzate da altri, e che collaborano al superamento delle sfide e alla documentazione delle soluzioni.

Benefici osservati

Le organizzazioni che hanno applicato questo modello di Social Business hanno osservato i seguenti benefici per il business:

Miglioramento del 30% nella velocità di accesso alle competenze degli esperti;

Aumento del 55% della visibilità degli esperti dell’azienda sul proprio sito web pubblico”.

Una possibile roadmap verso la social organization: un caso reale

Le evidenze del Paper IBM, rispetto a questo e agli altri modelli di Social Business presentati, concidono con i risultati dell’attività di Community Mapping che sto svolgendo proprio in questi giorni per conto di una grande Compagnia assicurativa internazionale nell’ambito di un più vasto progetto finalizzato a definire la Social Media Governance aziendale, ovvero un sistema per gestire una roadmap dell’azienda nella sua evoluzione in Social Organization. In grande sintesi, sto realizzando  un assessment attraverso interviste mirate a una trentina di Top manager internazionali (a partire da Ad e DG) articolate in 4 aree di indagine:

Mappatura completa delle iniziative di lavoro collaborativo in corso e previste per il futuro (con particolare riferimento alla costituzione di community)

Identificazione dei social media esterni ed interni che l’azienda prevede di utilizzare nei prossimi 3 anni (quali piattaforme, con quali obiettivi, eccetera)

Impatti dei progetti strategici o delle principali evoluzioni organizzative rispetto all’uso dei social network (impatto su metodi e processi di lavoro, nuove figure professionali, eccetera)

Benchmarking (principali competitor e best practice nazionali ed internazionali anche extra settore).

Su questa base metteremo a punto il Piano di sviluppo aziendale per quanto riguarda in particolare l’impatto su Social HR, Talent Management, Social Learning e Internal Communications, ma anche sui principali processi evidenziati dai manager di Linea cui applicare le logiche del lavoro collaborativo.

Ebbene, giunti al termine della prima tornata di interviste, sono emerse le seguenti tappe di un percorso mirato alla trasformazione dell’azienda in Social Organization:

(1) Condividere un linguaggio e una metodologia

L’indagine ha avuto come primo risultato la condivisione di un linguaggio e la definizione di un ben delineato ambito di azione. Ha inoltre consentito la sperimentazione di un approccio metodologico che i manager intervistati hanno considerato utile per sviluppare una strategia relativa al miglior possibile utilizzo dei Social Media, interni ed esterni. Strategia che viene così a delinearsi come un frame di riferimento che consente lo sviluppo coerente e allineato delle diverse iniziative e priorità delle singole funzioni di Linea e dei diversi Brand aziendali.

In sintesi, ha rafforzato una visione comune delle opportunità che le pratiche di lavoro collaborativo – fra e con i diversi stakeholder aziendali: dipendenti, agenti, clienti e prospect – aprono e che il Gruppo può cogliere.

 

(2) Migliorare l’efficienza dei processi interni

Il secondo risultato riguarda la larga condivisione circa la necessità di agire prioritariamente sull’efficientamento dei processi di lavoro interni, attraverso la costituzione di community di lavoro online, come leva propedeutica allo sviluppo di processi collaborativi che impattino sull’esterno coinvolgendo tutti gli stakeholder.

 

(3) Mappare i Knowledge Owner

In questo quadro emerge la necessità di sviluppare le attuali figure di Competence Leader con un ambito di azione circoscritto a specifici silos verticali in Knowledge Owner dei processi critici aziendali, affinché possano mettere a disposizione la propria conoscenza in tempo reale e in qualunque luogo dell’organizzazione questa si renda necessaria. Quest’obiettivo potrebbe essere ottenuto, per esempio, tramite un’Organizational Network Analysis finalizzata all’emersione non solo dei Knowledge Owner, ma anche di coloro che nelle prassi quotidiane vengono utilizzati come gate keeper interni, ovvero come snodi critici nella circolazione del know how.

 

(4) Sviluppare la Social Organization mediante leve “hard” e “soft”

L’attivazione di processi collaborativi sulle community richiede due azioni forti e sinergiche: la prima relativa allo sviluppo di una cultura aziendale coerente con le sfide poste dall’avvento dei Social Media, la seconda riguardante la definizione se non di tutti di alcuni processi critici in termini di modelli organizzativi, nuovi ruoli e figure professionali.

 

(5) Condurre esperienze pilota

La modalità che emerge come la prevalentemente indicata dal panel dei manager intervistati è quella della costituzione di comunità sperimentali: laboratori e palestre in cui mettere concretamente alla prova nuovi metodi e processi di lavoro collaborativo.

(6) Redarre una Social Media Policy

Parallelamente all’avvio di esperienze pilota, è stata confermata la necessità di redarre una Social Media Policy intesa innanzitutto come una guida pratica per i dipendenti, ma senza dimenticare la necessità di definire, anche in una seconda fase, un orientamento di Gruppo nei confronti di agenti e fiduciari, nonché di predisporre linee guida in caso di crisi. Tutto questo dovrà essere naturalmente coerente e integrato con la Social Media Strategy di Gruppo.

 

(7) Riconoscere il valore del lavoro collaborativo

Uno dei punti su cui si è registrata un’ampissima convergenza riguarda la necessità di integrare le politiche HR affinché si possa concretamente riconoscere ai singoli dipendenti il valore aggiunto apportato dal loro contributo al lavoro collaborativo. Inoltre, è emersa con forza la necessità di ripensare il portafoglio di competenze aziendali alla luce della necessità di sviluppare / acquisire dall’esterno le nuove figure professionali che i processi collaborativi r!chiedono.

 

(8) Un nuovo stile di leadership

Tutto questo dovrà confluire nella definizione di uno stile di leadership a tutti i livelli improntato ai principi di funzionamento di una Social Organization (trasparenza, fiducia, autorevolezza, reciprocità, …) e all’integrazione dell’attuale portafoglio di Competenze con altre “social” e “digitali”.

(9) Aprirsi all’esterno

Una volta avviato questo percorso, si può mettere in roadmap la possibilità di sviluppare iniziative collaborative che coinvolgano anche stakeholder esterni, nell’ambito della Social Media Strategy di Gruppo. Si pensi ad alcuni progetti innovativi come la co-creazione di prodotti con i clienti e lo sviluppo di attività di Social Customer Care o Corporate Social Responsibility.